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Al di là di limiti e confini - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 19:12

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Al di là di limiti e confini

Nina Tamaro, Roma

Ora voglio credere di poter concludere grandi affari per realizzare una promessa fatta dieci anni fa al mio maestro, aiutare una piccola parte dell’Africa con il mio lavoro. Il viaggio è già cominciato grazie anche ai miei figli!

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Ora voglio credere di poter concludere grandi affari per realizzare una promessa fatta dieci anni fa al mio maestro, aiutare una piccola parte dell’Africa con il mio lavoro. Il viaggio è già cominciato grazie anche ai miei figli!

Nel 2007, dopo dieci anni di dolorosissime operazioni causate da infezioni che mettevano regolarmente in pericolo la mia vita e che mi hanno portato alla sterilità, dopo due fecondazioni assistite fallite, io e mio marito abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’adozione. Subito dopo la sentenza d’idoneità fummo convocati dal Tribunale dei minori di Roma che ci sottopose il caso di una bambina di due anni e mezzo proveniente da un campo nomadi. Ci ritrovammo in una stanza del tribunale dove c’erano altre due coppie che avevano avuto il decreto di idoneità molto prima di noi. Ci spiegarono che la bimba era stata abusata. Quindi ci fecero uscire dalla stanza dicendo che avevamo cinque minuti per decidere se ce la sentissimo di adottarla oppure no. Fecero rientrare una coppia alla volta e ci comunicarono che se dopo tre giorni entro le ore quindici non avessimo ricevuto nessuna telefonata, l’adozione non sarebbe andata in porto. Quella telefonata non è mai arrivata. Quel giorno e quei minuti dopo le quindici non li dimenticherò mai. Ho pregato affinché mai più nessuno subisse una tortura simile. Ci dissero solo che non avrebbero chiamato tutte le coppie “per mancanza di telefoni negli uffici del tribunale”!
L’anno successivo fu un anno folle segnato da un’irrequietezza incredibile in cui ho messo in discussione tante cose, anche l’adozione. Mi sentivo lontana da tutto, senza nessuna certezza, neanche sul mio matrimonio: lo shock era stato troppo grande. Questa confusione è durata fino al momento in cui ho deciso che l’unica cosa che poteva salvarmi era incontrare il mio maestro. In vent’anni di pratica non c’ero mai riuscita, sopraffatta dai grandi ostacoli legati anche alla mia salute. Ho cominciato a recitare tre ore di Daimoku al giorno per partecipare al corso in Giappone che si sarebbe tenuto quell’estate del 2009 e il 17 luglio ero davanti a sensei così come ero, nel momento più pazzo dei miei anni di pratica buddista.
Chiaramente quel corso è stato fondamentale e ha rappresentato l’hosshaku kempon della mia vita.
Appena tornata dal Giappone, io e mio marito abbiamo deciso di dare il mandato a un ente per l’adozione internazionale che intratteneva rapporti solo con Moldavia, Bielorussia e Armenia. Nel mio cuore c’è sempre stato il desiderio di avere due bambini, un maschio e una femmina e se avessi potuto scegliere li avrei desiderati di pelle scura, ma mi sono affidata, convinta che sarebbero arrivati i bambini – o il bambino – giusti per noi. Dopo pochi mesi l’ente ci comunicò che aveva acquisito anche il Senegal chiedendoci se eravamo disponibili a metterci in lista per quel paese. Stupiti, abbiamo detto subito di sì.
Negli anni successivi è accaduto di tutto nella nostra vita: dopo cinque lunghi anni di una malattia neurologica è morto mio padre, dopo sei mesi lo zio di mio marito e, a distanza di quindici giorni, anche suo padre. Mia mamma, dopo essersi rotta il femore, è rimasta invalida e anche lei colpita da una malattia neurologica è stata costretta tra il letto e la sedia a rotelle.
La mia famiglia, che ha avuto sempre una situazione economica agiata, a causa delle spese per la malattia di mio padre si è ritrovata con i debiti in banca. Abbiamo dovuto mettere in vendita la casa nel centro di Roma – un palazzetto meraviglioso del ‘500 – dove vivevo da vent’anni. Per venderlo abbiamo affrontato molte difficoltà perché era intestato a una società di cui noi familiari eravamo i soci. Tutte le persone che lo vedevano erano entusiaste, ma appena venivano a sapere che era intestato a una società si tiravano indietro. Avevamo tantissime spese a cui si erano anche aggiunte quelle per la malattia di mia madre, eravamo in una situazione veramente molto preoccupante perché non avevamo più risorse per far fronte a tutte le spese. Il mio lavoro come stilista di borse ha avuto un arresto notevole a causa della crisi e mio marito, dopo vent’anni di lavoro per una casa editrice, è stato trasferito e ha dovuto lottare per far valere i suoi diritti lavorativi.
