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Creare il tempo della ricerca interiore - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:05

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    Creare il tempo della ricerca interiore

    Il Nuovo Rinascimento compie trent’anni. Un trentennio di pubblicazioni di saggi, esperienze, approfondimenti, princìpi e notizie. Quale legame esiste fra lettura e spirito di ricerca?

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    Il Nuovo Rinascimento compie trent’anni. Un trentennio di pubblicazioni di saggi, esperienze, approfondimenti, princìpi e notizie. Quale legame esiste fra lettura e spirito di ricerca?

    «Dopo averlo udito, impegnati ancora più diligentemente nella fede. Colui che udendo l’insegnamento del Sutra del Loto compie sforzi ancor maggiori nella fede è un vero ricercatore della via» (L’inferno è la Terra della Luce Tranquilla, RSND, 1, 404).
    Così scrive Nichiren a Goke-ama, la monaca laica Ueno madre di Nanjo Tokimitsu, per incoraggiarla ad approfondire la pratica. Si dice – prosegue Nichiren – che una cosa tinta più volte con le foglie dell’indaco diventi più azzurra della pianta stessa: il Sutra del Loto è l’indaco, la profondità della pratica è l’azzurro ancora più intenso. Per questo nelle sue lettere il Daishonin incoraggia costantemente i suoi discepoli a sforzarsi “ancora di più”, “sempre di più”, “più che mai”, esortandoli a proseguire nel sentiero della fede con un profondo spirito di ricerca: accontentarsi o compiacersi di quanto si è già acquisito significa, immancabilmente, retrocedere.
    La stessa tenacia, lo stesso ardente desiderio, di continuare ad approfondire senza fermarsi alla superficie delle cose sono “incisi” nel libro di Gosho che appartenne a Makiguchi, conservato al Makiguchi Memorial Hall, a Tokyo, in quella copertina consunta, nelle pagine sottolineate in rosso, nei commenti a margine dei brani più complessi in cui il maestro ammonisce se stesso a “studiare” e “studiare ancora”. «Applicatevi con coraggio e vigore – disse una volta ai giovani -. Il Buddismo è azione; significa darsi da fare costantemente. È quello che faccio io, persino alla mia età”» (BS, 119, 47).
    Per chi ha scelto di praticare il Buddismo del Daishonin la ricerca è un ingrediente fondamentale, un atteggiamento, un modo di vivere che si esprime nella preghiera e nell’azione, nel dialogo e nello studio. Le riviste della Soka Gakkai sono i compagni di viaggio che accompagnano le nostre battaglie, sostengono gli sforzi condivisi nella vita e nelle attività, aiutandoci a trasformare i dubbi in preziosi momenti di crescita. «Il mio rapporto con i giornali della Soka Gakkai è stato fondamentale: perché è lo spirito di ricerca che ti permette di trovare l’atteggiamento giusto davanti al Gohonzon e vincere», afferma Annalisa. E racconta come, nel 1986, proprio leggendo un numero del Nuovo Rinascimento nei giorni cruciali in cui deve decidere se rimanere a Firenze o ritornare in Sicilia, abbia compreso l’importanza della motivazione che sta alla base di ogni scelta, prima ancora della decisione in sé o delle circostanze contingenti. Dopo aver letto l’esperienza di una giovane compagna di fede, così vicina alla sua, e il Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza (RSND, 1, 3) Annalisa approfondisce il suo senso di missione, il significato di una vita dedicata a kosen-rufu e “trova” un altro modo di pregare. Non solo sceglie, ma la sua vita cambia. Anche Anna ricorda quando trent’anni fa ricercava nel Gosho e nei discorsi di Ikeda la risposta alle sue domande, senza temere i dubbi ma, anzi, usandoli come alleati: «Questo mi ha permesso di sciogliere tanti nodi e resistenze interiori utilizzandoli come mezzi per approfondire la mia fede. Grazie a quei dubbi ho potuto comprendere con la mia vita quanto sia meraviglioso e grande l’insegnamento di Nichiren», come scrive Anna Conti, vice responsabile della Divisione donne italiana (NR, 376, 23).
    Senza dubbi non può esservi cambiamento, continuare a porre domande e approfondire è un’occasione preziosa per migliorare radicalmente la nostra vita: «La Soka Gakkai scuote l’ordine esistente per aprire gli occhi delle persone sulla correttezza del Buddismo» (D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, Oscar Mondadori, 2007, vol. 3, pag. 18).
    Sensei dà grande importanza alla lettura considerandola “un privilegio esclusivo” degli esseri umani, un mezzo per venire a contatto con centinaia di migliaia di altre vite e trascendere il tempo.
    Eppure, pur riconoscendone il valore, non sempre riusciamo a farlo, come se cercassimo quel momento perfetto che non arriva mai; per questa ragione Ikeda ci incoraggia a “creare il tempo” piuttosto che ad aspettarlo, rendendo significativo ogni istante: «Toda diceva: “Trovate il tempo per leggere e riflettere seriamente sulle cose!”. È questione di determinazione: quelli che dicono di non aver tempo non ci hanno provato seriamente. Se il desiderio di leggere esiste non è possibile non trovare dieci o venti minuti per farlo. Non è necessario stare seduti a una scrivania per leggere! C’è un proverbio che dice: “Ci sono tre posti adatti per gli scrittori dove poter rimuginare sulle loro idee: a letto, a cavallo e in bagno”. La stessa cosa può essere detta per quanto riguarda la lettura, magari oggi sostituendo al cavallo il treno. […] Se trovate il tempo, per esempio dieci minuti al mattino, dieci al pomeriggio e dieci alla sera, riuscirete a leggere per un totale di trenta minuti ogni giorno. Vi accorgerete poi che, proprio in quei momenti preziosi ritagliati tra i vostri impegni, leggerete con una maggiore concentrazione. Di solito la “lettura di straforo” lascia un’impronta più profonda di quella “in poltrona”» (D. Ikeda, I protagonisti del XXI secolo, esperia, vol. 1, pag. 145). Vale la pena di provare, tenendo in borsa il Gosho che stiamo approfondendo oppure, magari piegato e sottolineato, l’ultimo numero del Nuovo Rinascimento; possiamo leggerli nei momenti che ora abbiamo “liberato” facendoli diventare spazi di riflessione: un viaggio in metropolitana, una fila alla posta, il tempo d’attesa in una sala d’aspetto, una pausa a scuola o al lavoro, l’ora libera in sala professori, quei dieci minuti tutti nostri prima di andare a dormire o appena svegli. Parole da ascoltare e sperimentare nella nostra vita, come quel saggio o quell’articolo che sembra scritto apposta per noi; parole da condividere con la persona che siamo andati a trovare, o durante la riunione di discussione, rileggendole insieme. A volte basta una sola frase per ispirare una vita a un grande cambiamento.

