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Il vessillo della Legge - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:45

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Il vessillo della Legge

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Dove c’è sfida c’è progresso.
Dove c’è sfida c’è speranza.
Dove c’è sfida c’è gioia.
Dove c’è sfida c’è felicità.
Dove c’è sfida c’è vittoria.

Tutti gli esseri viventi nel grande universo continuano a sfidarsi.
I fiori con tutte le forze bucano la coltre di neve per far germogliare nuovi boccioli.
Le onde s’infrangono instancabili sugli scogli, erodendoli.
Giorno dopo giorno, il sole rompe l’oscurità e sorge danzando.
Tutte le cose con calma e tenacia perseverano,
lavorando incessantemente per compiere la propria unica missione,
sia essa visibile o invisibile.
Sfidarsi, sfidarsi, sfidarsi!
Ecco cosa significa vivere.

Noi ci lanciamo nelle sfide:
insegnando a un amico dopo l’altro la strada della felicità,
per costruire la pace e la prosperità di tutti i popoli;
restando saldi di fronte alle terribili tempeste del nostro karma,
così da manifestare il vero potenziale dell’essere umano;
per poter vivere “felici e a proprio agio”,
tanto da poter dichiarare con fierezza quanto siamo felici!

Io continuerò ad avanzare:
ogni piccolo passo di oggi
creerà una grande strada!
Io non mi arrendo:
perché so che, anche nella notte più buia, in mezzo a violente bufere,
il sole della vittoria sorgerà di nuovo domani, senza alcun dubbio!

La Soka Gakkai intitolò il 1978, per il secondo anno consecutivo, “Anno dello studio”. Il fulcro delle attività sarebbe stato lo studio del Gosho e un ulteriore miglioramento delle riunioni di discussione.
Il giorno di Capodanno Shin’ichi recitò Gongyo a casa con la sua famiglia pregando intensamente per lo sviluppo di kosen-rufu e per la pace nel mondo, per la salute e la lunga vita di tutti i compagni di fede e per la prosperità delle loro famiglie. In cuor suo ardeva la profonda decisione di dare tutto se stesso per aprire nuove gloriose strade per kosen-rufu, anche quell’anno. Un forte ichinen è l’origine di ogni grande vittoria.
Dopo aver concluso la cerimonia di Gongyo, Shin’ichi Yamamoto prese un pennello che la moglie Mineko aveva preparato per lui e cominciò a scrivere dei messaggi di incoraggiamento su fogli di carta di riso colorati. Anche il giorno di Capodanno non c’era un momento di riposo, né per Shin’ichi né per Mineko. Il desiderio di sostenere e incoraggiare i compagni di fede li spingeva ad agire instancabilmente per il bene degli altri.
Poco dopo mezzogiorno, Shin’ichi uscì di casa e si diresse a piedi verso la sede della Soka Gakkai per partecipare alla cerimonia di Gongyo di Capodanno. Giunto in cima alla salita davanti all’edificio del Seikyo Shimbun, incontrò numerosi membri della Soka Gakkai che stavano andando nella stessa direzione, probabilmente per partecipare alla cerimonia di Gongyo. «Oh, c’è sensei!», esclamò una signora a gran voce. Shin’ichi salutò i membri con un sorriso e un gesto della mano, dicendo: «Buon anno a tutti! Perché non scattiamo una foto tutti insieme?». Ne furono tutti entusiasti e si radunarono attorno a lui. Il gruppo divenne sempre più numeroso, man mano che altri passanti si univano, fino ad arrivare a una settantina di persone.
Rivolgendosi ai presenti, Shin’ichi disse: «Se osserviamo l’attuale situazione economica del Giappone, sentiamo solo brutte notizie. Siamo ancora in recessione a causa del rialzo del valore dello yen, le aziende stanno andando in bancarotta e le società, una dopo l’altra, sono obbligate a fare tagli al personale. Questo è il motivo per cui è fondamentale, ora, continuare a parlare agli altri del Buddismo. È per questo che tutti voi siete qui. Avete abbracciato il Gohonzon e vi state impegnando con serietà nella pratica buddista; nella vostra vita possedete una fiamma che non potrà mai essere spenta, nemmeno dai venti più forti: è una fonte di speranza e di coraggio. Facendo ardere sempre di più la fiamma della fede, voi vivete per adempiere alla missione di illuminare l’intera società. Vi prego di continuare a incoraggiare i vostri amici, condividendo con loro la luce della speranza e accendendo la fiamma del coraggio nei loro cuori. Solo incoraggiando gli altri e aiutandoli a diventare felici possiamo trovare la nostra felicità.
«Quando gli accadimenti causano sofferenza e sono difficili da sopportare, ricordate a voi stessi: “Ecco perché devo alzarmi e prendere l’iniziativa! Ecco perché devo trasformare il mio karma! Affrontiamo ogni cosa con questo atteggiamento: “Ecco perché…!”».
La cerimonia di Gongyo di Capodanno si tenne presso la sede della Soka Gakkai, nella Sala mae­stro e discepolo, alle una e mezza. In quell’occasione, Shin’ichi Yamamoto nel suo discorso spiegò la frase finale del capitolo “Durata della vita del Tathagata” del Sutra del Loto: «”Questo è il mio pensiero costante” (mai ji sa ze nen). Molto semplicemente, mai ji sa ze nen esprime l’ichinen, il pensiero costante che abbiamo sempre nel nostro cuore. Il pensiero costante del Budda è come permettere a tutti gli esseri viventi di conseguire l’Illuminazione. In altre parole, il Budda pensa e prega costantemente per la felicità di tutte le persone (cfr. SDL, 305). È fondamentale per noi l’atteggiamento, l’ichinen che custodiamo profondamente, che cosa pensiamo, cosa desideriamo e per cosa preghiamo. Si tratta di un chiaro riflesso del nostro stato vitale. Noi siamo discepoli di Nichiren Daishonin dall’infinito passato: facciamo nostro il suo grande voto di realizzare kosen-rufu per la felicità di tutta l’umanità. Facciamo sì che questa promessa diventi la nostra missione e il nostro scopo. Spero che ogni giorno ciascuno di voi torni a quel voto pronunciato nell’infinito passato e, desiderando realizzare kosen-rufu, preghi e agisca per questo. Con la decisione che ogni nuovo giorno sia come il primo giorno dell’anno anch’io, con rinnovata energia, sono determinato a fare tutto il possibile per il bene dei miei compagni di fede e per la pace nel mondo». Anche se aveva parlato solo per tre o quattro minuti, la voce di Shin’ichi era piena di passione.
Questo secondo “Anno dello studio” della Soka Gakkai era iniziato con una serie di lezioni sul Gosho L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, pubblicato nel primo numero di gennaio del Seikyo Shimbun. Shin’ichi era determinato ad avviare una nuova corrente di umanesimo per diffondere in tutto il mondo la filosofia del Buddismo del Daishonin, che si basa sulla compassione e sul rispetto della sacralità della vita, per creare pace e prosperità per l’umanità intera.
Inoltre aveva promesso a se stesso di viaggiare per tutto il Giappone anche quell’anno, per incontrare i nuovi membri, creare nuovi legami e incoraggiare tutte le persone che incontrava a rafforzare la propria fede.
In occasione di quella nuova partenza, il giorno di Capodanno, Shin’ichi incise nel cuore le parole del Daishonin: «La vita è limitata, non dobbiamo lesinarla. Ciò a cui dobbiamo principalmente aspirare è la terra del Budda» (RSND, 1, 187).
Il lungo viaggio per la realizzazione di kosen-rufu nell’Ultimo giorno della Legge non sarà sempre caratterizzato da venti favorevoli. Al contrario, è come un viaggio nel mare tempestoso, una spedizione pericolosa in mezzo a una bufera di neve. Di conseguenza, non si potrà ottenere alcuna vittoria senza basarsi sullo spirito di “non lesinare la propria vita”.

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La sera del primo gennaio, Shin’ichi si recò insieme ai massimi responsabili al Centro di formazione (Training center) di Shizuoka. L’anno precedente, era il 1977, la Soka Gakkai aveva cambiato il nome di tutti i suoi Centri di formazione, da kenshu-jo a kenshu-dojo. Nel Buddismo, la parola dojo [bodhimanda in sanscrito] originariamente si riferiva al luogo in cui Shakyamuni aveva raggiunto l’Illuminazione, e in seguito venne utilizzata come termine generico per tutti quei luoghi in cui le persone osservavano le pratiche per ottenere l’Illuminazione. Poiché nella Soka Gakkai i Centri di formazione sono strutture in cui le persone approfondiscono lo studio del Buddismo per la realizzazione di kosen-rufu e per il conseguimento della Buddità in questa esistenza, il nome fu cambiato per esprimere questo significato.
