Diventare mamma comporta uno stravolgimento di ritmi sia personali che relazionali. Come cambia la vita di una mamma buddista, e cosa possono fare i compagni di fede per sostenerla in questa fase di transizione? Un’inchiesta del Nuovo Rinascimento ha raccolto le voci di molte mamme che hanno voluto dire la loro
«Ho cercato materiale buddista sulla maternità senza successo e credo che se fosse esistita sul Nuovo Rinascimento una rubrica per le mamme me la sarei bevuta! Per cui vi prego, non abbandonate il progetto!». Queste parole di Beatrice, arrivate via email per incoraggiarci proprio quando sembrava così difficile avere dalle mamme intervistate anche solo una risposta, spiega in modo esemplare il perché di questa inchiesta sul tema “mamme e pratica”. Tutti noi abbiamo esperienza di cosa succede dal punto di vista del gruppo quando una nostra compagna di fede dà alla luce un bambino: spesso sparisce. Dopo un primo festoso susseguirsi di notizie sulla nascita, segue il silenzio totale per mesi e anche per anni. La nostra amica non è più la stessa. È diventata una mamma. Si ha persino delle remore a dare le comunicazioni, a invitarla al meeting. Chissà se disturbo? Chissà se sta dormendo il bimbo? Per non dire delle telefonate con il sottofondo del pianto a squarciagola del piccolino che in quel modo ci fa capire chi comanda adesso.
Quando si dice che la nascita di un figlio cambia la vita vuol dire che il ritmo di quella vita non è più quello che noi abbiamo conosciuto, secondo il nostro punto di vista. E dal punto di vista della mamma? Fino a ora è stato un mondo inesplorato. Poi il caso di un gruppo di mamme di Salerno che hanno lanciato l’”attività mamme” e un’attività analoga sorta a Torino, due tra le tante iniziative nate spontaneamente in tutta Italia, hanno fatto nascere l’esigenza di capire quali problemi e soprattutto quali soluzioni possa suggerire una mamma che, pur dedicando la sua vita al bimbo, non voglia smettere di dedicarla anche a Nam-myoho-renge-kyo. Masao Yakota ricorda che per Ikeda «l’essenza del dialogo è l’ascolto» (BS, 139, 10). E quindi per iniziare bene, si è deciso di dare: dare la parola, dare voce, dare ascolto. E l’abbiamo fatto attraverso una serie di domande sul prima e sul dopo essere mamma praticando il Buddismo.
Il prima: scoperte, dubbi e paure
Sebbene il grande cambiamento pratico e i relativi problemi arrivino dopo la nascita, sappiamo che è il prima che pone le cause. Com’è il prima di una mamma buddista? È pieno di paure? Di progetti? Di obiettivi? Solo il punto di vista delle mamme buddiste poteva rivelarci che il loro prima risale al “tempo senza inzio”: «Avevamo deciso di adottare un bambino – ci dice Elena di Torino – e il 13 luglio 2007 vado finalmente a conoscere Tommaso. Più lo guardo e più mi rendo conto che assomiglia a qualcuno. Nel momento più felice della mia vita non riesco a non pensare che a questa somiglianza. In un attimo tutto mi è chiaro: assomiglia a mio figlio, lui è mio figlio dall’infinito passato!». Questo legame karmico lo sentono anche i bambini. «Mio figlio qualche volta mi ha persino detto – racconta Paola di Torino – che tra tante mamme lui ha scelto me. Quando lo sentii parlare così per la prima volta mi sembrava impossibile».
E sul legame mistico tra genitori e figli ecco cosa ci può insegnare l’esperienza di una mamma di Napoli. «Per più di un anno – racconta Laura – io e mio marito abbiamo provato ad avere un figlio. La lotta più grande è stata contro la paura di non poter diventare mamma e di non poter realizzare il mio desiderio. Poi una compagna di fede mi ha fatto capire che mi stavo focalizzando su di me con un atteggiamento egoista contrario alla natura del legame madre-figlio. Imparai così a offrire fin da subito il mio aiuto a questo figlio che doveva scegliere noi come genitori e solo dopo aver imparato a non pensare solo a me sono stata pronta a diventare madre».
Tra le sensazioni più comuni del prima ci sono dunque il dubbio e la paura, ma anche il loro superamento. «Per portare avanti una gravidanza – ci dice Violetta – si devono immancabilmente affrontare molte paure. Una di queste è quella di non essere all’altezza, di non essere una brava mamma. Poi una volta, mentre recitavo Daimoku, ho messo tutta me stessa nell’esprimere il desiderio più spontaneo per una mamma: che mia figlia fosse felice. Avevo paura del parto, del dolore e avevo molte aspettative. Così leggevo ogni giorno il Gosho Parto facile di un figlio fortunato come se Nichiren l’avesse scritto per me. Durante il parto mi sono sentita molto protetta ed è andato tutto come avevo deciso io». Infine c’è un aspetto che va considerato: nonostante siano tutte paure speciali e uniche, non “funzionano” diversamente da quelle che abbiamo già affrontato e superato. «Esattamente come in tutte le altre circostanze della vita – commenta Maura – la vittoria è su noi stessi, su quello che noi sentiamo essere “il punto” su cui svoltare in quel momento. Questa consapevolezza è stata cruciale nel momento in cui, contrariamente ai miei “piani”, durante un controllo di routine mi hanno prospettato un cesareo urgente per delle complicazioni importanti e inattese. Dopo un primo attimo di disorientamento, l’ho affrontato al meglio e a posteriori ho realizzato che si erano verificate le condizioni migliori per far nascere mia figlia».
