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Uscire dall'ombra del nucleare - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:07

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    Uscire dall’ombra del nucleare

    Sulle orme di Josei Toda, il quale decise di denunciare gli armamenti nucleari che negano il diritto dell’umanità alla vita, Daisaku Ikeda scrive in questo saggio pubblicato su SGI Quaterly: «Per eliminare le armi nucleari è essenziale una trasformazione radicale dello spirito dell’essere umano»

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    Sulle orme di Josei Toda, il quale decise di denunciare gli armamenti nucleari che negano il diritto dell’umanità alla vita, Daisaku Ikeda scrive in questo saggio pubblicato su SGI Quaterly: «Per eliminare le armi nucleari è essenziale una trasformazione radicale dello spirito dell’essere umano»

    «In un dato momento della storia si odono alcune voci preziose invocare la giustizia. Ma ora più che mai quelle voci devono elevarsi sopra il fracasso della violenza e dell’odio».
    Queste sono le indimenticabili parole del dottor Joseph Rotblat, che per molti anni guidò la ­Pugwash Conferences on Science and World Affairs, un’organizzazione globale che opera per la pace e l’abolizione delle armi nucleari. Rotblat morì nell’agosto del 2005, mese che segnava il sessantesimo anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Aveva novantasei anni. Nell’ultimo periodo della sua vita egli espresse costantemente la propria preoccupazione in merito alla cronica mancanza di progresso per il disarmo nucleare e alla crescente minaccia della proliferazione nucleare.
    L’impressionante sviluppo della tecnologia militare ha totalmente isolato le azioni di guerra da ogni realtà e sentimento umani. In un attimo si perdono vite insostituibili e si riduce una patria in rovine. Le grida cariche d’angoscia delle vittime e delle loro famiglie sono ridotte al silenzio o ignorate. All’interno di questo vasto sistema di violenza – al culmine del quale si trovano le armi nucleari, pronte all’uso – gli esseri umani non sono più visti come incarnazione della vita. Sono ridotti alla condizione di semplici cose.
    La pace è una competizione tra disperazione e speranza, tra perdita di potenzialità e impegno perseverante. Al punto che, se nella coscienza delle persone si radica l’impotenza, c’è una maggiore tendenza a ricorrere alla forza. L’impotenza produce violenza.
    Ma sono stati gli esseri umani a creare questi strumenti di distruzione infernale. Eliminarli è alla portata del potere della saggezza umana.
    La prima edizione delle ­Pugwash Conferences si svolse nel 1957, anno in cui si assistette a una rapida accelerazione nella corsa agli armamenti nucleari che arrivò a travolgere l’intero pianeta. L’8 settembre dello stesso anno il mio maestro pronunciò un appello per l’abolizione delle armi nucleari. Quando Toda fece la sua dichiarazione di fronte a una assemblea di circa cinquantamila giovani a Yokohama, sotto un cielo terso, tipo quello che segue un tifone, disse: «Oggi è nato un movimento globale che reclama il divieto alla sperimentazione di armi atomiche o nucleari. È mio desiderio andare oltre: voglio svelare ed eliminare gli artigli che si celano nelle profondità di quelle armi […]. Anche se un determinato paese dovesse conquistare il mondo usando armi nucleari, le persone che hanno usato quelle armi dovrebbero essere condannate come demoni».
    Toda scelse di denunciare le armi nucleari in termini così aspri, quasi stridenti, perché era determinato a rivelare la loro natura fondamentale di male assoluto, che nega e indebolisce il diritto collettivo dell’umanità alla vita.
    L’appassionato richiamo di Toda nasceva da una comprensione filosofica dei meccanismi interni della vita stessa: egli lanciò un avvertimento sull’egotismo demoniaco che cerca di piegare gli altri alla propria volontà. Egli ne vedeva chiaramente il riflesso nel desiderio degli stati di possedere quelle armi di distruzione finale.
    L’idea che gli armamenti nucleari servano da deterrente per la guerra e siano quindi un “male necessario” è un ostacolo fondamentale per la loro eliminazione: va quindi sfidato e smantellato.
    Poiché Toda considerava le armi nucleari un male assoluto, egli riuscì a trascendere dall’ideologia e dall’interesse nazionale e non si lasciò mai confondere dalle argomentazioni legate a una politica di potere. Oggi, a mezzo secolo di distanza, si parla di nuovo di deterrenza nucleare e di guerra nucleare “circoscritta”. Sono convinto che il grido accorato di Toda, radicato nelle dimensioni più profonde della vita, ora brilla di uno splendore universale ancora più luminoso.
    Per eliminare le armi nucleari è essenziale una trasformazione radicale dello spirito dell’essere umano. Dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, avvenuti più di sessant’anni fa, i sopravvissuti hanno trasformato la disperazione in un senso di missione e hanno continuato a invocare l’abolizione del nucleare. Vivendo in quest’epoca, è nostra responsabilità condivisa – nostro dovere e nostro diritto – agire da eredi di questa nobile opera di trasformazione interiore, espanderla ed elevarla in un’azione mirata a eliminare la guerra stessa.
    Alzare la voce contro la guerra e le armi nucleari non è segno di emotività né di autocommiserazione. È la più alta espressione di raziocinio umano basato su una ferma percezione della dignità della vita.
    Di fronte ai fatti impressionanti legati alla proliferazione nucleare, dobbiamo far emergere dalle profondità della vita di ogni persona il potere della speranza. Questo è il potere che può trasformare persino la realtà più difficile da gestire.
    Per uscire dall’ombra delle armi nucleari abbiamo bisogno di una rivoluzione nella coscienza di innumerevoli persone: una rivoluzione che dia origine a una profonda fiducia nel fatto che “c’è qualcosa che posso fare”. Allora, la popolazione mondiale troverà un punto di accordo ed esprimerà con una sola voce la richiesta di porre fine a questa terribile follia distruttiva.

