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Rivoluzioni silenziose - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:01

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Rivoluzioni silenziose

La Marcia del Sale coinvolse un numero incredibile di persone comuni che decisero di unirsi alla protesta del Mahatma Gandhi e di percorrere insieme a lui 400 chilometri a piedi. Fu una marcia per la giustizia, come la definisce Ikeda, che permise ai partecipanti di scoprire un immenso potere presente dentro di loro

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La Marcia del Sale coinvolse un numero incredibile di persone comuni che decisero di unirsi alla protesta del Mahatma Gandhi e di percorrere insieme a lui 400 chilometri a piedi. Fu una marcia per la giustizia, come la definisce Ikeda, che permise ai partecipanti di scoprire un immenso potere presente dentro di loro

Insieme percorrete
il corretto sentiero
di
kosen-rufu,
e incidete i vostri nomi
nella storia Soka.

«Sono i passi delle persone che aprono il sentiero»: è un proverbio africano a cui tengo molto.
La Soka Gakkai è un’organizzazione giovane che ha sempre avanzato con spirito fresco e vigoroso. È un’organizzazione di persone comuni che ha sempre continuato ad aprire nuovi sentieri di vittoria attraverso l’impegno congiunto di persone comuni vivaci e piene di risorse.
Anche oggi incontreremo amici che stanno affrontando problemi e sofferenze, per offrire loro coraggio e speranza. Noi dialoghiamo con le persone per fornire loro un caloroso incoraggiamento e lottiamo per far sbocciare la Buddità innata nella nostra esistenza e in quella degli altri.
La Soka Gakkai vincerà grazie al potere della gioventù. Essa trionferà grazie all’unità cuore a cuore delle persone comuni. Il poeta canadese Félix Leclerc scrisse: «Occorre essere coraggiosi per essere felici» e poi: «La vita [è] leggera come una piuma d’oca / quando si connette con un’altra vita».

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«Esercizio coraggioso ed energico»: questo è l’incoraggiamento ad agire trasmesso dal Sutra del Loto, lo scopo della comparsa di Shakyamuni in questo mondo. Anche il Mahatma Gandhi (1869-1948), campione indiano della nonviolenza, insegnò che il progresso coraggioso è ciò che cambia il mondo.
Ottant’anni fa, all’alba del 12 marzo 1930 – lo stesso anno della fondazione della Soka Gakkai – Gandhi e settantotto suoi seguaci si incamminarono a piedi, insieme, dal loro ashram (luogo di meditazione, scuola, comunità, n.d.r.) nell’India occidentale. Erano diretti a Dandi, sulle coste del Mar Arabico, a una distanza di quasi 400 km., dove avrebbero estratto il sale. Questo fu l’inizio della famosa Marcia del Sale, che avrebbe impresso un grande slancio al movimento per l’indipendenza dell’India. Il sale era vitale per il popolo indiano, tuttavia, sotto il regime coloniale dell’epoca, il governo aveva imposto il proprio monopolio sulla vendita e sulla produzione di sale, e il popolo aveva il divieto assoluto di produrne in proprio.
Il sale era disponibile in abbondanza in natura, in India, ed era vergognoso che alla gente fosse proibito di produrne per il proprio consumo. Gandhi voleva richiamare l’attenzione su questa e su altre ingiustizie commesse dal regime coloniale, con un’azione facilmente comprensibile per la gente comune, appellandosi alle masse in modo diretto ed efficace affinché l’India conquistasse la propria indipendenza.
Il metodo da lui scelto per lanciare questo appello fu guidare in prima persona una lunga marcia, villaggio dopo villaggio, insieme a un gruppo di compagni impegnati nella resistenza nonviolenta. Inizialmente le persone erano scettiche, non credevano che il semplice fatto di marciare fino alla costa e produrre del sale potesse realmente contribuire in modo significativo al movimento per l’indipendenza. Ma il sessantenne Gandhi procedeva con grande determinazione. Ben presto, ispirati dal suo esempio coraggioso e dalle sue parole toccanti, le persone di tutte le età, ma soprattutto i giovani, iniziarono a unirsi a lui uno dopo l’altro, dai vari villaggi, finché il numero dei partecipanti alla marcia arrivò a diverse migliaia.
I contadini lungo la strada accoglievano la processione spruzzando acqua per terra per eliminare la polvere. Gettavano petali di fiori sul loro cammino, sventolando la bandiera indiana. Giorno dopo giorno Gandhi e i suoi sostenitori continuarono a dialogare con la gente per far comprendere il senso della loro iniziativa. In tal modo costruirono il sostegno del popolo.
Chi fu ad aprire la strada alla marcia di questo nobile popolo? Furono gli studenti della Gujarat Vidyapith, l’università fondata da Gandhi ad Ahmedabad. Come esploratori in avanscoperta, raggiungevano i villaggi in anticipo per organizzarsi con gli abitanti e trovare alloggi per le persone. Furono loro a impegnarsi dietro le quinte nella marcia di Gandhi per la giustizia. Quei giovani mi ricordano i nostri valorosi membri della Divisione studenti, precursori della nostra nobile rivoluzione della gente comune basata sui princìpi umanistici del Buddismo.
Molte donne hanno giocato un ruolo importante nella Marcia del Sale, come la poetessa e lea­der del movimento per l’indipendenza Sarojini Naidu (1879-1949). Il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru (1889-1964), che lottò al fianco di Gandhi per l’indipendenza, espresse così la sua ammirazione per il contributo delle donne: «Osservate con quale orgoglio le donne dell’India marciano in prima fila in questa lotta. Sono gentili e tuttavia sono coraggiose e indomabili: guardate come aprono la strada anche agli altri».
Oggi le donne Soka stanno ricoprendo ruoli attivi, alla ribalta di kosen-rufu nel mondo, con un’energia e un entusiasmo senza pari.

