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Castelli di pace - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 18:04

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Castelli di pace

I Centri culturali, frutto delle offerte dei compagni di fede, devono essere trattati con rispetto e massima cura dei dettagli. Sono il luogo dove ognuno può trovare pace e benessere

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I Centri culturali, frutto delle offerte dei compagni di fede, devono essere trattati con rispetto e massima cura dei dettagli. Sono il luogo dove ognuno può trovare pace e benessere

Il Nuovo Rinascimento presenta alcuni estratti dal volume 25, pubblicato sulle pagine del Seikyo Shimbun.
Il testo integrale è disponibile su www.ilvolocontinuo.it

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

Shin’ichi Yamamoto domandò al responsabile della prefettura di Yamaguchi, Yoshimi Umeoka, i nomi e le professioni dei responsabili centrali delle varie zone della prefettura, inclusi quelli dei responsabili dei gruppi soka-han, byakuren e gajokai. Affidò poi a Yoshimi un messaggio d’incoraggiamento da consegnare a ognuno di loro.
«Capisco bene che trasmettere i miei messaggi a ogni persona richieda tempo e impegno. Tuttavia, questi incoraggiamenti corrispondono al mio pensiero e al mio cuore, per questo motivo la prego di non farlo mai in modo formale o burocratico. Anche se non riesco a parlare direttamente con tutti loro, il mio desiderio sincero è quello di ripartire con slancio insieme a queste persone».
Shin’ichi giunse al Centro culturale di Yamaguchi poco prima delle tre del pomeriggio. Appena arrivato, prese parte all’inaugurazione dei monumenti dedicati ai primi due presidenti della Soka Gakkai, e alla cerimonia della messa a dimora di una pianta. In seguito, mentre incoraggiava i rappresentanti lì riuniti, fece un giro nel parco. Su esplicita richiesta dei membri, attribuì un nome ai giardini del Centro, chiamandoli rispettivamente “Parco delle fiabe” e “Giardino di Kaguya”. Nel frattempo, Shin’ichi spiegava ai responsabili come organizzare e mandare avanti un Centro culturale.
«Penso che sarebbe il caso di mettere più panchine per i visitatori, in modo che possano sedersi quando sono stanchi. Al Centro culturale non verranno soltanto i giovani, ma anche molti anziani. È importante quindi usare delle accortezze nei loro riguardi, in modo che possano sentirsi a proprio agio e riposarsi in piena tranquillità.
«La Soka Gakkai è un’organizzazione di giovani in prima linea che aprono la strada per la realizzazione di kosen-rufu. Ma quando si progetta un Centro culturale e si pensa alla sua gestione e all’organizzazione delle attività, non ci si deve fermare ai giovani, anzi è indispensabile avere un’attenzione particolare nei confronti degli anziani, dei disabili e dei bambini. Inoltre, i Centri culturali della Gakkai devono accogliere i visitatori quando arrivano, senza intimorirli. Bisogna fare in modo che tutti possano sentirsi a proprio agio, dal momento che i castelli di kosen-rufu esistono per i membri».
Poi Shin’ichi fece un giro all’interno del Centro.
«Durante il giorno, sarebbe una buona idea aprire le tende e spegnere tutte le luci e gli apparecchi elettronici non necessari. Inoltre, quando aprite e chiudete le porte cercate di farlo utilizzando le maniglie, in modo da non sporcare le porte, seppur accidentalmente, toccandole in altre parti.
«Una nuova partenza è sempre cruciale. Se fin dall’inizio riuscite a fare le cose in maniera ordinata, in seguito questa potrà diventare una consuetudine».
I Centri culturali vengono realizzati grazie alle offerte sincere dei compagni di fede e proprio per questo motivo devono essere utilizzati con la massima cura e attenzione.
Shin’ichi Yamamoto desiderava che tutti i responsabili sviluppassero pienamente questo tipo di atteggiamento. A metà pomeriggio partecipò alla riunione dei rappresentanti per celebrare il “giorno della prefettura di Yamaguchi” e subito dopo prese parte all’incontro informale con i responsabili del territorio Chugoku e della prefettura di Yamaguchi.
