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È perché sono un Bodhisattva della Terra - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:24

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    È perché sono un Bodhisattva della Terra

    Se lo scopo fondamentale proposto dal Buddismo è diventare felici insieme agli altri – il “voto” dei Bodhisattva della Terra e il “voto” espresso da Nichiren – condividere il cuore del Budda è il modo per vivere a pieno i benefici della pratica buddista. Ma quando manca lo stimolo per partecipare alle attività dove si possono trovare nuove motivazioni?

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    Se lo scopo fondamentale proposto dal Buddismo è diventare felici insieme agli altri – il “voto” dei Bodhisattva della Terra e il “voto” espresso da Nichiren – condividere il cuore del Budda è il modo per vivere a pieno i benefici della pratica buddista. Ma quando manca lo stimolo per partecipare alle attività dove si possono trovare nuove motivazioni?

    «Un Budda è qualcuno che ha una grandissima considerazione per gli altri e la capacità di farlo è una sua virtù intrinseca. Kosen-rufu vuol dire diffondere quest’atteggiamento di rispetto per gli esseri umani» (D. Ikeda, Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, pag. 29).
    Ogni volta che partecipiamo a una qualsiasi attività, questo è il senso profondo del nostro agire. Inoltre, quando facciamo Gongyo, nella quarta preghiera silenziosa si legge: «Prego per poter fare la mia rivoluzione umana, trasformare il mio karma e realizzare i miei desideri».
    Dunque, ricapitolando, la sequenza che leggiamo è: rivoluzione umana, trasformazione del karma e realizzazione dei desideri. Proprio in quest’ordine? Sì, proprio in quest’ordine. Quando si desidera realizzare o cambiare qualcosa nella propria vita, il percorso è più o meno questo: sfidarsi nel “pensare, parlare e agire” in modo differente rispetto a quello fatto fino a quel momento, trasformare gli effetti del karma negativo accumulato e raccogliere i benefici di tale profondo cambiamento. Detto così sembrerebbe un percorso semplice e lineare, ma la realtà è diversa.
    Come si fa a procedere in questa direzione, migliorare il modo di pensare, parlare e agire da un giorno all’altro? Ma soprattutto, come si fa a capire cosa è necessario cambiare per migliorare la propria vita andando nella direzione di kosen-rufu? Lo scopo fondamentale del Buddismo di Nichiren Daishonin è infatti la realizzazione di kosen-rufu: diffondere gli ideali della pace, del dialogo e dell’umanità che il Buddismo del Daishonin incarna nella sua pratica e che la Soka Gakkai Internazionale diffonde e sostiene nel mondo. Alla base della pratica individuale c’è il Daimoku: recitando Nam-myoho-renge-kyo la forza vitale di una persona si espande e le permette di vedere con chiarezza la propria missione, i punti deboli da trasformare (tendenze karmiche) e le azioni diverse da compiere (cause) per poter godere di un risultato (effetto) coerente con i propri desideri e con l’aspirazione del Budda.
    La pratica individuale (pratica per sé) consiste anche nell’approfondimento dello studio dei princìpi buddisti per imparare a guardare il mondo con occhi diversi; la pratica per gli altri, che costituisce un binomio inscindibile, riguarda – ovviamente – la relazione con il nostro ambiente. Parlare dell’insegnamento buddista a un amico è svolgere la pratica per gli altri, così come partecipare a qualsiasi tipo di attività volta all’approfondimento della fede: insegnare Gongyo a un’amica, andare a trovare un compagno di fede, partecipare a una riunione di discussione.