Nel 1978 cadeva il trentacinquesimo anniversario dell’arresto e della detenzione del primo e secondo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, avvenuti sotto il governo militarista durante la Seconda guerra mondiale. Entrambi combatterono eroicamente contro la natura demoniaca delle autorità senza farsi intimorire, pronti a dare la vita per la loro fede. Shin’ichi desiderava dare inizio al nuovo anno visitando il Parco Makiguchi, all’interno del Centro di formazione Shizuoka, per rendere omaggio ai suoi due maestri e fare la solenne promessa di conseguire la vittoria in quell’anno.
Shin’ichi dedicava tutto se stesso alla realizzazione di kosen-rufu, spesso riflettendo sulla lotta portata avanti da Makiguchi e Toda in carcere. Makiguchi, in particolare, nonostante fosse piuttosto anziano e soffrisse a causa della malnutrizione, affrontava gli interrogatori con coraggio facendo notare ai suoi accusatori gli errori della religione di Stato, lo Shintoismo, che era il pilastro spirituale del governo militarista. Egli morì in carcere per le sue idee, per aver continuato ad affermare senza paura la verità del Buddismo di Nichiren Daishonin.
Quando Shin’ichi si trovava in una situazione difficile, ripeteva a se stesso: «Se penso all’immensa lotta combattuta dal mae­stro Makiguchi fino alla fine della sua vita, questo è niente! Con un Daimoku potente come il ruggito di un leone, voglio manifestare una forza infinita e lottare con intrepido coraggio. Devo lottare ancora di più, molto di più!».
Il giorno seguente, il 2 gennaio, Shin’ichi avrebbe festeggiato cinquant’anni. Quella mattina, recitando Daimoku con forza in una delle piccole strutture presenti nel Parco Makiguchi, rifletteva sul significato di avere cinquant’anni.
«Nichiren Daishonin aveva cinquant’anni [secondo il metodo tradizionale giapponese di contare gli anni, una persona appena nata ha un anno, n.d.r.], quando affrontò la persecuzione di Tatsunokuchi e fu esiliato sull’isola di Sado. A Sado scrisse, uno dopo l’altro, importanti lettere e trattati, tra cui L’apertura degli occhi e L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, lasciando profondi insegnamenti per il bene delle generazioni future. Come discepolo del Daishonin, io mi sforzerò con tutto me stesso per aprire la strada alla realizzazione di kosen-rufu nel mondo, non importa quali ostacoli dovrò affrontare!». Con questa ferma decisione, Shin’ichi intraprese un nuovo anno di lotta per kosen-rufu.
Shin’ichi Yamamoto non si concedeva neanche un attimo di pausa. Era fermamente deciso a porre le basi del movimento di kosen-rufu nel ventunesimo secolo entro il 3 maggio 1979, l’anno seguente, quando il ciclo delle sette campane avrebbe raggiunto il suo culmine, data che si era posto come termine ultimo per il suo obiettivo [Sette campane: il nome dato ai sette periodi di sette anni che segnano la storia dello sviluppo della Soka Gakkai dalla sua fondazione nel 1930 al 1979, n.d.r.].
Il 6 gennaio, nella sala Kosen (kosen-rufu) del Centro culturale a Shinanomachi, in un’atmosfera radiosa, si tenne la riunione dei responsabili di centro del nuovo anno, intitolato “secondo anno dello studio” (1978). Nel corso della riunione fu annunciata la nascita del nuovo “sistema dei capitoli” per la seconda fase di kosen-rufu.
Quelli che erano chiamati allora “settori generali” sarebbero diventati “capitoli”, e i responsabili dei settori generali sarebbero diventati responsabili di capitolo. Proposta dalle quattro Divisioni, l’introduzione di questo nuovo sistema era stata attentamente esaminata dai vicepresidenti della Soka Gakkai e dai responsabili di prefettura.
Durante la fase pionieristica, prima che l’attività venisse organizzata per zone geografiche, i responsabili di capitolo delle Divisioni uomini e donne, in particolare, sostenevano direttamente i membri nella fede, incoraggiavano tutti e si sforzavano di parlare del Buddismo del Daishonin con gli altri, allargando così il movimento di propagazione [Nei primi anni ’50, nella Soka Gakkai i nuovi membri cominciavano a praticare automaticamente nello stesso capitolo della persona che li aveva introdotti alla pratica, a prescindere dal luogo in cui vivevano, n.d.r.].
Da ora in poi, con l’aumento del numero di capitoli, i nuovi responsabili avrebbero svolto lo stesso ruolo, radicandosi profondamente nelle comunità, promuovendo dialoghi sul Buddismo pieni di gioia e speranza, costruendo così un’organizzazione che avrebbe aiutato i membri a sviluppare la fede e la pratica, secondo la tradizione della Soka Gakkai.
I nuovi responsabili di capitolo delle Divisioni uomini e donne erano entusiasti di questo cambiamento. Quel giorno sentirono ardere ancora più intensamente il loro senso di missione e rinnovarono la loro decisione. Non tutti recepirono questo come un semplice cambiamento di nome, poiché avevano visto direttamente o avevano sentito parlare delle grandi lotte portate avanti dai responsabili di capitolo nella fase pionieristica dell’organizzazione.
Nell’aprile del 1951, poco prima che Josei Toda venisse nominato secondo presidente, la Soka Gakkai iniziò con dodici capitoli. Quando divenne presidente, contava circa tremila membri. Ma sei anni dopo, l’organizzazione si era sviluppata fino ad arrivare a trentatré capitoli, e alcuni dei capitoli più grandi contavano più di centomila famiglie di membri.
In altre parole, i responsabili di capitolo delle Divisioni uomini e donne, issando solennemente il vessillo della Legge, si alzarono e contribuirono costantemente alla costruzione dell’organizzazione, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, come fiduciosi protagonisti di kosen-rufu.
Uno sviluppo eccezionale si ottiene grazie a sforzi incessanti, senza un attimo di disattenzione, esitazione o inerzia.
In gioventù, durante la fase pionieristica della Soka Gakkai, Shin’ichi Yamamoto assunse la guida di kosen-rufu come responsabile del capitolo Bunkyo di Tokyo. In quel momento decise in cuor suo di aiutare ogni membro del capitolo, nessuno escluso, a diventare felice. Prima di tutto pregava e agiva con il desiderio che tutti riuscissero a svolgere una pratica quotidiana corretta, si impegnassero con allegria nelle attività della Gakkai, sperimentassero la gioia di condividere con gli altri il Buddismo e costruissero una fede ancora più forte.
Shin’ichi aveva sempre pensato che il ruolo di un responsabile della Soka Gakkai è quello di prendersi cura dei figli del Budda nel nome del Budda stesso, come se gli fosse stata affidata la vita di ogni singolo membro, il bene più prezioso sulla terra. Ecco perché non poteva stare a guardare passivamente e permettere che anche una sola persona rimanesse in uno stato di sofferenza e infelicità.
La società è una corrente impetuosa, piena di sfide e cambiamenti continui. Non è possibile attraversarla senza un’alta condizione vitale, una fede incrollabile e tanta saggezza. La fonte suprema di tutto ciò è la fede nella Legge mistica.
Shin’ichi ogni giorno recitava Daimoku intensamente per la felicità di tutti i membri del capitolo, si impegnava personalmente in prima linea sforzandosi di parlare agli altri di Buddismo, dando l’esempio di come far avanzare kosen-rufu attraverso l’ampia propagazione della Legge mistica. In questo modo, mostrava ai membri la strada diretta per la felicità.
Nichiren Daishonin afferma: «Il Sutra del Loto [Nam-myoho-renge-kyo] offre un mezzo segreto per condurre tutti gli esseri viventi alla Buddità» (RSND, 1, 456).
La nostra fede, i nostri sforzi nel fare shakubuku e realizzare kosen-rufu sono tutti finalizzati alla nostra felicità. Shin’ichi desiderava più di ogni altra cosa che i membri fossero consapevoli di questo, e che mostrassero la loro prova concreta diventando felici.
