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Quando scegli kosen-rufu - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 19:12

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Quando scegli kosen-rufu

Lucia Toglia, Siena

I giorni si susseguivano tristi, pieni di assenza eppure continuavo a recitare Daimoku e i compagni di fede dicevano che ero comunque sorridente. Ho ripensato alle parole di Doriano: «Finché c’è fede nessun demone vincerà». Dovevo condividere la mia esperienza con gli altri, abbandonare il dolore, sentendo che la vita è la cosa più preziosa

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I giorni si susseguivano tristi, pieni di assenza eppure continuavo a recitare Daimoku e i compagni di fede dicevano che ero comunque sorridente. Ho ripensato alle parole di Doriano: «Finché c’è fede nessun demone vincerà». Dovevo condividere la mia esperienza con gli altri, abbandonare il dolore, sentendo che la vita è la cosa più preziosa

Cosa ti ha spinto ad iniziare a praticare?
Avevo un grosso problema con mio figlio di sei anni e con me stessa: mi sentivo sempre triste e inadeguata come madre e come essere umano. Mio figlio Giulio era un bambino irrequieto e problematico sia con i compagni di scuola sia con le maestre. Dopo due anni dalla sua nascita io e suo padre ci siamo separati. Così, a soli ventiquattro anni, mi sono ritrovata a crescerlo da sola. Ho sempre lavorato come parrucchiera e questo mi ha permesso di poter provvedere economicamente a tutti e due. Ma il mio lavoro era molto faticoso e mi impegnava tutto il giorno, perciò Giulio cresceva tra baby-sitter e nonne. Quando ho incontrato la pratica nel 1989, a ventotto anni, la mia vita è cambiata: mi sono risposata ed è nata Giulia. Purtroppo anche questa volta, dopo dieci anni, a causa della mia tristezza e del mio senso di inadeguatezza, il mio matrimonio non ha retto.

È stata più dura la seconda volta?
Sì, perché non solo ho perso il marito, ma anche mia figlia che aveva deciso di vivere con lui. Ho sofferto davvero tanto, perché non sapevo darmi una risposta a questa sua scelta. Eravamo nuovamente soli, io e Giulio. Nel frattempo eravamo cresciuti sia noi che i nostri problemi: lui era dipendente dalle droghe e avevamo un brutto rapporto. Non riuscivamo mai a dialogare, mi offendeva e basta.

Come affrontavi tutto ciò?
Recitavo tanto Daimoku e cercavo le risposte alla mia sofferenza nelle parole del presidente Ikeda e nei Gosho. Ho sempre fatto molta attività per gli altri e leggendo la Rivoluzione umana ho ritrovato in sensei il padre che ho perso a diciotto anni. Inoltre ho deciso sin dall’inizio della pratica di accompagnare un mio shakubuku a ricevere il Gohonzon ogni anno. Lottavo duramente: sentivo che non potevo perdere perché dovevo incoraggiare tutti i miei compagni di fede che, come me, stavano affrontando grosse difficoltà. Questo mi ha fatto tirare fuori tutto il mio coraggio. Ho fatto grandi esperienze che hanno reso tangibile questa trasformazione.

Ad esempio?
L’amore è stato sempre un tasto piuttosto doloroso, dopo il fallimento di ben due matrimoni. Un giorno ho incontrato un uomo splendido. Ci siamo innamorati subito, e subito mi ha anche comunicato di essere malato di HIV e di epatite C. Non immaginate quanto ho pianto.

Cosa hai fatto?
Ho deciso di vivere questa storia meravigliosa fino in fondo. È durata due anni, ma la malattia ha preso presto il sopravvento e il 29 maggio del 2008 Doriano ci ha lasciati.

Anche lui praticava?
Sì. Ricordo, oltre ai momenti belli trascorsi insieme, la richiesta che mi fece prima di morire: dovevo sincerarmi che sorridesse. Questo avrebbe confermato la sua vittoria sulla malattia. E così è stato: quando se ne è andato ha sorriso, proprio come lui aveva desiderato.

E questo cosa ha significato per te?
Quel sorriso ha alimentato la mia fede nel Gohonzon: sapevo che la sua scomparsa mi avrebbe fatto soffrire, ma la sua vittoria mi ha dato coraggio. I giorni si susseguivano tristi, pieni di assenza: non mangiavo, mi sentivo devastata sia psicologicamente che fisicamente, eppure continuavo a recitare Daimoku e i compagni di fede dicevano che ero comunque sorridente. Un amico mi suggerì di approfondire il Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita (RSND, 1, 189). Grazie allo studio ho iniziato a sentire che la vita di Doriano non se n’era andata con il suo corpo, perché le nostre vite sono unite da Nam-myoho-renge-kyo. La lotta col demone però era davvero dura: una vocina in fondo al cuore mi ripeteva che ero di nuovo sola, spingendomi a lasciarmi andare, al punto che poco tempo dopo ho avuto un’ischemia celebrale: il mio cuore batteva solo ventiquattro volte in un minuto, quasi volesse fermarsi. Dovevo decidere se vivere o morire.

