Un progetto comune in una realtà composita è ciò che è emerso dalla fotografia scattata al corso della regione. Abbiamo chiesto ad alcuni giovani quanto le attività proposte dalla SGI nel 2012 abbiano influenzato le loro vite. Ecco cosa hanno scritto
Parlare al cuore
“Per gratitudine nei confronti del suo maestro, Daisaku Ikeda si è assunto la responsabilità della propagazione. Anch’io posso fare altrettanto”
di Valentina Silvestri
Per me un punto cruciale da approfondire è il legame fra maestro e discepolo. Da quando ho iniziato a praticare il Buddismo avevo sentito ripetere questo invito più volte, ma non riuscivo proprio a coglierne il senso. Qualcuno diceva, significa fare ciò che fa il maestro. Già, ma cosa fa il maestro? Poi è arrivata la meravigliosa giornata della riunione europea, il 22 ottobre a Roma. Mi sono commossa nell’apprendere dei viaggi del presidente Ikeda, nel sentire l’orchestra suonare e i cori cantare, nell’ascoltare responsabili provenienti da ogni parte d’Europa e dal Giappone. Chilometri e chilometri per parlare di una promessa: la realizzazione di kosen-rufu. Finalmente cominciavo a comprendere un po’ di più e non solo a capire. Nel frattempo avevo dato seriamente inizio alla battaglia per trasformare la mia vita sotto tutti i punti di vista: migliorare e approfondire le relazioni, guarire da una malattia non grave, ma assai fastidiosa e talvolta impedente e, ovviamente, progredire nel lavoro.
In questo stato di cose mi è stato proposto di assumere la responsabilità, insieme a Gian Domenico, del corso di regione. Ricordo anche la mia risposta alle parole: «Recita Daimoku e poi decidi»; già carica di due ore costanti al giorno di Daimoku da diversi mesi, ho detto: «Cosa devo decidere?! Voglio trasformare la mia vita, certo che accetto!». Così è partita l’avventura. Abbiamo recitato Daimoku, lavorato, incoraggiato, sostenuto quanto potevamo senza lesinare nulla. Eppure, nonostante l’impegno che l’attività richiedeva non ho accusato stanchezza; ero talmente contenta ed entusiasta che non vedevo più le mie difficoltà personali. In concomitanza con i preparativi per il corso mi sono riproposta di leggere tutta La nuova rivoluzione umana. Se volevo approfondire questo legame, dovevo conoscere il mio maestro.
Il primo giorno di corso, Gian Domenico e io, in veste di presentatori, abbiamo aperto e dato il benvenuto a tutti i partecipanti. Gian Domenico in quella occasione ha detto: «Ciò che ricordo meglio dei corsi è l’atmosfera accogliente, calorosa e gioiosa che racchiudono, in quattro parole, il cuore di sensei». Il cuore di sensei… qualcosa faceva presa dentro di me.
Rientrata a casa ho continuato a recitare Daimoku per mantenere lo stato vitale alto. Le difficoltà sono state tante. A tenermi in piedi e a darmi la spinta quando vedevo nero sono state le parole di Nichiren e di Ikeda. Ho compreso che con la forza della fede e per gratitudine nei confronti del suo maestro Toda, Daisaku Ikeda si è assunto la responsabilità della propagazione della Legge e della realizzazione di kosen-rufu. Quindi anche io, senza capacità particolari, ma con la forza della mia fede e per gratitudine nei confronti del mio maestro, posso fare altrettanto. Lui mi ha insegnato a decidere, a creare un circolo virtuoso con lo scopo di crescere e forgiare un io forte. Mi ha insegnato che sono una persona di valore, degna di stima e di rispetto così come sono. Mi sta insegnando a essere felice in mezzo a persone felici, così che kosen-rufu sia realizzabile. Del resto la pace è l’effetto; il rispetto verso la dignità di una persona (anche e soprattutto verso se stessi) è la causa. E non è forse il cuore del Sutra del Loto questo, il cuore di sensei?
«Il cuore di tutti gli insegnamenti della vita del Budda è il Sutra del Loto e il cuore della pratica del Sutra del Loto si trova nel capitolo “Mai Sprezzante”. Cosa significa il profondo rispetto del Bodhisattva Mai Sprezzante per la gente? Il vero significato dell’apparizione in questo mondo del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, sta nel suo comportamento da essere umano» (I tre tipi di tesori, RSND, 1, 756). Ikeda mi ha chiesto di realizzare la mia vita e di essere un esempio, a questa richiesta ho risposto sì.
