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La città di Modica stringe la mano a Daisaku Ikeda - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:46

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La città di Modica stringe la mano a Daisaku Ikeda

A quasi due anni di distanza la Sicilia è ancora una volta protagonista di un evento che lega la SGI all’isola

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A quasi due anni di distanza la Sicilia è ancora una volta protagonista di un evento che lega la SGI all’isola

A suggello della mostra “Costruttori di pace tra il XX e il XXI secolo”, allestita al Palazzo della Cultura di Modica (RG) dal 26 al 31 gennaio, l’amministrazione del comune ibleo ha conferito la cittadinanza onoraria a Daisaku Ikeda, presidente della SGI.
La cerimonia, svoltasi il 30 gennaio nella sala consiliare alla presenza di oltre duecento persone, è stata introdotta da Antonio Sichera, docente di letteratura italiana dell’Università di Catania, con un intervento basato su tre punti: la politica, «questa mostra sui costruttori di pace ci dimostra che la vera politica dev’essere fondata sul sogno, sulla speranza»; l’umanità, «il vero cambiamento avviene dentro di noi»; e la città: «Modica si apre al mondo accogliendo il grande respiro della SGI».
Concetti ribaditi dal professore di sociologia dell’Università di Palermo Antonio La Spina, (autore della Laudatio per il conferimento della laurea honoris causa che il presidente della SGI ricevette nel 2007) il quale ha sostenuto che «con Ikeda cambia il concetto di pace, non più come assenza di guerre tra nazioni ma come modello sociale di sviluppo. Anticipando il concetto del pensare globale, con la duratura passione per il bene comune, egli è diventato un modello umano da seguire, da copiare».
Il sindaco Antonello Buscema (nella foto mentre firma l’attestato) ha ricordato che quando ha conosciuto i membri della Soka Gakkai è rimasto così «positivamente colpito» da decidere di conferire la cittadinanza onoraria al presidente Ikeda, quale ambasciatore di culture. «Un’occasione per aprire la città verso lo scambio culturale e religioso, per far rigenerare quei valori umani che Ikeda cita nella Lectio magistralis». «E gli sono grato – ha concluso – per come ha saputo riconoscere in noi siciliani ciò che spesso noi stessi dimentichiamo, di essere la chiave di tutto, di essere crocevia di culture e quindi di poter creare valore».
«Non esiste un onore più grande – ha dichiarato Daisaku Ikeda nel messaggio inviato per l’occasione – e sono riconoscente al sindaco e a tutta la città». Dopo il tradizionale scambio di doni il professor Sichera ha chiuso la cerimonia ringraziando Ikeda per aver saputo ribaltare la visione gattopardiana dei siciliani «dediti al sonno e alla pigrizia», riconoscendo invece la peculiarità cosmopolita di persone che «sanno percorrere la via della seta», come ha ricordato Giacomo Iozzia, responsabile modicano dell’Istituto Buddista.
Pina Consoli

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Bambini, si gioca
A Campello sul Clitunno (PG) si sono dati appuntamento bambini fra i tre e i dieci anni con i loro genitori per un pomeriggio divertente e toccante

«Ciglia, non cima» hanno esclamato i bambini quando infine la parola, passando da un orecchio all’altro, è stata irrimediabilmente trasformata.
Sono le 15,45 di sabato 9 gennaio a casa di Mariella. La stanza del Gohonzon è gremita di giovanissimi ospiti che, dopo un minuto di Daimoku seguito da un timido Gongyo, senza perdersi in convenevoli si sono tuffati nella più spericolata delle competizioni che niente come il gioco sa scatenare. È il gruppo Futuro quello che si sta cimentando nell’avvincentissimo (obbligatori i superlativi) “gioco del telefono”. Una parola sussurrata nell’orecchio del vicino e così via fino a raggiungere il tredicesimo. E il gioco è fatto.
La parola “ciglia” è stata suggerita dalla lettura del Gosho di Capodanno. Sì, perché come in ogni riunione che si rispetti non è mancata l’apertura con la lettura degli scritti di Nichiren. E la suggestiva immagine richiamata nel Gosho, «noi persone comuni non possiamo vedere le nostre ciglia che sono vicine né i cieli che sono lontani», deve aver lasciato una traccia nell’immaginario della piccola assemblea di attenti ascoltatori. L’attenzione ha subito una ulteriore impennata quando si è data lettura della fiaba Nel paese di Braccioteso (tratta da BS, 92, 29), che ha coinvolto tutti, anche fisicamente, in mimi e drammatizzazioni. La distribuzione di caramelle ha sciolto ogni residua traccia di imbarazzo.
Cecilia Metelli