    Il valore degli zadankai

    Il Buddismo praticato e insegnato dalla Soka Gakkai si basa da sempre sugli zadankai, istituiti dal primo presidente Tsunesaburo Makiguchi allo scopo di promuovere l’amicizia, lo scambio di opinioni e sviluppare un dialogo democratico. Nel Giappone in pieno conflitto mondiale, sotto gli occhi attenti e minacciosi delle autorità militari, era davvero qualcosa fuori dal comune.
    Molti intellettuali a livello internazionale oggigiorno osservano e apprezzano questo tipo di incontri, ritenuti ideali per sviluppare una cultura di pace. La maggior parte delle persone che seguono il Buddismo del Daishonin ha deciso di provare questa strada dopo aver partecipato proprio a uno di questi appuntamenti: ha sentito recitare Daimoku, visto il Gohonzon, ascoltato le esperienze di chi pratica, fatto domande e si è confrontata con gli altri, trovando preziosi stimoli di incoraggiamento.
    Una volta passata la spinta iniziale che accompagna le novità, a volte però andare alla riunione diventa pesante: «Sono stanco… ho troppe cose da fare… mi sta antipatica quella persona… posso anche recitare Daimoku a casa da solo, perché dovrei fare qualcosa che non mi va o che sembra non interessarmi?». Daisaku Ikeda risponde ad alcuni “perché” posti dai giovani proprio su questo tema: «La nostra organizzazione è composta da una grande varietà di tipi umani e questo è un buono stimolo per la propria crescita personale. In molti sport è difficile avere un’idea precisa del proprio grado di abilità, se ci si allena o lo si pratica da soli; ci si può sviluppare e crescere solo grazie al contatto con altre persone. In Giappone, le patate di montagna sono ruvide e sporche quando vengono raccolte, ma se vengono messe tutte insieme in una vasca in cui scorre l’acqua, si sfregano l’una contro l’altra e la buccia si leva, lasciando le patate lucide e pulite, pronte per essere cucinate. Forse non sarà così appropriato confrontare persone e patate, ma, secondo me, l’unico modo di pulire e rendere lisci gli spigoli dei nostri caratteri è attraverso l’interazione con gli altri. Essere da soli, senza dover vedere o pensare agli altri, può sembrare molto comodo e libero dai problemi, ma presto ci troveremmo prigionieri di un mondo terribilmente piccolo e limitato. Evitando di appartenere a un gruppo o a una organizzazione, ci si priva del contatto con tante altre vite e si arriva in breve a interrogarsi sconsolatamente sul senso della propria esistenza» (I protagonisti del XXI secolo, vol. 1, pag. 258).
    Se l’attività diventa l’occasione per “ricordarsi” della missione del Bodhisattva della Terra e per conoscere meglio se stessi, allora non è più un dovere, ma un percorso che illumina e porta gioia: ascoltando con attenzione il racconto della vita di una persona, i suoi desideri, i dubbi, i mondi emotivi di cui è investita, ci si può rispecchiare e capire meglio come funziona l’esistenza.