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Ventiquattro giorni dopo l’inizio di quella marcia, Gandhi e i suoi sostenitori raggiunsero le coste di Dandi. Il mattino seguente Gandhi si recò alla spiaggia e raccolse il sale, e chi lo accompagnava fece lo stesso. La notizia di quell’azione coraggiosa si diffuse rapida nel paese e spinse molti altri a seguirne l’esempio.
A quel punto le autorità di governo, che avevano tenuto sotto stretta sorveglianza le mosse di Gandhi, passarono all’azione. Arrestarono numerosi partecipanti e intrapresero una violenta rappresaglia contro coloro che osavano produrre sale sfidando la legge. Ma le persone non si scoraggiarono e continuarono a raccogliere il sale. Non si arresero neppure quando venivano colpite. Stringevano forte il sale, determinate a non farselo portar via da nessuno.
Se anche una sola persona fosse riuscita a resistere fino alla fine, il successo di quel movimento sarebbe stato assicurato. Questa era la ferma convinzione di Gandhi. E aveva ragione, perché emerse un numero infinito di persone impavide animate da un ardente spirito di giustizia, che non sarebbe mai arretrato neanche di fronte alle minacce delle autorità.

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Lottare in mezzo alle persone e insieme alle persone per la vittoria della gente comune: questo è stato il fulcro degli ottanta anni di storia della Soka Gakkai. Mantenendo uno stretto contatto con moltissime persone, i nostri membri le hanno aiutate a far emergere il loro potenziale illimitato.
In accordo con le predizioni del Sutra del Loto secondo cui i praticanti incontreranno “odio e gelosia”, “calunnie e ingiurie”, la Soka Gakkai è stata costantemente oggetto di scherno, offesa e diffamazione. Con coraggio abbiamo preso la parola, affermando ciò che era necessario affermare per la felicità di coloro che soffrono, e per la sicurezza della società. Siamo stati calunniati e offesi senza una valida ragione, sperimentando lo stesso tipo di situazione che spinse il Daishonin a scrivere: «Sono stato accusato falsamente da uomini con un cattivo karma» (I quattro debiti di gratitudine, RSND, 1, 38). Ma osservate ciò che abbiamo realizzato! Ci siamo presi per mano uno dopo l’altro per creare questa vasta rete di pace e umanesimo che ora si estende a tutto il globo.