Il dopo: il rischio dell’isolamento
Superato il momento più intimo e mistico dell’attesa, superato il momento tremendo e bellissimo della nascita, ecco che arriva il dopo, a cui non si è mai preparati. «Nonostante sia stato atteso, voluto e deciso – ci confessa Clara di Siracusa – l’evento turbine Adriano ha sconvolto la mia vita e quella di mio marito». Con immancabili effetti sul tempo da dedicare alla pratica. «Dopo la nascita di Andrea ho avuto un periodo di almeno due mesi in cui non riuscivo neppure a fare Gongyo – aggiunge Monica di Modena -, ero a casa da sola tutto il giorno». È appunto la solitudine un motivo ricorrente. «Mi sono sentita molto sola – racconta Beatrice – anche perché nel nostro settore non c’erano mamme. Avevo la sensazione che facessero fatica a comprendere il mio stato e mi sarebbe tanto piaciuto avere delle interlocutrici mamme. Mi rendevo conto che eravamo in mondi diversi». «Mi sentivo tagliata fuori dal mondo – conferma Violetta -, mi sembrava di non sapere più parlare come un adulto». Dunque quale consiglio a chi ha nel proprio gruppo o settore una mamma? «Si devono sostenere le neo-mamme che all’inizio hanno grosse difficoltà a trovare un loro equilibrio, non lasciarle da sole “perché sono molto impegnate” – consiglia Katya -. È vero, lo sono, ma è proprio per questo che necessitano di una presenza, anche discreta, che le aiuti a mantenere costante la pratica buddista e il Gohonzon nella loro vita».
Il salvadanaio della fede
Il primo appiglio a cui aggrapparsi dopo che si è diventate mamma lo si prepara prima. Lo potremmo chiamare il salvadanaio della fede, come ci suggerisce Monica. «Ciò che mi aiuta tanto – ci confida questa mamma di Torino – sono l’attività e il Daimoku fatti negli anni precedenti alla maternità. Sono un vero e proprio salvadanaio della fede che mi ha permesso di rimanere salda di fronte agli scossoni della vita». Anche Barbara ce lo conferma: «Dal momento che sono nati i miei due figli ho sicuramente diminuito il tempo a disposizione sia per praticare che per partecipare alle attività. Quello che però mi ha aiutato a mantenere sempre il desiderio di sfidarmi è stato l’allenamento interiore fatto nella Divisione giovani». Sfidarsi a recitare è un altro elemento ricorrente nelle voci delle nostre mamme, lo potremmo chiamare il consiglio numero due.
Daimoku al centro
«Lamentandomi con una mia amica buddista – racconta Beatrice – del fatto che la mia vita e la mia pratica personale erano cambiate perché Ginevra assorbiva tutte le mie energie, lei mi diceva semplicemente che doveva essere così, perché lei aveva bisogno di questo per crescere. Ma mi raccomandò di non smettere mai di sfidarmi».
Katya insieme al suo piccolo Danilo sono stati protagonisti di uno sforzo congiunto a ritmo di Daimoku: «Mi sforzavo di fare un minimo di attività, lo zadankai, qualche recitazione a casa mia. Mi portavo Danilo nell’ovetto che stacchi dalla macchina e te lo porti in giro, gli portavo qualche giochetto per distrarlo e poi lo allattavo quando lo richiedeva. Così riuscivo a partecipare alle riunioni. Ma alla base di tutto doveva esserci il Daimoku. Ben presto capii che solo quando recitavo Daimoku per poter arrivare in tempo a una riunione e perché Danilo me lo “facesse fare”, solo in quel caso riuscivo, altrimenti era un disastro. Ma non mi davo per vinta perché compresi in breve tempo che nessun uomo, nessun figlio e neanche nessun genitore può aiutarti ma l’unico grande assoluto e profondo sostegno per la tua vita è il Gohonzon».
Elena da Torino rafforza il concetto: «Se baso la mia giornata sul Daimoku tutto prende una direzione costruttiva. Sono mamma, sono responsabile della Gakkai, mi piace frequentare i miei amici, lavoro in proprio, ho mille cose da fare; è un attimo smettere di recitare Daimoku. Ogni giorno recito per riuscire a recitare! È stato importante mantenere il contatto con le mie compagne di fede e praticare insieme a loro».