A questa riunione erano presenti coloro che, grazie all’incoraggiamento di Shin’ichi, si erano impegnati tantissimo, insieme agli altri compagni di fede, durante la prima campagna di propagazione di Yamaguchi, e altri ancora che erano entrati a far parte della Soka Gakkai quando in quegli stessi anni gli fu parlato del Buddismo del Daishonin.
«Per favore, mettetevi a vostro agio! Sono molto felice di incontrare i vecchi amici, vecchi compagni di fede, che insieme a me si sono impegnati con tutte le forze nella lotta per realizzare kosen-rufu!».
C’era un signore sui sessant’anni che aveva un sorriso stampato sul volto e guardava Shin’ichi con occhi scintillanti. Era Ichizo Masuda che, durante la fase iniziale di quella campagna di Yamaguchi, soffriva di reumatismi in forma molto grave, perciò non faceva altro che chiedere a Shin’ichi: «Ma con la fede posso veramente superare questa malattia?».
E tutte le volte che gli capitava qualche guaio nutriva dei dubbi sulla fede. Un giorno, ad esempio, gli fu svaligiata la casa, e attraversò tutta Tokyo per andare da Shin’ichi e lamentarsi dell’accaduto, manifestando tutta la sua frustrazione. E ogni volta, immancabilmente, Shin’ichi continuava sempre a dargli dei consigli trasmettendogli il suo cuore. A volte lo accoglieva e lo incoraggiava con grande calore facendogli capire la realtà dei fatti, mentre altre volte correggeva con severità il suo atteggiamento nella fede. Inoltre, quando Ichizo si riammalò di reumatismi, Shin’ichi recitò Daimoku con tutto se stesso e gli scrisse una lettera d’incoraggiamento. Nel corso degli anni gli aveva ripetuto più volte: «La cosa importante è continuare a praticare, fino in fondo, per qualunque cosa, senza dubitare». E ora finalmente, vedeva alla riunione Ichizo Masuda che sprizzava gioia da tutti i pori.
«Signor Masuda, per favore venga avanti. Come sta bene! Sono veramente contento di vederla così in forma!». Ichizo prese posto davanti ed esclamò con voce allegra: «Grazie mille! Mi scuso per tutte le volte che sono venuto da lei a mugugnare e a lamentarmi».
«Non fa niente – rispose Shin’ichi – è ovvio che non è proprio consigliabile passare le giornate a brontolare o a lamentarsi, ma quando uno si deve togliere un peso dallo stomaco, è meglio chiedere un consiglio personale parlandone con un responsabile più anziano nella fede. Si peggiorano solo le cose se ci si lamenta di qualcun altro alle sue spalle o si serba rancore, o ne siamo angosciati. E siccome lei è stato capace di trasformare la lamentela in spirito di ricerca, è riuscito a praticare fino a oggi».
A quell’incontro informale c’era anche Mitsumoto Yamauchi, con il volto sorridente. Era un signore ormai maturo, che conservava tutta la sua dolcezza e umanità. Era stato il primo responsabile del capitolo Shimonoseki e in seguito anche il responsabile generale dello stesso capitolo. Shin’ichi Yamamoto si rivolse a lui: «Signor Yamauchi, mi fa veramente piacere vederla così bene! Ero un po’ preoccupato e ora sono davvero felice di incontrarla a questa riunione».
Circa due anni prima il signor Yamauchi era stato colpito improvvisamente da un infarto. Quella sera in ospedale gli fu comunicato che le sue condizioni erano molto gravi. «Ma io non posso morire ora. Ho ancora la mia missione da realizzare!», pensò l’uomo. Quella notte recitò Daimoku con tutto se stesso, silenziosamente, dentro di sé. Molti compagni di fede, a cominciare da Shin’ichi, gli mandarono Daimoku. Sostenuto dalle preghiere dei suoi amici, Yamauchi riuscì a superare quella fase così critica, durante la quale rischiò la vita. «Quanti anni ha ora?», chiese Shin’ichi. «Quest’anno ne compio settanta». «È ancora giovane. Dato che ha superato la malattia, consideri il tempo che le rimane da vivere come un dono del Gohonzon. La prego di utilizzare la vita per ripagare il suo debito di gratitudine, dedicandola fino in fondo alla felicità delle altre persone. In questo modo riuscirà a costruire uno stato vitale altissimo.