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La Marcia del Sale non segnò la fine della lotta per l’indipendenza indiana; fu piuttosto l’avvio di un’impresa che gradatamente acquisì slancio e decollò su scala nazionale. Gandhi, che esortava la gente a impegnarsi ancor più nella resistenza nonviolenta, fu arrestato e imprigionato dalla polizia governativa nel maggio del 1930. In risposta a questi eventi, i suoi sostenitori si riunirono e marciarono verso le saline gestite dal governo.
Sarojini Naidu, l’eroina dell’indipendenza, incoraggiava tutti affermando che, nonostante Gandhi fosse fisicamente chiuso in una prigione, il suo spirito era con loro. Ad attendere i manifestanti c’era la polizia armata di bastoni, che li colpì ripetutamente mentre continuavano ad avanzare. Nessuno dei partecipanti alla marcia mostrò la minima esitazione. La loro forza spirituale suscitava una sincera soggezione. Un giornalista presente alla scena dichiarò che incarnavano tutti lo spirito di nonviolenza di Gandhi. In tutto il paese, durante le proteste, furono imprigionate quasi centomila persone, ma la lotta del popolo per l’indipendenza non si arrestò. Come scrisse un giornalista britannico, quell’impresa dimostrava che Gandhi, prigioniero, stava ora dando corpo e sostanza allo spirito stesso dell’India.
Come mai il popolo dell’India fu in grado di dar vita a un’impresa così straordinaria? N. Radhakrishnan, presidente del Centro internazionale di studi e ricerca gandhiani a Nuova Delhi, individuò la causa di tutto ciò nel coraggio. La storia, ha detto, inizia quando persone coraggiose entrano in azione. Le persone coraggiose sono in grado di far emergere il loro pieno potenziale nel momento cruciale. Possono davvero dimostrare la loro forza infinita con uno spirito potente che rifiuta di farsi sconfiggere. E, a proposito della nostra organizzazione, N. Radhakrishnan ha affermato: «Gli ottant’anni di impegno che hanno visto la Soka Gakkai raggiungere uno sviluppo senza pari sono un brillante esempio del potere dello spirito di maestro e discepolo dedicato al progresso individuale, alla trasformazione sociale e alla pace nel mondo. Ognuno di voi che partecipa a questo movimento merita di essere elogiato per aver realizzato risultati così straordinari».
Più o meno nello stesso periodo in cui Gandhi guidava la lotta per l’indipendenza nel suo paese, il movimento Soka fu lanciato in Giappone grazie agli sforzi congiunti dei nostri primi due presidenti, Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda. La pubblicazione del Soka Kyoikugaku Taikei (Il sistema pedagogico della creazione di valore) di Makiguchi, che segnò l’inizio ufficiale della Soka Gakkai, fu un’impresa che Toda aveva giurato di realizzare. Vedendo che Makiguchi era preoccupato per il ritmo lento del processo di redazione e revisione, Toda gli propose di assumersi personalmente la responsabilità del progetto. «Lo farò io – disse al suo maestro -. La prego di affidare tutto a me. Conosco la sua filosofia educativa meglio di chiunque altro». Questa fu l’espressione della sua determinazione e del suo orgoglio, ma soprattutto del suo impegno in qualità di sincero discepolo.

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La relazione tra maestro e discepolo è un legame solenne di comunione vita a vita. In tutti i tempi e le epoche ha avuto un’immensa influenza nella storia. Anch’io ho sempre avanzato a fianco del mio maestro Toda. Sono sempre unito a lui nello spirito. Per quanto difficile fosse la situazione, mentre mi impegnavo al fianco di Toda provavo una grande soddisfazione ed ero certo che non potevamo essere sconfitti.
All’età di ottantacinque anni B.N. Pande (1906-98), mio caro amico e discepolo di Gandhi, condivise con me la sua decisione di portare avanti il messaggio del suo maestro e lottare per tenerlo vivo fino all’ultimo giorno della propria esistenza. Questo spirito riflette anche la mia costante determinazione come fedele discepolo di Toda.

