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Stato civile: liberamente felice - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:53

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Stato civile: liberamente felice

Ronni Favors, Brooklyn – New York, USA

Mentre recitavo, mi resi conto che, anche se razionalmente sapevo che la felicità e la soddisfazione nella vita non avevano niente a che fare con lo stato civile, in realtà nel mio cuore ero convinta del contrario. Infatti ero come frenata e non vivevo appieno la vita semplicemente perché non avevo un compagno. Questa fu una scoperta illuminante

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Mentre recitavo, mi resi conto che, anche se razionalmente sapevo che la felicità e la soddisfazione nella vita non avevano niente a che fare con lo stato civile, in realtà nel mio cuore ero convinta del contrario. Infatti ero come frenata e non vivevo appieno la vita semplicemente perché non avevo un compagno. Questa fu una scoperta illuminante

Nel 1984, la mia amica Maxine fece uno sforzo davvero sovrumano per convincermi a provare a praticare il Buddismo di Nichiren. Dopo ore passate a discutere, ormai sfinita, mi disse: «Potresti cambiare il rapporto che hai con gli uomini». E mi spiazzò.
Fin da adolescente le mie relazioni sono state una lista infinita di fallimenti accompagnati da un grande senso di vuoto e per me trovare qualcuno di speciale sembrava essere diventata un’eventualità remota. L’affermazione di Maxine, cioè che potevo cambiare questo aspetto recitando Nam-myoho-renge-kyo, rappresentava un esile filo di speranza al quale non riuscivo a credere del tutto, ma neanche osavo sottrarmi. Quindi, con il cuore zeppo di cinismo e di mille dubbi, ho ricevuto il Gohonzon.
Così ho iniziato a praticare seriamente e sono spuntati innumerevoli benefici. Ho avuto i miei primi ruoli da protagonista, con ottime recensioni, nella compagnia di ballo per cui lavoravo, ho trasformato il difficile rapporto con mio padre, ho superato a tempo di record un infortunio che avrebbe compromesso la mia carriera e mi sono costruita una buona stabilità finanziaria, ma riguardo alla sfera sentimentale non vedevo nessun miglioramento, anzi. Passavano anni senza un appuntamento, mentre in alcuni periodi mi innamoravo follemente di uomini sbagliati. Uno o due bravi ragazzi li avevo incontrati, ma non erano quelli giusti per me. I miei responsabili mi incoraggiavano a lottare per cambiare questo tipo di karma tanto che, animata da questo obiettivo, mi buttai con grande sincerità a fare qualsiasi tipo di attività. Tutte le volte determinavo: «Questa è la riunione, l’esame di studio, la visita a casa, il milione di Daimoku che mi permetterà di incontrare il mio futuro marito!».
Ma nessun uomo appariva all’orizzonte; ero divorata dallo sconforto.
Studiando gli scritti del Daishonin e di Ikeda, sapevo che recitando Daimoku non c’era ostacolo insuperabile, ma al di là di quanto recitassi, di fatto, non riuscivo a risolvere questo problema. Allora iniziai a pensare che probabilmente c’era in me qualcosa che non andava, qualche difetto o qualche debolezza che poneva la vittoria fuori dalla mia portata.
Da parte mia non rimanevo chiusa in casa a recitare e basta. Facevo tutto quello che si presume faccia una single: andavo alle feste e nei locali, accettavo anche appuntamenti al buio, ma… niente! A volte avevo la sensazione di recitare in una commedia e avvilita andavo dai miei responsabili, che pazientemente mi ascoltavano inveire, oppure piangere e lamentarmi.
Ho continuato a studiare il Buddismo, a prendermi cura dei membri e a recitare per risollevarmi dalla disperazione che mi attanagliava.
La cosa è andata avanti per anni; nel frattempo diventavo sempre più depressa man mano che superavo tutta una serie di tappe fondamentali della mia vita. Ho compiuto trent’anni e questo ha coinciso con il decimo anniversario di pratica; poi i quarant’anni e ho acquistato un appartamento nel centro di New York, festeggiando il ventesimo anno di pratica. Poi ho compiuto cinquant’anni.
