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Porto l'italia all'Università Soka - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:21

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    Porto l’italia all’Università Soka

    Pochi giorni prima del suo rientro negli Stati Uniti, abbiamo incontrato a Roma Ginevra Geracitano, la prima italiana iscritta alla SUA

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    Pochi giorni prima del suo rientro negli Stati Uniti, abbiamo incontrato a Roma Ginevra Geracitano, la prima italiana iscritta alla SUA

    Puoi raccontarci di come hai preso la decisione di iscriverti a questa università?

    In realtà l’ho deciso in seconda media, quando ho letto un depliant sull’Università Soka. Mi colpì molto e ho frequentato il liceo con l’obiettivo di andare a studiare lì. Facevo domande, cercavo su internet, chiedevo informazioni, con il desiderio di approfondire il concetto della “creazione di valore” di Makiguchi.
    Innanzitutto decisi di imparare bene l’inglese e per questo in quarta liceo andai per un anno a studiare negli USA; mentre ero lì visitai il campus dell’Università Soka. Fu un’ulteriore conferma, perché è un posto meraviglioso, accogliente, nel quale si sente una cura particolare verso ogni singolo studente.
    Finito il liceo feci domanda per accedervi, ma non fui ammessa perché non avevo presentato in tempo tutti i documenti. Stavo malissimo, ma sentivo chiaramente che quella era la mia strada. Nel frattempo mi sono iscritta all’università a Roma, ho frequentato i corsi e ho sostenuto esami, trovandomi molto bene. Poi ho ripresentato la domanda e a marzo 2009 sono stata accettata. A questo punto dovevo riuscire a ottenere una borsa di studio per alleggerire i costi dell’università e alla fine sono riuscita ad averne una per merito.
    Ho avuto problemi anche per ottenere il visto, ma soprattutto ho dovuto lottare dentro di me. Da una parte volevo andare, dall’altra stavo bene dov’ero. Ho cominciato a recitare tanto Daimoku per chiarire cosa volessi veramente perché non sentivo più la passione e l’entusiasmo iniziale. È stata una lotta, ma alla fine sono riuscita a superare tutti gli ostacoli e il 2 agosto sono partita.

    Come ti sei trovata all’inizio?

    È stato difficile. Mi sentivo spaesata, con tutte quelle persone che venivano da tutto il mondo ed erano “gasatissime”… io mi sentivo fuori posto. Ad agosto ci siamo ritrovati noi iscritti al primo anno, circa centotrenta studenti, dei quali più della metà non buddisti; per tutto il mese abbiamo seguito un corso intensivo di filosofia, suddivisi in piccoli gruppi. Ero in grande difficoltà, mi lamentavo, a volte pensavo che forse era meglio tornare a Roma. Recitando Daimoku ho deciso di andare fino in fondo, di provare per un anno, poi eventualmente sarei tornata in Italia. Prima di tutto ho smesso di giudicare gli altri studenti e ho cominciato ad aprirmi e a parlare con tutti. Con tantissimi di loro, se non fossi stata “costretta” non ci avrei mai parlato, perché li sentivo troppo diversi da come sono io. Invece sono riuscita a relazionarmi con ognuno e sono venute fuori esperienze incredibili. Nel mio gruppo, oltre a me, c’erano tre giapponesi e sei statunitensi fra i quali una ragazza proveniente da una riserva indiana. Tutte persone che fuori di lì non avrei mai frequentato. Il professore è stato fantastico: ha iniziato a farci confrontare sul perché della vita, della morte, sull’amore, sulle relazioni umane… E nonostante le differenze culturali tra noi venivano fuori discussioni molto profonde. Da lì in poi è cambiato tutto, soprattutto è cambiato il mio punto di vista, e ho capito che i giudizi in realtà non servono a nulla, ci portano solo a non dare valore agli altri. Dal secondo mese tutto si è stabilizzato.

    Com’è organizzata l’università?

