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Il prolungamento della vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:27

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Il prolungamento della vita

Oggetto della prima lezione, la salute e il rapporto con la fede. L’intrinseca saggezza del Budda permette di creare un karma immutabile positivo

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Oggetto della prima lezione, la salute e il rapporto con la fede. L’intrinseca saggezza del Budda permette di creare un karma immutabile positivo

Le ricerche più recenti collocano la stesura di questo Gosho nella primavera del 1275. Fu inviato alla monaca laica Toki, moglie di Toki Jonin, afflitta da una malattia che si aggravava progressivamente e avrebbe potuto anche portarla alla morte. Da come il Daishonin si rivolge a lei, possiamo supporre che la donna fosse sfinita e preoccupata: nonostante la forte fede, sembrava riluttante a prendersi cura di se stessa. In questa lettera il Daishonin le spiega la durata della vita dal punto di vista del karma: «Anche il karma può essere diviso in due categorie: mutabile e immutabile. Un pentimento sincero sradicherà anche un karma immutabile, per non parlare di quello mutabile» (RSND, 1, 847).

Cos’è il karma immutabile?

I pensieri, le parole e le azioni producono sempre un’influenza nella vita. Il magazzino di queste influenze viene chiamato karma. Il “karma mutabile” è quello generato da influenze più leggere e non sono precisati né il tipo di retribuzione negativa o positiva che produrrà né il momento preciso in cui ciò avverrà. Al contrario, nel caso del “karma immutabile”, o “karma fisso”, sono già prefissati la retribuzione e il momento in cui si manifesterà, in questa esistenza o in una prossima.
Il filosofo buddista indiano Vasubandhu (IV-V sec.) nel Tesoro dell’Abhidharma spiega che il karma immutabile si forma: 1) quando le azioni derivano da desideri o illusioni intense oppure da motivazioni estremamente pure; 2) quando le azioni vengono ripetute abitualmente anche se non derivano da forti motivazioni; 3) quando l’oggetto verso il quale sono dirette le azioni possiede intrinsecamente un valore immenso e un significato profondo.
Probabilmente in questa lettera Nichiren Daishonin parla del karma immutabile perché ritiene che la malattia sia l’effetto del karma creato nelle vite precedenti. Nel caso di malattie particolarmente gravi e che possono portare alla morte, si parla di malattia karmica, una malattia causata dalle offese alla Legge fatte nelle vite passate. Da questo punto di vista, trasformare il karma immutabile significa allungare la vita; in questo Gosho, quindi, l’espressione “karma immutabile” ha lo stesso significato di “durata della vita”.
In La cura delle malattie karmiche Nichiren Daishonin cita il Sutra del Loto: «Questo sutra offre la buona medicina per i mali della gente di Jambudvipa. Se una persona che soffre per una malattia può ascoltare questo sutra, la sua malattia svanirà ed egli non conoscerà né vecchiaia né morte» (RSND, 1, 563; SDL, 23, 386).

Perché la fede nel Sutra del Loto guarisce le malattie karmiche?

Per comprenderlo occorre ricordare come si crea il karma immutabile: quando la motivazione del comportamento è forte, quando l’azione è abituale, e quando è indirizzata verso un oggetto di supremo valore. Si forma dunque in un insieme di circostanze che mutano nel tempo; se a queste se ne aggiungono di nuove, anch’esso può trasformarsi. L’unico modo per trasformare il karma immutabile negativo è quello di formare un karma immutabile positivo che abbia un impatto ancora più forte e recitare Daimoku al Gohonzon permette di creare questo karma di bene supremo. Il nucleo del karma negativo è l’illusione, l’ignoranza della Legge, perciò il contatto con la saggezza del Budda, la cui essenza è Nam-myoho-renge-kyo, ha il potere di sovvertire il karma negativo.

Il pentimento secondo il Buddismo

Nel Sutra di Virtù Universale si legge: «Se vuoi pentirti – cioè trasformare il karma negativo -, siedi eretto e medita sul vero aspetto». Il vero aspetto dell’universo e della vita a cui si è risvegliato il Budda è stato iscritto dal Daishonin nel Gohonzon. Di conseguenza, nel Buddismo di Nichiren il “vero aspetto” sta a indicare il Gohonzon, e “sedersi eretti e meditare sul vero aspetto” significa recitare Nam-myoho-renge-kyo con fede nel Gohonzon. Recitare Gongyo e Daimoku realizza perfettamente le tre condizioni per formare il karma immutabile del massimo bene.
Il primo requisito, la forte motivazione, equivale alla “fede nel Gohonzon”, il cuore puro che continua a credere nella Legge mistica e che permette di manifestare come retribuzione la condizione vitale della Buddità.
Il secondo requisito, cioè il comportamento ripetuto, si realizza nella pratica giornaliera della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, il nome della saggezza del Budda.
Il terzo requisito, cioè il valore supremo dell’oggetto verso cui è rivolta l’azione, è contenuto nella pratica della preghiera. Poiché il Gohonzon è la suprema manifestazione della natura di Budda, è sufficiente a esercitare una forte influenza positiva sulla nostra vita; a maggior ragione se crediamo che questa suprema entità sia nella nostra vita e in quella degli altri e agiamo di conseguenza.
Poiché la pratica di recitare Nam-myoho-renge-kyo contiene questi tre aspetti, basandosi su di essa tutti gli eventi della vita diventano cause esterne per il conseguimento della Buddità in questa esistenza. Scrive Daisaku Ikeda: «Permettetemi di chiarire che ammalarsi non è un segno di fede debole o di sconfitta. Nessuno può sfuggire alle quattro sofferenze universali di nascita, invecchiamento, malattia e morte. Se, quando ci ammaliamo, facciamo emergere una fede potente per combattere il demone della malattia, quest’ultima diventerà un’opportunità per realizzare una vita pervasa dalle quattro nobili virtù del Budda: eternità, felicità, vero io e purezza» (BS, 145, 46).

Mai esitare a ricercare la cura adeguata

Nella parte finale della lettera il Daishonin ricorda alla monaca laica che «una singola vita vale di più del sistema maggiore di mondi» (RSND, 1, 848) e la esorta a risvegliare la volontà di vivere dicendole che «un giorno di vita è molto più prezioso di tutti i tesori dell’universo» e a farsi curare al più presto. Quando ci si ammala, non bisogna esitare a cercare la cura perché sopraffatti dalla paura e dalla preoccupazione. La fede sta nel cuore di chi decide di guarire sicuramente. È altrettanto sbagliato avere un atteggiamento negligente del tipo “sto praticando il Buddismo quindi andrà per forza bene”. Fede non significa sottovalutare la malattia, ma pregare e agire per ricevere la migliore terapia.
Un altro aspetto cui fare attenzione è la lamentela. Poiché siamo esseri umani una malattia grave, o che si protrae a lungo, indebolisce corpo e spirito e senza accorgersene si inizia a lamentarsi, a rassegnarsi e a nutrire dubbi. Così, nel momento più importante può accadere di perdere il “cuore combattivo” che lotta contro l’impedimento della malattia. Ma noi abbiamo il Daimoku e anche un solo Daimoku ha un potere incommensurabile. Tutto andrà per il meglio se manteniamo un “cuore combattivo”. L’importante è fare ogni giorno un passo, anche piccolissimo, in avanti.
Alla fine la monaca laica Toki seguì la guida del suo maestro e prolungò la sua vita di oltre vent’anni.

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