Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Sulla punta dello stivale nuovi giganti avanzano - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:21

    493

    Stampa

    Sulla punta dello stivale nuovi giganti avanzano

    La terra dei due mari, meta di numerosi popoli antichi e teatro di guerriglie e storie leggendarie, oggi è terra di giovani Budda che hanno deciso profondamente di cambiare il loro destino e quello della loro regione

    Dimensione del testo AA

    La terra dei due mari, meta di numerosi popoli antichi e teatro di guerriglie e storie leggendarie, oggi è terra di giovani Budda che hanno deciso profondamente di cambiare il loro destino e quello della loro regione

    E il ghiaccio si è sciolto
    di Maria Vittoria Aggazio, Crotone

    Quando nel 1998 cominciai a praticare il Buddismo ero timida e allo stesso tempo aggressiva, piena di rabbia, facile alla lamentela e con una situazione familiare non proprio rosea. Da subito mi resi conto che grazie al Daimoku, allo studio e allo sforzo di applicare i princìpi buddisti nella quotidianità, riuscivo a vedere tutto in una prospettiva diversa. Pian piano mi sentii più forte e serena e, cosa più importante, cominciai ad avere obiettivi e idee concrete su come costruire il mio futuro. Avevo ventidue anni, stavo per laurearmi in decorazione e finalmente sentivo che potevo dare al futuro la forma che avrei voluto, esattamente come quando a scuola modellavo la creta con le mani. Dovevo solo deciderlo. Così scrissi in grassetto e a lettere maiuscole i primi obiettivi personali: una casa per ospitare le riunioni di discussione e la stabilità economica. Nel corso di questi quattordici anni, con tanto impegno nell’attività buddista, li ho realizzati alla stragrande! Ne avevo anche uno, però, che scrissi a matita, quasi me ne vergognassi o lo reputassi troppo bello per me. Solo in una lettera che inviai a sensei trovai il coraggio di scriverlo a penna, promettendogli di realizzarlo: assicurai al mio maestro che avrei costruito una famiglia felice, sciogliendo il mio nodo più profondo.
    È stato un percorso duro e bellissimo nello stesso tempo. Ho imparato ad accettarmi, ad amarmi e a chiedermi cosa volessi da una relazione. Anche i vuoti che avevo cercato di colmare con relazioni sbagliate iniziavano a rimpicciolirsi, ma non era abbastanza, perché mancava ancora un aspetto fondamentale da affrontare: la relazione con mio padre. Il mio carattere scontroso e il sentirmi sempre vittima non ci consentivano di avere un dialogo, e ogni piccola cosa era motivo di lite. Quindi, per quieto vivere, restavamo ognuno arroccato nella propria torre, con olio bollente e dardi infuocati a portata di mano.
    Un giorno una di queste liti prese una brutta piega: litigammo violentemente e papà mi buttò fuori di casa. Fu devastante, provai un dolore pazzesco, profondo e antico, tanto che iniziai a soffrire di attacchi di panico. Recitavo Daimoku come se cercassi acqua nel deserto e, nonostante tutto, trovai una serenità interiore incrollabile. Sentivo che la situazione ero io a controllarla, non la mia paura. Riuscii a non provare il minimo rancore nei confronti di mio padre e finalmente lo vidi per quello che era: un uomo preoccupato per il mio futuro, un uomo che non aveva realizzato ciò che desiderava da giovane perché nessuno aveva creduto in lui fino in fondo, un uomo che, a modo suo, mi voleva bene. Davanti al Gohonzon, a un certo punto passai dal pianto di dolore a quello di gioia: il ghiaccio che non mi aveva mai permesso di dargli un abbraccio o rivolgergli una parola d’affetto, si stava sciogliendo. Capii che era lo stesso ghiaccio che non mi permetteva di vivere appieno le relazioni con gli altri. In seguito mio padre dovette affrontare un intervento per un carcinoma e quella fu l’occasione per incontrarci da persone alla pari. Il giorno prima dell’operazione parlammo di Buddismo, di causa ed effetto e ci scambiammo opinioni e riflessioni: per la prima volta stavamo dialogando.
    Nel 2008 partecipai a un corso di approfondimento al Centro culturale europeo di Trets e l’argomento ricorrente risultò essere proprio quello dei sentimenti. Grazie all’esperienza raccontata da una ragazza, in quei giorni capii che tipo di uomo avrei voluto al mio fianco e decisi che l’anno successivo avrei festeggiato il mio compleanno con la persona giusta. Qualche mese dopo iniziai a frequentare Cesare, un ragazzo che conoscevo dalle scuole medie. Avevamo molto in comune, dagli studi artistici­­ – lui è un restauratore – alla musica, dal cinema alla passione per il Giappone.
    In maniera naturale tra noi è nato qualcosa di più e così a ottobre ho festeggiato il compleanno con la persona con cui da due anni condivido la mia vita e la passione per l’attività. Siamo molto felici perché nella nostra zona stanno emergendo tanti giovani che hanno deciso di restare nella loro terra per essere protagonisti del cambiamento!

