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I tesori della cultura - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:42

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I tesori della cultura

Quando l’Università Statale di Mosca conferisce un dottorato onorario a Shin’ichi, egli lo dedica al suo maestro, Josei Toda: «Questo risultato lo devo solo alla preparazione che ho ricevuto da lei. Come suo discepolo, dedico a lei questo onore»

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Quando l’Università Statale di Mosca conferisce un dottorato onorario a Shin’ichi, egli lo dedica al suo maestro, Josei Toda: «Questo risultato lo devo solo alla preparazione che ho ricevuto da lei. Come suo discepolo, dedico a lei questo onore»

Con questo estratto completiamo la pubblicazione del ventunesimo volume. il testo integrale dei capitoli è disponibile nelle pagine web della rivista dei giovani, all’indirizzo www.ilvolocontinuo.it

«Presidente Yamamoto [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.]! Benvenuto all’Università Statale di Mosca! La prego di considerarla una giornata che questa università le dedica», esclamò il rettore Rem Khokhlov, salutando Shin’ichi e il suo seguito.
Alle dieci del mattino Shin’ichi prese parte alla cerimonia del taglio del nastro alla Biblioteca Gorkj dell’università, nel vecchio campus vicino al Cremlino. I tremila libri che Shin’ichi aveva donato all’università nel settembre del 1974 furono ufficialmente aggiunti in quell’occasione alla collezione della biblioteca. Quella mattina, dopo due giorni di clima praticamente estivo, la temperatura era scesa a quattro gradi e faceva piuttosto freddo. Ciò nonostante circa trecento studenti si erano riuniti nella biblioteca in un’atmosfera di eccitante attesa.
Prima del taglio del nastro il rettore Khokhlov pronunciò un breve discorso di apertura: «I libri sono un prezioso tesoro culturale, il magazzino della totalità della storia e della civiltà dell’uomo. Sono certo che i tremila libri che il presidente Yamamoto ha donato alla nostra biblioteca avranno un ruolo importante nello sviluppo della comprensione reciproca tra i popoli dell’URSS e del Giappone, e quindi tra le persone di tutto il mondo. Con il desiderio di fare la sua parte nel promuovere un maggiore scambio tra le nostre due nazioni, l’Università Statale di Mosca ha deciso di rispondere a questo atto di generosità donando a sua volta tremila libri alla biblioteca dell’Università Soka. Una piccola parte di questi libri sono esposti qui oggi».
Shin’ichi espresse allora il suo apprezzamento: «Siamo molto grati per questa straordinaria esposizione di libri, e siamo anche lieti che siate riusciti a fare un uso così eccellente della nostra modesta donazione. Vi ringrazio anche per il generoso dono all’Università Soka. Informerò gli studenti della mia università alla prima occasione. I libri sono la quintessenza della saggezza umana; il loro scambio è un primo magnifico passo verso la comunicazione e la comprensione. I libri che avete donato alla nostra biblioteca sono un simbolo prezioso di un’amicizia che ci nobilita».
Tutti applaudirono con entusiasmo. Regalare libri è un modo di creare un ponte culturale e nello stesso tempo aiuta a forgiare legami cuore a cuore. Dalle buone letture possiamo trarre un’ispirazione spirituale che trascende i confini nazionali. «Un buon libro è come una buona compagnia»: questa era la visione del filosofo americano della rinascita Ralph Waldo Emerson (1803-82).
Shin’ichi e il suo gruppo raggiunsero in auto l’edificio principale dell’Università Statale di Mosca; lì vicino, un nuovo monumento bianco si stagliava contro il cielo: commemorava gli insegnanti e gli studenti dell’università caduti nella Seconda guerra mondiale.
Quando la Germania nazista invase l’Unione Sovietica, gli insegnanti e gli studenti abbandonarono la penna per le armi e molti persero la vita in difesa del proprio paese. Il monumento, che celebrava il trentesimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista, era stato appena completato. Il gruppo si fermò davanti al monumento per offrire dei fiori. C’era lì una donna anziana intenta a pregare, inconsapevole della presenza di altri visitatori; la sciarpa e il cappotto nero svolazzavano nel vento freddo. Forse si trattava della madre di uno studente morto in combattimento. La donna offrì i fiori, poi pregò, immobile, in totale concentrazione. Shin’ichi rammentò allora la propria madre, che, volta di spalle, pianse in silenzio alla notizia della morte del figlio maggiore nella stessa guerra. Osservando la donna girata di schiena, percepì che stava rivolgendo un appello disperato di pace al cielo e alla terra. Poi lei si allontanò.
A sua volta Yamamoto depose i fiori davanti al monumento, recitò Daimoku per tre volte con il cuore e, pregando per le vittime della guerra, formulò una promessa silenziosa: «Non dovrà mai esserci un’altra guerra. Non dobbiamo permettere che si ripeta questa tragica perdita di giovani vite. Lotterò con tutto me stesso per assicurarmi che non si ripeta. Viaggerò per tutto il mondo e parlerò con il maggior numero di persone possibili per riunire l’umanità».
Shin’ichi non poteva dimenticare le parole espresse dallo storico inglese Arnold J. Toynbee (1889-1975) nel corso del loro dialogo: «Un essere umano che acquista potere è fortemente tentato di abusarne per il proprio egoistico vantaggio a spese degli interessi delle persone da lui dipendenti». Shin’ichi riconobbe che Toynbee gli aveva affidato proprio la missione di impegnarsi assiduamente per trasformare la natura demoniaca insita nell’autorità.
Un gran numero di rappresentanti degli studenti e degli insegnanti si trovava già nell’ufficio del rettore e accolse con un caloroso applauso l’ingresso di Shin’ichi e di sua moglie Mineko. I due sedettero al tavolo rotondo che occupava il centro della stanza insieme al rettore e ad altri funzionari dell’università e intorno a esso si radunarono circa cento persone.
Il rettore Rem Khokhlov si alzò in piedi e annunciò: «L’Università Statale di Mosca ha deciso di consegnare un dottorato onorario al presidente Shin’ichi Yamamoto. Ora daremo inizio alla cerimonia».
Shin’ichi si alzò e rivolse un profondo inchino a tutti i presenti. Khokhlov continuò: «Questo dottorato onorario viene conferito al presidente Yamamoto in riconoscimento dei suoi immensi contributi all’educazione e alla pace». La proposta di premiare Shin’ichi con un dottorato onorario era stata inizialmente avanzata dal Dipartimento di filosofia. Il Dipartimento di storia e l’Istituto delle nazioni asiatiche e africane, affiliato all’università, avevano appoggiato la proposta, che era poi stata adottata dall’intero consiglio di facoltà.
«Il presidente Yamamoto è un importante attivista per il benessere sociale e la pace, filosofo e autore di numerosi libri. Nei suoi scritti egli ha espresso l’idea che il compito più importante che oggi abbiamo di fronte è la costruzione di un nuovo sistema di valori che regoli le relazioni umane». Il rettore continuò a citare e lodare i numerosi contributi concreti di Shin’ichi alla pace e alla società, sottolineando che tali risultati rendevano legittima questa assegnazione. Il rettore poi concluse: «Credo che la consegna di questo dottorato onorario avrà un effetto positivo sulla cooperazione tra l’Università Statale di Mosca e l’Università Soka, così come rafforzerà la promozione dell’amicizia tra i popoli dell’URSS e del Giappone». Era il primo dottorato onorario che Shin’ichi riceveva da un’istituzione accademica e portava con sé un profondo significato.
Nell’attestato si legge: «Il 28 a­prile 1975 il consiglio di Facoltà dell’Università Statale di Mosca M.V. Lomonosov conferisce a Shin’ichi Yamamoto, straordinario attivista sociale e fondatore dell’Università Soka, questo dottorato universitario in riconoscimento dei suoi numerosi contributi nelle sfere dell’educazione e della cultura, come pure dei suoi sforzi costruttivi per promuovere la pace e l’amicizia tra le nazioni del mondo».
Una studentessa poi offrì a Shin’ichi un bouquet, e alcuni musicisti, laureatisi in questa università, iniziarono a suonare il secondo quartetto per archi di Tchaikovskij. Mentre ascoltava quell’esecuzione, Shin’ichi rivolse il proprio pensiero al suo maestro Josei Toda, parlandogli nell’intimo del suo cuore: «Sensei! Ho appena ricevuto un dottorato onorario dall’Università Statale di Mosca, una delle più rappresentative istituzioni mondiali: questo risultato lo devo solo alla preparazione che ho ricevuto da lei. Come suo discepolo, dedico a lei questo onore. Desidero anche condividere questa onorificenza con tutti i membri della Soka Gakkai, che hanno sostenuto il mio impegno per l’educazione e la pace».
Shin’ichi sentiva intensamente l’aspetto meraviglioso del sentiero di maestro e discepolo Soka ed era felicissimo di poter dare una prova tangibile della grandezza del suo maestro proprio grazie a quella onorificenza. Un proverbio mongolo dice: «Come la luminosità della lampada deriva dall’olio, così la saggezza dello studente proviene dal maestro». Il trionfo del discepolo è anche il trionfo del maestro. Shin’ichi promise di far capire a tutto il mondo la grandezza del suo maestro Toda.
L’emozionante esibizione di archi terminò e Shin’ichi si avvicinò ai quattro musicisti per stringere loro la mano. Desiderava esprimere la sua profonda gratitudine per quella esibizione. Considerando quel gesto forse piuttosto inconsueto, i musicisti sulle prime si mostrarono perplessi, ma poi, superato lo stupore iniziale, strinsero con ­gioia la mano a Shin’ichi. Ancora una volta il pubblico applaudì.
Le persone di sincera umanità esprimono direttamente e sinceramente la loro gratitudine agli altri. Non ci può essere umanesimo senza la gratitudine o l’espressione dei propri sentimenti.
Serafim Meljukhin, capo del dipartimento di filosofia, colui che aveva avanzato la proposta di conferire a Shin’ichi un dottorato onorario, iniziò a parlare in maniera dettagliata della vita, del pensiero e dei risultati di Shin’ichi. Fornì una sua biografia, accennando al fatto che era stato nominato terzo presidente della Soka Gakkai nel 1960, che questa organizzazione a quel tempo aveva più di sette milioni e mezzo di famiglie aderenti in Giappone, e che c’erano membri sparsi in più di ottanta paesi e territori in tutto il mondo.

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Alle 20 Shin’ichi e i suoi decollarono dall’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, iniziando il viaggio verso casa. Era tempo di congedarsi dall’URSS. Mentre l’aereo prendeva quota, Yamamoto ripensò alla conversazione avuta poco prima con un anziano signore. Si era presentato al ristorante per la festa d’addio con qualche minuto di anticipo e perciò aveva fatto una passeggiata fino al laghetto vicino. Si era così imbattuto in un uomo anziano che indossava un cappotto con cappuccio e un berretto e stava pescando insieme al nipote. «Come va?» aveva chiesto Shin’ichi. «Stanno abboccando?». «Insomma» aveva risposto l’uomo. Shin’ichi gli aveva poi chiesto della sua famiglia. A quanto pareva aveva perso qualche parente in guerra. «È felice ora?» aveva chiesto Shin’ichi.
«Sì, perché posso venire a pescare con mio nipote. Quando ero giovane, sono dovuto andare in guerra. A quel tempo non potevo pescare». Poi, dopo aver osservato il nipote, aveva aggiunto: «Abbiamo sofferto terribilmente durante la guerra. Non voglio che i nostri figli sperimentino la stessa cosa». Come se parlasse dal profondo del cuore, l’uomo aveva concluso: «Adesso basta. Non dobbiamo combattere un’altra guerra. Mai più». Sicuramente quell’uomo aveva vissuto molte atrocità: il volto profondamente segnato era improvvisamente diventato rabbioso e triste. Shin’ichi non riusciva a dimenticarne il volto e la voce, e pensò: «La gente desidera disperatamente la pace. Devo dar voce ai loro sentimenti e unire i cuori!».
Guardò fuori dal finestrino dell’aereo: tempestato di stelle, il cielo era una lucente distesa nera. Si immaginò una Via spirituale della Seta che si estendeva per tutto il mondo. «Dopo aver ricevuto il dottorato onorario dall’Università Statale di Mosca, costruire questa Via spirituale della Seta diventa ora la mia missione».
Percorso da una forte emozione, fissò lo sguardo sulle stelle.

(fine del volume 21)

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