    L’attività con gli altri trasforma la vita

    «So che l’attività per gli altri, insieme agli altri – mi racconta Camilla -, è un’ottima accelerazione per il mio cambiamento. Ogni volta cerco la trasformazione, non voglio restare come ero prima di partecipare a quell’attività, di incontrare quella persona. Quando cerco di offrire un incoraggiamento, ascolto le parole di un compagno di fede, o studio un Gosho insieme agli altri alla ricerca del punto da trasformare nella mia vita, sono io la prima a uscirne sempre incoraggiata». Infatti il presidente Ikeda spiega che «ognuno di noi dovrebbe sviluppare liberamente le proprie capacità e brillare al massimo, ognuno nel proprio unico modo. Questo è il mondo di Soka. Dal Gongyo al Daimoku, dallo studio buddista, alla partecipazione alle riunioni di discussione o allo sforzo per far conoscere il Buddismo a qualcuno, tutte le attività della Soka Gakkai forniscono opportunità inestimabili per trasformare la propria vita» (NR, 387, 8).
    A volte ci si arrovella inutilmente per cercare di capire i propri atteggiamenti quando la risposta è davanti ai nostri occhi, nel confronto con i compagni di fede. Quando dopo una riunione le persone dicono: «Che bel meeting incoraggiante, dovremmo farli sempre così, ho capito molte cose stavolta, ho fatto bene a partecipare ecc…», vuol dire che altre persone stanno diventando felici grazie alla condivisione di questa pratica. Il senso dell’attività è anche nella gioia che deriva dalla condivisione. La certezza che gli sforzi verranno ripagati con questo sentimento fa svanire pesantezza e senso del dovere.
    L’attività non è qualcosa di schematico e non segue una logica matematica. Per esempio, fare una visita a casa solo perché va fatta, o per sentirsi a posto, o per essere lodati, non serve né ci si può aspettare che una relazione così impostata faccia capire all’altro che ci sta a cuore la sua pratica buddista, la sua rivoluzione umana. I legami con i compagni di fede sono di tutt’altra natura e non si costruiscono in un giorno. Se si agisce con fede e delicatezza, con il coraggio di saper attendere, questo farà la differenza. Il gruppo, il settore, il capitolo ecc. sono come giardini bellissimi e gli individui sono fiori che sbocciano in periodi differenti ed è proprio in questo modo che si crea un ambiente armonioso. Le persone desiderano essere coinvolte e non indottrinate, conosciute e non giudicate, incoraggiate a fare la propria rivoluzione umana. La bellezza del Buddismo è che riconosce tutti come indispensabili, ma un modo per far affiorare i talenti di ciascuno è creare dei forti e sinceri legami. Ci si accompagna, ecco perché si parla di compagni di fede: tutti insieme seppure ognuno a suo modo sul “treno” di Nam-myoho-renge-kyo con la meta comune di realizzare kosen-rufu.
    «Da circa sette anni – racconta Maria – sono responsabile di un gruppo la cui caratteristica era quella di vedere passare e poi sparire tantissime persone, tanto che un giorno mi sono trovata da sola. Per un anno ho fatto attività insieme a un altro gruppo, afflitta dal senso di solitudine. Finché ho deciso che le cose dovevano cambiare. Ho modificato il mio atteggiamento davanti al Gohonzon, recitando col desiderio che arrivassero persone incuriosite dalla pratica e desiderose di fare la loro rivoluzione umana. Usando mille strategie mentali, nulla si era mosso, ma quando ho sentito che quello che poteva fare la differenza era la fiducia che io nutrivo nei confronti delle persone, le cose hanno iniziato a muoversi». In Vi affido i membri della Soka Gakkai si legge: «La forza della Soka Gakkai è nella relazione umana tra i membri: il coraggio di prendersi cura di ogni singola persona è l’espressione più alta della compassione buddista. Lo spirito di “prendersi cura di ognuno” ci è stato insegnato dal Daishonin stesso attraverso il suo comportamento. Per esempio in Lettera da Sado si legge: “C’è pochissima carta per scrivere qui nella provincia di Sado, e scrivervi individualmente richiederebbe troppo tempo. Ma, se anche una sola persona non avesse mie notizie, potrebbe risentirsi. Perciò vorrei che tutti i credenti sinceri si riunissero e si incoraggiassero leggendo insieme questa lettera”» (Vi affido i membri della Soka Gakkai, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, 2012, pag. 73). «Desideravo che il mio gruppo aiutasse le persone a diventare più felici -, prosegue Maria – e in breve tempo ne sono arrivate diverse. Durante i meeting c’era una bella atmosfera e nel 2012 il nostro gruppo si è riconsolidato. Fra gli scopi di Capodanno ho deciso che dodici persone ricevessero il Gohonzon e, a oggi, ne abbiamo consegnati sei. La cosa straordinaria è stata che le persone, dopo pochi mesi, hanno deciso di diventare membri dell’Istituto. Tutto è nato dal non volermi sentire più sola nell’attività e dallo smettere di aspettare qualcosa dall’esterno e, forse, dal sincero desiderio di sentire la Buddità delle persone. Nella mia vita personale sono sempre in lotta, ma la fiducia che ho fatto emergere grazie a questa attività si sta pian piano riflettendo in ogni aspetto della mia esistenza. Il clima all’interno del gruppo è così piacevole che da gruppo Orizzonti vorremmo ribattezzarci Love, love, love. Sensei incoraggia a creare legami personali e a sostenere le persone affinché pratichino correttamente, perché questa è la vera attività: sostenere e avere a cuore la felicità di ciascuno. L’attività gioiosa – conclude Maria – che fa il nostro gruppo sta producendo una grande eco di persone felici. Ora non dubito più del potere del Gohonzon e penso alle parole che Nichiren scrisse a Shijo Kingo e sua moglie Nichigennyo nel Gosho Risposta a Kyo’o: “Io, Nichiren, ho iscritto la mia vita in inchiostro di sumi, perciò credi profondamente nel Gohonzon” (RSND, 1, 365). Grazie a questa attività è successo proprio questo: ora credo davvero nella mia vita».