Quando Shin’ichi divenne responsabile di capitolo e iniziò a guidare le attività, l’atmosfera nel capitolo Bunkyo cambiò radicalmente. Da quel momento nelle riunioni di discussione ci furono sempre più persone allegre e sorridenti. Questo perché, rendendosi conto da subito che la chiave per diventare felici era partecipare alle attività della Gakkai, i membri si erano attivati lanciandosi con coraggio nella propagazione del Buddismo del Daishonin. E così tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a realizzare grandi benefici grazie alla pratica buddista.
Durante le riunioni di discussione tutti facevano a gara per condividere le proprie esperienze di fede. Le loro storie toccavano il cuore degli altri, incoraggiavano e ispiravano i loro amici a cominciare a praticare sollevando un’ondata di prove concrete e di attività piene di gioia. Una solida organizzazione, un’organizzazione invincibile nel regno di kosen-rufu è quella in cui i benefici sbocciano senza fine nella vita dei suoi membri.
Quando Josei Toda si mise alla guida del movimento di kosen-rufu, nel dopoguerra, dopo essersi risvegliato alla sua missione di Bodhisattva della Terra durante la detenzione, riorganizzò la Soka Gakkai cominciando con un sistema di dodici capitoli. Da quegli inizi, l’organizzazione ha continuato a svilupparsi in modo fenomenale.
Allora, mentre la Soka Gakkai bruciava le tappe della seconda fase del movimento di kosen-rufu, in tutto il Giappone venivano costruiti uno dopo l’altro Centri culturali e altre strutture, castelli della Legge per tutti i membri, in costante ampliamento. Shin’ichi Yamamoto era convinto che la cosa più importante fosse far crescere il maggior numero possibile di persone di valore. Infatti, non importa quali splendidi edifici ci fossero, senza persone di valore l’organizzazione sarebbe stata come una grande nave senza il capitano e il resto dell’equipaggio.
Ecco perché Shin’ichi decise di sviluppare un sistema di capitoli basati sulle comunità (zonizzazione). Aveva deciso di creare una nuova ondata di sviluppo, come nella fase pionieristica dell’organizzazione, facendo ardere in ogni angolo della Gakkai uno spirito combattivo e facendo crescere responsabili coraggiosi per kosen-rufu.
Aveva cominciato a fare i primi passi in quella direzione nel febbraio dell’anno precedente, il 1977. Durante la cerimonia commemorativa per i membri defunti che erano stati pionieri del capitolo Suginami, Shin’ichi propose la nascita del gruppo speciale Suginami, composto dai membri che provenivano da quel capitolo. In seguito si formarono anche il gruppo speciale Kamata e tutti gli altri, a rappresentare i dodici capitoli originari. Shin’ichi voleva che i membri che avevano conosciuto direttamente le attività dei giorni pionieristici dell’organizzazione mostrassero attraverso il loro esempio quello spirito e quegli sforzi alle nuove generazioni, trasmettendo loro l’indomabile spirito della Soka Gakkai.
La sera del 12 gennaio 1978, Shin’ichi partecipò a una riunione del Gruppo Tsukiji, formato dai membri che una volta facevano parte del capitolo Tsukiji, tenutasi a Shinanomachi, Tokyo. A tutti i partecipanti disse: «Quando il presidente Toda ci indicò la missione di kosen-rufu, le bandiere dei capitoli, i vessilli della propagazione della Legge, cominciarono subito a sventolare in tutto il paese. È nostra responsabilità trasmettere ai membri più giovani nella fede lo spirito della propagazione e gli sforzi concreti necessari perché l’organizzazione si sviluppi. L’unico modo per farlo è dare l’esempio con le nostre azioni. Siate responsabili esemplari, un modello per tutti gli altri!».
Le azioni coraggiose e piene di passione di una singola persona possono avere un forte impatto, ispirando molte altre persone, in un effetto a catena che apre nuovi orizzonti, come un’onda da cui si propagano migliaia di onde.
Nel corso della riunione del Gruppo Tsukiji, Shin’ichi Yamamoto raccontò quanto fossero severe le guide di Toda. Disse: «Era così perché noi abbiamo scelto di seguire la strada per il conseguimento della Buddità in questa esistenza, la strada di kosen-rufu. Questa strada viene espressa chiaramente nel Gosho e nel Sutra del Loto come “non lesinare la propria vita” e “il corpo è insignificante mentre la Legge è suprema” (RSND, 1, 115). In altre parole, non è una strada facile, in discesa, ma impegnativa e piena di grandi ostacoli; è un percorso di dedizione disinteressata, che prevede di dare più valore alla Legge che alle nostre esistenze individuali.
«Ecco perché Toda desiderava far crescere persone forti e coraggiose, che avessero la forza di resistere e perseverare; per questo cercò di allenarci con rigore e di farci crescere.
«Non importa quanto siano cambiati i tempi, la sfida di portare avanti la Legge e mantenere il corretto insegnamento del Buddismo rimane invariata. Mi auguro, pertanto, che tutti voi che siete stati allenati direttamente dal mae­stro Toda e avete aperto la strada di kosen-rufu nella prima fase del nostro movimento, vi unirete a me nel dimostrare con il vostro esempio quello spirito e quella pratica alle nuove generazioni.
«Adesso è iniziata la seconda fase di kosen-rufu, con questo nuovo sistema dei capitoli. Abbiamo compiuto questo passo affinché gli ex responsabili di settore potessero agire con la stessa consapevolezza dei responsabili dei dodici capitoli originari, iniziando a lavorare per costruire una nuova Soka Gakkai.
«A questo scopo è importante che tutti voi che siete stati pionieri prendiate l’iniziativa per far crescere i nuovi membri. Spero che diventiate quel tipo di membri anziani nella fede che sono severi con se stessi e modelli di comportamento per gli altri, capaci di abbracciare con calore e affetto i nuovi membri e i nuovi responsabili di capitolo, recitando Daimoku intensamente per la loro crescita, pieni di grandi speranze. Per fare ciò, è essenziale che voi stessi continuiate a crescere nella fede. Come scrive il Daishonin: “Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese” (RSND, 1, 885). La vera realizzazione si trova nel vivere la propria missione per kosen-rufu, impegnandosi con determinazione per questa causa. Quando lo facciamo possiamo provare un senso di dignità profonda, manifestare benefici illimitati e trovare il vero significato della nostra vita».

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Per far crescere individui di valore, i membri più anziani nella fede possono ispirare i più giovani e tutti gli altri membri attraverso il loro splendente esempio. Quando le persone trovano un modello positivo da seguire, possono crescere in modo straordinario.
Shin’ichi Yamamoto dedicò le sue energie a incoraggiare anche i membri della Divisione guide (in giapponese shidobu; shido: portare le persone verso il Gohonzon, indicare il Gohonzon; bu: gruppo), affinché sostenessero la creazione del nuovo sistema dei capitoli e aiutassero tutti a unirsi attorno ai nuovi responsabili di capitolo, per avanzare con vitalità e dinamismo.
I membri più anziani nella fede, dopo essere stati responsabili di “grande nucleo” e di “nucleo generale” (diventati oggi settore e capitolo), lasciarono il testimone alle nuove generazioni divenendo membri della Divisione guide e si concentrarono a incoraggiare i successori.
Il 5 gennaio, il giorno prima dell’annuncio del nuovo sistema dei capitoli, Shin’ichi partecipò a una conferenza esecutiva della Divisione guide. Era convinto che la chiave per sostenere al meglio il nuovo sistema di capitoli si trovasse proprio nella Divisione guide, la cui missione sarebbe stata successivamente ereditata da altri gruppi di membri pionieri, tra cui il gruppo Molti Tesori.
La presenza di un sostegno è indispensabile per aiutare i giovani arbusti a svilupparsi in alberi possenti. In caso contrario, se gli alberi più giovani dovessero affrontare una tempesta prima ancora di aver potuto affondare salde radici nella terra, finirebbero per essere divelti.
Il potere dell’unità è il punto di forza della Soka Gakkai.