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Incontro con Maria Cangiano
Il 13 gennaio i membri milanesi hanno incontrato al Centro culturale di Corsico (MI) la cantante di musica popolare argentina, membro della SGI che vive a New York

Maria era emozionatissima perché proprio in Italia tredici anni fa aveva iniziato a praticare il Buddismo. A quel tempo stava affrontando un periodo molto difficile: era appena finita una storia d’amore importante e non sapeva cosa fare della sua vita. Era molto confusa, insomma. Le fecero shakubuku a Trieste e, dopo il suo primo Gongyo, decise di dedicarsi al sogno di cantare. Tornare in Italia per la tappa di una tournée, è stato come chiudere un cerchio. Dopo aver raccontato la sua esperienza, le sono state rivolte alcune domande. Ad esempio, le è stato chiesto come poter capire – dopo lunghi periodi di insuccesso – se la propria vocazione artistica è effettivamente una missione.
Maria ha risposto: «A volte mi è sembrato di forzare la realtà, ma poi ho capito che quella realtà era solo una forza negativa che mi diceva che non potevo farcela. Infatti mi è capitato per lunghi periodi di non avere né soldi, né la voce per cantare, a causa di una forte infiammazione alle vie respiratorie. Sentivo nel mio cuore di dover determinare ancora di più. A volte i nostri sogni sembrano impossibili. Io ho anche scoperto di poter cantare tutto quello che voglio e come voglio, non avrei mai creduto di poterlo fare, e invece oggi è possibile. La pratica è un percorso ed è il percorso intero ad avere valore, non il singolo momento. Bisogna praticare sinceramente per superare gli ostacoli. Io pratico per manifestare la mia missione qualsiasi essa sia, se si manifesta la mia missione, si manifesta la mia Buddità. Quando recito Daimoku cerco la mia missione e recito per essere di aiuto agli altri, capire chi ha bisogno di essere sostenuto; questa è la mia priorità. Negli ultimi due anni sei persone vicine a me hanno iniziato a praticare».
Ilaria Erede

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Verso l’ottantesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai / 3
Un uomo solo, una promessa solenne
In carcere, Josei Toda aveva compreso la sua missione di dare vita al movimento di kosen-rufu. Ma quando venne rilasciato, accanto a lui non c’era più nessuno

Toda fu rilasciato il 3 luglio del 1945. La città di Tokyo era un cumulo di rovine a causa dei bombardamenti e i membri della Soka Kyoiku Gakkai erano tutti dispersi.
In carcere Toda aveva sperimentato il potere della fede, maturando una profonda coscienza della missione della sua vita. Questa consapevolezza è descritta dettagliatamente nella Rivoluzione umana (RU, 4, 8-15), dove si legge: «Si può dire che quell’istante [quando Toda comprese che la natura di Budda è in tutti gli esseri viventi, n.d.r.] segnò la nascita di un grandioso movimento».
Propagare gli insegnamenti di Nichiren Daishonin per realizzare la pace nel mondo diventerà così lo scopo principale dell’associazione che Toda si impegnò a ricostruire. Nel 1946 ne cambiò il nome in Soka Gakkai (Società per la creazione di valore), che divenne una vera e propria organizzazione religiosa laica, basata sull’insegnamento di Nichiren Daishonin.
La ripresa delle attività nel dopoguerra fu un compito arduo: alla prima riunione indetta da Toda nel gennaio 1946 parteciparono solo tre persone. Ricordando quegli anni successivi al suo rilascio, Toda scrive: «La Soka Gakkai era completamente distrutta e tutti i membri che incontravo nutrivano seri dubbi nel Gohonzon. Provavano risentimento contro Makiguchi e mi odiavano. […] Tutti i responsabili avevano abbandonato il Gohonzon. Io avevo fatto la solenne promessa di realizzare kosen-rufu, ma ero da solo, in un Giappone devastato dalla guerra» (DU, 50, 45).
In soli tre anni il numero dei membri arrivò a tremila.
(tratto da Buddismo e Società, n. 116, pag. 42)

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