Ho lottato contro quella fragilità derivata dal sentirmi una figlia non accettata che mi ha portato, in certe occasioni, ad avere trascuratezze che ho pagato duramente, non tutelandomi nel lavoro, nei miei diritti, nelle relazioni; fondamentalmente, non rispettandomi
Sono nata a Grosseto dove ho iniziato a praticare il Buddismo nel dicembre 1991, ma ho vissuto a Roma dove ho studiato per fare l’attrice, il mio attuale lavoro. Una delle frasi di Gosho che mi ha accompagnato in questi anni è: «Considera prodigiosa la tua sopravvivenza. Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra. Allora “riuscirai […] a sconfiggere tutti gli altri nemici”» (La strategia del Sutra del Loto, RSND, 1, 889).
Sono grata al presidente Ikeda, mio maestro, che mi ha sempre incoraggiata con le sue parole e a tutti i miei compagni di fede che mi hanno sempre sostenuto. Far parte della Soka Gakkai è un privilegio inestimabile, per questo motivo ho deciso di incoraggiare tutti con la mia vita e di dedicarla completamente a kosen-rufu. Mi sono impegnata sempre nell’attività e a recitare Daimoku e negli anni ho avuto molti benefici, ma la mia trasformazione interiore è stata davvero il traguardo più grande.
Avevo iniziato a praticare perché avevo dei problemi col mio ragazzo, violento, dipendente dall’alcol e dagli psicofarmaci. Anche con mia madre litigavo spesso e non vedevo l’ora di trasferirmi definitivamente a Roma. Mio padre era assente, volevo il suo consenso, il suo amore, ma era troppo distratto da se stesso e dai suoi affari. Dopo un mese lasciai quel ragazzo e mi trasferii nella capitale dove cominciai a lavorare. Conobbi un uomo con cui mi sposai due anni dopo.
I problemi non sono mancati, ho sempre dovuto lottare contro i “limiti” della mia mente; ho lottato contro quella fragilità derivata dal sentirmi una figlia non accettata che mi ha portato, in certe occasioni, ad avere trascuratezze che ho pagato duramente, non tutelandomi nel lavoro, nei miei diritti, nelle relazioni; fondamentalmente, non rispettandomi. Nel 2001 decisi di lasciare mio marito. La casa che avevamo comprato a metà era intestata a lui, e per sei anni ho dovuto affrontare diverse cause e sostenere gli oneri relativi per recuperare in parte i miei soldi. Nel frattempo mio padre mi aveva fatto firmare una procura a vendere su una casa a me intestata della quale lui godeva dell’usufrutto, che aveva potuto acquistare anni prima, grazie alla mia disponibilità economica, durante un periodo in cui si trovava in gravi difficoltà.
Per questi problemi ho recitato tanto Daimoku e con coraggio: dovevo emanciparmi dall’offesa di non credere di avere valore, di non credere nella mia Buddità, e quindi imparare ad amarmi, ad accettarmi e a stare in piedi sulle mie gambe. Materialmente non avevo più niente, ma cominciavo a sentire l’importanza di avere la vita nelle mie mani. Il presidente Ikeda ci incoraggia sempre a trasformare “l’impossibile in possibile” quindi dovevo crederci, il Gohonzon era la “nave per attraversare il mare della sofferenza incessante”, la mia unica salvezza.
Non è stato facile mantenere una forte fede quando non avevo soldi, quando mi sentivo smarrita e impaurita, quando non avevo né casa, né lavoro, né un affetto sicuro. L’unica cosa che potevo fare era affidarmi al Gohonzon. Nell’estate del 2007 sola, senza soldi e senza lavoro andavo al Centro culturale tutti i giorni per accompagnare due signore, una anziana e una disabile, che mi mettevano la benzina nell’auto e a volte mi offrivano un piatto di pasta. In quel momento, accompagnarle era l’unica offerta che potevo fare.
