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I prossimi vent'anni - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:43

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I prossimi vent’anni

Elisabetta Rapaccini, Firenze

Ho capito profondamente che quella era la strada giusta, perché via via che recitavo Nam-myoho-renge-kyo sentivo sciogliersi la paura di non raggiungere il mio obiettivo, che rappresentava il mio piccolo io, mentre si stava facendo strada una gioia ben più grande

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Ho capito profondamente che quella era la strada giusta, perché via via che recitavo Nam-myoho-renge-kyo sentivo sciogliersi la paura di non raggiungere il mio obiettivo, che rappresentava il mio piccolo io, mentre si stava facendo strada una gioia ben più grande

Ho sessantotto anni e pratico questo Buddismo da ventidue. Ho cominciato per una delusione d’amore: nel 1987 l’uomo con cui stavo allora da tre anni, mi lasciò per sposare una donna molto più giovane di me. Come succede, c’è chi fa subito una pratica corretta e chi invece incomincia a capire qualcosa dopo dieci anni: così è capitato a me.
Infatti, all’inizio la mia pratica era egoistica e superficiale, come ero io: viziata ed egocentrica. Tutta una lamentela e una critica. Non portavo mai a termine quello che cominciavo e non avevo scopi chiari. Ma il Gohonzon non l’ho mai abbandonato, non potevo immaginarmi senza.
Pur non avendo esperienze eclatanti da raccontare, ogni volta che mi guardavo indietro vedevo qualcosa di cambiato, e in meglio.
Ad esempio, il rapporto con mia madre si era molto addolcito e la mia paura delle malattie molto attenuata, tanto che ho potuto fare volontariato in ospedale e quindi fare esperienze a contatto con persone malate.
Ma la svolta principale della mia vita è avvenuta quando ho deciso di aprire la mia casa e il mio cuore alle persone, spostando il Gohonzon dalla camerina – dove potevano recitare Gongyo e Daimoku tre persone al massimo – al salotto e ho accettato di prendere la responsabilità di gruppo, smettendo così di… addormentarmi alle riunioni (che vergogna!).
Ho iniziato anche i turni al centralino telefonico del Centro culturale di Firenze, dove sono stata diversi anni trovandola un’attività perfetta per sviluppare ancora di più il rapporto con gli altri. Entri in contatto diretto con la Buddità altrui e vivi l’atmosfera magica del Centro, ti senti di casa.
Ma non avevo ancora risolto i miei problemi con i “maschietti”. Avevo perso la stima degli uomini e non volevo più saperne. Non mi sentivo più donna e avevo rancore per questi (pensavo) “bambinoni”, egoisti e irresponsabili.
Finché non mi è stato ricordato, con una bella esperienza della mia amica Olivia, che attraverso la pratica buddista possiamo cambiare la sofferenza che ci arrecano certe persone recitando Daimoku per la loro felicità. Così mi sono buttata a recitare per la felicità degli uomini in genere. Volevo veramente cambiare. Dopo un po’ di tempo tutto il rancore che mi portavo dentro ha cominciato a sciogliersi e a maggio del 2006, facendo trekking, ho conosciuto Ole, un professore danese, senza patente né cellulare, che parla sei lingue e con uno spiccato odio per la plastica e per l’inquinamento.
Lavorava da tre anni a Firenze ed era al suo ultimo mese in Italia, prima di tornare definitivamente a Copenaghen. Sono rimasta fulminata dalla sua gentilezza, dal rispetto e da una galanteria a me ormai sconosciuta.
Dopo una settimana che ci vedevamo, l’ho sbalestrato dicendogli che lo volevo sposare. Anche se abbiamo passato insieme tutto il mese di giugno, arrivati al giorno della sua partenza definitiva ero incerta se seguirlo o buttarmi sotto l’aereo. Gli ho ripetuto che determinavo con tutta la mia forza di sposarlo e lui con la sua flemma nordica mi ha detto: «Sei una donna molto coraggiosa», (io, che ho sempre avuto paura di tutto, soprattutto delle decisioni) e mi ha invitata a Copenaghen. Ho cominciato così a fare la pendolare una volta al mese, ma lui non era convinto: era nervoso, lo preoccupavano il lavoro, i genitori malati e si chiudeva a riccio.
Così invece di sconfiggere la sofferenza ne avevo trovata una più grande!
Recitavo, recitavo, facevo attività per gli altri, seguivo i membri, rompevo le scatole alle mie amiche… fino a che Gabriella, un’amica che pratica, mi ha consigliato sì di recitare Daimoku per la sua felicità, ma prima di tutto per la mia, che doveva essere assoluta, qualsiasi cosa fosse accaduta, per poi avere la possibilità di regalare la mia esperienza agli amici buddisti. Ho messo in pratica questo consiglio e ho capito profondamente che quella era la strada giusta, perché via via che recitavo Nam-myoho-renge-kyo sentivo sciogliersi la paura di non raggiungere il mio obiettivo, che rappresentava il mio piccolo io, mentre si stava facendo strada una gioia ben più grande che andava al di là di qualsiasi possibile risultato. Il mio stato vitale migliorò notevolmente e nel momento in cui ho raggiunto questa consapevolezza, ecco che la situazione si è sbloccata. A novembre, infatti, ci siamo incontrati a Parigi; quando lui è arrivato con il cappotto sventolante (io ero arrivata prima di lui e l’aspettavo sulla porta), mi ha preso fra le braccia dicendomi: «Hai vinto tu, passeremo i prossimi venti anni insieme». Si era sciolto e ho recitato al Gohonzon con immensa gratitudine. Mai dimenticarsi di ringraziare il Gohonzon!
Ora non ho più paura dell’aereo, degli aeroporti dove mi perdevo sempre, né di quel clima infernale del mare del Nord.
A febbraio del 2007 mi ha chiesto timidamente di sposarlo (da notare che lui ha due figlie grandi e non è mai stato sposato perché lì non usa tanto) e così l’agosto successivo abbiamo fatto il “grande passo” e lui che era risoluto a non volere assolutamente la fede nuziale (in Danimarca non usano tanto neanche quelle) ora non può fare a meno di averla al dito.
La nostra situazione, tuttavia, non è affatto facile perché entrambi vogliamo mantenere i nostri appartamenti a Copenaghen e a Firenze e non avendo più vent’anni sarà un po’ faticoso, ma io so che c’è il Gohonzon che ci aiuterà anche in questa situazione.
Mi sono anche resa conto che quest’uomo, per me straordinario, fa di tutto per venirmi incontro: da quando siamo sposati è sempre più innamorato al punto che, pur essendo un laico convinto, dopo aver visitato il Centro, mi ha proposto di fare anche il matrimonio buddista, cosa che è avvenuta nel giugno 2008.
Tutto questo è conseguenza di un lavoro e di un grande cambiamento interiore avvenuto grazie al Buddismo, grazie anche alle attività per il gruppo e per il centralino del Centro culturale che mi hanno permesso di aprire la mia vita e di conseguenza di accogliere i benefici che sono naturalmente arrivati.
In questi anni è stata molto importante la lettura dei Gosho di Nichiren Daishonin e dei consigli del presidente Ikeda che ci incoraggia a comprendere che la causa delle nostre sconfitte non risiede negli ostacoli che dobbiamo affrontare o nella gravità della nostra situazione, ma solo nel crollo nella nostra determinazione interiore. Sono contenta se con questa esperienza della serie “non è mai troppo tardi”, potrò essere d’incoraggiamento per quelle persone che arrivate a una certa età si considerano ormai fuori dal gioco e forse, mi auguro, anche ai più giovani.

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