Alla conferenza esecutiva della Divisione guide, Shin’ichi affermò che il potere del Gohonzon è assoluto, e la felicità o infelicità è determinata solo dal fatto di avere o no una fede corretta. Proseguì poi parlando della missione di questo gruppo: «I responsabili istituzionali che occupano posizioni centrali nella nostra organizzazione sono spesso molto occupati, hanno molti impegni da seguire e un calendario fitto di attività. Per fare tutto bisogna essere fisicamente in forma, e anche per questo, a volte, è bene che ci siano dei responsabili giovani in tali posizioni. Ci sono situazioni in cui i responsabili sono così occupati da non poter offrire sufficienti incoraggiamenti e consigli a tutti i membri. Questo è il motivo per cui chiedo a voi membri della Divisione guide, tesori di kosen-rufu, di offrire calorosi incoraggiamenti e consigli a tutte le persone, sulla base della vostra fede salda e della vostra lunga esperienza. Le fondamenta dell’organizzazione per kosen-rufu saranno forti e solide quando i membri della Divisione guide si impegneranno nel creare l’unità di “diversi corpi, stessa mente” con i responsabili».
Le parole di incoraggiamento risvegliano lo spirito delle persone e i legami di solidarietà tra i compagni di fede fanno sì che ognuno possa diventare un campione indomabile di kosen-rufu.
I problemi e i momenti difficili sono parte integrante della vita. È possibile che ci si ammali, o che ci si trovi a un punto morto nel lavoro. Possono esserci momenti in cui soffriamo a causa dei rapporti con i colleghi, o con i membri della nostra comunità o della nostra famiglia. In un certo senso, vivere è una sfida costante, la vita è un campo di battaglia.
Pregando per riuscire a superare problemi e sofferenze, i membri della Soka Gakkai si sforzano con impegno nelle attività. Ma ci sono momenti in cui si è talmente esausti da perdere l’energia per avanzare, ci si sente sconfitti dai problemi e si comincia a dubitare della fede. Ci sono anche momenti in cui, nonostante si possieda il tesoro supremo del Gohonzon, non si riesce a percepirne la grandezza e non si fa che lamentarsi delle circostanze. Alcuni potrebbero perdere di vista il cammino corretto della fede a causa dell’arroganza, o perché coltivano del rancore nei confronti di altri membri dell’organizzazione. Questi sono tutti sintomi delle malattie chiamate sofferenza e delusione.
Per questo motivo Shin’ichi Yamamoto continuava a sottolineare l’importanza della missione della Divisione guide. «Spero che i membri della Divisione guide siano come la “Croce Rossa” di kosen-rufu. Vi prego di offrire sostegno e incoraggiamento nella fede a coloro che stanno soffrendo o sono malati, o hanno perso la convinzione nella fede, ai membri stanchi, attaccati alle opinioni personali o pieni di lamentela. Continuate a dialogare con loro con sincerità e con la determinazione che non un singolo membro smetta di lottare. La vostra convinzione e la ricchezza della vostra esperienza di fede sono lo strumento più potente.
«La Divisione guide è un pilastro d’oro della fede e sostiene il movimento di kosen-rufu in ogni ambito della nostra organizzazione e in ogni luogo. Vi prego di diventare persone che sono un buon esempio per i nostri compagni di fede e una fonte affidabile di sostegno, in modo che tutti si sentano rassicurati dalla vostra presenza e siano orgogliosi di praticare insieme a voi. Nel far crescere i membri più giovani nella fede, vorrei chiedervi di fare del vostro meglio per offrire loro consigli basati sulla fede. Questo perché, in ogni ambito, partire dalle basi è fondamentale, e padroneggiarle è la chiave per la crescita.
«La responsabilità che una persona ricopre all’interno dell’organizzazione e il livello della sua fede sono due cose diverse. Coloro che partecipano con impegno alle attività e sono in grado di offrire validi consigli hanno una forte fede e sicuramente saranno lodati dal Gohonzon. Con la consapevolezza di essere ambasciatori della Soka Gakkai nelle vostre comunità, vi prego di espandere la cerchia di fiducia e amicizia intorno a voi».
Shin’ichi Yamamoto aveva colto ogni opportunità negli ultimi anni per spiegare ai membri pionieri nella fede l’importanza di impegnarsi nella missione per kosen-rufu fino alla fine, per far sì che l’ultimo capitolo della loro vita sia il più glorioso.
Il primo e il secondo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, continuarono ad affermare a gran voce il corretto insegnamento del Buddismo e rimasero fedeli alle proprie convinzioni fino all’ultimo istante di vita. Con ardente passione e dedizione diedero tutti se stessi, lavorando instancabilmente per aiutare le persone a costruire una felicità indistruttibile. La cosa più importante è continuare a lottare per kosen-rufu fino all’ultimo istante, compiendo la propria missione.
Nel dicembre dell’anno precedente, il 1977, durante una riunione di responsabili per celebrare il diciannovesimo anniversario della creazione del capitolo Miyazaki, Shin’ichi aveva parlato dell’atteggiamento dei responsabili anziani nella fede: «Vi prego di diventare il tipo di persona a cui gli altri possano dire: “Grazie al tuo incoraggiamento sono riuscito a trasformare la mia vita e a diventare veramente felice”. Sicuramente non c’è onore né orgoglio più grande per i praticanti del Buddismo del Daishonin che essere rispettati da molte persone».
Non esiste impresa più nobile del propagare il Buddismo del Daishonin e offrire consigli nella fede. Coloro che continuano a farlo per tutta la vita, sono Bodhisattva della Terra e Budda.
Sin dall’anno precedente Shin’ichi aveva intrapreso un passo dopo l’altro, con costanza, per spiegare il ruolo dei responsabili più anziani e dei membri della Divisione guide, in modo che i nuovi responsabili di capitolo fossero in grado di manifestare appieno le loro capacità dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema.
Il cambiamento dai grandi nuclei ai capitoli avrebbe mutato l’impegno e la consapevolezza di tutti i responsabili di capitolo. La trasformazione della determinazione (ichinen) delle persone è essenziale per rivitalizzare l’organizzazione e realizzare un ulteriore progresso di kosen-rufu nelle nostre comunità. Quando il cuore delle persone cambia, facendo emergere un grande coraggio, anche la voce, l’espressione del viso, il comportamento e la forza vitale cambieranno; di conseguenza si riuscirà a trasformare qualsiasi situazione. Questo è il principio della non dualità di vita e ambiente.
Il grande poeta Walt Whitman (1819-1892) ha scritto: «Fino a quando non cambierà lo spirito, ogni cambiamento nell’apparenza non sarà di alcuna utilità».

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Contemporaneamente al lancio del nuovo sistema dei capitoli, Shin’ichi Yamamoto agì con decisione fin dall’inizio dell’anno per creare una corrente forte e costante per kosen-rufu verso il ventunesimo secolo. Inoltre continuò a dare il massimo per contribuire alla costruzione della pace dialogando con leader a livello mondiale.
«Il tempo perso non può essere recuperato. Se non faccio ciò che deve essere fatto ora, in futuro avrò dei rimpianti. Non voglio macchiare la mia vita con il rimpianto!». Questa era la sua decisione.
La mattina del 12 gennaio, Shin’ichi accolse il senatore Edward M. Kennedy presso la sede a Tokyo del Seikyo Shimbun. Edward Kennedy era il quarto figlio della famiglia Kennedy. In molti avevano sperato che il fratello maggiore, Joseph P. Kennedy Jr., diventasse presidente degli Stati Uniti, ma venne ucciso nella Seconda guerra mondiale. Le speranze della famiglia quindi si spostarono sul secondo fratello in ordine di età, John F. Kennedy, che divenne presidente nel gennaio del 1961, alla giovane età di quarantatré anni. Ma nel novembre del 1963 egli fu assassinato durante il corteo presidenziale per la campagna elettorale a Dallas, in Texas. Anche il terzo fratello Kennedy, Robert, senatore, fu assassinato nel giugno 1968, durante la campagna elettorale delle primarie presidenziali.
Nel 1962, mentre suo fratello John era ancora presidente, Edward Kennedy fu eletto senatore all’età di trent’anni. Nonostante le terribili tragedie vissute dalla famiglia Kennedy, Edward aveva continuato a seguire le orme dei suoi fratelli maggiori, rimanendo una voce appassionata della coscienza politica degli Stati Uniti. Edward Kennedy era un leader giovane, di aspetto bello e imponente. Possedeva una rara combinazione di sensibilità e spirito combattivo e il suo famoso sorriso, il “Kennedy smile”, affascinava molte persone. Un sorriso può mettere le persone a proprio agio e aprire la porta a un dialogo amichevole. È il fiore visibile di un ampio stato vitale.
Dopo essere stato in Cina, il senatore Kennedy visitò il Giappone e si trattenne a Tokyo per tre giorni. Durante il loro incontro, Shin’ichi gli disse: «Il presidente John F. Kennedy splendeva come un faro di speranza per l’umanità. Lei ha ereditato i suoi ideali e si sta impegnando per la pace: ciò sicuramente rende molto felice suo fratello, il presidente».
