A settembre nove giovani italiani hanno partecipato al corso che si è tenuto in Giappone. Un’occasione per sentire «la voglia di far parte di un’ondata di persone felici e realizzate che si prendono cura degli altri» e del futuro; la stessa che ci viene trasmessa dai racconti e dalle esperienze di alcuni di loro
Onda di felicità
Luca Riccioni: Incontrando i membri giapponesi sono stato toccato dalla loro gioia e forza d’animo. Il loro stato vitale era coinvolgente e la mia impressione è stata che tutta questa forza derivasse da un profondo legame individuale con il maestro e da una incredibile unità fra loro. Ad accoglierci erano in molti, ma a noi arrivava un unico cuore.
Tornando a casa ho portato con me il forte desiderio di utilizzare le attività per trasformare il karma e accumulare fortuna, sforzandomi di mettere il Buddismo alla base della mia quotidianità, per realizzare i miei sogni e condividere questo insegnamento con gli altri. In Giappone ho capito che possiamo fare ancora molto in Italia e in Europa per far crescere la Soka Gakkai e la cosa bella è che quello che può donare ognuno di noi al movimento di kosen-rufu è unico e inestimabile. Sensei e i membri giapponesi mi hanno trasmesso la voglia di far parte di un’ondata di persone felici e realizzate che si prendono cura degli altri. Quindi con spirito rinnovato voglio continuare a portare avanti le attività con maggiore impegno e gioia e realizzare i miei sogni in famiglia, nello studio e nel lavoro.
Costruire il futuro
Fabio Vivarelli: L’esperienza di questo corso è stata una delle attività più intense cui abbia mai partecipato. In particolare ho potuto toccare con mano la famiglia della Soka Gakkai giapponese, una rete di relazioni nella quale tutte le quattro Divisioni collaborano alla formazione dei giovanissimi. La fiducia nei più piccoli è totale e perciò vengono seguiti e incoraggiati a fare grandi esperienze, come ad esempio guidare Gongyo all’interno di riunioni con oltre tremila partecipanti. Tutto ciò viene realizzato studiando le guide del presidente Ikeda e il Gosho.
Le riunioni della Divisione futuro segnano a livello emotivo la vita dei giovanissimi, lasciando in loro un ricordo prezioso. In questo modo i partecipanti associano la pratica buddista a uno stimolo positivo e la Soka Gakkai a un’associazione gioiosa e divertente.
Non nascondo che trovare il tempo e i soldi per partecipare a questo corso non è stato facile, ma durante la permanenza in Giappone il presidente Ikeda ci ha incoraggiato a essere profondamente convinti che avremmo accumulato benefici incommensurabili secondo il principio buddista per il quale le virtù invisibili producono benefici visibili. Così è stato, e al mio ritorno ho firmato un nuovo contratto di lavoro grazie al quale ho ricevuto un aumento, con un importo superiore ai costi che avevo sostenuto per partecipare al corso giovani.
Un Daimoku indimenticabile
Valentina Dughera: Ho partecipato a un corso in Giappone per la prima volta nel 2009 dopo aver recitato Daimoku per due anni con lo scopo di incontrare il presidente Ikeda e di fare di questa occasione la pietra miliare della mia fede. E così fu: incontrai sensei e recitai assieme a lui decidendo di incastonare quel Daimoku nel mio cuore e di ricordarmelo nei momenti cruciali perché quello era il Daimoku della “vittoria di maestro e discepolo”.
Quest’anno, dopo aver trovato un lavoro che rispondeva a tutte le mie esigenze, ho iniziato a lavorare molte ore al giorno senza avere mai un vero stop neanche nei week-end. Ho passato così i primi mesi dell’anno a preoccuparmi poiché, stanca e senza tempo, non riuscivo più a basare la mia vita quotidiana sul Daimoku che avevo sempre recitato ogni giorno. Mi sentivo inadeguata e in balia degli eventi, ma mi sono sforzata di “considerare il lavoro presso il mio signore come la pratica del Sutra del Loto”, con la stessa disposizione d’animo che ho quando faccio attività. Ricevuta la notizia che avrei potuto partecipare al corso, ho fatto un’esperienza di coraggio e autostima sul lavoro, ottenendo le ferie con tanto di incoraggiamento del capo e sono partita.