    Una lettura significativa

    Partecipare ai meeting, fare un turno con gli staff di protezione, prendersi cura delle persone e dei Centri culturali, sostenere un compagno di fede con una visita a casa sono tutte occasioni per allenare la propria vita, rafforzarla, sfidarsi e alzare il proprio stato vitale.
    Il sottotitolo del libro di Vi affido i membri della Soka Gakkai è “Consigli del presidente Ikeda per il comportamento dei responsabili” perciò, nonostante il presidente Ikeda esorti ogni membro della SGI a sentirsi presidente dell’organizzazione, chi non è responsabile potrebbe essere tentato di non leggerlo.
    A una recente Consulta nazionale è stata invece incoraggiata la lettura e la condivisione di questo testo con più persone possibili perché contiene consigli su quale atteggiamento ricercare nella propria vita: «Come fece il presidente Ikeda nelle storiche campagne del Kansai o di Kamata: in ogni occasione la sua attenzione era rivolta sempre alle singole persone. Per rilanciare e realizzare il grande scopo che abbiamo in Italia nei prossimi anni è necessario seguire il cammino dei tre maestri e ripartire dalla cura per ogni singola persona. Questo stesso atteggiamento – se rivolto anche a coloro che non praticano il Buddismo – ci permetterà di creare legami di amicizia e fiducia che porteranno sicuramente alla realizzazione di tanti dialoghi di shakubuku» (Vi affido i membri della Soka Gakkai, pag. 73).
    Marco, responsabile regionale della Divisione uomini, mi ha spiegato: «Tornato dalla riunione nazionale della Consulta ho regolarmente trasmesso questa novità, senza peraltro farla veramente mia. Passavano i giorni, e l’idea di non aver dato il giusto peso a questo consiglio, mi ha fatto riflettere e recitare Daimoku con sincerità. Mi sono venuti in mente alcuni aspetti della fede che ho vissuto agli inizi della pratica buddista, quando ci veniva spiegato che lo spirito di ricerca era una dote essenziale per diventare felici e per cambiare il nostro destino. Ci dicevamo a vicenda che se qualcuno di noi pensava di aver capito qualcosa del Buddismo, in realtà non aveva capito niente, perché è proprio nel continuo miglioramento che risiede il segreto di una pratica corretta. La responsabilità che il presidente Ikeda mi ha affidato è grande e profonda, e io non ritengo di avere sufficienti capacità personali per poterla realizzare fino in fondo. Per questo tutte le mattine mi siedo davanti al Gohonzon e prego per la felicità altrui. A volte sviluppo idee e progetti e altre volte cerco umilmente di comprendere tramite la preghiera, quale possa essere la cosa migliore da fare oggi o adesso. Siamo esseri umani, ognuno con i suoi dieci mondi, le cinque componenti e non potrebbe essere diversamente, ma sto comprendendo che questo testo ci può davvero aiutare a condividere il senso delle nostre azioni e superare i punti di vista individuali a favore di un sostegno migliore alle persone che insieme a noi praticano il Buddismo».
    Affrontando qualsiasi tipo di difficoltà con coraggio, sia che si presenti nel corso dello svolgimento delle attività che nella quotidianità, si può far emergere quella gioia profonda che non cambia solo qualche singolo istante di vita, ma che cambia radicalmente la qualità dell’intera esistenza.

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