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Toda espresse il suo ardente desiderio per la realizzazione di kosen-rufu in Asia in una poesia: «Al popolo d’Asia… / inviamo… / la luce del sole». L’anno prossimo segnerà il cinquantesimo anniversario del mio primo viaggio nei paesi asiatici fuori dal Giappone, inclusi Hong Kong e India, per realizzare il desiderio del mio maestro.
Toda aveva soprattutto grandi speranze che il pionieristico Kyushu avrebbe ricoperto un ruolo chiave nella realizzazione di kosen-rufu in Asia [per la sua posizione favorevole come trampolino verso il resto del continente, n.d.r.]. L’innovazione richiede coraggio. Significa avanzare. Significa agire con coraggio per aprire nuove frontiere. Proprio con questo spirito i membri dell’imponente Kyushu, insieme ai membri di Okinawa – altro punto di partenza fondamentale per kosen-rufu in Asia – hanno tenuto alto il vessillo del Daishonin di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”. Essi hanno aperto la strada a kosen-rufu sfidando e superando molte difficoltà e ostacoli.
La prefettura di Miyazaki, nel Kyushu, attualmente sta affrontando una seria epidemia di afta epizootica tra il bestiame che sta causando enormi danni finanziari ed economici. I nostri coraggiosi membri nelle aree colpite si stanno impegnando con incredibile perseveranza come affidabili pilastri delle comunità locali.
Il Daishonin ci assicura: «Quando accade un grande male, seguirà un grande bene» (Grande male e grande bene, RSND, 1, 992); e «Le sfortune di Kyo’o Gozen si trasformeranno in fortuna» (Risposta a Kyo’o, RSND, 1, 366). Mia moglie e io stiamo recitando con tutte le forze affinché i nostri membri nel Miyazaki trionfino definitivamente su questa difficile situazione.

Per sempre
avanza con il motto
“molti corpi, una sola mente”.
Qui sta la forza e la grandezza
del potente Kyushu.

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Un grande flusso inizia da una singola goccia d’acqua. Ognuno di noi, compiendo sforzi coraggiosi nella propria comunità, sul luogo di lavoro, ovunque si trovi in questo momento, darà origine a un flusso duraturo di kosen-rufu.
La nostra organizzazione per kosen-rufu in India incarna la predizione del Daishonin della “trasmissione del Buddismo verso ovest”1, che è diventata una realtà. Ma anche questa iniziò con un numero limitato di membri. Quei membri studiarono con impegno gli insegnamenti e i princìpi del Buddismo di Nichiren Daishonin, mostrandosi sempre pronti a dialogare e a offrire sostegno e incoraggiamento agli altri. Grazie a questo tipo di sforzo, aprirono il sentiero di kosen-rufu dove ancora non esisteva.
Nessuno può sfuggire alle quattro sofferenze di nascita, vecchiaia, malattia e morte. Nondimeno, l’insegnamento supremo del Buddismo di Nichiren Daishonin ci mette in grado di utilizzare queste sofferenze come trampolino verso l’Illuminazione e di trasformare il karma pesante in una missione profondamente nobile.
Attraverso una preghiera coraggiosa e una calorosa solidarietà, i membri della SGI-India (Bharat Soka Gakkai; BSG) hanno superato con decisione molti ostacoli, come la disoccupazione, la malattia e i problemi familiari. E come risultato ondate di gioia e profonda gratitudine si sono diffuse in tutto il paese. Quest’anno più di 43.000 membri e ospiti erano presenti alle riunioni generali di capitolo che hanno avuto luogo in India per celebrare il 3 maggio e durante queste riunioni sono state raccontate meravigliose esperienze realizzate con la pratica buddista. Come sarebbero stati felici Shakyamuni e il Daishonin di vedere tutto ciò!
Una volta in India un nuovo membro, dopo aver studiato i princìpi del Buddismo di Nichiren Daishonin, commentò: «Ciò che rende straordinario il Buddismo del Daishonin è che spiega gli insegnamenti con parole che chiunque può comprendere e mettere in pratica, e li avvalora con prove teoriche, documentarie e concrete». Insegnamenti che sono accessibili a tutti possono essere messi in pratica da tutti, e possono produrre un beneficio concreto per tutti: questa è l’essenza dell’universalità del Buddismo di Nichiren Daishonin.
In ogni caso le persone comuni sono le vere protagoniste della storia. E nessuno è più degno di rispetto degli individui che si impegnano duramente nelle prime file del nostro movimento, dedicando la propria esistenza al grande ideale di kosen-rufu senza risparmiarsi e senza lamentarsi, che le loro imprese siano o meno sotto gli occhi degli altri.

