Attraverso la figura di un generale vissuto nel diciassettesimo secolo, si evidenzia la forza di mettere in pratica ciò in cui si crede. Anche il racconto del generale Tigre di Pietra insegna a credere che quando siamo veramente determinati possiamo realizzare cose che normalmente sono considerate impossibili
Il Nuovo Rinascimento presenta alcuni estratti dal volume 24, pubblicato sulle pagine del Seikyo Shimbun. Il testo integrale è disponibile su www.ilvolocontinuo.it
Attraverso la scrittura, la parola o l’azione possiamo manifestare la nostra gioia nello scoprire la propria missione da realizzare per la quale siamo venuti al mondo. È così che si può trasmettere lo spirito entusiastico, compassionevole e determinato che fa sì che le persone non siano infelici. E così facendo, diamo vita al Buddismo, una nobile filosofia di vita che abbraccia l’intero universo.
Il 26 gennaio 1977 cadeva il secondo anniversario della fondazione della SGI, costituitasi durante la Prima conferenza mondiale della pace, tenutasi a Guam con i rappresentanti di cinquantuno paesi e territori provenienti da tutto il mondo. Quel pomeriggio, Shin’ichi [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.] aveva posato per una foto commemorativa con i responsabili del Dipartimento promozione degli abbonamenti che si erano riuniti nell’edificio del Seikyo Shimbun a Tokyo. Dopo questo appuntamento, aveva fatto visita ai diversi reparti del giornale, cogliendo l’occasione per incoraggiare anche i membri dello staff. La missione del Seikyo Shimbun deve essere quella di un faro, che proietta la luce dell’umanesimo buddista nella società, sul mondo e nel futuro.
Shin’ichi si rivolse ai presenti: «Grazie per essere venuti fin qui, oggi. Coloro che lavorano scrupolosamente dietro le quinte sono le persone più ammirevoli di tutte, è per questo che io rispetto dal profondo del cuore ciascuno di voi. Vi prego di portare i miei saluti a tutti i membri che consegnano il Seikyo Shimbun in ogni angolo del Giappone. Questi “eroi senza corona” sono i tesori più preziosi della Soka Gakkai. E io lavorerò sodo con l’intento di essere a loro disposizione».
Nel dipartimento editoriale, Shin’ichi disse ai giornalisti: «Ognuno di voi deve adoperarsi per fare il lavoro di mille persone. Come si può trovare la forza di compiere questo genere di impresa? Scusate se parlo di me, ma fin da giovane ho combattuto con la determinazione di “dimostrare la giustizia del mio maestro Toda vincendo su tutto! Combatterò per sensei! Renderò felice sensei!”. Vivere il percorso di maestro e discepolo è stata la fonte della mia energia inesauribile».
Shin’ichi continuò a parlare con i giornalisti del Seikyo Shimbun: «Toda è stato un leader che ha dedicato la vita al grande voto di kosen-rufu. Una volta affermò: “Farò tutto quello che è in mio potere per proteggere la Soka Gakkai e i nostri amati membri. Ma non solo i membri della Gakkai; sono determinato a far sì che tutta l’umanità possa diventare felice. E quando penso che sono pronto a dare la mia vita per questo scopo, mi sento pieno di energia, rinvigorito e non temo niente”.
«La vita di un mentore di kosen-rufu pulsa dello stesso stato vitale di un Bodhisattva della Terra, che si adopera per aiutare tutti gli esseri umani a diventare felici. Quando ci impegniamo nelle nostre battaglie con la determinazione di sostenere gli obiettivi del maestro, la nostra vita si accorda con quella del nostro mentore e lo stato vitale si espande incredibilmente.
«Finora ho vissuto perseguendo questo ideale e facendo di tutto per realizzarlo: per questo sono riuscito a unire la mia vita con quella di Toda e a elevare il mio stato vitale al suo. Ero ispirato e sentivo risalire, da dentro di me, una corrente di infinita audacia e saggezza. Mi sono lanciato risolutamente in ogni impresa e ho superato situazioni così ardue che diverse persone pensavano che non ce l’avrei mai fatta. E sono riuscito a perseverare nelle mie lotte. Il sentiero di non dualità di maestro e discepolo è quel cammino straordinario in grado di portarci per mano alla realizzazione completa della nostra vita.
«Se ti sforzi di ottenere qualcosa solo pensando a te stesso, non potrai mai manifestare il tuo pieno potenziale. Il contrario lo si riscontra in molte donne: nel momento in cui diventano madri e danno tutte loro stesse per proteggere i propri figli, sono capaci di dimostrare una forza inaudita».
Shin’ichi scorse sulla scrivania di un giornalista un libro del critico letterario giapponese Hideo Kobayashi. «Lo sta leggendo?», gli chiese indicando il testo. «Io ho incontrato il signor Kobayashi». Il giornalista rispose: «Sì, lo so. Durante la celebrazione del quarantaseiesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai, lei parlò di Ohno Doken, facendo riferimenti anche al libro di Hideo Kobayashi. Questo è il motivo che mi ha spinto a leggerlo».
Ohno Doken, morto nel 1615, era un guerriero che aveva servito Toyotomi Hideyori; fu anche il generale che aveva iniziato l’opera di unificazione del Giappone alla fine del sedicesimo secolo. «Bene. Ne sono contento. I giovani dovrebbero essere letteralmente assetati di sapere e poi dovrebbero usare quello che hanno imparato per metterlo in pratica, mentre si impegnano ad aiutare la gente».
Quando Shin’ichi aveva fatto il suo intervento durante una riunione commemorativa della fondazione della Soka Gakkai, aveva accennato a un episodio che parlava di Ohno Doken, apparso in un libro dello scrittore Kobayashi.
Durante l’assedio di Osaka, nell’inverno del 1614, Ieyasu Tokugawa aveva raggiunto un accordo di pace con il clan Toyotomi, a condizione che a Ieyasu venisse concesso di colmare il fossato esterno che circondava il castello di Osaka. Ma Ieyasu riempì non solo il fossato esterno, ma anche quello interno alla fortificazione. Avendo assistito a tutto questo, Ohno Doken si rese conto che Ieyasu non era stato sincero con il clan Toyotomi e non aveva preso seriamente l’accordo di pace. Sentendosi oltraggiato dal suo comportamento, si oppose quindi con fermezza a Ieyasu, il quale ordinò ai suoi seguaci di arrestare Ohno e incarcerarlo. Sebbene il generale fosse stato fatto prigioniero, denunciò tuttavia pubblicamente Ieyasu. Condannato a morte sul rogo, quando l’ufficiale si avvicinò per vedere se Ohno era morto, Doken afferrò la sua spada corta e gliela conficcò nell’addome. Esattamente nello stesso momento, il corpo di Ohno Doken si sbriciolò fino a ridursi in cenere. Di questa storia Kobayashi aveva scritto: «Possiamo trovare questo episodio ridicolo o anche grottesco, io penso comunque che sia vero». Shin’ichi aveva citato questa vicenda narrata da Kobayashi per mettere ulteriormente in evidenza gli effetti della determinazione umana.
«Un’altra storia che tratta un argomento analogo è il famoso aneddoto sul generale Tigre di Pietra, la cui madre era stata uccisa da una tigre. Scambiando una pietra per la tigre, aveva scagliato una freccia per vendicare la morte della madre. Ed era stato talmente determinato che la freccia aveva realmente trafitto la pietra. Credo che la lezione che possiamo imparare da queste storie di Ohno Doken e del generale Tigre di Pietra è che quando siamo veramente determinati possiamo realizzare cose che normalmente vengono considerate impossibili».
Shin’ichi non era lì per assolvere o condannare le gesta di Ohno Doken e del generale Tigre di Pietra. Voleva solo incidere profondamente nei cuori dei membri il messaggio che nei momenti cruciali, quando si lotta per kosen-rufu, si ha la necessità di avere una determinazione talmente irremovibile come se si dovesse scavare a mani nude per farsi strada su per una scoscesa parete rocciosa.
Sebbene avesse avuto più di settanta anni, il presidente fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, continuò a combattere strenuamente anche quando venne imprigionato e messo in isolamento. È impensabile realizzare un grande voto senza una lotta incomparabile e maestosa. Si ha bisogno di uno spirito combattivo e indomito per aprire la strada a un futuro più splendente.
Shin’ichi disse al giornalista del Seikyo Shimbun: «Nonostante che Nichiren Daishonin fosse stato minacciato in diverse occasioni, nonché mandato in esilio due volte, non ha mai vacillato, arrivando addirittura a dichiarare: “E tuttavia non sono scoraggiato” (Gli elementi essenziali per conseguire la Buddità, RSND, 1, 664). Si è rifiutato di indietreggiare di un solo passo. Queste sue parole trasmettono una convinzione così granitica da potersi paragonare a una torcia talmente potente da infuocare i cieli. Questo è il tipo di forza che determina il successo di kosen-rufu.
«La convinzione non è altro che la perseveranza e la pazienza di continuare a insistere senza mai arrendersi. È il coraggio di coltivare fino alla fine uno spirito combattivo. È quel tipo di valore che non conosce la paura. Lottiamo insieme! Unitevi a me e insieme creeremo la storia.
«Il tempo passa in un batter d’occhio. La vita in realtà è molto più breve di quanto molti di noi possano pensare. È solo prendendo il nostro posto attivamente sul palcoscenico di kosen-rufu che possiamo dare il nostro massimo contributo. E non sto scherzando, dico sul serio.
«Il resoconto delle nostre azioni è inciso nella nostra vita e costituirà la nostra memoria finale ma anche il tesoro di questa esistenza. Siete giovani, per favore fate di questa vita una grande avventura di kosen-rufu».