Sono tornata a casa col cuore che scoppia dalla voglia di recitare Daimoku e creare una vera Soka Gakkai dei giovani, cambiando io per prima, continuamente.
Guardando insieme il Fuji
Andrea Ciccorelli: Il penultimo giorno abbiamo visitato l’Università Soka, il Fuji Art Museum e il Tokyo Makiguchi Memorial Hall. Da programma, non era prevista una visita vera e propria al Centro culturale e personalmente mi bruciava trovarmi a Tokyo e non poterlo visitare interamente. Con questo capriccio in testa, sono andato insieme agli altri a fare Gongyo davanti al Gohonzon iscritto nel 1951 per la nomina di Toda a secondo presidente della Soka Gakkai e affidato per la propagazione. È stato bellissimo: i duecentocinquanta partecipanti provenienti da tutto il mondo hanno recitato la Cerimonia nell’aria con la massima determinazione di realizzare kosen-rufu nei rispettivi paesi. Al termine ci hanno annunciato che gli europei avrebbero lasciato il Centro per ultimi e che quindi avremmo potuto visitare l’edificio e le mostre! Al piano superiore ci hanno fatto notare che dalla finestra si poteva vedere il monte Fuji, che in quei giorni era stato sempre nascosto dalle nuvole: uno spettacolo incredibile. L’emozione più grande, però, è arrivata il giorno dopo quando, durante la cena commemorativa, ci è stato letto il messaggio del presidente Ikeda: «Ieri è apparso il monte Fuji per proteggervi. Vi mando questi versi composti per voi e che vi dedico: Guardando il monte Fuji / uniamo le nostre mani / per celebrare la vittoria». Sentire che sensei aveva ammirato il monte Fuji insieme a noi, per quel breve tempo in cui si era rivelato, ci ha fatto piangere come bambini.
Io per primo
Michele Giuseppone: Quest’anno ho avuto ancora l’occasione di partecipare a un corso in Giappone: mi sentivo pronto per rafforzare la relazione tra maestro e discepolo sul campo; non ero lì per incontrare sensei ma per provare a seguire il suo esempio e a comportarmi come avrebbe fatto lui con ogni persona. Sono venute fuori molte difficoltà di relazione e istante per istante ho lottato con il Daimoku, sentendo alla fine una grande gioia.
Rientrato in Italia ho saputo che il presidente Ikeda, che da due anni sostiene le attività del nostro movimento da dietro le quinte, poco dopo la nostra partenza, in via eccezionale ha incontrato i membri africani a cui ha rivolto queste parole: «Sono veramente felice di avervi incontrato. Io tutti i giorni recito Daimoku per la vostra felicità. Africa, dai il meglio di te stessa! Miei preziosi, preziosi membri africani, per favore state bene per sempre!». Così ho deciso di agire io per primo senza aspettare che mi venga chiesto esplicitamente. Sono ripartito dall’andare a trovare a casa i membri praticamente tutti i giorni e ho rideterminato di essere al fianco di sensei sostenendo gli obiettivi della SGI italiana in modo nuovo: decidendo di realizzarli io per primo.
Il risultato di questo sforzo è stato che in dieci giorni tre giovani hanno conosciuto il Gohonzon. Questa azione è nata proprio dalla grande gioia scaturita facendo attività con e per sensei. Provare gioia a prescindere dalle circostanze è diventata la mia priorità. Ho sperimentato che fare shakubuku non è proselitismo, ma la manifestazione dell’incoraggiamento che mostriamo in quanto esseri umani felici.