In questo turbinio di disavventure ogni settimana l’ente per l’adozione ci diceva che il mese successivo saremmo sicuramente partiti per il Senegal, ma senza mai farci sapere nulla sull’abbinamento tra noi e il bambino, creandoci delle aspettative enormi e uno stato di ansia e di stress non indifferenti. Questa tortura è andata avanti per tre estenuanti anni e per la prima volta ho davvero dubitato di farcela. La mia sofferenza e il mio stato di depressione erano indescrivibili. L’unica spinta ad andare avanti era la promessa fatta al mio maestro di vincere; così continuavo a recitare Daimoku, a sforzarmi di fare attività e a fare shakubuku tutti i giorni. Tre persone hanno ricevuto il Gohonzon, due giovani proprio l’anno scorso. Come ci insegna Nichiren Daishonin, «non accadrà mai che la preghiera di un devoto del Sutra del Loto rimanga senza risposta» e così è stato. Si è sbloccato tutto all’improvviso, siamo riusciti a vendere la casa a un buon prezzo per i tempi che corrono e ho acquisito delle capacità straordinarie in campo legale, finanziario, amministrativo – campi di cui non mi ero mai assolutamente occupata – e che non sarebbero mai emerse se non avessi affrontato tutte quelle difficoltà. La trattativa della vendita della casa è stata da cardiopalma ma alla fine, anche grazie al sostegno di mio marito, ho vinto davanti al Gohonzon superando tutti i limiti della mente, la paura e i dubbi. Anche l’acquisto della nuova casa non è stato facile, ho capito che non la trovavo perché mi stavo basando sui limiti della mia mente e non mi affidavo alla Legge mistica e chiaramente quando ho creduto nel potere infinito del Gohonzon, ho trovato quella giusta per noi! L’ho comprata come e dove la sognavo: in una piccola stradina a cinquanta metri da Villa Pamphili, uno dei parchi più belli di Roma.
Otto mesi fa siamo partiti per il nostro secondo viaggio in Senegal dove ci aspettavano i nostri due figli: ­Abdou, un bambino di nove anni, e Khenane, una bambina di sei. Il periodo in Senegal è stato il momento più duro, siamo stati lì quasi un mese e la situazione, sia nel rapporto con i bambini, sia per l’aspetto burocratico, è stata a dir poco difficile, tanto che ci sembrava impossibile che potesse cambiare. Abbiamo iniziato a recitare Daimoku alzandoci la mattina alle cinque, prima che si svegliassero i bambini. Dopo circa dieci giorni, quando Abdou dava in escandescenze, Khenane si metteva di sua spontanea volontà a recitare vicino a noi anche dieci minuti e poi, piano piano, anche lui si è messo a recitare qualche minuto di Daimoku con noi, ma nonostante tutto le cose continuavano a non cambiare. Questa prova mi sembrava troppo difficile da superare. Invece siamo tornati in Italia tutti e quattro e da sette mesi viviamo insieme continuando a recitare per trasformare il nostro karma e cambiare soprattutto noi stessi. I nostri figli sono dei bambini meravigliosi amati da tutti; non solo sono bellissimi, ma sono anche di una grande simpatia e intelligenza.
Proprio nel periodo del loro arrivo, mi sono lanciata in un’impresa ardua nel mio lavoro: fare il passaggio dall’artigianato all’industrializzazione. Ad agosto le mie borse erano a una delle più importanti fiere di moda a Londra e a metà settembre erano al Mipel di Milano. Ora voglio credere di poter concludere grandi affari per realizzare una promessa fatta dieci anni fa al mio maestro: aiutare una piccola parte dell’Africa con il mio lavoro. Il viaggio è già cominciato grazie anche ai miei figli!
Se dovessi sintetizzare la mia esperienza di pratica direi che è la vittoria contro il dubbio e l’oscurità, ottenuta grazie all’incoraggiamento del mio mae­stro che mi ha insegnato a recitare Daimoku e a lottare fino alla risoluzione del problema. «Non abbiate paura, siate coraggiosi!», questa è la frase del presidente Ikeda che ho nel cuore.

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