    • • •

    Libero di volare
    di Domenico Zumbo, Reggio Calabria

    Ho iniziato a praticare il Buddismo perché un amico, a teatro, tra una chiacchiera e l’altra, mi disse che recitava Nam-myoho-renge-kyo. Quel suono mi apparteneva già, perché da adolescente avevo seguito mia madre e lo avevamo recitato insieme. Era l’aprile del 2006. In quel periodo era emerso un forte disagio dalla mia vita: quando avevo quattro anni i miei genitori, per motivi di lavoro, furono costretti ad affidarmi alla nonna, e questo mi faceva sentire diviso tra l’affetto per mia madre e l’affetto per mia nonna. Soffrivo e nessuno sembrava accorgersi della fatica che mi costava capire la mia identità.
    Incominciai a recitare Daimoku nel momento in cui mi apparve chiara la scissione tra ciò che ero e ciò che gli altri volevano che io fossi. La casa di mia nonna divenne da una parte il rifugio per dare sfogo alla mia creatività e dall’altra la prigione dalla quale volevo scappare. Recitavo con il desiderio di andare fino in fondo, incoraggiato e sostenuto dal mio responsabile, il quale mi spronava a studiare e mi ricordava la frase di Gosho che dice: «Quelli che credono nel Sutra del Loto sono come l’inverno, che si trasforma sempre in primavera. Non si è mai visto né udito, sin dai tempi antichi, di un inverno che si sia trasformato in autunno, né si è mai sentito di alcun credente del Sutra del Loto che sia diventato un essere comune» (RSND, 1, 477). Volevo affrontare la cosa e chiarirmi con i miei genitori. Durante un pranzo familiare riuscii a raccogliere tutta la forza che c’era in me ed espressi il mio modo di vedere le cose. Ero riuscito ad affrontare tutta la famiglia affermando me stesso e dando importanza alle mie scelte. Venne fuori la sofferenza di tutti noi, ma fu anche l’inizio di una libertà che mi portò a ricevere il Gohonzon.
    Nel 2010 mi laureai in architettura e capii chiaramente di voler continuare a coltivare le mie grandi passioni: disegnare abiti e cantare. Studiavo canto dall’età di ventitré anni e adesso mi sembrava che questa strada stesse diventando più concreta, non solo come interprete, ma anche come cantautore. Fu così che, sull’onda della conquistata libertà, scrissi la prima canzone che infatti intitolai Libero di volare. Intanto mia madre ha ricominciato a praticare e spesso recitiamo insieme con i ruoli capovolti: oggi io guido Gongyo e lei mi accompagna. Continuo a vivere con mia nonna, ma ho trasformato completamente il senso di abbandono che mi ha accompagnato per molto tempo e la rabbia che provavo per mia madre. Sono pronto a dedicarmi completamente a sviluppare la mia vita e a far crescere il capitolo di Reggio Calabria, incoraggiando i giovani a essere se stessi.

    • • •

    Disarmata e onesta
    di Emanuela Bianchi, Catanzaro

    Era un periodo molto buio per me: il mio lavoro di attrice era praticamente ridotto al minimo, la mia dermatite non mi dava tregua, litigavo col mio compagno, mio padre si era ammalato di cancro e, di conseguenza, mia madre stava male. A un passo dalla disperazione, decido di invertire la rotta e di credere all’incoraggiamento che il presidente Ikeda mi aveva inviato: «Se non vedi speranza, ­creala. Se il mondo attorno a te è nero, sii il sole che illumina tutto». Così, mi sono concentrata nel far emergere la gioia laddove non c’era, nell’incoraggiare senza sosta ogni persona che avevo davanti, familiari, amici e nemici, mettendo da parte le mie preoccupazioni.
    A febbraio, in contemporanea con un’attività per la campagna Senzatomica, iniziai un dialogo serrato e onesto con me stessa e decisi di applicare fino in fondo il disarmo interiore. Mi sforzai di uscire dalla logica dell’attacco e della difesa, del nemico e dell’amico, e di imitare l’atteggiamento del Bodhisattva Mai Sprezzante, individuando nella sincerità profonda l’azione fondamentale. Con immensa paura, ma non priva di fiducia nel Gohonzon, decisi di diventare la persona più sincera del mondo, a qualsiasi costo, senza preoccuparmi del giudizio e delle apparenze. Definii i miei obiettivi personali, lasciando che il mio Daimoku fosse completamente rivolto alla felicità degli altri. Con questa determinazione, la mia vita cambiò immediatamente, a cominciare dal lavoro.
    Mi capitava spesso che altri artisti venissero citati al posto mio sui giornali o che la mia immagine venisse associata ad altre persone in ambito teatrale. Un giorno ricevo una telefonata da un privato per un’offerta di lavoro. Aveva avuto il mio numero da una persona che aveva letto un articolo, ma era convinto di parlare con l’artista citato nel giornale. Decisa ad essere sincera fino in fondo gli spiego che non sono io la persona che cerca e mi offro di dargli il giusto recapito, ma dato che io sono dell’ambiente, lui mi propone lo stesso il progetto. Avrei potuto prendere il lavoro senza dir nulla e, compiaciuta del risultato, andare avanti, ma ripensavo al voto che avevo fatto di trasformare fino in fondo la mia vita, e cioè trasformare le relazioni di sofferenza: questa in realtà è un’occasione imperdibile. Così chiamo il mio “antagonista” per un incontro, gli spiego sinceramente la questione e gli propongo di lavorare insieme al progetto per conoscermi professionalmente. Io non desideravo altro che essere sincera, al di là della risposta! Lui, stupito, non solo mi risponde di sì, ma mi offre un’altra occasione di lavoro e persino uno spazio inutilizzato nella sua struttura per le mie prove. Il mio “nemico” era diventato il mio alleato. Già così toccavo il cielo con un dito, ma, concluso il dialogo lavorativo, lui mi parla apertamente manifestando tutta la sua sofferenza. Sapeva che praticavo il Buddismo e, ispirato dal mio atteggiamento, mi ha invitato a parlargli della pratica buddista. Oggi siamo anche complici nella propagazione della Legge e le nostre vite sono raggianti di gioia.
    Il mio disarmo interiore mi ha permesso di essere grata alla vita, anche alla mia dermatosi – oggi notevolmente migliorata -, mi ha reso audace davanti alla malattia di mio padre e alla relazione col mio compagno, che mi ha fatto da specchio e che in seguito ha iniziato a praticare.
    Adesso vedo chiaramente come per kosen-rufu non esista nemico o amico, odio o amore, malattia o non malattia. Ogni giorno così com’è, bello, brutto, triste, solare, è sempre un giorno per la pace, per la rivoluzione umana. Io credo al mio maestro che mi dice che sono il sole splendente della felicità e che l’unico “pregiudizio sano” è la convinzione che tutti gli esseri umani possiedono la Buddità.