Il senatore Edward Kennedy e Shin’ichi Yamamoto si erano scritti diverse volte prima del loro incontro. Con un caldo sorriso, il senatore rispose: «Ho il massimo rispetto per le attività della Soka Gakkai e sono felice di avere l’opportunità di incontrarla di persona».
Essendo appena tornato da un viaggio in Cina, il senatore Kennedy chiese a Shin’ichi cosa pensasse di quel paese. Sembrava nutrire un forte interesse per il fatto che la Soka Gakkai, un’organizzazione religiosa, avesse legami di fiducia e di amicizia con la Cina che, come stato comunista, respingeva l’idea stessa di religione.
Shin’ichi rispose: «La Soka Gakkai si è impegnata nella promozione dell’amicizia in quanto organizzazione che si propone, sulla base del Buddismo, di contribuire alla pace e alla cultura. Ho visitato la Cina per tre volte e ho incontrato molti suoi leader, tra cui il premier Zhou Enlai. Nei nostri incontri non abbiamo parlato di religione, ma i nostri dialoghi erano incentrati sulla cultura e sull’educazione, e su come poter lavorare insieme in questi ambiti in quanto esseri umani».
Il senatore Kennedy era convinto che ci dovesse essere qualche conflitto tra gli ideali del Partito comunista cinese, che sottolinea l’importanza dell’uniformità della massa, e il Buddismo, che pone l’accento sull’Illuminazione spirituale dell’individuo.
Ma Shin’ichi disse: «Il Buddismo è una dottrina onnicomprensiva. Prima di tutto, è un ideale che anela alla pace assoluta. In secondo luogo, si tratta di una filosofia che si basa sul rispetto della sacralità della vita e insegna che tutti possono raggiungere l’Illuminazione. Terzo, offre un modello di vita basato sulla compassione, esempio di umanesimo. E quarto, è una filosofia di convivenza armoniosa basata sul reciproco rispetto tra le diverse culture.
«Penso sia evidente che gli insegnamenti del Buddismo che ho descritto a grandi linee in questi quattro punti non sono necessariamente in contrasto con gli ideali del comunismo. Inoltre, il Buddismo spiega che gli esseri umani non possono sentirsi appagati da una filosofia che si basa solo sul materialismo. In tal senso, sono fermamente convinto che le nazioni comuniste prima o poi dovranno cercare una filosofia che preveda anche la realizzazione di sé e l’arricchimento spirituale».
Il dialogo tra il senatore Edward Kennedy e Shin’ichi Yamamoto si spostò quindi sugli affari internazionali. Il senatore Kennedy riconobbe che le due questioni più urgenti all’ordine del giorno erano le armi nucleari e il divario tra il nord e il sud del pianeta, derivante dalle differenze economiche tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo.
Affrontando il tema delle armi nucleari, Shin’ichi disse: «Siamo entrati in un’epoca in cui l’umanità deve scegliere: imparare a convivere in pace o finire sterminata dalle armi nucleari. Ora, in questo momento cruciale, bisogna insistere con tutta la nostra energia sull’abolizione totale delle armi nucleari, per il bene e la sopravvivenza dell’umanità. Non si tratta di una missione solo nostra, è una questione che riguarda l’intero genere umano».
Il senatore Kennedy, sporgendosi in avanti, disse: «Sono assolutamente d’accordo con lei. Durante la sua presidenza, mio fratello John aveva chiesto l’elaborazione di un trattato sul divieto dei test nucleari. Da allora il movimento per la prevenzione della proliferazione nucleare ha continuato a crescere. Ieri, durante il mio intervento a Hiroshima, ho anche chiesto l’abolizione delle armi nucleari, affermando che si tratta di un obiettivo che Giappone e Stati Uniti devono perseguire insieme. Dovrebbe anche essere un obiettivo condiviso dall’umanità nel suo insieme».
L’appassionato impegno del senatore Kennedy per l’abolizione delle armi nucleari ricordava a Shin’ichi il defunto presidente Kennedy. Shin’ichi aveva avuto in programma di incontrare il presidente Kennedy a ­Washington nel febbraio del 1963, su richiesta del presidente stesso. Il presidente Kennedy era appena uscito dalla crisi missilistica cubana, durante la quale gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano andati pericolosamente vicini a una guerra nucleare. Shin’ichi avrebbe voluto dialogare seriamente con il presidente Kennedy sul tema delle armi nucleari, come parte del suo impegno per realizzare lo spirito della Dichiarazione per l’abolizione delle armi nucleari del suo mae­stro Josei Toda.
Il dialogo è uno scambio da vita a vita che può aprire le porte del cuore, è la musica del regno interiore della vita che crea una risonanza positiva tra le coscienze delle persone. Immediatamente prima dell’incontro in programma tra il presidente Kennedy e Shin’ichi Yamamoto, un politico giapponese molto influente interferì, e Shin’ichi fu costretto a rinunciare all’incontro.
Egli sperava ancora di poterlo incontrare un giorno, nel futuro, ma nel novembre del 1963 il presidente Kennedy fu assassinato, alla giovane età di quarantasei anni. Nella voce del senatore si percepiva la forte determinazione di realizzare gli ideali di suo fratello. Parlando del divario tra nord e sud, il senatore disse: «Le nazioni più ricche dovrebbero assumersi una responsabilità etica nei confronti dei paesi più poveri, ma per realizzare questo i paesi dovrebbero essere governati da leader straordinari».
Sottolineando la necessità di un’assunzione di responsabilità morale da parte dei governi dei paesi, il senatore proseguì: «La questione morale viene evidenziata, ad esempio, dal problema della discriminazione razziale negli Stati Uniti. La convinzione dell’opinione pubblica che tale discriminazione dovesse essere eliminata ha svolto un ruolo fondamentale nella risoluzione del problema. Anche nel caso della guerra del Viet­nam, il potere politico non è stato sufficiente a liberarci da quel pantano. Ma il fatto che il popolo si sia opposto con la convinzione che quella guerra fosse moralmente sbagliata, ha esercitato una grande influenza. La politica senza etica si è dimostrata impotente. La ragione per cui ho voluto incontrarla, presidente Yamamoto, è anche sottolineare il mio sincero interesse per la “forza dell’etica”».
L’etica è la strada che gli esseri umani dovrebbero percorrere. Una politica che si è smarrita nel labirinto della logica cinica del potere ha bisogno della forza dell’etica per ritornare su un binario sicuro. La religione può avere un ruolo importante in questa direzione. Colpito dalla profondità del punto di vista del senatore Kennedy, Shin’ichi rispose: «Sono onorato dalle sue parole. Lei ha evidenziato un aspetto molto importante. In qualsiasi nazione, se non viene aperta la strada dello sviluppo spirituale dei cittadini su base etica, la pressione politica diverrà pesante. È fondamentale che il punto di vista del valore dell’essere umano e della dignità senza pari della vita costituisca la base dell’etica».
La voce di Shin’ichi Yamamoto si fece ancora più appassionata: «Sia i governanti che i cittadini dell’Unione Sovietica e della Cina sono esseri umani. Bisogna accrescere la consapevolezza delle persone in tutto il mondo affinché capiscano che tutti noi apparteniamo a un’unica comunità. La mia speranza è riuscire a fare passi concreti in questa direzione. Mentre inevitabilmente continueranno a esserci vari problemi da affrontare all’interno della comunità internazionale, l’attuale situazione di tensione colpirà le popolazioni della Cina e dell’Unione Sovietica tanto quanto colpisce quelle del vostro paese. A questo punto, la cosa più importante è cercare una soluzione attraverso il dialogo».
Il senatore Kennedy, che stava lavorando duramente per la normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, annuendo disse: «La nostra conversazione mi ha fatto venire alcune idee per agevolare lo scambio tra Stati Uniti e Cina. Potremmo, ad esempio, invitare i cittadini cinesi che hanno famiglia o parenti negli Stati Uniti a visitare il nostro paese. Incontrare dei cinesi darebbe agli americani la possibilità di cambiare le proprie opinioni sulla Cina. Dopo tutto, gli americani amano la propria famiglia tanto quanto i cinesi».
«Mi sembra un’ottima idea», disse Shin’ichi. «Potrebbe sembrare un’iniziativa di poco conto, in realtà sarebbe veramente significativa. È un progetto molto umano e realistico».
