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Seminare la pace a scuola - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:42

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Seminare la pace a scuola

Claudia Battistelli insegna nella scuola primaria da trent’anni ed è referente delle attività e dei progetti di educazione ambientale attuati nel suo istituto. In questi anni ha curato la partecipazione di alcune classi alle iniziative legate alla diffusione della Carta della Terra: un’occasione per sperimentare ulteriormente l’applicazione dei valori buddisti nella quotidianità

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Claudia Battistelli insegna nella scuola primaria da trent’anni ed è referente delle attività e dei progetti di educazione ambientale attuati nel suo istituto. In questi anni ha curato la partecipazione di alcune classi alle iniziative legate alla diffusione della Carta della Terra: un’occasione per sperimentare ulteriormente l’applicazione dei valori buddisti nella quotidianità

Fare l’educatrice è un lavoro che richiede molta preparazione e predisposizione. Cosa significa per te “fare la differenza”?

Fare la differenza è per esempio attuare nel mio ambiente professionale tutto quello che apprendo dalla filosofia buddista e dalle attività svolte all’interno della SGI. Per me è stata fondamentale la mostra I semi del cambiamento, alla cui organizzazione ho partecipato con entusiasmo per due edizioni, a Fucecchio nel 2007 e a Castelfranco nel 2008. [La mostra I semi del cambiamento è un’esposizione fotografica ideata e sviluppata dalla Soka Gakkai Internazionale per il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg nell’agosto del 2002, con lo scopo di far conoscere i principi della Carta della Terra e le azioni della gente comune, n.d.r.]. All’epoca avevo una terza elementare con bambini che avevano seri problemi di relazione. Litigavano di continuo, si insultavano, si picchiavano. Giovanni, un bimbo figlio di profughi africani veniva offeso e chiamato “sporco negro”, e non c’erano ragionamenti che potessero portare a pacificare gli animi. Così ho semplificato i princìpi della Carta della Terra cercando di trovare un modo giusto per spiegarli ai bambini poi, insieme, abbiamo sviluppato delle idee per mettere in atto i princìpi in ambito scolare.

È un po’ complicato concretizzare dei concetti così astratti con i bambini. Tu come hai fatto?

Recitare Daimoku ci aiuta a tirare fuori delle buone idee: ho invitato a scuola il padre di Giovanni che, prima della guerra civile, nel suo paese era preside di un liceo. Ha spiegato, senza entrare in dettagli cruenti, che la guerra gli ha portato via la mamma, la moglie e i suoi quattro bambini, e ci ha raccontato poi della sua fuga nel cuore dell’Africa rischiando continuamente la morte per fame, sete e stanchezza. Quando è arrivato in Italia si è rifatto una famiglia, dalla quale è nato Giovanni. In quell’occasione ha spiegato per la prima volta a suo figlio il significato del suo nome africano, che vuol dire “Il vincitore”. Dopo questo incontro la relazione di tutta la classe con Giovanni si è completamente trasformata; lo stesso bimbo che l’aveva offeso è andato da lui e gli ha detto: «Hai una famiglia bellissima». Giovanni ha sentito la dignità e il valore della sua vita ed è cambiato molto nel comportamento, migliorando anche nel rendimento scolastico.

C’è un motivo particolare per cui ti occupi della questione ambientale?

Dopo aver partecipato all’organizzazione della mostra, mi sono letteralmente innamorata della Carta della Terra, mi sono quindi messa in contatto con l’ECI (Iniziativa della Carta della Terra) per prestare volontariato: ho tradotto dall’inglese un manuale per insegnanti e un sito canadese molto carino di cartoni animati sempre sulla Carta della Terra. Queste attività sono state folgoranti. Da lì mi sono fatta coraggio e ho chiesto di diventare la referente di educazione ambientale nel mio istituto.

Che tipo di difficoltà hai incontrato?

Anche in ambito educativo ogni giorno sorgono incomprensioni. Negli ultimi tre anni ho partecipato a progetti che coinvolgono genitori, bambini e insegnanti, allargando le attività alle altre classi della scuola in cui insegno. Tutti insieme abbiamo realizzato un video per il prestigioso concorso Immagini per la Terra indetto da Green Cross Italia per diffondere la Carta della Terra. Io e la mia collega avevamo fatto un lavoro d’eccellenza, i risultati scolastici erano stati eccezionali, per non parlare di quelli educativi e di socializzazione, ma l’invidia di un collega ci ha fatto rischiare il trasferimento forzato. Nonostante ciò alla festa di commiato della quinta tutti i genitori della classe ci hanno ringraziato. Il padre di Giovanni ci ha detto: «Se ora mio figlio è così, lo devo a voi!», ed è stato tutto un piangere e un abbracciarsi. Allora ho pensato che comunque la mia ricompensa stava lì: nella soddisfazione di aver contribuito a creare una comunità armoniosa e solidale.
È pur vero che dopo tutto ciò che avevamo fatto e i risultati ottenuti, il rischio di essere trasferita mi faceva sentire tradita e incompresa; mi chiedevo se avessi sbagliato qualcosa. Era la prima volta che mi sentivo così e per me è stato destabilizzante. Pur carica di dubbi ho recitato molto Daimoku per continuare a lavorare nella scuola che amavo, e arrivate a settembre io e la mia collega inspiegabilmente abbiamo potuto riprendere la prima classe nello stesso plesso. Recitare Nam-myoho-renge-kyo ci ha protetto entrambe, proprio come dice il presidente Ikeda, mia perenne fonte di ispirazione e incoraggiamento: «Quando il cuore di una persona è saldamente rivolto al bene, non gli occorre altro che andare avanti fino in fondo per ottenere la vittoria».

