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Dentro di me, la vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

12 dicembre 2025 Ore 12:18

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Dentro di me, la vita

Fiorella Bellandi, Pisa

C’era una grande forza dentro di me, che lottava contro la voglia di lasciarsi andare al dolore e all’apatia, grazie alla quale la parte oscurata non ha mai ha preso il sopravvento nei miei pensieri

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C’era una grande forza dentro di me, che lottava contro la voglia di lasciarsi andare al dolore e all’apatia, grazie alla quale la parte oscurata non ha mai ha preso il sopravvento nei miei pensieri

Ho iniziato a praticare a ventisei anni, nel giugno del 1985. Sono stata fra le prime persone a praticare nella mia città e a diventare responsabile di uno dei due gruppi che si formarono; ora Pisa è un capitolo che raccoglie circa duecento persone. Essendo una città universitaria ho visto passare tantissimi giovani che a Pisa hanno conosciuto il Buddismo del Daishonin e che poi l’hanno portato nelle loro rispettive città. Fin dall’inizio ho svolto compiti diversi nell’organizzazione, cercando ogni volta di trasmettere gli insegnamenti di Nichiren al meglio, soprattutto attraverso l’esperienza diretta. Nel 1988 mi sono sposata con Marco, che tutti conoscono come Gari; il nostro è un legame molto forte che rinnoviamo ogni giorno davanti al Gohonzon. Abbiamo due figlie stupende: Claudia di venti anni che mi somiglia molto, un po’ timida, altruista e dolce e Michela, di sedici anni, estroversa, simpatica come il padre, e con un carattere molto determinato.
Al tempo in cui ho conosciuto il Buddismo avevo tante paure, nessuna fiducia in me stessa e non affrontavo la vita. Negli anni la fiducia è cresciuta, grazie anche alle attività svolte che mi hanno portato ad affrontare sempre nuove sfide, a tirare fuori coraggio e compassione e a lavorare profondamente su me stessa. Nel 2000 ho affrontato la perdita di mio padre e grazie al Daimoku il dolore è sfociato in una bellissima esperienza. A distanza di diciotto anni sono tornata a vivere con mia madre insieme alla mia famiglia. Se da una parte questa scelta ha portato a galla vecchie sofferenze tenute in un angolino, dall’altra è stata l’occasione per trasformare il karma e arrivare al nocciolo della mia sofferenza.
A dicembre del 2007 mio marito subì un intervento chirurgico al ginocchio che lo tenne fermo per cinque mesi durante i quali affrontammo, oltre alla lunga riabilitazione, una difficoltà che non ci aspettavamo: la perdita del lavoro. Gari era socio di una piccola impresa edile e nello stesso periodo anche gli altri due soci ebbero dei problemi: uno di salute e l’altro rimase vittima di un infortunio sul lavoro. Questo portò alla chiusura dei cantieri e della società, quindi alla perdita di tutti i lavori. All’età di cinquantadue anni mio marito si ritrovava senza lavoro. Nonostante lo scoramento iniziale non ha mai mollato; io l’ho sempre sostenuto, abbiamo recitato Daimoku con forza e speranza, con l’obiettivo chiaro di come doveva essere il suo futuro lavoro. Il beneficio è arrivato al di là delle nostre migliori aspettative: un amico è venuto a casa a offrirgli un lavoro come magazziniere nella sua azienda dove adesso si trova benissimo. Dopo anni di sacrifici come piccolo imprenditore, ora ha le sicurezze tipiche del lavoro dipendente a tempo indeterminato… per noi quasi da non credere! Nel Gosho Lettera ai fratelli si legge: «Quando la pratica progredisce e aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e quattro demoni emergono in maniera disorientante, facendo a gara per interferire. […] Non dovete farvi influenzare né spaventare da loro» (RSND, 1, 446).
