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Passaggio di testimone - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:29

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    Passaggio di testimone

    Si conclude il racconto del fondatore narrato in prima persona. Possiamo leggerne i momenti salienti che hanno caratterizzato la sua esistenza fino alla morte. Completa il quadro storico un’attenta illustrazione dei contemporanei di Nichiren. In corsivo, le citazioni dal Gosho

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    Si conclude il racconto del fondatore narrato in prima persona. Possiamo leggerne i momenti salienti che hanno caratterizzato la sua esistenza fino alla morte. Completa il quadro storico un’attenta illustrazione dei contemporanei di Nichiren. In corsivo, le citazioni dal Gosho

    Non mi lasciai spaventare e rimasi nei pressi della mia provincia natale, continuando a curare personalmente la diffusione di questo insegnamento rivoluzionario.
    Il numero dei seguaci aumentava di giorno in giorno quando, nel 1268, un inviato del Gran Khan dei mongoli, Kublai, chiese la sottomissione del Giappone: il governo non accettò e iniziò a prepararsi alla guerra. Allora interruppi le mie attività e ritornai a Kamakura. Scrissi alle personalità più influenti del paese, ricordando loro che l’invasione straniera da me prevista otto anni prima, sulla base dello studio dei sutra, si stava realizzando perché nel paese ancora non era stato adottato l’insegnamento corretto. So che potrei sembrare arrogante, ma non potevo tacere.
    Tuttavia se volevo essere ascoltato dai potenti dovevo acquisire maggiore credibilità. Così quando Kamakura fu colpita dalla siccità e il governo chiese al prete Ryokan di pregare per la pioggia, lo sfidai e lo sconfissi. Ryokan, umiliato, complottò contro di me presso le autorità e fui convocato da Hei-no-Saemon, capo della polizia governativa. Durante l’interrogatorio gli esposi gli insegnamenti che avrebbero condotto il paese alla pace: Hei-no-Saemon s’infuriò e la mattina del dodicesimo giorno del nono mese del 1271 mi fece arrestare. Fui condotto davanti al consiglio supremo del reggente, riconosciuto colpevole di tradimento e condannato all’esilio nell’isola di Sado, ma la notte stessa Hei-no-Saemon mi fece portare sulla spiaggia di Tatsunokuchi per farmi decapitare ancor prima di essere esiliato.
    Stavano per giustiziarmi, quando una sfera brillante quanto la luna, proveniente da Enoshima, attraversò il cielo da sud-est a nord-ovest. L’alba non era ancora spuntata e faceva ancora troppo buio per potersi vedere in faccia, ma l’oggetto brillante illuminò tutti chiaramente come la vivida luce lunare. Il boia cadde con la faccia a terra, gli occhi accecati. I soldati erano terrorizzati e presi dal panico. Alcuni scapparono via, altri saltarono dai loro cavalli e si inginocchiarono in terra mentre altri ancora si rannicchiarono sulle loro selle (RSND, 1, 682). Nonostante io li esortassi a fare il loro dovere nessuno osò più avvicinarsi. Su quella spiaggia io, Nichiren, abbandonai la mia identità provvisoria: mi fu chiaro che per primo avevo incontrato e sconfitto i tre potenti nemici descritti nel Sutra del Loto e grazie a ciò avevo potuto manifestare la mia vera identità di Budda originale, un processo che ogni essere umano può attivare seguendo gli insegnamenti corretti del Sutra del Loto.
    Infine fui condotto a Echi nella residenza di un notabile. Qui iscrissi subito il primo mandala, passo fondamentale per completare la rivelazione dell’insegnamento contenuto nel Sutra del Loto. Riversai su carta la raffigurazione fisica della mia Illuminazione. Questo Gohonzon è l’essenza del Sutra del Loto, l’occhio di tutte le scritture. È come il cuore in un essere umano, come la gemma che esaudisce i desideri fra gli altri gioielli, come il pilastro di una casa (RSND, 1, 556) rappresenta la Legge universale nella sua interezza e permette a ogni essere umano di specchiarsi e riflettere all’esterno la propria Illuminazione interiore; tuttavia finché non si percepisce la natura della propria vita, la pratica sarà un’infinita e dolorosa austerità (RSND, 1, 4), perché esiste solo nella carne di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam-myoho-renge-kyo (RSND,1, 737).