La rete delle mamme
La testimonianza di Laura di Napoli al tempo stesso conferma il consiglio numero due ma introduce il tema fondamentale che chiameremo “la rete”. «Per trasformare la sofferenza di essermi sentita sola – racconta Beatrice – avevo il desiderio che le mamme del mio settore potessero creare una rete anche se invisibile a volte per orari e impegni. Ora che nel giro di qualche anno sono diventate mamme in tante e altre lo stanno diventando la rete è una realtà. In questo momento contiamo sette bambini più uno in arrivo. In contemporanea è nata l’idea di incontrarci. Vedo un grande futuro! Anche se ci incontriamo con difficoltà oggi siamo una rete. È molto importante sostenere le mamme perché i nostri bimbi sono anche il futuro di tutti».
Anche per Violetta è stata una grande esperienza: «È stata preziosa l’attività per le mamme che siamo riuscite a fare a Milano, e ho sentito l’importanza di creare dei legami, il desiderio di stringere amicizie, per la prima volta senza paura di venire rifiutata, giudicata, come mi era sempre accaduto prima». Ma non è l’unica esperienza come dice Barbara: «Anche a Torino da un anno abbiamo iniziato l’”attività mamme”. Ci riuniamo una volta al mese con mamme di bambini da zero a sette anni. Per me è stato un momento molto importante sia dal punto di vista pratico (confrontarsi con genitori che hanno delle problematiche simili e non), ma soprattutto dal punto di vista della fede, perché ho potuto approfondire di più l’aspetto mistico del legame tra genitori e figli e capire quanto è importante la mia felicità per trasmetterla anche ai miei bimbi e insieme fare kosen-rufu». «Durante l’”attività mamme” – aggiunge Elena – approfondiamo un argomento buddista tratto dal libro di Ikeda I tesori del futuro (vedi riquadro a pag. 22). Ci incoraggiamo moltissimo e ogni volta mi porto a casa uno spunto di riflessione. Portiamo anche i nostri bimbi poiché gli artisti si sono offerti di fare delle piccole attività per intrattenere i nostri tesori. Anche se è più facile muoversi da sole cerchiamo di portare i bimbi, perché pensiamo che in questo modo possano creare dei legami con altri piccoli Budda».
Anche Paola è molto positiva: «Gli incontri con le mamme sono fantastici. Non si immagina nemmeno quanto sia comune vivere le stesse cose, quanto le esperienze di una mamma possano aprire una nuova porta, un pensiero non ancora trovato, un nuovo punto di vista e di trasformazione. Essenziale anche per i bambini trovarsi a giocare insieme in un ambiente “illuminato”. Il rapporto con i compagni di fede è essenziale, è come tornare a casa». La rete delle mamme sia virtuale che nella realtà, è la soluzione che consente di trasformare un periodo di quasi inevitabile annullamento in una straordinaria occasione di crescita, come ci rivelano le parole di Clara, regalateci come quelle di Katya, Paola, Violetta, Beatrice, da email scritte al mattino presto o a notte fonda, spedite tra un biberon e l’altro, strappate al tempo, ispirate da un Daimoku essenziale e coraggioso. «Il senso di responsabilità che attraverso il Buddismo si è andato chiarendo – conclude Clara di Siracusa – mi ha condotto a questa scelta che mai avrei immaginato di prendere con tale naturalezza. E soprattutto mi ha condotto a essere una madre felice. Il cambiamento insito nella nostra stessa pratica trova in questo caso un magnifico esempio. Niente è e sarà mai come prima. Ma molto migliori, molto più ricche sono ora le nostre vite».
hanno collaborato: Dino Bucalo, Pina Consoli, Milena Sala, Sabrina Morena, Violetta Esposito
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Riflessioni di Daisaku Ikeda / I bambini, costruttori di futuro
L’educazione dei bambini deve essere basata su ciò che è meglio per il futuro del bambino e non per l’ego dei genitori, e deve essere considerata in una prospettiva di lungo termine. È importante non solo che soddisfiate i bisogni dei vostri figli nel presente, ma anche che fissiate fermamente il vostro sguardo al futuro. I bambini riflettono i loro genitori come uno specchio. L’educazione dei bambini è una nobile impresa in cui genitore e figlio crescono insieme.
Nella profondità della propria vita, i bambini percepiscono le preghiere della loro madre. Ma alla fine devono trovare da soli la propria strada, che non può essere determinata dai loro genitori. Va anche detto che per quanto i genitori possano sentirsi tristi all’idea che i figli un giorno se ne vadano da casa, devono superare questo sentimento, altrimenti inconsapevolmente ostacoleranno lo sviluppo dei loro figli, che di conseguenza cresceranno interiormente deboli e privi di autonomia.
I bambini in definitiva costruiscono il proprio futuro. Per questo è necessario discutere a fondo con loro la strada che dovrebbero intraprendere. È naturale che i genitori abbiano il loro modo di pensare, ma anche i bambini ce l’hanno. I genitori non dovrebbero liquidare sbrigativamente le opinioni dei figli e cercare di imporre loro le proprie idee. Sforzatevi di mantenere aperto il dialogo con i vostri figli in modo che possano essere guidati nella direzione migliore. Questo è cruciale per vincere nella vita.
Che genere di sogni offriamo ai nostri figli? Permettiamo loro di avere una grandiosa visione del futuro? Il loro sviluppo dipende dalla risposta a queste domande.
(da D. Ikeda, I tesori del futuro, Esperia, pagg. 70-72)