Nel saggio che segue, Daisaku Ikeda si addentra nei meandri dell’indissolubile legame fra microcosmo e macrocosmo, fra la vita interiore di ogni individuo, con il suo flusso incessante di pensieri ed emozioni, e l’immensità dell’universo con il suo turbinio di fenomeni.
Per chi ha la pazienza di leggere con attenzione, ogni frase evoca connessioni al livello fondamentale della struttura dell’esistenza, fili di energia che, un po’ come le “corde” multidimensionali di cui attualmente tanto si parla in fisica, producono nella loro interazione lo spettacolo senza fine del mondo che appare ai nostri sensi.
E, fra le numerose riflessioni che richiamano implicitamente molte delle ultime teorie scientifiche, c’è quella che riguarda il ruolo dell’essere umano. A cosa serviamo noi all’universo? Forse con la nostra facoltà, unica a quanto ne sappiamo, di riflettere su noi stessi, sui significati, sui come e sui perché, siamo il modo che l’universo ha scelto per diventare consapevole di se stesso? Siamo la coscienza dell’universo?
E allora si tratta di scegliere. Se far finta di nulla e continuare a vivere da minuscole cellule cancerogene che, divorando sconsideratamente il proprio ambiente finiscono con l’uccidere se stesse, oppure da “bodhisattva”, che consapevoli dell’influenza di ogni nostro più piccolo movimento o pensiero sulla totalità del tempo e dello spazio, «si adoperano per amplificare l’energia creativa della vita […] per il benessere delle generazioni future, per i messaggeri della vasta forza vitale dell’universo che devono ancora nascere»
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di Daisaku Ikeda, tratto da SGI Quarterly
La dottrina della non dualità della vita e del suo ambiente (esho funi) considera l’essere umano come parte della vastità dell’universo. Nella loro interconnessione, l’entità soggettiva della vita e il suo ambiente operano congiuntamente in maniera creativa. Sono una cosa sola o, come significano letteralmente i caratteri originali cinesi, sono due ma non due.
Il vasto continuum spazio-temporale della vita spirituale interna dell’individuo corrisponde all’universo esterno del mondo fenomenico. In esso pulsa un’energia illimitata che assume molte forme diverse: compassione, amore, saggezza, sentimenti, desideri, pulsioni e così via. In ogni istante quest’energia erompe ed entra in relazione con l’universo esterno, creando un nuovo sé e un nuovo mondo. Quando l’universo interno vive a ritmo con l’ambiente esterno, l’energia vitale si trasforma in maniera creativa in compassione, amore, saggezza e ragione. Quando invece l’universo interno ha perduto il suo ritmo essenziale, quella stessa energia assume forme negative, aggressive, dominatrici, come l’avidità e gli impulsi distruttivi che trasformano la vita interiore in una landa desolata.
La desertificazione del pianeta coincide esattamente con la desertificazione spirituale della vita interiore delle persone. Il rapporto dell’uomo con la natura fa parte del complesso intreccio di relazioni tra gli esseri umani, e tra il sé e la sua vita interiore. L’egoismo degli esseri umani, il cui ambiente interno è inquinato e trascurato, si manifesta inevitabilmente nell’ambiente esterno sotto forma di dominazione, squallore e distruzione; a sua volta, un ambiente esterno impoverito e trascurato sconvolge il ritmo dell’universo interiore, alimentando ulteriormente l’egoismo e l’avidità.
Ma poiché l’ecosistema del pianeta, le relazioni sociali e la vita interiore dell’individuo sono tutti mutuamente collegati, la capacità armonizzatrice della compassione e della saggezza può attuare un cambiamento da cui partire per risolvere i problemi globali. Natura, società umana e universo interiore sono tutti intimamente correlati, e la forza vitale degli esseri umani è sempre l’asse fondamentale per la riforma a ognuno di questi tre livelli.
Nichiren Daishonin afferma: «Le dieci direzioni sono l’”ambiente” e gli esseri viventi sono la “vita”. L’ambiente è paragonabile all’ombra e la vita al corpo» (Sui presagi, RSND, 1, 574).
Lo scopo dell’umanità
Una teoria evolutiva sostiene che l’umanità serve a far sì che la forza vitale universale diventi consapevole di se stessa. L’umanità è il vertice di un processo di evoluzione materiale, chimica e biologica in atto da più di dieci miliardi di anni, a partire dal Big Bang che, secondo il pensiero contemporaneo, ha dato origine all’universo. Il processo dello sviluppo fenomenico spazio-temporale iniziato con il Big Bang ha creato la Terra, e l’evoluzione graduale dell’umanità ha permesso all’universo di diventare consapevole di se stesso.
La vita umana permette all’universo di prendere coscienza di sé, perché le persone sono forme vitali in grado di percepire le leggi dei ritmi che governano il sistema ecologico della natura – in particolare la legge di causa ed effetto – e di diventare consapevoli della realtà fondamentale della vita. Perciò gli esseri umani hanno il compito di contribuire alla creazione di valore nell’evoluzione della vita attraverso la comprensione delle dinamiche dell’universo e dell’interrelazione della vita col suo ambiente.
