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Le "buone" abitudini - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:18

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    Le “buone” abitudini

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    Ci sono alcuni comportamenti che, pur non facendo parte della ritualità originale che viene seguita dai membri della SGI in tutto il mondo, si sono radicati più o meno saldamente in alcuni luoghi. Ecco un breve riassunto di quelli che più spesso si riscontrano fra i praticanti italiani e, senza voler essere troppo prescrittivi, quali – secondo la ritualità in uso nella SGI – sarebbero i comportamenti corretti

    • È sempre più frequente vedere, un attimo prima di inziare la recitazione del sutra (qualche volta anche a Gongyo già iniziato), qualcuno che si alza, prende un po’ di libretti e inizia la distribuzione. A prescindere dal disturbo che questo reca agli altri partecipanti, ciascuno dovrebbe essere responsabile della propria pratica personale a cominciare da questi dettagli. Se, per qualsiasi motivo, non si ha con noi il libretto, non c’è niente di male a sussurrare una richiesta all’orecchio del padrone di casa, avendo comunque cura di turbare il meno possibile la solennità della recitazione.
    • Le candele, per chi le vuole usare, dovrebbero rimanere accese durante tutta la recitazione, sia del Daimoku sia del sutra. Spesso le candele, tenute spente durante la recitazione del Daimoku vengono accese subito prima di recitare il sutra, magari perché si è visto fare così al Centro culturale. Lì, però, questo comportamento è dettato dal fatto che i butsuma (le sale per la recitazione) rimangono aperti molte ore al giorno: a lungo andare il consumo di candele diverrebbe eccessivo e il fumo delle stesse sporcherebbe soffitto e pareti.
    • Viene spesso insegnato ai principianti di concentrare lo sguardo sul carattere Myo del Gohonzon, ma questa indicazione non ha alcun riscontro teorico. A volte il presidente Ikeda ha parlato di “concentrarsi sul Gohonzon”, ma non ha mai indicato un punto preciso. Altrettanto priva di base teorica è l’indicazione di concentrarsi, quando non si reciti davanti al Gohonzon, su un puntino nel muro. Questo, oltretutto, ha dato origine al neologismo “murhonzon”, tanto scorretto quanto fuorviante.
    • Quando arriviamo in un luogo dove ci sono altre persone, salutare tutti è buona educazione. Noi temperamenti latini siamo anche particolarmente calorosi nei nostri saluti, ma nei butsuma, mentre si sta recitando Daimoku, sarebbe invece opportuno limitare i convenevoli e, semmai, rimandarli alla fine della recitazione per rispetto delle altre persone che si stanno sinceramente concentrando nella loro preghiera al Gohonzon. E per quanto riguarda i telefoni cellulari, è buona norma spegnerli o metterli in modalità silenziosa.
    • Un sansho è composto da tre Nam-myoho-renge-kyo lenti e solenni. Prima del Gongyo della mattina si recitano due sansho, prima di quello della sera un solo sansho. Se prima della lettura del sutra si stava già recitando Daimoku, non è necessario aggiungere un ulteriore sansho per “chiudere” il Daimoku. Semplicemente, si suona la campana per interrompere il Daimoku e il sansho che si recita è già quello che dà inizio alla recitazione del sutra o, al mattino, il primo dei due.
    • La recitazione è tradizionalmente scandita dal suono della campana. In particolare, uno o più rintocchi segnalano la fine della recitazione del Daimoku. Non c’è alcun bisogno di alzare in aria il batacchio della campana per “segnalare che stiamo per segnalare” la fine della recitazione.
    • Non esiste alcuna regola che dica se la lettura del sutra debba essere preceduta o seguita dal Daimoku. Di sicuro, Gongyo è composto dalla recitazione del sutra seguita dalla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, ma nulla vieta di recitare Daimoku anche prima regolandosi come meglio si crede, a patto di ricordare che secondo il Daishonin è il Daimoku la pratica principale, mentre alla lettura del sutra viene assegnata una funzione di supporto.

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