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    Senzatomica / dietro le quinte

    Compagni di viaggio

    Non sono una brava guidatrice: anzi, diciamo pure che sono maldestra e dunque pericolosa per me e per gli altri. Perciò, quando mi è stato proposto di partecipare al comitato per la realizzazione della mostra per il disarmo nucleare il primo ostacolo è stato di tipo logistico: come fare a rientrare da Firenze a Pisa la sera tardi? Dopo qualche tentativo poco rassicurante ho escluso il treno. I responsabili del comitato hanno insistito affinché mi rivolgessi allo staff autisti, la cui esistenza mi era totalmente ignota. È stata una magnifica scoperta! Oggi, a distanza di un anno dall’inizio delle riunioni del comitato e a conclusione del lavoro di progettazione della mostra Senzatomica, desidero ringraziare tutti gli autisti che mi hanno consentito di fare attività a Firenze: per un anno, ogni quindici giorni, qualcuno dello staff autisti di Livorno, Pisa, Cecina, Firenze, si è preso cura di me, della mia incolumità, della mia stanchezza, della mia sicurezza. Ogni viaggio è stato un’esperienza umana preziosa: ho conosciuto membri che forse non avrei mai incontrato, ci siamo scambiati racconti delle nostre rispettive vite, incoraggiati a vicenda. I più anziani nella fede mi hanno raccontato i primi passi della nostra organizzazione in Italia. Chi aveva avuto la possibilità di incontrare sensei lo ha raccontato con emozione e intensità tali da farmi capire quanto di quell’incontro sia indelebilmente inciso nella loro vita… Durante ogni viaggio ho provato la sensazione di essere protetta, e che proteggere la mia vita e la mia incolumità fosse – per chi di volta in volta mi riportava a casa – la missione da portare a termine. Ogni volta mi crucciava il pensiero che queste persone, per accompagnare me, facessero a loro volta tardi, a volte sotto la pioggia battente o con la nebbia. La risposta era sempre la stessa: «Non devi scusarti, io ti ringrazio perché mi dai la possibilità di fare quest’attività».
    Mi sono convinta ancora di più del fatto che fare attività in questa organizzazione è davvero meraviglioso: non è mai tempo perso e non c’è mai chi vince e chi perde, perché si vince tutti e tutti insieme. Perciò, oltre che rinnovare il mio ringraziamento allo staff autisti, vorrei incoraggiare tutte le persone a fare più attività possibile: la vita si apre!

    Enza Pellecchia

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