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È solo questione di ritmo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 18:33

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È solo questione di ritmo

Alex Po, Reggio Emilia

Era come aver scoperto una pagina nuova di un libro dove c’era scritto che io non desideravo suonare musica classica, ma andare su un palco, saltare, ballare, suonare il basso elettrico e cantare del rock

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Era come aver scoperto una pagina nuova di un libro dove c’era scritto che io non desideravo suonare musica classica, ma andare su un palco, saltare, ballare, suonare il basso elettrico e cantare del rock

Era il 1993 quando per la prima volta ho recitato Nam-myoho-renge-kyo. Mio padre è morto quando avevo cinque anni e mia mamma mi ha cresciuto insieme a mia zia. Vivevamo in affitto in una casa popolare e i soldi non erano mai abbastanza. Io contribuivo come potevo e mia madre mi pagava gli studi in conservatorio. Desideravo suonare il contrabbasso, avere una casa dignitosa e una vita felice per mia madre e per me. Tra il ’95 e il ’96 andai due volte in Giappone per fare visita ad alcuni membri giapponesi del Club Italia dell’Università Soka di Tokyo che avevo conosciuto in Italia. Fu un’esperienza dopo l’altra. Ero partito recitando due ore al giorno di Daimoku per incontrare il presidente Ikeda e per ben due volte non ci riuscii. Durante il secondo viaggio però accadde una cosa sorprendente. Mi fu chiesto di cantare una canzone a una riunione con molti ospiti in un Centro a Fukuoka, alla presenza di oltre centocinquanta persone, tra cui tanti familiari di membri. L’obiettivo era che iniziassero a praticare cento persone. Dopo aver pregato con il cuore e nonostante avessi dimenticato a Tokyo il testo della canzone, trovai un coraggio che non pensavo di avere. Mi misi al pianoforte e intonai una melodia, improvvisai qualche parola e dentro di me si accese una miccia: desideravo ardentemente che iniziassero a praticare tutti gli ospiti, che diventassero felici, mettendosi al nostro fianco assieme a sensei per realizzare kosen-rufu, nelle loro famiglie, nel loro lavoro, con i loro sogni. In quel momento capii che il senso di quei viaggi non era incontrare sensei, ma imparare che condividere con lui la stessa identica determinazione è la chiave di tutto. Con questo spirito, io e i miei amici giapponesi abbiamo vinto. Dopo quella riunione infatti decisero di iniziare a praticare centotré persone. Ero senza parole. E lo sono ancora adesso.
Nel 1999 decisi finalmente di fare l’esame di contrabbasso per diplomarmi. Avevo precedentemente lasciato lo studio per due anni, dopo una crisi di panico da palco. Nello stesso anno avevo deciso di sposarmi con la mia ragazza, giapponese. Il 7 luglio avrei dato l’esame del diploma in contrabbasso e lei mi avrebbe raggiunto in Italia due giorni dopo.
Nonostante avessi studiato moltissimo per mesi, il giorno dell’esame ebbi un’altra crisi di panico e mi rimandarono a settembre. Grandissima delusione! Arriva in Italia la mia fidanzata e decide che non vuole più sposarmi, perché lei ha il suo sogno da realizzare: diventare una traduttrice di italiano per la Soka Gakkai in Giappone. Ma anch’io ho un sogno: diventare musicista, e non in Giappone. In quarantott’ore crolla tutto quello in cui avevo creduto. Ricordo di aver pregato al Gohonzon ininterrottamente tutta la notte. Compresi il profondo significato della parola “Nam”, e che avevo sostituito Myoho-renge-kyo con la mia storia d’amore, con lo studio, le mie paure. Decisi perciò di rimettere il Gohonzon al centro della mia vita. Dopo la sua partenza capii che dovevo riflettere profondamente e con sincerità. Tutto agosto lo impiegai studiando per l’esame e per realizzare il mio obiettivo di diventare un musicista, e anche perché lei diventasse la migliore traduttrice per la Soka Gakkai.