A marzo del 2008, è emerso sul cammino della mia vita un ulteriore ostacolo che poteva essere, appunto, “disorientante”. Durante una ecografia di controllo scoprii di avere un tumore al seno sinistro. Dopo un primo momento di sconforto, reagii con forza davanti al Gohonzon e decisi: «Vincerò anche questa!». Dopo ventitré anni di pratica e tante esperienze fatte, questa situazione mi sarebbe servita ad avvicinarmi ancora di più alla sofferenza degli altri e a dare una chiara prova concreta. Aumentai da subito il Daimoku, iniziando il cammino per affrontare l’intervento chirurgico. Nel frattempo mi fu proposta la responsabilità di hombu della Divisione donne, e dopo aver recitato Daimoku decisi di accettare la sfida proprio in quel difficile momento. Dagli accertamenti clinici risultò che avevo un carcinoma infiltrante di quasi quattro centimetri e che anche il resto del tessuto circostante era compromesso. L’intervento da affrontare non era conservativo, come pensato inizialmente, si trattava di una mastectomia totale con l’asportazione di tutti i linfonodi. In quel momento percepii quanto era forte la mia fede perché, senza lasciarmi prendere dallo sconforto, mi dissi: «Ok, Fiore! Vai fino in fondo». Eravamo vicini al corso estivo, al quale avevo comunque deciso di partecipare. Fu un’occasione davvero ricca di significato che riuscii a vivere appieno e con serenità. In quei giorni una persona con una grande esperienza di fede e un grande cuore, la responsabile della Divisione donne e giovani donne Sakae Takahashi, che era stata informata della mia malattia, mi incoraggiò a recitare Daimoku con la forza di una grande nave che affronta una tempesta, rimanendo con il cuore vicino al mio maestro. Anche lei avrebbe recitato per me. Non riuscii a trattenere le lacrime, non tanto per le parole che mi aveva detto, ma per il calore, il sorriso con cui erano state pronunciate e che mi fecero percepire tutta la sua sincerità.
Dopo circa venti giorni dall’intervento arrivarono i risultati, due dei diciassette linfonodi tolti erano in metastasi, di conseguenza affrontai sei cicli di chemioterapia. Furono mesi difficili durante i quali stetti molto male. C’era però una grande forza dentro di me, che lottava contro la voglia di lasciarsi andare al dolore e all’apatia, grazie alla quale la parte oscurata non ha mai ha preso il sopravvento nei miei pensieri. Avrei potuto sentirmi morta, ma anche quando stavo molto male, invece dentro sentivo scorrere la vita. Recitavo Daimoku per non perdere del tutto i capelli e perché i valori dell’emocromo fossero sempre buoni in modo da non saltare nemmeno una seduta di chemioterapia. Ero davvero fortunata ad avere una famiglia bellissima che mi coccolava con amore. Mio marito mi è sempre stato vicino sia psicologicamente che fisicamente, facendosi completamente carico della famiglia, non risparmiandosi mai nell’attività per gli altri. Ogni volta che si recava al Centro culturale di Livorno o di Cecina per fare attività, mi diceva: «Vado ad accumulare buona fortuna anche per te». Mia figlia Claudia mi ha accompagnato a ogni visita medica e a ogni seduta di chemioterapia e sua sorella Michela con il suo sorriso e il suo umorismo mi rasserenava il cuore. I tanti amici membri mi hanno sempre sostenuta calorosamente attraverso il Daimoku con grandi manifestazioni di affetto e i miei corresponsabili mi sono stati particolarmente vicini, non facendomi sentire lontana dall’attività. Ho lottato contro la lamentela con grande determinazione, ho affrontato la paura con il Daimoku trasformandola completamente, riuscendo a non sentirmi mai “malata”.
A luglio ho fatto l’intervento di ricostruzione con un ottimo risultato e ora ho un seno che fa invidia alle mie figlie. In un discorso del presidente Ikeda si legge: «Quando ci sfidiamo in un periodo particolarmente impegnativo, possiamo accumulare benefici immensi. Il beneficio si manifesta in molti modi diversi. Talvolta provare una sofferenza che somiglia più che altro a una “punizione” apre la strada alla felicità. È come un’operazione chirurgica o un’iniezione: forse sono dolorose, ma possono farci recuperare la salute. Proprio quando ci troviamo nelle circostanze più disperate, se ci sfidiamo con forte fede, possiamo ottenere un grande beneficio concreto. Questo è il profondo insegnamento del Daishonin» (NR, 412, 9).

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