    Io studio relazioni internazionali. C’è un insegnante ogni otto-dieci studenti, i corsi sono al massimo di venti persone. I professori sono molto disponibili con noi, c’è molto scambio e possibilità di dialogare su tutto, non c’è distacco tra insegnanti e allievi. Si studia moltissimo, ci sentiamo motivati e stimolati ad approfondire lo studio. Appena sono arrivata ho scritto al presidente Ikeda dicendogli che ero la prima italiana iscritta alla Università Soka statunitense e gli ho promesso che mi sarei presa la responsabilità di cambiare il karma degli studenti italiani e di diffondere i princìpi della creazione di valore nelle scuole del mio Paese. Desidero che vengano tanti studenti dall’Italia, anche non praticanti. Voglio riuscire a parlarne ai miei amici, a far conoscere questa università il più possibile. Si sottolinea molto la figura di Daisaku Ikeda come fondatore dell’Università Soka; lui invia continui messaggi di incoraggiamento e anche i non buddisti lo sentono vicino. Sensei ha voluto che il campus si trovasse in un posto molto bello, affinché ogni studente potesse stare bene e concentrarsi nello studio. C’è un’attenzione incredibile verso ogni persona e questo si vede anche da come vengono curati l’ambiente, le stanze, il cibo… anche se io sento lo stesso la mancanza della cucina italiana!

    Ci sono delle attività particolari, extra-curriculari?

    Ci sono tante attività che vengono organizzate dagli studenti con il sostegno di alcuni professori. A ottobre ho seguito un laboratorio sulla “consapevolezza dei vari tipi di sessualità”, finalizzato a rompere le barriere sociali e i pregiudizi che continuano a esistere, e creare un ambiente di rispetto reciproco. Nell’arco di un mese hanno partecipato tante persone anche dall’esterno, ci sono state relazioni scientifiche, esperienze, proiezioni di film. Alla fine c’è stata una serata speciale, con tante testimonianze, performance artistiche e musicali, dibattiti, rappresentazioni teatrali. Un’esperienza davvero stimolante, di grande consapevolezza e apertura mentale.
    Inoltre ci sono vari club, di tutti i tipi, impossibile elencarli tutti…Io sto partecipando al club sulla “cultura africana”, sui “tamburi giapponesi” e sul “modello delle Nazioni Unite”. E tra qualche mese voglio fondare un club sulla cultura italiana per sfatare l’idea che l’Italia è solo pizza, spaghetti e mandolino!

    E le attività buddiste?

    Le attività si svolgono fuori dal campus, nei weekend, e sono molto diverse rispetto al nostro paese. Essendoci l’università ci sono molti studenti, c’è molto movimento. La Divisione giovani sta portando avanti tante attività, perché sta preparando per luglio un festival che durerà un mese per l’ottantesimo anniversario della SGI. I giovani si impegnano tanto, sono davvero in prima fila e portano avanti tanti progetti. Gli adulti li sostengono e incoraggiano.

    Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

    Quando sono partita avevo le idee chiare, tutto programmato; ora è saltato tutto, sto aprendo la mia mente. Ho la consapevolezza che sto creando una base solida per il mio futuro e sono sicura che dopo la laurea potrò fare tante cose, tante strade si apriranno. Sono nata e cresciuta nella Soka Gakkai, ho sempre sentito forte il legame con sensei e con la SGI. Fin dalle elementari quando avevo un problema recitavo Daimoku. Poi a tredici, quattordici anni ho deciso di impegnarmi di più e di praticare veramente, non solo quando stavo male e avevo un problema. È stato molto difficile mantenere un ritmo costante. Ora sto cercando di dedicarmi il più possibile allo studio e ho tanta fiducia per il futuro.

    Ti piacerebbe fare la corrispondente per Il Nuovo Rinascimento?

    Volentieri! Desidero tanto che più persone possibili conoscano il valore di questa università.

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    Università soka americana / Un ateneo senza barriere

    www.soka.edu: un solo click ed entriamo nel sito della SUA, l’Università Soka americana. Fondata nel 2001, situata nella contea di Orange in California, la SUA accoglie tutti con il motto «Siate filosofi del rinascimento della vita, siate cittadini del mondo nella costruzione della pace, siate pionieri della civilizzazione globale».
    Dal primo anno accademico a oggi la SUA ha avuto circa mille iscritti, di cui più della metà già laureati (fonte: Students statistics nel sito).
    L’Università Soka americana, che ovviamente ha come punto di riferimento la Soka Gakkai Internazionale, non è però un’università confessionale, anzi come raccontava in un’esperienza il danese Simon Hoffding: «Non ci sono lezioni sul Buddismo e il programma è completamente laico. […] Ad esempio tutti gli studenti iniziano il loro primo anno con un corso dal titolo “Gli eterni quesiti dell’umanità” durante il quale si leggono e si discutono i grandi testi filosofici […].Tra questi figurano le opere di Platone, Aristotele, Cartesio, Confucio, oltre alla Bibbia, al Corano» (NR, 425, 24).

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