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Dentro di noi, l'universo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:37

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Dentro di noi, l’universo

Toda era solito affermare che quando ci sintonizziamo con il Gohonzon la nostra forza vitale acquisisce la stessa energia dell’universo. Nel momento in cui ci adoperiamo per la felicità delle altre persone la nostra condizione vitale non conosce limiti e, se avvalorata dalle esperienze personali, le nostre parole smuoveranno il cuore altrui

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Toda era solito affermare che quando ci sintonizziamo con il Gohonzon la nostra forza vitale acquisisce la stessa energia dell’universo. Nel momento in cui ci adoperiamo per la felicità delle altre persone la nostra condizione vitale non conosce limiti e, se avvalorata dalle esperienze personali, le nostre parole smuoveranno il cuore altrui

Il Nuovo Rinascimento presenta alcuni estratti dal volume 25, pubblicato sulle pagine del Seikyo Shimbun.
Il testo integrale è disponibile su www.ilvolocontinuo.it

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

«Avrete sicuramente sentito parlare del Bodhisattva Mai Sprezzante – disse Shin’ichi -. Gli sforzi che stiamo compiendo nel piantare i semi del Buddismo equivalgono oggigiorno all’azione del Bodhisattva Mai Sprezzante. Non è una cosa straordinaria?».
Nel ventesimo capitolo del Sutra del Loto, dove si parla del Bodhisattva Mai Sprezzante, si narra della sua apparizione nel Medio giorno della Legge, dopo la morte del Budda Suono Maestoso. Ogni volta che il Bodhisattva Mai Sprezzante incontrava le persone, predicava il Sutra del Loto in ventiquattro caratteri, inchinandosi con rispetto e ammirazione. «Nutro per voi un profondo rispetto; non oserei mai trattarvi con disprezzo o arroganza. Perché? Perché voi tutti state praticando la via del bodhisattva e conseguirete certamente la Buddità» (SDL, 355).
Convinto della natura di Budda inerente in ogni essere vivente, il Bodhisattva Mai Sprezzante enunciava questa frase inchinandosi davanti alle persone con le mani giunte, in segno di riverenza. Tuttavia, non appena udivano le sue parole, le persone reagivano infuriandosi e detestandolo a morte perché ritenevano che ciò che diceva non fosse vero. Di conseguenza ne parlavano male e lo insultavano. Come se non bastasse, lo colpivano con bacchette e bastoni e gli lanciavano terraglie e sassi.
Ciononostante, il Bodhisattva Mai Sprezzante non cessò mai di riverire le persone e continuava ad andare in giro affermando: «Nutro per voi un profondo rispetto…».
Nel sutra si legge che coloro che lo perseguitarono mancandogli di rispetto caddero nell’inferno di incessante sofferenza per mille kalpa, ma alla fine conseguirono la Buddità grazie alla relazione creata per aver udito l’insegnamento corretto dal Bodhisattva Mai Sprezzante. Gli esseri viventi dell’Ultimo giorno della Legge vengono descritti come coloro che di per sé non sono dotati di buone radici. Ciò vuol dire che non avendo avuto relazione con il Budda Shakyamuni, non hanno ancora ricevuto il seme per diventare dei Budda.
Allora come si possono condurre a conseguire l’Illuminazione? Nel suo trattato Parole e frasi del Sutra del Loto, il Gran Maestro T’ien-t’ai affermò: «Predicando per loro risolutamente, anche se ciò li fa andare in collera» (Insegnamenti orali, BS, 113, 47). In altre parole significa portare queste persone a creare un legame con il Buddismo, condividendo con loro l’insegnamento corretto, anche se non desiderano ascoltarlo. È importante parlare della dottrina buddista alla gente, come faceva il Bodhisattva Mai Sprezzante.
Le persone che ascoltano l’insegnamento della Legge mistica, piuttosto che accettarlo immediatamente, potrebbero anche opporvisi e, offuscate dai tre veleni di Avidità, Collera e Stupidità, potrebbero arrivare addirittura a perseguitare coloro che lo predicano. Ciononostante, in virtù del fatto che hanno ascoltato l’insegnamento corretto, esse hanno creato un legame con il Buddismo e nella profondità delle loro vite sono stati piantati i semi per conseguire la Buddità.
Per questo motivo, Nichiren Daishonin afferma: «Egli tuttavia persisteva nel suo sforzo di predicare “in modo energico, benché ciò li faccia andare in collera” (Parole e frasi, volume decimo), un’azione che sorgeva dai suoi sentimenti di pietà e compassione (Insegnamenti orali, BS,120, 52)».
Shin’ichi Yamamoto si rivolse ai compagni di fede che partecipavano alla campagna di Yamaguchi con queste parole: «Spetta alla persona, dopo aver sentito parlare di Buddismo, decidere o meno di iniziare a praticare. Ciò che conta è con quante persone siamo riusciti a parlare di Buddismo, partendo dal nostro desiderio di vederle felici.
Chiaramente, è superfluo affermare che la cosa fondamentale è coltivare un forte ichinen, in modo che tutti coloro a cui parliamo di questo insegnamento comincino a praticare, dal momento che il nostro obiettivo è realizzare la felicità di ogni essere umano grazie alla fede nel Buddismo. Tuttavia, non c’è alcun motivo di demoralizzarsi se non iniziano. Proviamo a parlare a una persona. Se questa non pratica o non ne vuole sapere, allora parliamo a due persone. Se neanche loro vogliono iniziare, proviamo con tre persone, poi con cinque e poi con dieci, e se di queste dieci nessuna vuole praticare, allora parliamo a venti persone. E se nemmeno con loro dovesse funzionare, parliamo a trenta o quaranta persone. Il punto è continuare a propagare il Buddismo con sempre maggiore entusiasmo e convinzione. Tutti gli sforzi che farete in tal senso si trasformeranno in benefici e buona fortuna, elementi essenziali per il cambiamento del karma. Oggigiorno, ciascuno di noi è il Bodhisattva Mai Sprezzante, siamo i Bodhisattva della Terra. Inoltre, proprio come Nichiren Daishonin, stiamo percorrendo la strada maestra della pratica buddista».
I compagni di fede che avevano ascoltato con la massima attenzione la guida di Shin’ichi, sentirono riempirsi il cuore di coraggio. Si sentirono non solo incoraggiati, ma anche rivitalizzati e rigenerati, e ripartirono con un senso di freschezza e maggiore determinazione, desiderosi di condividere il Buddismo con più persone possibile.

