In questo pezzo della provincia emiliana la seconda riunione di discussione del mese di giugno si è tenuta all’aperto. Seduti in cerchio i partecipanti, anche se provati dalle recenti scosse, hanno parlato delle loro esperienze, paure e speranze
21 giugno – Dall’uscita di Carpi verso Mirandola e San Felice sul Panaro viaggiamo in mezzo a un paesaggio di case pericolanti, crepate, alcune, le più vecchie, crollate. I giardini pubblici, le aiuole, i prati, si sono trasformati in campeggi improvvisati. Molte persone hanno dovuto lasciare le loro case e si sono trasferite da parenti o amici fuori dalla zona sismica oppure vivono in tenda, nei giardini o nei campi allestiti dalla protezione civile e dall’esercito. Si ha paura che la terra tremi ancora e in tantissimi sono andati ad abitare nelle tende. Dopo la terza scossa, dopo aver visto i palazzi traballare, temuto per l’incolumità propria e dei propri cari, qui la gente ha i nervi scoperti ed è sempre sul chi vive. I capannoni industriali sono stati i più colpiti. Intere pareti crollate mostrano quello che c’è dentro, scaffali e bancali, scheletri interni come quelli di cetacei sventrati sulla spiaggia. Qui la rete di solidarietà fra i membri mantiene in contatto ogni persona, come sta, dove vive. Più volte hanno detto che non hanno bisogno di cose materiali ma solo del sostegno e del Daimoku dei loro compagni. In tanti, dall’Italia e dall’estero, si sono fatti sentire e li hanno incoraggiati. Di questi messaggi e incoraggiamenti ringraziano a lungo, come se si trattasse del tesoro più prezioso. Arriviamo a San Felice sul Panaro costeggiando campi coltivati carichi di frutta, bella corposa e profumata, ma a rischio per il danneggiamento degli impianti di irrigazione. I membri della zona si sono dati appuntamento da Gabriele, che ancora vive nella sua casa, intatta dopo il terremoto, e la offre per le riunioni. Sono troppi e non entrano nella piccola stanzetta per cui si decide di allestire il giardinetto prospiciente con coperte, cuscini e qualche sedia. Benedetta apre il suo omamori Gohonzon. Ci sono anche principianti e ospiti, giovani e adulti venuti per l’occasione, forse stimolati dalla promessa di una occasione di felicità in mezzo alla distruzione. Il tema scelto per la riunione di discussione è il coraggio. Si leggono i brani del dodicesimo volume della Nuova rivoluzione umana dove Ikeda incoraggia i membri di una zona del Giappone colpita da uno sciame sismico: «La missione dei praticanti buddisti è quella di sforzarsi di trovare una soluzione alle sofferenze dell’umanità. Matsushiro è il luogo in cui, durante la Seconda guerra mondiale, il governo militare progettò di trasferire il quartier generale imperiale in preparazione per una guerra sul suolo giapponese, e oggi è un luogo piagato dagli sciami sismici. Dal punto di vista del Buddismo, tutti voi vi siete riuniti qui come emissari del Budda allo scopo di trasformare il destino di Matsushiro e di renderla una terra “salva e illesa” come insegnato dal Sutra del Loto» (NRU, 12, 106).
Le persone hanno voglia di parlare, raccontano le loro esperienze. Alcuni sono ancora terrorizzati, altri raccontano di essersi sentiti protetti dal Gohonzon e di non aver avuto paura. Qualcuno si è sentito chiamato ancora di più dalla missione di condividere l’insegnamento buddista con le altre persone. Chi è riuscito a non farsi paralizzare e si è dedicato a incoraggiare gli altri ha subito ricevuto grandi benefici. Per alcuni il coraggio significa rientrare nelle proprie case. Per tutti, alla fine, il vero coraggio è quello necessario a fare la propria rivoluzione umana, decidere quel che va deciso, fare quel che va fatto, dire ciò che va detto, e propagare la Legge mistica. Alla fine della riunione lo spirito è al massimo. Una donna di Firenze ha mandato un pacco di libri e insieme decidiamo di donarli agli ospiti. Una responsabile chiede una determinazione, il settore è d’accordo: promuovere ancor più la rivoluzione umana individuale ed espandere il settore per far nascere gruppi in tutte le cittadine della zona. Tutto intorno è il mondo di saha ma in quel pezzetto di giardino a San Felice sul Panaro si è dischiusa la Terra del Budda.
Andrea Bottai
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Segni che uniscono
Il 2 giugno il Centro culturale di Genova ha ospitato la riunione nazionale sordi. Gioia di vivere, coraggio e fiducia i temi centrali
La consapevolezza di essere un sole è il titolo, e il tema, della riunione nazionale de “I segni del cuore” che si è tenuta nel capoluogo ligure. Un gruppo, nato nel 2003 e presente in tutta Italia, composto da quarantadue membri buddisti sordi, dalla nascita o che lo sono diventati, che si impegna per sviluppare kosen-rufu fra la comunità delle persone non udenti.