Sorridendo, il senatore Kennedy continuò: «Io credo che se vogliamo davvero promuovere la comprensione e il rispetto tra le persone, noi stessi dobbiamo comportarci da esseri umani e creare le opportunità per instaurare un contatto da cuore a cuore. Io condivido i suoi ideali, presidente Yamamoto: il punto fondamentale è l’essere umano. Bisogna ricominciare ad avere attenzione per l’essere umano».
Concordando con il senatore Kennedy, Shin’ichi aggiunse che per raggiungere tale obiettivo era necessaria una sana filosofia di vita. Anche il senatore sottolineò che era di vitale importanza per gli Stati Uniti, in quanto superpotenza militare ed economica, esercitare le virtù dell’autocontrollo e della massima tolleranza. E continuò affermando che per realizzare tutto questo era necessario che la religione fosse alla base della politica.
Nel corso del colloquio, i due uomini scoprirono una grande empatia spirituale e costruirono un altro ponte di amicizia tra Stati Uniti e Giappone. Mentre continuava a impegnarsi per permettere alla Soka Gakkai una transizione serena verso il nuovo sistema dei capitoli per la seconda fase di kosen-rufu, Shin’ichi lavorava per stringere nuove amicizie e avvicinare tra loro i paesi.

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Shin’ichi Yamamoto considerava la Divisione donne la vera forza motrice per uno sviluppo luminoso del nuovo sistema dei capitoli. I membri della Divisione donne, infatti, sono il “sole della famiglia”. I loro sforzi per fare attività nella Soka Gakkai con ottimismo, gioia ed entusiasmo, manifestando i fiori dei benefici e creando una famiglia felice, sono una prova meravigliosa della loro fede e porteranno un nuovo impulso nel movimento di kosen-rufu.
Shin’ichi partecipò con entusiasmo alla seconda riunione di centro della Divisione donne al Centro culturale di Tachikawa, il 14 gennaio. Desiderava trasmettere il suo incoraggiamento ai membri della Divisione donne, ringraziarle sinceramente per la loro dedizione incondizionata alla Soka Gakkai e lodarle per i loro sforzi, come dei Budda. Dal 10 gennaio si erano tenute in tutto il Giappone le riunioni generali della Divisione donne in ogni prefettura e in ogni quartiere, per dare inizio a uno dei progetti stabiliti nell’attività: tenere piccoli gruppi di studio e di dialogo.
Shin’ichi ascoltò la proposta durante uno scambio di idee con le rappresentanti della Divisione donne. Rispose subito: «È molto importante. Concentriamo tutte le nostre energie su questi incontri in piccoli gruppi. Le grandi riunioni con centinaia o migliaia di partecipanti possono rivitalizzarci e aumentare la passione; ma ciò che conta veramente è il dialogo tra le singole persone che si può realizzare solo nelle piccole riunioni, perché è lì che si formano le radici della fede. Le grandi riunioni sono sicuramente entusiasmanti, ma se le radici della fede di ogni persona non sono ben consolidate, appena soffia un venticello cadranno. Il dialogo nei piccoli gruppi non è mai unilaterale; possiamo dare spazio a ciò che ogni persona ha da dire, ascoltare i problemi e le domande di ognuno e provare a rispondere in modo appropriato. In altre parole, si può creare un dialogo che lasci tutti soddisfatti, nel quale ognuno rafforzi la propria convinzione. Questa è la chiave. Inoltre, dialogando è possibile stringere forti legami con ogni persona, e ciò unisce i nostri cuori. La Soka Gakkai, a partire dal primo presidente Tsunesaburo Makiguchi, ha fatto delle riunioni di discussione l’attività principale, proprio perché considera il dialogo il punto centrale del nostro movimento. Sia Makiguchi che Toda erano entrambi maestri di dialogo nelle riunioni di discussione».
Mentre le riunioni con tante persone possono essere paragonate alle grandi arterie del nostro corpo, gli incontri di studio e di dialogo in piccoli gruppi e le guide personali, rappresentano i capillari. Nel corpo umano le arterie non sono sufficienti per portare il sangue a ogni singola cellula in tutto l’organismo; ma grazie alle innumerevoli vene più piccole e ai capillari, il sangue, fonte di vita, fluisce in tutto il corpo e ci permette di impegnarci attivamente nelle attività quotidiane. Allo stesso modo, all’interno della Soka Gakkai i piccoli gruppi di discussione e le guide personali assicurano che l’eredità della fede raggiunga ogni singola persona e diventi la linfa vitale che sostiene lo sviluppo di kosen-rufu.
Shin’ichi Yamamoto voleva dare un’ulteriore spinta ai piccoli gruppi di studio e di dialogo della Divisione donne, così partecipò alla seconda riunione di centro delle donne al Centro culturale di Tachikawa, pregando affinché tutte potessero impegnarsi con gioia nella fede. Shin’ichi cominciò a parlare al microfono: «Perché siamo nati in questo mondo?».
All’improvviso il silenzio scese in sala; c’era chi aveva un’espressione pensierosa, chi aveva gli occhi luminosi, chi era in attesa trepidante delle successive parole di Shin’ichi.
«Come indicato nel passo del Sutra del Loto spesso citato nel Gosho, “Gli esseri viventi sono felici e a loro agio” (SDL, 303), per “godere” di questa vita. Lo scopo della nostra pratica è trasformare un’esistenza piena di dolore e sofferenza in un’esistenza piena di felicità, in cui essere “felici e a proprio agio”».
Shin’ichi precisò poi che il mezzo con cui si può attivare la trasformazione della vita in un’esistenza piena di felicità è la recitazione del Daimoku davanti al Gohonzon, e proseguì spiegando il principio su cui si basa questa trasformazione.
«Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon, che rappresenta la vita del Budda, ossia la vita del Budda dell’Ultimo giorno della Legge, la nostra vita si fonde con il grande stato vitale del Budda [Nam-myoho-renge-kyo], e si realizza la fusione di realtà e saggezza (kyochi-myogo). Di conseguenza, siamo in grado di manifestare la Buddità insita nella nostra vita. Lo stato vitale della Buddità è caratterizzato dalle quattro virtù di eternità, felicità, vero io e purezza (jo-raku-ga-jo). Jo significa “eternità”: in altre parole vuol dire che la Buddità insita in noi è eterna e immutabile nel corso delle tre esistenze di passato, presente e futuro. Raku significa “felicità”; indica lo stare tranquilli, trovarsi a proprio agio e senza alcuna sofferenza. Ga significa “vero io”; è una condizione vitale incrollabile, che nulla può danneggiare o distruggere. E jo significa “purezza”; si riferisce a uno stato vitale di suprema purezza e integrità».
Quando la nostra vita è permeata dalle quattro virtù di eternità, felicità, vero io e purezza, non abbiamo timore di nulla e possiamo trascorrere le nostre giornate con serenità, piacevolmente e senza alcuna paura, a prescindere da ciò che accade.
Shin’ichi Yamamoto spiegò che “felici e a proprio agio” nel Buddismo non indica la felicità relativa, condizionata da fattori esterni come ricchezza, posizione sociale, fama, capacità o salute, ma piuttosto un profondo senso di gioia e di appagamento che emerge nella profondità della vita, una condizione vitale di felicità assoluta.
Egli disse: «Sono sicuro che vi capiti di desiderare, per esempio, che lo stipendio di vostro marito sia più alto, che la vostra casa sia un po’ più grande o che i voti dei vostri figli a scuola migliorino. Naturalmente è importante pregare e sforzarsi per realizzare questi obiettivi, tuttavia, la cosa essenziale è costruire uno stato vitale in cui non sarete mai sconfitte o scoraggiate, non importa quanto grandi sono le prove che incontrerete. Anche se vi capitasse di dover rinunciare a tutto ciò che possedete, di ammalarvi gravemente o di perdere la persona a voi più cara, avrete la forza per superare qualsiasi sofferenza e costruire una vita felice: questo significa essere veramente “felici e a proprio agio”. Mentre si trovava sull’isola di Sado e la sua vita era in costante pericolo, Nichiren Daishonin scrisse: “Provo una gioia senza limiti anche se adesso sono in esilio” (RSND, 1, 342). Stabilire una tale condizione vitale è il vero scopo della nostra pratica buddista. Ecco perché è fondamentale avere uno spirito intrepido, per poter affrontare con coraggio anche gli ostacoli più difficili per il bene di kosen-rufu. Senza coraggio, non si può sperimentare la condizione vitale indistruttibile di “essere felici e a proprio agio”».