    Leggendo s’impara

    In un recente scritto Ikeda incoraggia a «condividere con gioia le nostre esperienze di fede».
    Ascoltarsi l’un l’altro, raccontare le proprie esperienze e fare proprie quelle altrui è ciò che alimenta lo spirito di ricerca e permette di trasmettere agli altri il dono della pratica. Le esperienze che conquistiamo non cedendo mai alla sconfitta e lottando fino in fondo toccano il cuore degli altri. Questa ondata di incoraggiamento può raggiungere persone che vivono in altri luoghi, cui siamo legati da fili invisibili pur non avendole mai conosciute. È accaduto a Tiziana che, leggendo l’esperienza di due donne, Nicoletta Poli e Lucia Peddis (NR, 467, pagg. 11-12), rimane colpita dalla determinazione incrollabile, dalla trasformazione delle loro difficoltà, oltre ogni limite della mente e decide di sperimentarle affrontando le sue paure e usando le difficoltà economiche come una opportunità per trasformare il suo karma. Grazie a Marco Fabbris (NR, 465, 12), Sandro riesce a vedere oltre comprendendo che il tempo della realizzazione lo costruiamo giorno per giorno, che bisogna essere disposti a non mollare mai perché non c’è niente di più forte del pregare fino alla fine; Patrizia trasforma la sua apprensione e decide ancora più profondamente di sostenere la vocazione di sua figlia all’insegnamento, incoraggiata proprio dalle parole di Ikeda sul ruolo dell’educazione: «Non c’è missione più nobile di quella che forma il carattere degli individui. L’educazione è la linfa vitale del nuovo secolo» (NR, 475, 22).
    Anche a me Il Nuovo Rinascimento ha fatto molti regali. Tra i numeri cui sono particolarmente legata, ricordo il 388, per un messaggio di Capodanno del presidente Ikeda – era il 2008, l’”Anno delle persone di valore e dell’espansione” – che mi ha aiutata a crescere nella vita e nella fede, e per un articolo dedicato alla mediazione umanistica dei conflitti che è stato una chiave per aprire molte porte, offrendomi altre possibilità nelle relazioni umane e nel mio percorso professionale.
    Un altro dono è proprio l’occasione di scrivere, come adesso, di usare la parola per sostenere la vita, semplicemente, senza orpelli, senza finzioni. E allenarmi a lodarla, la vita, nel Daimoku di ogni giorno, nei lunghi monologhi interiori che precedono la scrittura, nello studio dedicato ai preziosi compagni di fede che diventa quella lanterna capace di illuminare anche il mio cammino. Come in questi giorni, in cui trovo il coraggio di mettermi in gioco e ripartire “da zero” rilanciando sui miei sogni, vincendo sulla voce che mi dice “non puoi farcela”, “ormai è tardi” e che cerca di incollarmi a piccole illusorie certezze. Scrive il presidente Ikeda: «Quando avanziamo con una fede basata sullo spirito della “vera causa”, lo spirito di continuare ad andare avanti da questo momento in poi, appariranno e cresceranno persone di valore e kosen-rufu si espanderà in maniera esponenziale» (NR, 388, 6).
    Perché la ricerca più appassionante è proprio la rivoluzione umana, quel percorso spirituale in cui trasformiamo costantemente i tre veleni inerenti alla nostra vita (Avidità, Collera e Stupidità) e incoraggiamo gli altri a fare la stessa cosa, in cui diveniamo persone capaci di gioire della felicità altrui. Un’esperienza che non ci sembrerà mai compiuta del tutto, perché il “viaggio” non ha mai fine, perché superato un ostacolo si presenta subito una nuova sfida. Né questo deve trattenerci dal condividere la nostra vita e le nostre battaglie con gli altri: non vi è niente di più poetico, non vi è niente di più incoraggiante di un essere umano che lotta. Proprio come Leonardo da Vinci, il genio italiano amato da sensei, che utilizzò al massimo il suo talento e si definì “discepolo della sperienza”, che non si lasciò mai condizionare dalle opinioni altrui né si accontentò mai, perché «l’essere umano, […] è destinato a un “volo continuo”, alla ricerca costante di una nuova compiutezza» (D. Ikeda, Ai miei cari amici italiani, IBISG, pag. 88).

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