Che cosa ti ha sostenuto in quei momenti?
Ho ripensato alle parole di Doriano: «Finché c’è fede nessun demone vincerà» e lui per primo me lo ha dimostrato. Qualcosa è scattato dentro di me: ho sentito che dovevo condividere la mia esperienza con gli altri, di questo grande amore durato neanche mille giorni e della grande fede di quest’uomo. Ho deciso di abbandonare il dolore, sentendo che la vita è la cosa più preziosa e che ho una missione da compiere. Da quel momento tutto è cambiato: ho deciso di vivere e l’ambiente mi ha subito sostenuta. Medici e infermieri non mi trattavano più come una malata, anzi, mi sentivo una principessa: si sono presi cura di me col massimo riguardo. I dottori mi dissero che probabilmente non avrei più potuto lavorare, ma io decisi profondamente di essere sana. Ho diverse patologie eppure riesco a portare avanti le mie attività. Doriano ha lottato per avere una vita dignitosa nonostante la malattia e io desidero fare lo stesso.
Dopo quest’esperienza ho sentito il desiderio di ripagare il mio debito di gratitudine nei confronti dei miei compagni di fede e dell’organizzazione e contemporaneamente di fare qualcosa per la mia zona. Così ho offerto un locale per fare attività sostenuto, dal punto di vista economico, esclusivamente da me. Questo ha permesso a tanti giovani di riunirsi e sono certa che tutte le azioni volte a realizzare kosen-rufu hanno contribuito a farmi superare anche le mie difficoltà economiche: avevo accumulato diversi debiti, ma pur con l’ulteriore spesa per il locale per fare attività, proprio in quel periodo sono riuscita a saldarli tutti e il mio conto in banca per la prima volta non è stato più in rosso!

Chissà la gioia che è emersa da questa esperienza…
In realtà non mi sono resa conto subito del cambiamento nella mia vita, anche se innegabilmente il rapporto con i miei figli stava cambiando: Giulia si era riavvicinata a me e frequentava i giovani che partecipavano alle attività a casa mia. Dopo qualche mese Giulia ha iniziato a praticare e poi è diventata membro della Soka Gakkai. Anche Giulio è cambiato: sempre nello stesso periodo ha smesso di rivolgersi a me in maniera sgarbata, anzi è diventato molto premuroso. Poco dopo anche lui è diventato membro della Soka Gakkai, ma soprattutto si è liberato dalle dipendenze. È stato meraviglioso: avevo ricostruito la mia famiglia! Ma ancora non sapevo cosa mi aspettava.

Ovvero?
Esattamente un anno dopo la morte di Doriano, ho incontrato un uomo che non viveva nel mio paese e dopo una riunione a Siena, abbiamo cominciato a sentirci telefonicamente: all’inizio per incoraggiarci reciprocamente nella fede. Dopo un po’ di tempo mi ha chiesto di incontrarci e in quella occasione, con mio grande stupore, mi ha consegnato una lettera d’amore. Stupita e felice, ho sentito che tutto ciò era una risposta del Gohonzon a tutto il mio Daimoku, alla mia attività per gli altri e alla mia rivoluzione umana. Quell’uomo è diventato il mio compagno e da allora si prende cura di me come mai nessuno aveva fatto prima.

Tornando alla tua decisione di accompagnare ogni anno almeno una persona a ricevere il Gohonzon…
Sono immensamente felice di aver potuto accompagnare venti amici a ricevere il Gohonzon. Per me parlare del Buddismo è parte della mia pratica quotidiana, è il termometro del mio stato vitale e nelle preghiere silenziose determino sempre di incontrare qualcuno con cui dialogare e creare legami. Sono molto fortunata perché faccio un lavoro che mi permette di parlare con tante persone, sperimentando così la gioia senza limiti di far conoscere il Buddismo di Nichiren Daishonin. Di pari passo, mentre realizzavo nell’attività, realizzavo nella mia vita personale: oggi sono una donna nuova e Giulio lavora nel mio negozio come parrucchiere. Con Giulia abbiamo aperto un negozio a Sinalunga, dove vivo con lei e il mio compagno.

Obiettivi per il futuro?
Far crescere e sostenere le donne del territorio, aiutare i membri della mia zona a realizzare i loro obiettivi e continuare ogni anno ad accompagnare un amico a ricevere il Gohonzon.

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