A quel punto, con sgomento, ho seriamente preso in considerazione la possibilità che non avrei mai realizzato il mio scopo. Come era possibile che il Daimoku non funzionasse proprio nell’unico ambito che per me rivestiva un’importanza così profonda? Come potevo incoraggiare gli altri?
Immancabilmente c’era chi mi chiedeva perché non ero sposata o perché non frequentavo qualcuno. Sorridevo, spesso forzatamente, e spiegavo che stavo trasformando il mio karma e accumulando la fortuna che mi avrebbe portato a incontrare l’uomo adatto a me.
Dopo tanti anni di pratica, quelle parole mi risuonavano vuote nelle orecchie e poco alla volta ho cominciato a rassegnarmi al mio destino, anche se sapevo di non potermi lamentare: viaggiavo per il mondo con una delle più prestigiose compagnie di danza moderna, possedevo una casa di proprietà, avevo una famiglia calorosa e amorevole e degli amici meravigliosi. Tutto questo conquistato grazie ai miei sforzi sinceri nella fede.
Nel 2008 decisi di fare un ultimo tentativo: «Questo è l’ultimo milione di Daimoku che recito per sposarmi, o incontrerò mio marito o capirò il motivo per cui non realizzo il mio obiettivo!».
Ciò nonostante, quando lo terminai, non avevo incontrato nessuno, e non mi era chiaro neanche il perché.
Un’osservazione di un membro mi spinse a recitare per capire veramente cosa fosse per me la felicità, e come mi sarei immaginata la mia vita se lo fossi stata davvero. Mentre recitavo, mi resi conto che, anche se razionalmente sapevo che la felicità e la soddisfazione nella vita non avevano niente a che fare con lo stato civile, in realtà nel mio cuore ero convinta del contrario. Infatti ero come frenata e non vivevo appieno la vita semplicemente perché non avevo un compagno. Questa fu una scoperta illuminante.
Nichiren afferma: «Perciò affrettatevi a cambiare i princìpi su cui si basa il vostro cuore e ad abbracciare l’unico vero veicolo, la sola buona dottrina [del Sutra del Loto]» (Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, RSND, 1, 26). Decisi allora di lottare per avere una vita piena, ricca e altruistica, quel tipo di vita a cui avrei potuto ripensare con orgoglio.
Dopo di che non sono più andata alle feste o agli aperitivi con l’idea di incontrare l’uomo giusto, ma per dialogare sinceramente con le persone, come ci incoraggia a fare sensei. Recitavo, in particolare, affinché quando qualcuno mi chiedeva come stavo, io avrei potuto rispondere: «Alla grande!», senza un sorriso forzato o la benché minima traccia di lamento o di insoddisfazione nella voce. Lentamente questa è diventata la realtà. Iniziavo davvero a godermi la vita e a divertirmi, esattamente per come ero.
Tempo prima mi ero iscritta a un’agenzia matrimoniale online, ma avevo annoverato solo alcune storie “tragicomiche”. Proprio quando presi in considerazione l’idea di cancellarmi dal sito, mi apparve un profilo interessante e pensai: «Uscirò per l’ultima volta, tanto per fare, e con questo poi avrò chiuso con tutto quello che ha a che fare con gli uomini». Da un lato non ero completamente negativa, ma dall’altro non riponevo nemmeno grandi speranze in quell’appuntamento.
Quello che accadde durante quell’incontro fu inimmaginabile: una conversazione squisita, rilassata, condita da tante risate e da un profondo rispetto reciproco che continua ancora oggi. Ero stupita di come fossi calma e serena quella sera, anche se ne conoscevo il motivo: sentivo cioè che Bill era l’amore della mia vita per il quale avevo lottato così strenuamente in tutti questi anni per poterlo incontrare.
Oggi, al mio fianco, ho un marito che mi adora, mi sostiene e mi incoraggia a contribuire a kosen-rufu.
Ora vedo che tutte le mie lotte condotte per così tanti anni non si sono volatilizzate, ma si sono invece accumulate nel tempo, maturando pure gli interessi, proprio come scrive sensei: «Molti sono gli aspetti importanti affinché una preghiera ottenga risposta, ma la cosa essenziale è continuare a pregare fino alla fine. […] Anche se non conseguiamo immediatamente risultati visibili, la nostra pratica costante si concretizzerà in una forma migliore di quanto abbiamo mai osato sperare» (D. Ikeda, Giorno per giorno, 30 marzo).

(fonte: Living Buddhism)

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