Avete avviato nuovi progetti?

Con la nuova classe abbiamo sperimentato lo stesso metodo di quella precedente e abbiamo di nuovo partecipato al concorso sulla Carta della Terra, anche se con un lavoro più semplice. Al concorso partecipavano trentamila ragazzi da tutta Italia con milleduecento progetti diversi; noi abbiamo vinto il primo premio a livello nazionale che consisteva in una somma di denaro per la scuola. La cosa bella era la consegna del premio a bambini e insegnanti da parte del Presidente della Repubblica, che sarebbe avvenuta in una solenne cerimonia al Quirinale alla presenza del ministro per l’ambiente.
In ottobre però ci sono stati dei problemi: mentre stavo preparando tutta la classe per la trasferta al Quirinale, spiegando cos’era e chi fosse il Presidente e mentre le aspettative e l’entusiasmo dei bimbi e dei genitori erano al massimo, vengo finalmente contattata da Green Cross Italia. Prima delusione: alla cerimonia possono partecipare non più di cinque delegati, quindi due adulti e tre bambini. La seconda è stata quando ho telefonato alla preside per chiederle il criterio per scegliere chi sarebbe andato. Lei ha risposto che di sicuro una dei cinque sarebbe stata lei perché andare a stringere la mano del Presidente era il sogno della sua vita e non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Quindi, l’altro adulto doveva essere scelto fra me e la mia collega. Lasciare a casa lei sarebbe stato davvero un gesto meschino sapendo quanto impegno sincero e quanta passione aveva messo nel lavoro. Rinunciare ad andare io poteva sembrare un gesto generoso, ma mi metteva di fronte al mio solito karma, che è quello di tirarmi indietro ogni volta che c’è da ricevere un elogio o un compenso meritati. In tutti e due i casi sentivo di avere perso.

Effettivamente ci sono dei momenti nei quali è molto difficile fare la cosa giusta…

Francamente non rimaneva che recitare Daimoku con una decisione ancora più forte. Avevo un piano: chiamare Green Cross Italia e tentare di spiegare col cuore in mano quanta importanza, anche simbolica, aveva per noi questo premio, tentando di strappare qualche eccezione per il nostro caso. Ma la referente dell’associazione fu tassativa perché l’evento si doveva svolgere nella Sala dei Corazzieri dove lo spazio è limitato.
A questo punto non avevo più risorse: avevo già recitato Daimoku e avevo fatto tutto ciò che potevo. Allora ho rivolto la mia vita e la mia preghiera direttamente all’universo. Circa due ore dopo l’universo ha “risposto” nella persona della referente di Green Cross che avvisava che, a causa della crisi di governo, il Presidente Napolitano aveva disdetto i suoi impegni per i giorni seguenti, incluso quello con noi. Che gioia, che sollievo! Già pensavo che l’incontro si sarebbe fatto in primavera, all’aperto, e che tutti avrebbero potuto parteciparvi. Ma la gioia non è durata molto. Dopo cinque giorni di letizia, una sera tardi ricevo una seconda telefonata da Green Cross con la notizia che, visto che il Presidente aveva completato le consultazioni a tempo di record, l’impegno per il 21 novembre era stato ripristinato. E dato che c’erano solo tre giorni per preparare il viaggio erano richiesti spirito di ricerca e collaborazione. Dopo una notte insonne chiamai la preside che, però, nel frattempo aveva preso impegni inderogabili e con suo grande rammarico non poté venire a Roma. Nel giro di poche ore organizziamo l’estrazione a sorte dei bambini, treno, albergo e tutti i documenti necessari per il viaggio. Da questo punto in poi tutto è filato liscio.
La cerimonia al Quirinale è stata estremamente emozionante. I bambini della mia classe erano seduti in prima fila, hanno potuto salutare e stringere la mano al Presidente e ai ministri. Un’alunna è stata scelta per rivolgere una domanda al Presidente della Repubblica e ha potuto fare proprio la domanda che lei si era posta mentre discutevamo in classe. Abbiamo devoluto, come gli altri vincitori, i mille euro del premio alla ricostruzione della scuola di Monterosso alluvionata e, al nostro ritorno, i quotidiani locali hanno scritto ampi articoli su di noi. Così una signora che aveva raccolto una somma per il disastro che aveva colpito le Cinque Terre, dopo aver letto della nostra donazione, mi ha chiamato per poter essere messa in contatto con le maestre di Monterosso e poter contribuire anche lei allo stesso modo. Infatti, come scrive Ikeda nel suo Diario giovanile, «il movimento di una sola onda ne fa muovere due, poi altre mille e poi altre diecimila».

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