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Kosen-rufu è un’impresa senza precedenti che mira a trasformare le basi della società e a liberare l’umanità dalle pesanti catene del karma. Il Daishonin cita il Sutra del Loto: «I semi della Buddità germogliano [tramite la causalità]» (Le proprietà del riso, RSND, 1, 991). Attraverso il contatto con gli altri, i cuori delle persone possono trasformarsi radicalmente. Quindi incontriamo gli altri con entusiasmo e parliamo con loro. Quando agite in maniera positiva, qualcosa cambierà sicuramente. Quando incontrate qualcuno di persona, riuscirete a comunicare molto più intimamente. Quando condividete con sincerità pensieri e convinzioni con gli altri, stringerete legami più forti. Per alimentare fiducia e comprensione, parlate con gli altri con onestà e sincerità, senza ostentazione o senza cercare di impressionarli. Siamo tutti esseri umani. Nessuno è migliore di qualcun altro. Avvicinatevi agli altri, aprite il vostro cuore con naturalezza, così come siete. Da quel momento stesso, la vostra vita e quella dell’altra persona verranno rafforzate e arricchite. Questa è la vera gioia del dialogo buddista. Anche l’ideale di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese” prende le mosse da un dialogo schietto e aperto e comincia col trattare la persona che ci sta di fronte con il massimo rispetto. Spero che chi di voi è responsabile, anche quando parla a riunioni di centinaia o migliaia di partecipanti, rivolga il proprio cuore a ogni singola persona presente.
Anch’io ho continuato a impegnarmi seriamente nel dialogo, considerando ogni membro con cui parlavo come un rappresentante della sua comunità o paese, e un ambasciatore di kosen-rufu. E ho continuato a inviare incoraggiamenti e Daimoku a quelle persone, con il profondo desiderio che le mie parole arrivassero attraverso di loro ad altri membri non presenti che si stavano impegnando per kosen-rufu nella loro regione o paese.
È importante che i nostri responsabili assumano l’iniziativa. Questa è la chiave per realizzare una solida unità tra i membri. Le preghiere e gli sforzi sentiti dei responsabili risuoneranno sicuramente negli altri. «L’incoraggiamento che mi hai dato quel giorno mi ha davvero ispirato per continuare ad andare avanti»: parole come queste, insieme allo sviluppo e alla crescita dei nostri compagni membri, sono la fonte di gioia più grande.

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Il Daishonin scrive: «Il mio desiderio è che i miei discepoli diventino cuccioli del re leone, mai derisi dal branco di volpi» (WND, 2, 1062). Gli eredi del re leone devono impegnarsi risolutamente con lo stesso spirito coraggioso del re leone. Kosen-rufu sta continuando a fluire dinamicamente. Più slancio acquisisce il nostro nobile movimento, maggiori saranno le forze contrastanti che naturalmente sorgeranno. Ogni giorno e ogni secondo sono quindi decisivi. Vincere ora è il primo passo verso tutte le vittorie.
Non possiamo ingannare il nostro cuore. Dobbiamo conquistare le nostre vittorie nel luogo in cui ci troviamo ora, vittorie nelle quali possiamo onestamente dire di aver investito tutto il nostro essere. Coloro che continuano a sfidarsi con questo spirito sono veri campioni.
Miei amati amici, avanzate con orgoglio e sicurezza e in salda unità! Ora è il momento di affrontare nuove sfide con costanza e perseveranza. Il Mahatma Gandhi disse: «Le difficoltà svaniscono di fronte alla perseveranza».

  1. Trasmissione del Buddismo verso ovest: Nichiren Daishonin predisse che il “Buddismo del sole” si sarebbe propagato dal Giappone verso ovest, tornando a quei paesi attraverso cui il Buddismo originariamente era stato trasmesso (vedi NR, 431, 3).

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