Shin’ichi desiderava trasmettere la convinzione che la vera felicità, il vero “essere felici e a proprio agio” non è da ricercarsi in una vita piena di lusso e di comodità materiali. Poi continuò: «A volte può sembrare che la nostra vita non sia altro che una lunga serie di difficoltà e sofferenze. Stando così le cose, l’unico modo per vincere in questa esistenza è recitare Nam-myoho-renge-kyo. Coloro che riescono ad andare davanti al Gohonzon con il desiderio di recitare Daimoku, qualunque sia la situazione, hanno una fede solida. Più forte è il vostro ichinen a perseverare nella fede, più grande sarà la buona fortuna che attirerete nella vostra vita, proprio come una calamita che attira il ferro».
Shin’ichi Yamamoto continuò con maggiore enfasi: «Per sperimentare veramente il potere del Gohonzon, è importante che le vostre preghiere siano concrete. Potreste anche provare a stabilire un obiettivo di Daimoku da recitare ogni giorno e sfidarvi in questo. Le vostre preghiere al Gohonzon avranno sicuramente una risposta. Allora proverete una grande gioia e fiducia, e la vostra fede si rafforzerà ulteriormente. Anche se le vostre preghiere non ricevono una risposta immediata, siate certe che state accumulando dei benefici invisibili (myoyaku) e con il passare del tempo otterrete una condizione vitale di completa soddisfazione e appagamento».
Shin’ichi incoraggiò con queste parole i membri della Divisione donne perché desiderava che tutte diventassero felici e potessero vincere nella loro vita: «Vivendo insieme ai nostri compagni di fede della Soka Gakkai, possiamo diventare veramente felici. La Soka Gakkai è la comunità armoniosa dei praticanti (sangha) dei nostri tempi. È altresì fondamentale alzarsi con spirito indipendente e prendere l’iniziativa. Se pensiamo che lo farà qualcun altro, la strada di kosen-rufu non si aprirà. D’altra parte, non bisogna nemmeno isolarsi. Nichiren Daishonin scrive: “Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe cadere lungo un sentiero accidentato” (RSND, 1, 531). Non dimenticate che si può crescere nella fede solo grazie ai legami di solidarietà con i membri anziani nella fede, che sono “buoni amici” che agiscono come influenze positive, incoraggiandoci e stimolandoci gli uni con gli altri, in unità. Inoltre, prendetevi cura di voi stesse e delle vostre famiglie, poiché la fede e kosen-rufu si riflettono innanzitutto nella famiglia. Naturalmente, alcune di voi potrebbero avere mariti o figli che non sono membri della Soka Gakkai, ma non serve essere impazienti. Siate buone mogli e madri, proteggete con saggezza le vostre famiglie e create un’atmosfera calorosa e piena d’amore. Attraverso questi sforzi attirerete la buona fortuna e, come accade quando un frutto di cachi matura, anche i vostri mariti e i vostri figli cambieranno con il tempo. Arriverà sicuramente il giorno in cui i vostri familiari cercheranno il Buddismo del Daishonin di loro spontanea volontà. L’importante è che la famiglia progredisca al suo ritmo».
Shin’ichi Yamamoto concluse il suo discorso alla riunione di centro della Divisione donne dicendo: «Viviamo in tempi incerti, senza prospettive. Nessuno sa cosa accadrà in futuro e la gente è sempre più preoccupata. Ma recitando Daimoku con tutto il cuore possiamo trasformare il veleno in medicina, non importa cosa succede. La nostra fede è una fonte di forza e di speranza senza limiti. Diamo inizio a una nuova partenza, con la convinzione che non ci troveremo mai in una situazione senza via d’uscita finché praticheremo il Buddismo del Daishonin».
Shin’ichi voleva trasmettere ancora tante cose ai membri della Divisione donne, decise perciò, pensando al futuro, di dare la priorità alle loro riunioni per poter dare loro molte guide nella fede.

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Il 15 gennaio il Dipartimento di studio tenne gli esami scritti di livello avanzato in tutto il Giappone, segnando così l’inizio del secondo “Anno dello studio” della Soka Gakkai. La struttura degli esami del Dipartimento di studio fu modificata nel 1973. Fino ad allora, dopo aver superato l’esame di ammissione si diventava membri del Dipartimento di studio e assistenti insegnanti. Poi c’erano gli esami di avanzamento suddivisi per livello, per diventare insegnanti, insegnanti associati, vice assistenti professori, assistenti professori, professori associati e infine professori. Questo sistema fu rinnovato.
Con il nuovo sistema il primo passo, ossia l’esame per diventare membri del Dipartimento di studio e assistenti lettori, rimase invariato, ma per poter salire di livello vennero istituiti gli esami di livello elementare, intermedio e superiore.
Gli assistenti insegnanti e gli insegnanti erano qualificati per sostenere l’esame di livello elementare e, se lo passavano, diventavano vice assistenti professori. I vice assistenti professori e gli assistenti professori erano qualificati per sostenere l’esame di livello intermedio, e una volta superatolo diventavano professori associati. I professori associati erano qualificati per sostenere l’esame di livello superiore e, se lo passavano, diventavano professori.
Approfondire lo studio del Buddismo è una tradizione della Soka Gakkai e un impegno che richiede rigore e diligenza, come l’allenamento con un mae­stro di scherma, e si basa sullo spirito di non retrocedere mai nella fede. È importante far sì che la struttura degli esami venga rinnovata e aggiornata per stare al passo con i tempi. Quando un’organizzazione non riesce a rispondere tempestivamente ai tempi che cambiano, rischia di diventare rigida e intransigente.
Dall’inizio del secondo “Anno dello studio” della Soka Gakkai, Shin’ichi Yamamoto concentrò le sue energie sullo sviluppo del Dipartimento di studio. Il 6 gennaio partecipò alla riunione del consiglio dei professori del Dipartimento, che si tenne prima della riunione dei responsabili di centro.
Il consiglio dei professori era stato introdotto nel 1971. I professori venivano scelti tra i membri del Dipartimento di studio che avevano superato il livello più alto di esami di Buddismo; essi eccellevano nella conoscenza del Buddismo, nel metterlo in pratica e si impegnavano nell’incoraggiare e sostenere gli altri nello studio. Il consiglio dei professori del Dipartimento di studio (attualmente chiamato Concilio delle dottrine religiose) aveva il compito di prendere le decisioni più importanti riguardo alle questioni dottrinali all’interno della Soka Gakkai.
Durante quella riunione, Shin’ichi discusse in dettaglio il modo corretto di leggere e interpretare gli scritti di Nichiren Daishonin. Ad esempio, nel Gosho Il kalpa della diminuzione c’è un passo che dice: «Saggio non è chi pratica il Buddismo prescindendo dalle questioni mondane» (RSND, 1, 995). Si soffermarono sull’esame della pronuncia giapponese dell’ideogramma cinese che rappresenta la parola “pratica”. In realtà questo passo andrebbe interpretato come “non è chi applica” e letto come “non è chi pratica”.
Egli proseguì spiegando il significato dei due passi: «Io, Nichiren, sono la persona più irragionevole del Giappone» (RSND, 1, 529) e: «Io, Nichiren, posso essere anche la persona più irragionevole di tutto il Giappone» (WND, 2, 978).
«Con queste dichiarazioni – disse – il Daishonin si sta riferendo a come era considerato dagli altri. In accordo con ciò che era stato predetto nel Sutra del Loto e alla luce del Buddismo, egli esprime in questi passi la sua ferrea convinzione che l’essere calunniato, maltrattato e perseguitato era la prova concreta che egli stava portando avanti correttamente gli insegnamenti del Budda. Nichiren dichiara che è naturale per chi pratica l’insegnamento corretto dover affrontare tali attacchi».
Questa riunione del consiglio dei professori stabilì l’atteggiamento da mantenere nello studio del Buddismo per poter leggere gli scritti del Daishonin con profondo rispetto, sforzandosi di approfondirli con attenzione e precisione.
L’8 gennaio Shin’ichi partecipò alla decima riunione generale del Dipartimento di studio, durante la quale esortò i membri ad avanzare risolutamente verso il cinquantesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai, nel 1980, adoperandosi affinché lo studio del Buddismo diventasse la forza trainante del movimento di kosen-rufu. La determinazione di Shin’ichi per tracciare questo cammino agì come un potente catalizzatore per le attività di studio della Gakkai di quell’anno.
