«”Tu hai paura di guarire”. Quelle parole mi provocavano tanta sofferenza. Non riuscivo a capire come un estraneo potesse percepire quello che io non vedevo, anzi che non volevo vedere», racconta Lucia, ma anche grazie a questa frase ha iniziato davvero a volersi bene
Ho cinquantasei anni. Fin dall’infanzia ho sofferto per le continue degenze in ospedale di mia madre. A vent’anni mi sposai, ebbi il primo figlio che morì a poche ore dal parto; subito dopo mi ricoverarono per una tromboflebite e da lì è iniziato il mio calvario tra gli ospedali che è durato per molti anni finché nel 1979 non mi è stata diagnosticata la LES, una malattia del sistema immunitario che colpisce tutti gli organi.
Alcuni anni dopo ho conosciuto Donatella, che aveva la mia stessa malattia e che mi parlò di Buddismo: era il 1988 e dopo un po’ anche mia figlia iniziò a praticare. Nel 1991 ebbi gravi problemi alle gambe, quando mi ricoverarono mi dissero che avrebbero dovuto amputarle: mi crollò il mondo addosso. Recitai tantissimo per non pensare. Mi trasferirono allora al Centro trapianti di Genova dove scoprirono che la causa era una malformazione alle ghiandole linfatiche. Tornai a casa sulle mie gambe e con uno stato vitale alto.
Per anni continuai a praticare con incostanza poi, nel 1995, anche a mio figlio fu diagnosticata la LES. La sofferenza fu tale che la mia malattia riprese il sopravvento con forza e la mia salute si aggravava sempre di più. Finalmente mi decisi a praticare correttamente, mi misi in contatto con un gruppo e iniziai a fare attività, a dicembre 1996 ricevetti il Gohonzon insieme a mia figlia e i benefici non tardarono ad arrivare. Avevo problemi alla vescica e me la dovevano asportare: con tanta determinazione, sostenuta da mia figlia e dal gruppo, in poco più di un mese la vescica riprese a funzionare. Decisi anche di smettere di fumare. Stavo imparando a volermi bene.
La mia salute migliorava giorno dopo giorno, anche mio figlio stava bene e mi fu affidata la responsabilità di gruppo. Mi sembrava di vivere in un sogno. Dopo avere raccontato la mia esperienza a una riunione, un responsabile mi prese da parte e mi disse: «Tu hai paura di guarire». Quelle parole mi provocavano tanta sofferenza. Non riuscivo a capire come un estraneo potesse percepire quello che io non vedevo, anzi che non volevo vedere. Tuttavia, a distanza di tempo e di tanto Daimoku, capii che in realtà la paura aveva condizionato la mia vita: sia la paura della morte che della guarigione perché non riuscivo a immaginarmi altro al di fuori di quel mondo così familiare. Rideterminai con forza di avere un corpo sano per kosen-rufu affidandomi completamente al Gohonzon.
Partii per un corso regionale dove ascoltai una frase che mi colpì particolarmente: «Quando decidiamo profondamente, abbiamo già risolto al 50%; l’altro 50% si deve manifestare». Avevo compreso che dentro ero guarita: infatti la manifestazione esterna non tardò ad arrivare. Quando tornai in ospedale per dei controlli ero determinata a smettere di assumere farmaci, sentivo che il mio fisico ne era saturo. Mi fecero tantissimi esami e quando arrivarono i risultati i medici non si spiegavano come mai i miei organi avevano ripreso a funzionare bene. Era sparita anche l’osteoporosi, così mi tolsero tutte le medicine, incluso il cortisone che prendevo da ventitré anni. Sentii in quel momento di aver sconfitto il demone della malattia e di aver spezzato le catene del mio karma. Provai tanta gratitudine.