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In occasione dell’incontro informale presso il Centro culturale di Yamaguchi, Shin’ichi Yamamoto aveva parlato con ogni persona presente alla riunione. Tra i partecipanti non erano pochi coloro che erano entrati a far parte della Soka Gakkai o si erano decisi a praticare seriamente durante la campagna di propagazione. Questo era il caso, ad esempio, di Tadaharu Igo e sua moglie Tokiko, rispettivamente responsabile di centro della Divisione uomini e della Divisione donne a Hagi, una città nella prefettura di Yamaguchi.
La prima volta che partecipò a una riunione di discussione a Hagi, durante la campagna di Yamaguchi, Shin’ichi ebbe modo di incontrare Tokiko, che era appena diventata membro. La donna gli pose una domanda con aria pensierosa: «Si può davvero guarire dalla malattia con questa pratica?». Si era convertita al Buddismo da circa un mese e in quel periodo soffriva di tubercolosi ai polmoni e ai reni.
«Che cos’ha? Ha una malattia?» le chiese Shin’ichi. «Sì, ho la tubercolosi» rispose la donna.
C’era un uomo accanto a lei, intento ad ascoltare quella conversazione senza proferire parola. Era suo marito, Tadaharu Igo, che lavorava presso le ferrovie giapponesi. Anch’egli soffriva di asma bronchiale, ormai la tosse e il catarro erano diventati cronici. Tadaharu non era ancora membro della Soka Gakkai, ma Tokiko gli aveva chiesto di accompagnarla fino al luogo della riunione perché non riusciva a camminare senza un appoggio. Osservandola, Shin’ichi iniziò a parlare della relazione tra karma e malattia.
«Il potere che esercita la medicina è molto importante, così come i mezzi di cui dispone, ma fondamentalmente la guarigione da una malattia ha a che fare con la forza vitale degli esseri umani stessi: è una questione di forza vitale. Finché lei non trasforma il suo karma che la porta a soffrire per la malattia, potrà anche superare questo male, ma poi si riammalerà di nuovo, colpita da qualche altra patologia. Il Buddismo spiega il modo per trasformare il proprio karma facendo emergere la forza vitale. Anch’io, un tempo, ho sofferto di tubercolosi ai polmoni, ma sono riuscito a superarla».
Quando parliamo con la convinzione avvalorata dalle esperienze personali, le nostre parole hanno il potere di smuovere in profondità il cuore delle persone.
Ascoltando Shin’ichi Yamamoto, Tokiko Igo prese una grande determinazione e decise di trasformare assolutamente il proprio karma grazie alla pratica buddista. Anche suo marito, Tadaharu, volle provare l’insegnamento di Nichiren. Facendosi coraggio, Tokiko chiamò subito tre suoi amici per invitarli alla riunione di discussione che si sarebbe tenuta nell’albergo dove alloggiavano Shin’ichi e altri responsabili. Tutti e tre accettarono di buon grado. Non persero una parola dell’intervento di Shin’ichi, i loro occhi erano raggianti e, rendendosi conto di quanto fosse essenziale seguire un insegnamento corretto, decisero in quella sede di entrare a far parte della Soka Gakkai. Tokiko sperimentò la gioia di condividere il Buddismo con gli altri, così una grande speranza e convinzione sgorgarono dal suo cuore come un’allegra melodia.
Dal quel momento in poi, quando si sentiva abbastanza in forze, partecipava attivamente alle iniziative della Soka Gakkai. Tutte le volte che si impegnava nella propagazione del Buddismo si dimenticava persino di essere malata. E, senza neppure accorgersi di come e quando, smise di essere affetta da quel senso di spossatezza che la tormentava da sempre e si sentì piena di energia. Nel dicembre dello stesso anno si ristabilì dalla tubercolosi e smise di passare tante delle sue giornate a letto. Nell’aprile dell’anno successivo guarì dall’ematuria, ponendo fine anche a quella malattia che la perseguitava da oltre otto anni.