«A dire il vero, a settant’anni ciò che conta è se si riesce ad abbracciare la vita con questo tipo di prospettiva. C’è chi pensa ad esempio: “Mi sono dato tanto da fare finora e ora voglio riposarmi e fare le cose che mi piacciono; lascio tutto nelle mani dei giovani”. Ma ci sono anche persone che rinnovano la loro determinazione affermando: “Ora è giunto il momento di iniziare la battaglia per completare la mia rivoluzione umana. Proprio questo momento decide la vittoria o la sconfitta, da ora in poi!”.
«Come discepoli di Nichiren Daishonin, in che modo dobbiamo vivere? Come ci esorta il Daishonin: “Sviluppa sempre più la tua fede fino all’ultimo momento della tua vita, altrimenti avrai dei rimpianti (Lettera a Niiike, RSND, 1, 911)”. Dobbiamo lottare facendo ardere ancora di più la passione della fede, con la determinazione che ora comincia la fase decisiva.
«Il fondatore del nostro movimento, Tsunesaburo Makiguchi, guidava in prima linea tutte le attività della Soka Kyoiku Gakkai quando aveva settant’anni. Viaggiava per tutto il paese, in particolare per incoraggiare i membri durante le riunioni di discussione, e il martedì e il venerdì dava guide personali dal primo pomeriggio fino alle nove e mezza o alle dieci di sera. Ora che la durata media della vita si è allungata, i settantenni di oggi sono persone piene di vigore, nel fiore degli anni».
Mitsumoto era un uomo piccolo di statura, ma animato da uno spirito appassionato, e si era sempre adoperato per la felicità dei compagni di fede di Shimonoseki. Nato nella famiglia di un sacerdote scintoista nella regione del Sanin, era cresciuto aiutando la sua famiglia, fin da piccolo, a costruire talismani scintoisti. Trovava molto strano che gli adulti rispettassero con reverenza i talismani da lui confezionati senza grande entusiasmo e a volte di malavoglia, come se fossero oggetti dotati di poteri miracolosi. Gli sembravano curiose quelle persone, persino ridicole. Dopo essersi diplomato alla scuola commerciale di Osaka, Mitsumoto cambiò molti lavori e alla fine aprì una trattoria. Si buttò anima e corpo nel lavoro e in seguito aprì altri ristoranti ma, quando ormai sembrava che la gestione dei locali fosse sulla buona strada, perse molti soldi in titoli investiti in Borsa. Come se non bastasse, uno dei suoi dipendenti lo derubò di un’ingente quantità di denaro e fu costretto a dichiarare bancarotta. Durante la Seconda guerra mondiale fu richiamato in servizio di leva e inviato in Manciuria. Qui si trovò ad affrontare situazioni estreme, di profondo disagio e sofferenza, e riuscì a stento a sopravvivere. Avendo sperimentato l’estrema crudeltà e la barbarie della guerra, finì per diventare ateo: era convinto che non esistessero né Dio né Budda.
Il conflitto mondiale terminò quando aveva trentasette anni. Ritornò a Shimonoseki, dove trovò lavoro come impiegato all’ufficio postale: stava provando a ricostruirsi una vita. Era già sposato e aveva quattro figli, ma il salario era troppo basso ed era un problema sfamare tutta la famiglia. Mitsumoto allora si buttò a fare attività nel sindacato dei lavoratori perché voleva eliminare dal mondo la disuguaglianza e il divario incolmabile tra ricchi e poveri. Presto fu conosciuto nel movimento sindacale come un uomo coraggioso che combatteva in prima linea senza risparmiarsi. Tuttavia, resosi conto dell’ambizione e della sete di potere dilagante ai vertici del sindacato, così come della lotta per il potere tra i suoi dirigenti, l’impegno e la passione che lo avevano portato a darsi totalmente al movimento si affievolirono poco alla volta. Inoltre, sua moglie Teruko era affetta da gravi problemi di salute e la sua delusione verso la vita diventava sempre più forte, fino a portarlo a concepire una visione pessimistica dell’esistenza.
Aveva cominciato a bere e più beveva, più la sua vita faceva acqua da tutte le parti.