In tutti questi anni, le parole del presidente Ikeda mi hanno insegnato a non arrendermi e mi hanno dato la forza per vincere su ogni ostacolo. Nel 2007 la malattia di mio figlio si è aggravata ma questa volta al posto della sofferenza è emerso tanto coraggio, così sono stata in grado di sostenerlo grazie alla frase del Gosho Felicità in questo mondo: «Quando c’è da soffrire, soffri; quando c’è da gioire, gioisci. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Come potrebbe non essere questa la gioia senza limiti della Legge? Rafforza il potere della tua fede più che mai» (RSND, 1, 607).
Nel frattempo mio figlio ha iniziato a recitare Daimoku e le due mie nuore hanno ricevuto il Gohonzon. In questo lungo percorso sia la mia famiglia che l’attività mi hanno aiutato tanto e ho capito quanto sia importante crescere insieme agli altri.
Sin da bambina avevo un sogno: fare ritratti; ma la paura di fallire e la mia malattia mi hanno molto limitato l’uso delle mani, facendomene perdere anche la sensibilità. Per tanti anni non sono riuscita a prendere in mano neanche una matita. Con tanta fede nel Gohonzon ho ritirato fuori questo sogno e sono riuscita a portare i miei ritratti a una mostra e ora questo è diventato il mio lavoro. Ma il desiderio più grande era quello di ritrarre il mio maestro, cosa che ho realizzato nel 2007. È stata una esperienza emozionante vedere partire il mio quadro per il Giappone così come ricevere una risposta da sensei con una sua bellissima foto e un grande incoraggiamento. Ora il mio pensiero va a Donatella che ci ha lasciato tre anni fa: non smetterò mai di ringraziarla per il grande regalo che mi ha fatto.
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Compagne di fede
Lucia P. e Anna Maria B.
Anna: Quando ho conosciuto Lucia, allora responsabile di gruppo, mi colpì subito la sua determinazione e il coraggio per aver superato una lunga malattia. Mi sentivo affine.
Lucia: Quando vidi Anna per la prima volta ebbi la sensazione di averla sempre conosciuta. Con il tempo mi accorsi che avevamo molte cose in comune.
Anna: Dopo aver ricevuto il Gohonzon mi fu affidata la responsabilità di gruppo e a Lucia quella di settore. Il nostro fu un percorso di fede e di amicizia molto profondo. Tutto andava bene. Crescendo nella fede arrivarono gli ostacoli, che io in quel momento non vidi. Con Lucia avevamo in comune il fatto di trovarci spesso coinvolte in situazioni ambigue, anche se tutt’e due stavamo lavorando su questo aspetto. Questa volta per conto di una terza persona ci ritrovammo in una vera bufera. Ci fu una rottura tra noi, io smisi di praticare, non credevo più in niente e a nessuno.
Lucia: Per l’ennesima volta mi ritrovai in questa situazione in cui erano coinvolte persone a me care e questo mi procurò tanto dolore. Per la troppa sofferenza smisi di partecipare alle attività ma non di recitare, anzi aumentai il Daimoku. All’inizio sentii una profonda rabbia verso Anna che si trasformò poi in dispiacere. Determinai con forza di sostenerla affinché riprendesse a praticare.
Anna: Dopo un anno difficile durante il quale non smisi mai di farmi domande e cercare risposte, ripresi a praticare con la consapevolezza e la potenza di questa meravigliosa pratica. Decisi di ricominciare proprio con Lucia.
Lucia: Il giorno che Anna mi chiamò per dirmi che aveva ripreso a praticare, fui molto felice, avevo recitato molto Daimoku e anche io avevo ripreso a fare attività, anche se ancora c’erano tante cose da chiarire con Anna.
Anna: L’inizio non fu facile, ci volle molta pazienza e ricostruimmo giorno dopo giorno il nostro rapporto con il cuore. Determinammo con forza di dirci tutto senza lasciare spazio ai dubbi.
Lucia: Non è stata una passeggiata, ci è voluto tanto coraggio da parte di entrambe.
Anna: Ho capito che tutto questo è successo perché stavamo crescendo nella fede e siamo state messe alla prova. Da quel momento, ogni volta che si è ripresentato un problema l’abbiamo risolto insieme a suon di Daimoku.