Un giorno, poco prima dell’esame, durante Gongyo, iniziai a piangere di gioia. Era come aver scoperto la pagina nuova di un libro dove c’era scritto che io non desideravo suonare musica classica, ma andare su un palco, saltare, ballare, suonare il basso elettrico e cantare del rock. Quel libro era il mio cuore. Capii davvero cosa volevo fare ma il problema più grosso era come dirlo a mia madre, che si era fatta in quattro per me. Decisi che mi sarei diplomato, ma le avrei detto tutto molto sinceramente. Non sapevo da dove iniziare.
Recitai tantissimo Daimoku, studiai il Gosho e feci attività per gli altri come non mai. Le parlai con il cuore e le dissi che avevo intenzione di lasciare il mondo della classica per dedicarmi al rock non appena diplomato. Questa sincerità è arrivata al suo cuore, e mi ha sostenuto in questa decisione. Lo stesso giorno ricevetti una telefonata da una persona che non vedevo da più di dieci anni. Era un chitarrista che aveva bisogno di un bassista per un lavoro. Quando si ha il coraggio di seguire la via del cuore si aprono strade davanti a noi che non possiamo nemmeno lontanamente immaginare.
Negli anni a venire, anche grazie a questa persona, ho suonato con vari artisti italiani, Patty Pravo, Biagio Antonacci e ora con Irene Grandi, superando la paura del pubblico. Ho suonato in palazzetti e stadi, sul palco di Sting davanti a trecentomila persone al Circo Massimo… impensabile, fino a pochi anni fa.
Nel settembre del ’99 mi diplomai con i complimenti della commissione, un regalo dedicato a mia madre. Poco dopo iniziai la mia relazione con Erica. Era come rinascere. Stavo realizzando la mia vita lavorativa e ora anche quella sentimentale. Ma dopo un anno e mezzo meraviglioso, lei iniziò ad andare in crisi e un bel giorno mi lasciò. Di nuovo mi trovavo davanti al Gohonzon per amore. Questa volta decisi di dichiarare guerra al mio karma una volta per tutte. Recitavo per la sua felicità, e più lo facevo più stavo male. Andare contro le proprie tendenze, mantenere la fede e la determinazione tutti i giorni, non è una cosa facile, ma la Buddità si trova nel mantenere la fede. “Mantenere la fede”: questo divenne il mio slogan e lo è tutt’ora.
In quel periodo facevo molta attività e mi era stata affidata la responsabilità di settore. A un certo punto mentre pregavo mi misi un obiettivo enorme: se mai Erica fosse tornata, sarebbe stato per realizzare kosen-rufu insieme. Anche questa volta seguii semplicemente il mio cuore.
Dopo sei mesi iniziai a sentirmi sempre meglio, anche senza di lei. Poi un giorno ebbi nuovamente quella sensazione, davanti al Gohonzon, di libertà e di felicità indipendente da qualsiasi cosa o sofferenza o persona. Nel momento in cui io mi sentii davvero una persona libera dentro… lei decise di tornare e ricominciammo a uscire insieme.
Solo che c’era un problema: lei non praticava e non aveva alcun interesse nell’iniziare. Siamo stati insieme anni e anche durante la convivenza non le ho mai parlato di Buddismo se non quando mi veniva chiesto. Ho semplicemente fatto in modo che parlassero le azioni concrete e i cambiamenti nella mia vita. Ho sviluppato delle doti meravigliose: la pazienza e il coraggio di crederci anche quando tutto era contro. Oggi Erica è membro della Soka Gakkai. Tra mille peripezie abbiamo acquistato una casa, con una stanza per le riunioni. Una preghiera sincera ottiene sempre risposta ed è questa l’unica cosa davvero importante. Oggi mi sto dedicando tanto allo studio del Buddismo, con il desiderio di approfondire le parole di sensei con una consapevolezza diversa, e a far conoscere il Buddismo agli altri, azione dove non mi risparmio mai, perché il mio desiderio è che le persone diventino felici. Avevo fatto una promessa e quando una persona mantiene il proprio voto, può considerarsi davvero una persona felice e… io lo sono.

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