Josei Toda spesso affermava: «Il Gohonzon è l’entità con la maggiore concentrazione di forza vitale di tutto l’universo. Ogni volta che ci sintonizziamo con il Gohonzon, la nostra forza vitale acquisisce la stessa energia e diventa molto potente». Quando ci adoperiamo attivamente per il movimento di kosen-rufu e per la felicità delle persone, la nostra condizione vitale non conosce limiti.
Osservando l’esperienza di sua moglie Tokiko, anche Tadaharu iniziò a praticare con entusiasmo e i due diventarono la forza trainante del movimento di kosen-rufu a Hagi.
Durante quell’incontro informale, Shin’ichi parlò ai coniugi Igo: «Come sono felice di vedere che state bene! Guardando lei, signora Igo, faccio fatica a credere che sia la stessa persona che ho conosciuto tempo fa. In confronto a quando la incontrai per la prima volta, sembra un’altra persona». Tokiko rispose: «In effetti, è così. Oltre alla malattia, avevamo anche una brutta situazione economica in quel periodo. Ma ora siamo veramente felici. Io e mio marito, facendo shakubuku, abbiamo convertito circa cento famiglie all’insegnamento di Nichiren Daishonin». «Bravissimi!», esclamò Shin’ichi. «Voi due siete la prova concreta che impegnandoci fino in fondo per vent’anni, possiamo diventare davvero felici, trasformando assolutamente il nostro karma».
Un signore anziano con gli occhiali si alzò in piedi e salutò Shin’ichi Yamamoto.
«Sono Minoru Bito e vengo dalla città di Hofu. A gennaio del 1957, in occasione della campagna di Yamaguchi, ero insieme agli altri membri ad attendere il suo arrivo, sensei, alla stazione di Hofu, che allora era chiamata stazione di Mitajiri».
«Sì, me lo ricordo bene. A proposito, adesso quanti anni ha?».
«Ho sessantuno anni. I miei quattro figli sono cresciuti e ora con mia moglie ci stiamo godendo una vita serena: non ci manca proprio nulla».
«E che lavoro fa?».
«Prima eravamo proprietari di un negozio di sandali, ma ora abbiamo in gestione una gastronomia».
Minoru era entrato a far parte della Soka Gakkai nel novembre 1956, solo due mesi prima dell’arrivo di Shin’ichi alla stazione di Mitajiri. Anche lui aveva iniziato a praticare sull’onda della campagna di propagazione in atto nella prefettura di Yamaguchi, nell’autunno del 1956.
Nel gennaio 1957, lo stesso giorno dell’arrivo di Shin’ichi, si tenne in serata una vivace riunione di discussione, al secondo piano dell’albergo dove era alloggiato il presidente Yamamoto. Circa la metà dei presenti erano amici dei membri. Rivolsero a Shin’ichi molte domande; soprattutto volevano sapere se fosse possibile risolvere i problemi economici o le malattie che li affliggevano.
Inizialmente, le persone esternavano solo i tormenti di cui soffrivano, stretti nella morsa del karma, ma via via che Shin’ichi parlava, i dubbi dei partecipanti cominciarono a sciogliersi per fare spazio a una nuova luce di speranza e rivitalizzazione, che avvolse tutti i presenti. Quando Shin’ichi terminò di rispondere a tutta quella serie di domande, fu la volta di un uomo con i baffi dall’aria di sufficienza. Era una persona del luogo, influente, che partecipava alla riunione su invito di un amico.
«A differenza della gente qui presente, i soldi non mi mancano. L’unico mio problema al momento è che tipo di impresa mettere in piedi per guadagnare abbastanza. Avresti un’idea da darmi?».
L’uomo aveva un atteggiamento arrogante e indisponente; era evidente il suo disprezzo per i presenti. Per un attimo l’espressione del volto di Shin’ichi si rabbuiò; tutti rimasero sorpresi e si zittirono all’istante.
Nella stanza risuonò la voce di Shin’ichi, con tono severo: «La Soka Gakkai è l’alleata delle persone che soffrono e sono infelici. Una persona come lei che disprezza gli altri, giudicandoli superficialmente solo per le apparenze, la posizione sociale o i titoli accademici, non potrà mai comprendere l’intento della Gakkai, né tantomeno il Buddismo».

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