    L’esilio nell’isola di Sado

    Una volta trasferito a Sado fui accompagnato nel luogo dove avrei trascorso l’esilio: una cappella abbandonata di un cimitero, a Tsukahara. Non avevo né cibo né vesti adeguati, né un letto, né tanto meno la possibilità di riscaldarmi. I discepoli che venivano a donarmi vettovaglie, carta e inchiostro rischiavano la vita; ma ero costantemente pervaso da una grande forza che mi permise di scrivere alcuni dei miei più importanti trattati e molte lettere di incoraggiamento ai miei seguaci. Sempre in esilio, continuai a iscrivere i Gohonzon per i discepoli più fidati, e nel 1272 sostenni anche un dibattito religioso con i preti del luogo, durante il quale dimostrai la correttezza del mio insegnamento.
    Nel frattempo fu scoperto il complotto contro il reggente Tokimune, ordito da un suo fratellastro. Anche se la rivolta fu soffocata, la profezia sui disordini interni contenuta nel mio trattato si era realizzata. Le autorità di Sado, colpite e forse spaventate dall’avverarsi della predizione, mi fecero trasferire in una residenza a Ichinosawa.
    Nel 1274 il reggente Hojo Tokimune mi scrisse una lettera di perdono e feci ritorno a Kamakura dopo più di due anni di esilio. Hei-no-Saemon questa volta mi trattò con rispetto, ma non ascoltò i miei ammonimenti.

    Il ritiro sul monte Minobu

    Inascoltato per la terza volta, seguendo l’usanza del mio tempo, abbandonai Kamakura e mi ritirai su una montagna, a Minobu, dove scrissi molti trattati importanti per stabilire le basi teoriche e documentarie dell’insegnamento. Tenni anche una serie di lezioni sul Sutra del Loto che vennero poi raccolte e ordinate dal mio futuro successore, Nikko, nella Raccolta degli insegnamenti orali.
    Intanto, in accordo con la mia predizione, i mongoli iniziarono l’invasione del Giappone, ma grazie a un tifone che ne distrusse la flotta furono costretti a ritirarsi in Corea.
    Nel 1279 un gruppo di contadini del villaggio di Atsuhara, divenuti da poco miei discepoli, vennero catturati e affidati a Hei-no-Saemon. Allo scopo di farli abiurare, i tre capi dei contadini furono torturati ma non capitolarono; per questo motivo il giorno stesso furono decapitati, mentre continuavano a recitare Nam-myoho-renge-kyo, cosa che fecero fino all’ultimo istante.
    A quel punto compresi che non potevo più aspettare. Se anche i laici rischiavano la propria vita per il Sutra del Loto, era giunto il momento di iscrivere un Gohonzon non solo per qualcuno dei miei discepoli, ma per tutta l’umanità, quello che sarebbe stato l’oggetto di culto per il nostro tempo e per l’eterno futuro. Il dodicesimo giorno del decimo mese del 1279 iscrissi il Dai Gohonzon per tutta l’umanità.
    Era il 1281 e da cinque anni ormai soffrivo di una forma di dissenteria cronica; continuai però con le mie ultime forze a scrivere lettere per incoraggiare i miei discepoli e stilai altri trattati. Non avrei potuto resistere un altro inverno sulle montagne, e seguii il consiglio dei miei discepoli di lasciare Minobu. Estenuato dal viaggio, sentivo che la mia vita volgeva al termine e invece di raggiungere le sorgenti termali come deciso, il diciottesimo giorno mi fermai nella residenza di Ikegami Munenaka. Lì tenni un’ultima lezione sull’Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, redassi un documento in cui designai i sei preti anziani, e la mattina del 13 ottobre, dopo aver nominato il discepolo Nikko erede dei miei insegnamenti e legittimo successore alla guida del movimento di propagazione, mi spensi nella residenza di Munenaka attorniato dai discepoli laici accorsi per salutarmi recitando Nam-myoho-renge-kyo.