«Che cosa mi sta succedendo?» si chiedeva. «Mi impegno al massimo, ma appena mi sembra di vedere un piccolo miglioramento, precipito giù fino a toccare il fondo della sofferenza. Non potrò mai essere libero dalla povertà, né tanto meno dalla malattia di mia moglie. È come se fossi incatenato a qualcosa di invisibile».
Mitsumoto Yamauchi, deluso anche dal movimento dei lavoratori, fu colto dalla disperazione più nera.
«In fin dei conti, nel mondo c’è sempre stata disparità tra gli esseri umani, fin dal principio! In quale paese è meglio nascere: in uno che si adopera per la pace o in uno che propende per la guerra? In uno stato a economia avanzata o in uno in via di sviluppo? In una grande metropoli o in campagna? Solo questi fattori, di per sé, determinerebbero il quadro di partenza del destino di un individuo. Inoltre, in quale famiglia nascere? In una ricca o povera? E infine, con quale tipo di genitori? Considerando tutte queste condizioni, già si potrebbe delineare in gran parte la vita di una persona. Ma oltre a ciò, se una persona nasce con qualche tipo di handicap o di malattia oppure con una salute cagionevole, la sua esistenza sarà sempre segnata da una grande sofferenza. Allora, cos’è che determina il nostro destino? È solo una combinazione fortuita?». E più ci pensava, più i suoi pensieri erano confusi.
Stava per compiere cinquant’anni, ma aveva la netta sensazione che tutti gli anni che aveva vissuto non avessero avuto il benché minimo significato.
Fu proprio in quel periodo che sua moglie Teruko, che doveva ricoverarsi periodicamente nell’ospedale del quartiere a causa delle malattie di cui soffriva, gli disse che aveva sentito parlare del Buddismo da un vicino di stanza e che voleva entrare a far parte della Soka Gakkai.
«La Soka Gakkai? – chiese l’uomo -. Ma di che religione si tratta?».
«Non ne so molto nemmeno io – replicò la moglie – però mi hanno detto che è un insegnamento che permette a tutti di diventare felici attraverso la trasformazione del proprio karma, che ci accompagna passo passo fin dalla nascita».
«Ti hanno detto allora che si può trasformare il destino di un individuo?».
«Sì. Ho scoperto che la Legge fondamentale dell’universo si chiama Nam-myoho-renge-kyo. E mi è stato spiegato che se recitiamo questa frase, Nam-myoho-renge-kyo, davanti all’oggetto di culto, il Gohonzon iscritto da Nichiren Daishonin, possiamo vivere all’unisono con la legge fondamentale dell’universo e trasformare anche il nostro karma».
Teruko poi aggiunse: «E come se non bastasse, tutti hanno affermato con estrema convinzione che anche io riuscirei senza ombra di dubbio a superare i miei problemi di malattia e a rimettermi in salute.
«Ma c’è un problema. Mi hanno detto che si può diventare felici solamente se si prega con fede al Gohonzon, vale a dire il corretto oggetto di culto. Bisogna cominciare a praticare con una nuova determinazione, mettendo da parte tutti gli oggetti di culto che abbiamo usato finora, come i talismani scintoisti che potrebbero essere ancora in casa nostra».
Al racconto di sua moglie, il volto di Mitsumoto Yamauchi si illuminò.
«Ah sì? Dicono che i talismani sono inutili? Mi piace una religione che afferma una cosa del genere. È interessante. E poi hanno ragione. Sono anche molto spiritosi, davvero! Lo so bene, perché quando ero piccolo costruivo spesso questi talismani e realisticamente non è possibile che un oggetto del genere sia in grado di salvare la gente. Sentiti del tutto libera di buttare subito via sia i talismani scintoisti che gli altri oggetti di culto che abbiamo in casa».
A quel punto sua moglie tirò un sospiro di sollievo.
«Meno male. Sono davvero felice che tu la pensi così. Sai, ero certa che avresti detto questo e allora me ne sono già liberata».
«Davvero? L’hai fatto? Va bene. Senti, siccome non è bello che in una famiglia vengano praticate religioni differenti, se questa è la religione che hai scelto, lo farò anch’io», concluse Mitsumoto.
I coniugi Yamauchi entrarono a far parte della Soka Gakkai nel marzo del 1956.

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