Potremmo dire che l’universo stesso ha affidato all’umanità la missione di proteggere il complesso sistema ecologico della Terra e di contribuire alla creazione di valore all’interno della biosfera. Di conseguenza, se sarà la consapevolezza di questa nobile missione a orientare la tecnologia scientifica, i sistemi sociali, la politica e l’economia, potremo trovare il modo più umano, nella migliore accezione del termine, per risolvere i problemi ambientali.
Vivere per contribuire alla vita
Gli esseri umani vivono in modi diversi, in base ai loro valori. Possiamo farci condizionare dall’egoismo e dall’avidità che ci spingono a compiere azioni che danneggiano gli altri e distruggono l’equilibrio ecologico, ma possiamo anche vivere in modo altruistico, compassionevole e saggio.
In termini buddisti, il modo in cui noi esseri umani dovremmo vivere e agire per adempiere alla missione affidataci dall’universo è la via della compassione, la via del bodhisattva.
Le persone nello stato di Bodhisattva affrontano i problemi della vita e della società avendo a cuore la felicità degli altri esattamente quanto la propria. Le loro vite sono basate su un profondo senso di missione. Dalla prospettiva illuminata della Buddità, nella quale si realizza appieno il potenziale spirituale della vita, essi percepiscono la dignità della vita di tutti gli esseri che crescono e si sviluppano nel vasto mondo fenomenico che si dispiega nello spazio e nel tempo; si comportano con correttezza ed empatia non solo nel rapporto con gli esseri umani, ma con l’intera ecologia della vita. Essi controllano l’egoismo e le idee illusorie, guidati dal desiderio di creare valore nella vita degli altri e nella biosfera globale, perché ritengono che questo sia il modo di vivere più nobile. Rivoluzionare le nostre esistenze e la società seguendo la via del bodhisattva ci dà speranza per il futuro. Le persone che pensano da bodhisattva sono consapevoli del mondo e quindi si preoccupano profondamente di tutto ciò che esiste nella biosfera, perfino di esseri a loro sconosciuti perché lontani nello spazio o nel tempo.
I bodhisattva vivono avendo a cuore il futuro, sforzandosi di anticiparlo attraverso la saggezza e la compassione. Si adoperano per amplificare l’energia creativa della vita e per garantire che la scienza, la tecnologia e i sistemi sociali siano strutturati e usati per il benessere delle generazioni future, per i messaggeri della vasta forza vitale dell’universo che devono ancora nascere.
Un movimento di massa di persone sagge e compassionevoli che abbiano sempre in mente le generazioni future potrebbe costruire una società che rispetti la dignità umana e premi la creatività in ambito scientifico, economico e legislativo. La nascita di tale società segnerebbe l’alba di uno splendente secolo della vita.
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Il rispetto per l’ambiente: in pratica / Biodiversità: un bene da difendere
Il comune interesse per le problematiche ambientali è stata la motivazione che ha portato centocinquanta persone, differenti per origine, cultura e orientamento religioso, a partecipare alla conferenza dal titolo “Biodiversità. Valore universale da difendere per un progresso armonioso dell’umanità. L’esempio della foresta di Otonga”, che si è tenuta il 9 ottobre presso il Centro culturale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai di Cagliari. Il relatore è stato il professor Giovanni Onore, un entomologo di fama internazionale, presidente della Fondazione Otonga che, dal 1988, opera in Ecuador con il duplice scopo di preservare la natura e di educare l’essere umano alla sua salvaguardia, in modo che impari a vivere in armonia con ciò che lo circonda. L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’Associazione Arca Verde Otonga, la ONLUS, fondata a Cagliari nel 2006, che promuove in Sardegna e nel resto d’Italia le iniziative della fondazione.
Giovanni Onore, già professore alla Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, ha guidato con semplicità e chiarezza un pubblico attento nella realtà della fondazione e della foresta di Otonga: duemila ettari di riserva naturale alle pendici delle Ande non lontano da Quito, la capitale dell’Ecuador. «Il nome della foresta – ha raccontato – deriva da un gigantesco lombrico della zona che, con la sua umile opera di fecondazione della terra, simboleggia il lavoro costante della fondazione per la salvaguardia della sua biodiversità». Questa parola indica le diverse forme di vita presenti in un dato ambiente e «preservarla – ha detto – nasce dalla consapevolezza che ogni forma di vita (vegetale, animale, umana) esiste in relazione al proprio ambiente e l’annientamento anche di un solo anello di questa catena comporta, di riflesso, l’annientamento di un altro, provocando gravi scompensi all’ecosistema terrestre».
L’evento è stato di forte impatto emotivo e ha suscitato molte riflessioni, a giudicare dalla lunga sessione di domande e risposte che ha fatto seguito alla conferenza. Alla domanda su cosa si può fare perché i danni dell’ambiente non dilaghino, la risposta di Onore, in sintonia con i valori promossi dal presidente Ikeda e dalla Soka Gakkai, si è concentrata su due aspetti: puntare a educare in questo senso soprattutto le generazioni future e agire sul nostro ambiente più prossimo, «Perché – ha concluso – le nostre azioni positive si propagano a onda stimolando le azioni positive degli altri. Ciò che possiamo fare qui, ad esempio, può avere delle ripercussioni positive anche dall’altra parte del pianeta».
Barbara Parodo