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    Dall’altra parte del mondo

    Quando Nichiren Daishonin è “nel mezzo del cammin della vita” nel 1254, poco più che trentenne, dall’altra parte del mondo, nella Repubblica di Venezia, nasce un bambino di estrazione sociale tutt’altro che umile, considerato in seguito uno dei più grandi esploratori di tutti i tempi: Marco Polo. Quest’ultimo, insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo, entrambi ricchi mercanti, fu tra i primi occidentali ad arrivare fino in Cina, da lui chiamata Catai, percorrendo la Via della Seta, quel reticolo fatto di itinerari terrestri, marittimi e fluviali, che si sviluppava per circa 8.000 km, lungo i quali si snodavano i commerci tra gli imperi cinesi e l’Occidente. Il padre di Marco e lo zio raggiunsero la Cina per la prima volta nel 1262, arrivando a Khanbaliq la residenza di Kublai Khan, appartenente a una famiglia di condottieri e sovrani mongoli che avevano conquistato il continente asiatico. Ritornarono a Roma nel 1269 come ambasciatori di Kublai Khan, con una lettera da consegnare al papa che conteneva la richiesta di mandare chierici istruiti a evangelizzare le popolazioni mongole pagane. Nel 1271 il diciassettenne Marco partì per la Cina insieme al padre e allo zio, accompagnandoli nel loro secondo viaggio, e rimase in Estremo Oriente per circa diciassette anni. Una volta arrivato nel Catai, Marco ottenne subito i favori di Kublai Khan, nipote del famigerato Gengis Khan, al punto che divenne suo favorito e successivamente suo ambasciatore e uomo di fiducia, come racconta egli stesso nel Milione, tanto che, durante il viaggio di ritorno verso Venezia accompagnò sua nipote, la principessa Kocacin, dal re di Persia, per dargliela in sposa. Nel 1260 Nichiren Daishonin nel suo scritto Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese predice il manifestarsi di invasioni straniere se i governanti del Giappone si fossero rifiutati di accettare l’”insegnamento”. E così accadde: Kubilai Khan, per appagare la sua sete di conquiste, tentò due volte di invadere il Giappone, ma in entrambe i casi i samurai resistettero con fermezza e un tempo inclemente distrusse le sue flotte. Nell’ottobre del 1274 l’esercito mongolo devasta le isole di Tsushima e Iki e attacca il Kyushu, la più meridionale delle quattro isole che compongono il Giappone (cfr. L’arco e la freccia, RSND, 1, 585). Sempre nello stesso mese la flotta mongola viene colpita da un forte temporale. Nel settembre del 1275 gli inviati mongoli vengono decapitati a Tatsunokuchi e nel luglio del 1279 alcuni membri di una delegazione mongola che recava una lettera per il governo giapponese vengono uccisi. Nel 1281 l’esercito mongolo attacca per la seconda volta il Kyushu. Dopo l’affondamento della maggior parte della flotta, a causa di un tifone, le forze mongole si ritirano. L’anno dopo Nichiren Daishonin muore.

    Contemporanei di Nichiren Daishonin (1222-1282) in Italia:
    Cimabue, pseudonimo di Cenni di Pepo (Firenze, 1240 circa – Pisa 1302) pittore. Accolse Giotto nella sua bottega per insegnargli il mestiere
    Giotto di Bondone, pittore e architetto italiano (Vespignano, 1267 – Firenze, 8 gennaio 1337)
    Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa – 1318 o 1319), pittore italiano
    Tommaso D’Aquino (Roccasecca 1225 – Fossanova 1274)
    Dante Alighieri (Firenze 1265 – Ravenna 1321)

    Fonti:
    Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, volume primo, Edizioni Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, 2008
    Daisaku Ikeda, L’eredità della legge fondamentale della vita, Collana Lezioni, Esperia edizioni, 2008
    Daisaku Ikeda, Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, Collana Lezioni, Esperia edizioni, 2008 oppure BS, 119
    Daisaku Ikeda, Il mondo del Gosho, Collana Lezioni, Esperia edizioni, 2011
    Momi Zanda (a cura di), Nichiren Daishonin, il devoto del Sutra del Loto, Collana Lineamenti, Edizioni Esperia, 2006

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