    • • •

    Il valore nel lavoro
    di Rosalba Aieta, Cosenza

    Da quasi cinque anni pratico il Buddismo e da quattro lavoro in un centro di dermoestetica insieme a un’equipe di medici.
    Un lavoro che trovai una mattina, uscita di casa determinata a risolvere questo problema. Ero piuttosto arrabbiata perché non ci riuscivo e passai prima dal mio medico curante per un dolore articolare. Fu lei a propormi di lavorare in quel centro. Il mio compito all’inizio era solo quello di prendere le telefonate e gestire gli appuntamenti. La paga non era granché e lavoravo solo la mattina e, molto di rado, anche il pomeriggio. Se non altro, mi dicevo, questo lavoro mi dà la possibilità di fare tanta attività buddista. Infatti non mi sono mai risparmiata e mi sono dedicata alle attività per kosen-rufu con determinazione, cercando sempre di fare una pratica corretta. Ho accompagnato davanti al mio Gohonzon tantissime persone con il desiderio di accogliere almeno due nuovi Gohonzon nel mio paese d’origine, Firmo. Nel frattempo mi dedicavo all’attività di protezione come byakuren, sia a livello locale che nazionale: stranamente mi veniva sempre offerto un posto rimasto libero per un corso e io ero sempre pronta a partecipare. Tutte occasioni per approfondire, rideterminare e incoraggiare gli altri.
    Oltre ai corsi e alle attività, ho approfondito lo spirito dell’offerta e ho fatto l’abbonamento alle riviste dell’Istituto: volevo utilizzare veramente tutto per capire e comprendere che ogni azione per kosen-rufu è fonte di beneficio e fortuna per la nostra vita. Nel frattempo mi è stata affidata la responsabilità delle giovani donne di settore e, passato un po’ di tempo, quella di capitolo e il coordinamento dell’attività byakuren. Veramente troppa roba, mi dicevo. Ma ero anche consapevole che la mia vita si stava espandendo. Non mi sono mai tirata indietro, eppure l’avrei voluto fare tante volte, ma queste, pensavo, sono tutte occasioni di crescita, perciò le ho accolte con grande entusiasmo.
    Ritornando all’esperienza di lavoro, mi chiedevo sempre come avrei fatto a seguire il consiglio del presidente Ikeda e diventare indispensabile sul posto di lavoro, se il mio compito consisteva solo nel rispondere al telefono e accogliere i pazienti. Mi si accese una lampadina: avrei fatto la byakuren anche sul posto di lavoro e, da quel momento, ho cercato di curare i dettagli e non dare nulla per scontato. Nel mio cuore nutrivo la speranza che un giorno sicuramente avrei fatto una grande esperienza se mi fossi impegnata per fare in modo che il mio posto di lavoro diventasse il luogo dove crescere e migliorare come essere umano. Cercavo di trovare qualcosa di significativo anche nella mansione apparentemente più ripetitiva e noiosa e creare valore comunque. Senza rendermene conto, oggi non sono solo la segretaria, i miei compiti sono aumentati e godo della stima e dell’affetto dei miei datori di lavoro e dei clienti.
    Sono molto felice che in quest’ultimo periodo, nonostante la crisi economica, questo centro stia continuando a lavorare a pieno ritmo. In più, per motivi organizzativi, mi sono assunta nuove responsabilità che mi riempiono di soddisfazione e i titolari hanno deciso di premiare la mia serietà e professionalità. Questa è la mia prova concreta.

    ©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata