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Il mio tempo è per gli altri - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:37

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Il mio tempo è per gli altri

Claudia Rogato, Roma

Tutte le letture dei libri e degli scritti del presidente Ikeda a un certo punto confluirono in una forte emozione: realizzai che grazie al suo continuo incoraggiamento stavo concretamente cambiando la mia vita

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Tutte le letture dei libri e degli scritti del presidente Ikeda a un certo punto confluirono in una forte emozione: realizzai che grazie al suo continuo incoraggiamento stavo concretamente cambiando la mia vita

Ho trentadue anni e diciotto ne avevo quando ho cominciato a praticare il Buddismo. Era da tempo che ricercavo un mezzo per liberarmi dal dolore presente nella mia vita dovuto a un rapporto complicato con la mia famiglia, a una lunga relazione sentimentale disastrosa e al senso di solitudine. Iniziai a praticare con impegno. Avida di sapere, feci subito l’abbonamento alle riviste e cominciai ad aiutare a distribuirle nella mia zona.
Faccio un piccolo passo indietro: l’estate precedente mi ero messa a fare volontariato in una colonia di gatti randagi e cominciavo a sentire che regalare il mio tempo libero nutriva anche la mia vita. In vacanza, avevo trovato cinque gattini abbandonati e non me l’ero sentita di lasciarli lì. Così un’anziana signora, mia vicina di casa, li aveva accolti e per sdebitarmi volli darle una mano.
Ricevetti il Gohonzon, cominciai l’attività di protezione nel mio gruppo e l’anno successivo ne accettai la responsabilità. Praticando prendevo consapevolezza: le parole del presidente Ikeda parlavano di coraggio ma le azioni per dare una sterzata concreta alla mia vita erano difficili da intraprendere.
Con il tempo, però, mi accorsi che stavo costruendo un’identità più forte: mi iscrissi all’università e cominciai a fare diversi lavori. Nel frattempo tre amiche che avevo introdotto al Buddismo ricevettero il Gohonzon e, con prudenza e coraggio, riuscii a concludere la difficile relazione sentimentale che vivevo dall’età di quattordici anni. Affrontai tutto il periodo universitario con il Daimoku, così come la responsabilità delle giovani donne e l’attività nel gruppo byakuren. Sono state esperienze importanti perché ho imparato a relazionarmi con molta gente e a non evitare quelle persone o situazioni che non mi piacciono, ma a tirare fuori la capacità di crescere.
Poi ci fu la svolta che partì dalla trasformazione della relazione con il maestro. Tutte le letture dei libri e degli scritti del presidente Ikeda a un certo punto confluirono in una forte emozione: realizzai che grazie al suo continuo incoraggiamento stavo concretamente cambiando la mia vita, quindi scelsi di seguirlo più attivamente e di dimostrare agli altri l’importanza delle sue parole e del suo comportamento in questo momento storico. Poiché i benefici partono sempre da dentro, l’incontro profondo con il maestro si manifestò nell’indipendenza fuori.
Presi, a condizioni molto favorevoli, una casa in affitto e andai a vivere da sola. Cambiai anche il modo di partecipare alle attività: non stavo più ferma ad aspettare che mi coinvolgessero o che mi chiamassero gli altri, ma prendevo io l’iniziativa e grazie a ciò le relazioni con i compagni di fede diventavano meno formali e più profonde. Lo stesso accadeva con i miei genitori e nelle amicizie.
Il recupero dei gattini aveva risvegliato una passione per gli animali che non sapevo di avere. Vinsi il bando per il Servizio civile all’Ufficio diritti animali e contemporaneamente lavoravo con un’ottima remunerazione come cat sitter e dog sitter in zona.
Mi sentivo libera e felice e quell’estate, durante una vacanza in Spagna, incontrai un ragazzo di Firenze con cui iniziai una bellissima relazione.
Sembrava che la mia esistenza stesse prendendo forma: avevo una bella casa, il mio fidanzato stava per ottenere il trasferimento a Roma e avevo anche vinto un concorso pubblico al Comune di Roma.
Volevo stabilità nella mia vita ma, senza accorgermene, ancora una volta la facevo dipendere da situazioni esterne: una relazione sentimentale stabile e il lavoro fisso mi sembravano garanzia di sicurezza e felicità.
In quel periodo mi venne offerta la responsabilità di centro e accettai anche di presentare un progetto artistico per la riunione europea dei giovani a Milano nel 2008. Lavoravamo con grandi sforzi da mesi al progetto quando ci arrivò la notizia che non era stato scelto. Recitai Daimoku per approfondire il significato di vittoria e sconfitta nel Buddismo. Il presidente Ikeda spiega che non sono gli eventi esterni che determinano il risultato, ma il nostro atteggiamento. Decisi che ognuno di noi avrebbe trovato la causa della propria vittoria in quel rifiuto.
Da quel momento nella mia vita seguirono una serie di rifiuti. Il cambio del sindaco portò, non solo al blocco del concorso che avevo vinto, ma al taglio dei fondi dei servizi sociali dove lavoravo come precaria. Dunque persi lo stipendio, dovetti lasciare la casa in affitto e rifiutarono il trasferimento al mio fidanzato.
Stavo male, ma avevo fiducia che la strada che stavo percorrendo accanto al mio maestro non poteva ingannarmi. Daisaku Ikeda scrive: «Solo chi ha provato il gusto amaro della sconfitta può assaporare la gioia della vittoria. Essere troppo sicuri di se stessi nella vittoria o sconfortati nella sconfitta sono due cose fondamentalmente ridicole. L’unica cosa che veramente conta è per cosa stiamo lottando e se abbiamo deciso di risvegliarci da soli. Risvegliarsi da soli è possibile solo attraverso la fede» (Diario giovanile, esperia, pag. 68).
Rilanciai. Invece di affannarmi a rincorrere di nuovo delle sicurezze decisi di cambiare la qualità della mia vita. Mi trasferii io a Firenze e grazie a dei risparmi potei permettermi di non lavorare per quasi un anno. In questo periodo mi impegnai a studiare a fondo il Sutra del Loto, facevo molti turni byakuren, molto shakubuku e spesso tornavo a Roma per incoraggiare le giovani donne del mio centro. Stavo imparando ad amare la mia vita e spontaneamente curavo quella degli altri. Mi sentivo sempre meno impotente di fronte ai problemi dell’umanità e alla recente crisi globale: mi accorgevo della reale importanza di diffondere tra i giovani la consapevolezza espressa nel Sutra del Loto.
Fu un viaggio alla scoperta della preziosità della mia vita, di quella degli altri e di tutti gli incommensurabili benefici che riceve chi abbraccia e diffonde questo insegnamento.
Dopo otto mesi tornai a Roma con un lavoro e dopo poco vi trasferirono il mio compagno. A gennaio fu diagnosticato a mio padre un cancro incurabile al polmone. Dopo la destabilizzazione iniziale decisi che le mie giornate sarebbero iniziate presto con la recitazione di Daimoku e con lo studio delle guide del presidente Ikeda per le giovani donne, prima di andare a lavoro.
Fu un ingrediente straordinario perché vivevo con uno stato vitale immenso e quindi ero felice. Affrontavo la paura e il dolore in modo dinamico, riuscivo a occuparmi dei miei problemi e incoraggiare con la stessa energia chiunque incontrassi. Trovavo il tempo per fare tutto. Praticavo per essere salda nella fede e per avere consapevolezza del mio valore e di quello delle persone che avrei incontrato nella giornata. La cosa più bella è che presto i miei genitori cominciarono a recitare Daimoku.
Illuminando il dolore in quel periodo emerse una grande creatività e passione per il design d’interni a tal punto che rinunciai al lavoro fisso che avevo e mi rimisi a studiare.
A febbraio morì la mia vecchia amica, che avevo aiutato per anni con i suoi gatti, lasciandomi nel testamento erede universale del suo appartamento e di tutti i suoi beni. Ora vivo con il mio compagno nella casa che ho progettato e ristrutturato mettendo a frutto i miei corsi di design. Il Gohonzon è al centro della casa.
Si è sbloccato anche il concorso che avevo vinto e ho cominciato a lavorare al Comune di Roma: un stipendio buono con molto tempo libero per fare attività e approfondire il design.
Alla vigilia del grande evento europeo del 22 ottobre 2011 a Roma mio padre si è aggravato e in pochi giorni ci ha lasciati. Oltre a un immenso dolore sento che le radici della sua vita sono forti e nutrono il rigoglioso albero della nostra famiglia. Infatti, io e il mio compagno il 12 maggio ci siamo sposati e presto nascerà il figlio di mio fratello. Allora, ripenso alla guida per le giovani donne dell’Ikeda Kayo-kai, «La fede di una persona permetterà a tutti coloro che sono connessi con lei di diventare felici alla fine» (ilvolocontinuo.it) e la primavera ritorna nel mio cuore.
Voglio continuare a vivere pienamente ogni giornata perché, come mi ha insegnato sensei, si può trarre vantaggio da qualsiasi cambiamento e l’unica garanzia nella vita è essere quotidianamente consapevoli del Gohonzon che è dentro di noi.

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