Sogni in comune
“Realizzeranno l’impossibile, ma per fare questo credo sia fondamentale incoraggiarli a credere nei loro sogni”
di Gian Domenico Troiano
Il mio modo di contribuire alla Divisione futuro è cercare di capire con il cuore quali sono i problemi che affliggono i ragazzi. Avendo affrontato e superato qualche anno fa quegli stessi problemi, li ho fatti di nuovo miei lasciando il “piccolo io” a casa e cercando di non sentirmi superiore, anzi, trattando quei giovanissimi da adulti. Per esempio, incoraggiandoli a recitare cinque minuti di Daimoku in più del tempo che si sono prefissati. Lo sforzo è essenziale per vincere. Sento che quello che loro ci possono insegnare è credere nell’impossibile, perché la loro coscienza è pura ed è per questo che sono potenti. Se già da giovanissimi forgiano una fede adamantina non c’è dubbio che realizzeranno l’impossibile facendo crescere il flusso di kosen-rufu, ma per fare questo credo sia fondamentale incoraggiarli a credere nei loro sogni e non caricarli di problemi che non sono i loro.
Questa attività, come ogni attività della Soka Gakkai, ha portato a una trasformazione nel mio modo di percepire le sofferenze altrui; mi ha permesso di sviluppare una sensibilità che era sopita e attraverso questa sono riuscito a trasformare il rapporto con mia madre e con mia sorella e di conseguenza con le donne in generale. Un rapporto superficiale che in un attimo è diventato profondo.
Un anno di piccole rivoluzioni
“Dedicandomi agli altri ho avuto la possibilità di abbattere una parte di quel muro interiore che impediva l’emergere degli effetti che oggi si stanno invece manifestando nella mia vita”
di Sara Squarta
Da quando ho ricevuto il Gohonzon nel 2011, mi sono sempre impegnata nel cercare di perseguire la pratica corretta. In particolare, seguita dai miei preziosi compagni di fede, ho capito l’importanza di dedicarsi alle attività: è un allenamento per mettere in pratica il Buddismo nella vita quotidiana, oltre che un’opportunità per porre cause positive per la mia felicità. Avendone compresa l’importanza, cerco quindi di affrontare qualsiasi occasione di attività con gioia. Dedicandomi agli altri ho avuto la possibilità di abbattere una parte di quel muro interiore che impediva l’emergere degli effetti che oggi si stanno invece manifestando nella mia vita. A livello lavorativo non mi sono fatta influenzare dalla crisi che sta vivendo il nostro paese e sto aprendo con coraggio nuove prospettive. A livello sentimentale, avevo lottato per tanto tempo contro una dipendenza affettiva e, dopo aver percepito la mia Buddità ed essermi accettata con i miei pregi e le mie fragilità, ho incontrato l’amore tanto desiderato. Dal punto di vista delle amicizie sto instaurando rapporti profondi che mi permettono di arrivare al cuore delle persone. Uno dei benefici dell’attività svolta in occasione del corso è stato l’incontro, con una mia corresponsabile, trasformatosi in un legame profondo. Unite abbiamo condiviso e continuiamo a condividere le nostre lotte individuali: indipendenti ma insieme!
Atto di coraggio
“Fare shakubuku vuol dire portare avanti la propria rivoluzione umana. Solo attraverso la nostra felicità possiamo trasmettere agli altri la forza di questo insegnamento”
di Elena Berioli
Durante i tre giorni del corso abbiamo organizzato delle piccole riunioni che avevano come argomento lo shakubuku: cosa significa e come viviamo questa nobile azione noi giovani, quali sono i limiti personali e le paure che a volte nutriamo nel parlare agli altri di Buddismo. Alcuni lo hanno definito “un atto di coraggio” che aiuta a superare i propri limiti e il piccolo io, e che consente di aprire la nostra vita agli altri. Questo punto ci ha permesso di sviluppare un’altra riflessione: quest’azione dovrebbe essere sentita come qualcosa di profondo, una empatia emotiva e umana che sgorga nei confronti della persona a cui stiamo parlando di Buddismo. In ultima analisi, fare shakubuku vuol dire portare avanti la propria rivoluzione umana. Solo attraverso la nostra felicità possiamo trasmettere agli altri la forza di questo insegnamento.
Prendendo spunto dalla forte determinazione e dal sentimento puro e coraggioso del presidente Ikeda, possiamo superare i limiti che a volte ci trattengono dal parlare agli altri del nostro percorso di fede. Limiti che nascono da timidezza, pudore, paura di risultare indiscreti o invadenti.
Sono uscita da questa condivisione incoraggiata, ma anche consapevole di alcuni miei limiti. Non voglio stare troppo a interrogarmi sul perché del mio atteggiamento, piuttosto desidero sfidarmi e creare con gli altri quel sentimento di cui abbiamo tanto parlato; credo che un Daimoku sincero mi permetterà di trasformare questo aspetto.