Ero ingrassata, infelice e non mi piacevo, ma continuavo a lottare. Nel 2009 il rapporto con la compagnia teatrale per la quale lavoravo da anni si era interrotto brutalmente ed era finita anche una relazione sentimentale: la sofferenza era incessante e se non avessi praticato, credo che sarei impazzita o morta. Con grande sforzo mi sono rimboccata le maniche e, partendo da zero soldi, con l’associazione culturale fondata da me e alcuni amici nel 2003 ho prodotto uno spettacolo che ha avuto notevoli consensi.
Lasciai la casa di Roma perché troppo costosa e tornai a Grosseto, trasferendomi nella casa al mare dove avevo vissuto anni felici quando era ancora viva mia nonna. Pensavamo di venderla per ricomprarne una a Roma, ma mia mamma, alla quale era intestata la casa ci ripensò e mio padre, che aveva promesso di aiutarci fece un passo indietro; per lui tanto valeva che rimanessi lì e che non facessi più l’attrice, quindi dovetti rimanere nella casa a Marina di Grosseto dove ospitai la riunione di discussione del gruppo Rosmarina, del quale ero responsabile. A quel punto ho lavorato molto nella zona dove vivevo per piantare i semi e creare valore utilizzando tutte le mie capacità, dando vita al festival di teatro nazionale “La Maremma delle Stelle”, che è stato un successo, ma che purtroppo non ha ricevuto i finanziamenti sperati. Ancora una volta una parte di me non si era rispettata e per cercare il consenso degli altri ero stata disposta a pagare le spese di tasca mia. Intanto mia madre continuava ad attaccarmi pesantemente anche se le pagavo l’affitto: non le bastava, era sempre piena di rabbia e voleva che le lasciassi la casa, così a gennaio del 2011 mi trasferii in un piccolissimo appartamento a Morlupo, in provincia di Roma.
Proprio in questo periodo le diagnosticarono un tumore maligno aggressivo: si sentiva molto debole, era anche anemica e non mangiava quasi più. In un momento così difficile ho capito che l’unica gioia della sua vita in realtà era stata la mia nascita; lei stessa è arrivata poi a dirmelo. Aveva trascorso tutta la vita rinchiusa nella sofferenza del fallimento del matrimonio con mio padre. Negli ultimi giorni è riuscita finalmente ad abbandonarsi al nostro affetto, senza riserve. Mi confidò che avrebbe voluto venire a stare con me a Roma: questo è stato in assoluto il regalo più bello, quello che avevo desiderato da tempo. Se n’è andata serena e leggera. Tutti i miei amici da Morlupo, da Roma, da Grosseto, da Capri e dalla Sicilia hanno pregato per lei.
La mia situazione si è ribaltata completamente. Grazie alla mia rivoluzione umana, infatti, sono in grado di gestire con saggezza l’eredità di mia madre e a essere più prudente nel firmare documenti. Ora voglio lavorare, e alla grande, ma solo se remunerata, perché spesso ho “giocato d’azzardo” con la mia vita e ora non voglio più farlo.
Ho compreso di essere preziosa per kosen-rufu. Nella Nuova rivoluzione umana Shin’ichi dice a una donna: «Per conquistarsi la fiducia dei propri simili bisogna in primo luogo avere successo nel lavoro. […] E per centrare questo obiettivo dovrà darsi da fare più di chiunque altro. Ma sarà anche necessario recitare Daimoku costantemente per far emergere la sua peculiare saggezza, perché kosen-rufu non è altro che pregare e agire per la felicità degli altri; e solo così ci si incammina verso una buona fortuna eterna e illimitata. Quando kosen-rufu diventerà lo scopo principale della sua vita e pregherà per non essere seconda a nessuno nel suo lavoro, in modo da fornire la prova concreta di come tale supremo obiettivo sia accessibile a tutti, allora le si aprirà la strada per un trionfo baciato dalla fortuna» (NRU, 1, 54).
Sento il legame con sensei più forte di prima e ho deciso di dedicare tutte le mie vittorie alla Soka Gakkai. Sono anche certa che presto scioglierò tutti i nodi con mio padre. Nel 2009 avevo scritto al presidente Ikeda che desideravo una casa di proprietà a Roma da offrire per l’attività: eccola qua, maestro, ho mantenuto la mia promessa.