La novità, da due anni a questa parte, riguarda i “bodhisattva della comunicazione”, il nuovo nome attribuito agli interpreti, membri, della Lingua italiana dei segni (LIS): interpreti professionisti, operatori della comunicazione, educatori scolastici per sordi e, infine, i ripetitori vocali e labiali, membri che sostengono i praticanti non udenti a seconda della loro diversità (sordi oralisti e segnanti).
L’obiettivo della riunione, come del resto quello dell’attività del gruppo, è quello di creare valore proprio grazie alla loro sordità: non più come un problema, ma come un’opportunità di crescita, di sensibilizzazione, non solo per le persone non udenti.
«Qualcuno potrebbe chiedersi – ironizza Micaela Pini, membro sordo di Milano e referente del gruppo – come mai i sordi abbiano scelto qualcosa che è basato sul suono, come la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, dal momento che non possono percepirlo. Semplice, perché il Daimoku funziona per tutti, al di là di qualsiasi differenza, oltre i cinque sensi! È desiderio dei sordi mostrare a tutti, buddisti e non, che non esistono limiti. Non c’è niente di separato, ma è il nostro modo di pensare che limita e definisce gli opposti. Dalla fiducia possiamo sperare, sperando possiamo trovare coraggio», conclude Micaela.
Fiducia, coraggio, fede e gioia di vivere sono questi i temi centrali che si respirano durante tutta la riunione, e in Adesso, la canzone in LIS, cantata dal coro dell’Auricolar Band che rapisce il cuore e mi fa sentire “privilegiata” per aver imparato qualcosa in più, da loro, con loro.
Milena Sala
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Una riforma che parte da dentro
Il comportamento umano è centrale nel Buddismo. A maggior ragione, il cambiamento del singolo diventa ancora più necessario per chi riveste un incarico nella Soka Gakkai. Un piccolo testo che contiene una serie di riflessioni sul senso della responsabilità dedicato anche a tutti coloro che “si sentono in prima persona presidenti della Soka Gakkai”
Il titolo di questo piccolo libro «Vi affido i membri della Soka Gakkai» e il suo sottotitolo Consigli del presidente Ikeda per il comportamento dei responsabili indicano chiaramente come sensei concepisca la responsabilità nell’organizzazione buddista e quale sia il modo per realizzarla.
Già la scelta del termine “comportamento” esprime il senso profondo del Buddismo del Daishonin. Scrive Nichiren: «Il vero significato dell’apparizione in questo mondo del Budda Shakyamuni, il signore degli insegnamenti, sta nel suo comportamento da essere umano» (RSND, 1, 756). Intorno al comportamento, all’azione, ai cambiamenti individuali dei responsabili – e di ogni singolo – ruota dunque lo sviluppo di kosen-rufu nel nostro paese: «La riforma dall’interno – scrive Daisaku Ikeda – è indispensabile per la crescita di qualsiasi organizzazione […]. Quando i responsabili si sentono soddisfatti di sé, si compiacciono e scivolano nel compromesso, l’organizzazione comincia a ristagnare. L’organizzazione deve sforzarsi continuamente di migliorare e rinnovare se stessa. Tutto ha inizio con il cambiamento dell’atteggiamento e della determinazione dei responsabili» (La rivoluzione della leadership, Esperia, pag. 14).
Si potrebbe pensare che la crescita di un gruppo religioso dipenda dalla forza della sua capacità organizzativa, ma il presidente Toda non ragionava in questo modo, al contrario diceva: «Il modo in cui pianificate e portate avanti le attività dell’organizzazione, il tipo di indicazioni che date ai membri […] sono cose della minima importanza. Sono piuttosto la vostra passione e l’assoluta convinzione nella fede che spingono l’organizzazione ad avanzare». Queste e tante altre affermazioni dei maestri contenute nel libro, spostano l’asse del cambiamento dalla “tecnica” alla fede, dall’organizzazione in senso generale all’impegno come singoli. Ikeda sintetizza così: «È un grande errore pensare che kosen-rufu andrà avanti grazie alla forza di un’organizzazione. Questo avviene solo grazie al potere della fede vigorosa di un singolo individuo».
«Per favore leggete infinite volte questi consigli del presidente Ikeda – scrive il direttore generale Nakajima in una delle prime pagine – e metteteli immediatamente in pratica altrettante volte. In questo modo costruiremo una nuova Soka Gakkai italiana così come la desidera il nostro maestro Ikeda».
La responsabilità indica una funzione e non l’esercizio di un’autorità e sensei più volte ha detto che il suo desiderio è che ogni singolo membro diventi presidente della Soka Gakkai. Non è un’affermazione retorica, ma la chiara visione per il futuro. E il futuro inizia ora. Per questo motivo il libro non è indirizzato ai soli responsabili, ma a tutti i membri della Soka Gakkai Italiana.
«Vi affido i membri della Soka Gakkai», Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, 2012, 96 pagine, € 3,00