Un ardente spirito di ricerca e il desiderio di approfondire lo studio del Buddismo di Nichiren Daishonin si diffusero in ogni angolo del Giappone.
Dopo gli esami scritti di livello superiore del 15 gennaio, il 29 gennaio si tennero gli esami di ammissione al Dipartimento di studio. Circa 115.000 membri li superarono e divennero membri del Dipartimento di studio. Il 5 febbraio si tennero gli orali dell’esame di livello superiore e 29.000 membri li superarono. Una settimana dopo, il 12 febbraio, 470.000 membri parteciparono all’esame di livello elementare e lo passarono in 164.000. La maggior parte di coloro che avevano sostenuto l’esame di livello superiore non soltanto studiarono per il proprio esame, ma trascorsero la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo ad aiutare i membri che dovevano sostenere gli altri due esami. Inoltre, colsero quel periodo di preparazione come un’opportunità per far crescere persone di valore, organizzando piccoli gruppi di studio e approfondendo insieme a ogni persona.
Un responsabile della Divisione uomini si recava addirittura in tarda serata a casa di coloro che facevano gli straordinari al lavoro per aiutarli a preparare l’esame di ammissione. Sia coloro che dovevano sostenere l’esame, sia coloro che li aiutavano, affrontavano lo studio con serietà. Tutti desideravano fortemente che lo studio del Buddismo diventasse per ognuno il pilastro della fede.
La Soka Gakkai traboccava di passione e di dinamismo verso una nuova era, grazie agli insegnamenti del Buddismo. La passione nasce da una ferma decisione e da uno spirito combattivo che ci fa dire: «Voglio arrivare fino in fondo, a tutti i costi!». Nasce da un’azione coraggiosa e autonoma, dal rispondere con rapidità e concretezza, e dallo spirito di una competizione amichevole e stimolante per tutti. E, come in ogni lotta, vince chi più arde di passione.

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Il pomeriggio del 16 gennaio, Shin’ichi Yamamoto partì per la città di Matsuyama, nella prefettura di Ehime, a Shikoku, la più piccola delle quattro isole principali del Giappone. Egli pensava al 1978 non solo come l’ultimo anno prima del termine delle sette campane nel 1979, ma come il punto di partenza per spiccare il volo verso una nuova era. Per questo era determinato a visitare, nel corso dell’anno, tutte le zone del Giappone.
Shin’ichi Yamamoto giunse al Centro culturale di Ehime (attuale Centro culturale di Matsuyama) insieme al vice presidente Hisao Seki e al responsabile generale della regione di Shikoku, Kazumasa Morikawa, poco dopo le 16. Uscito dalla macchina, Shin’ichi fu accolto dal responsabile della regione di Shikoku, Seitaro Kumegawa, e da altri membri che attendevano il suo arrivo. Egli disse loro: «Questo è l’anno dello Shikoku. Non importa quanto sarò occupato, ho in programma di tornare qui più volte. Desidero creare una nuova ondata di sviluppo per un nuovo Shikoku, verso il ventunesimo secolo. Sono pronto a dedicare tutte le mie forze per costruire un’indistruttibile fortezza della fede a Shikoku».
Shin’ichi visitò il Centro culturale. Nella sala d’ingresso c’era una mostra di fotografie delle sue precedenti visite a Ehime, insieme a una raccolta delle determinazioni dei membri. Osservando attentamente ogni pannello della mostra, Shin’ichi disse con commozione: «Che bei ricordi! Come sta questa signora anziana? Questo bambino sarà uno studente universitario ormai! Vorrei incontrarli tutti di nuovo».
Ogni immagine, ogni foto era impressa indelebilmente dentro di lui. Sapendo che avrebbe potuto non incontrare più quelle persone, egli le incideva tutte nel suo cuore, deciso a non dimenticarle. Poco dopo, mentre si trovava nella sala dedicata alla relazione tra mae­stro e discepolo, Shin’ichi si mise subito a scrivere dei biglietti di incoraggiamento per i membri.
Quella sera, intorno alle 18.30, al Centro si sarebbe tenuta una riunione dello staff esecutivo della prefettura di Ehime. Durante le sue visite, Shin’ichi dava sempre grande importanza agli intervalli tra i vari eventi e le riunioni, perché quelli erano i momenti migliori per incontrare i responsabili, per dare guide personali, per verificare i documenti e scrivere articoli e discorsi. Anche quei momenti che gli altri consideravano “tempo libero”, per Shin’ichi erano parte della sua intensa lotta per determinare la vittoria o la sconfitta.
La vittoria in ogni impresa si decide in base a quanto efficacemente usiamo il nostro tempo, senza sprecare neanche un istante, e a quanto duramente lavoriamo, anche quando i nostri sforzi passano inosservati. Coloro che continuano a perseverare con diligenza, anche quando nessuno li vede, sono persone di valore.
Shin’ichi Yamamoto sentiva crescere la passione e l’energia. Era fermamente deciso, con spirito combattivo, a dare impulso allo sviluppo di una nuova era a Shikoku, durante gli otto giorni del suo soggiorno nelle prefetture di Ehime e Kagawa.
Nella Sala mae­stro e discepolo del Centro culturale di Ehime, disse a Kazumasa Morikawa: «È giunto il momento. Il tempo di alzare il sipario su una nuova era è arrivato. Ora è il momento di alzarsi e agire! Nichiren Daishonin scrive: “La vita è il più prezioso di tutti i tesori. Anche un solo giorno di vita in più ha maggior valore di dieci milioni di ryo d’oro” (RSND, 1, 848). Non bisogna sprecare nemmeno un istante delle nostre preziose giornate. Dedichiamo tutti noi stessi, fino in fondo, alla realizzazione di kosen-rufu, l’opera più importante». Morikawa annuì e rispose risolutamente che l’avrebbe fatto.
Con un sorriso, Shin’ichi aggiunse: «Per creare lo slancio per la crescita e lo sviluppo è necessario trasformare l’ichinen delle persone. La situazione non cambierà mai se troviamo una giustificazione dopo l’altra, come ad esempio: “I tempi sono duri” oppure: “Non ci sono abbastanza persone disponibili”. Basandoci sul nostro senso di responsabilità personale possiamo trasformare un ichinen rivolto alla rassegnazione, all’accettazione passiva delle circostanze, in un ichinen rivolto a cambiare le situazioni in cui ci troviamo, decidendo di sfidarci e lottare con coraggio. In questo periodo ci sono pochi segnali di ripresa economica e pochissime buone notizie. Inoltre, le persone hanno perso di vista i princìpi fondamentali che dovrebbero guidarli nella vita. È davvero un’epoca corrotta e degenerata. Per questo è così importante portare avanti kosen-rufu facendo ardere il nostro senso di missione. La Soka Gakkai è apparsa per eliminare l’infelicità e le sofferenze dal mondo. Nella fase pionieristica della nostra organizzazione, ciascuno dei nostri capitoli teneva alto il vessillo della propagazione della Legge; con orgoglio abbiamo costruito un grande movimento di persone comuni, animati dal desiderio di liberare il mondo dalla sofferenza. Lo spirito del nuovo sistema dei capitoli, in questa seconda fase di kosen-rufu, consiste nel far sì che i responsabili di capitolo, insieme a tutti i membri, risveglino la stessa determinazione».
Giunto in netto anticipo alla conferenza esecutiva della prefettura di Ehime, Shin’ichi Yamamoto partecipò pieno di entusiasmo e spiegò chiaramente come far crescere i responsabili di prefettura: «In qualsiasi società od organizzazione, e in particolare nella Soka Gakkai che ha l’obiettivo di realizzare kosen-rufu, le comunicazioni e i resoconti non devono essere fatti in ritardo. La Soka Gakkai ha la missione di indicare alle persone la via per conseguire la Buddità in questa esistenza. Il modo in cui interagiamo con i membri e rispondiamo loro può influire direttamente sulla loro felicità. Perciò, in ogni situazione, preoccupiamoci di fare le comunicazioni e i resoconti con velocità e accuratezza, così da poter offrire guide appropriate e incoraggiamenti tempestivi. Le regioni e le prefetture del Giappone che passano rapidamente le comunicazioni alla sede centrale della Soka Gakkai, oltre ad avere lo stesso ritmo nell’attività, sono in grado di rimanere vicine al suo spirito. Per favore ricordatevi che l’unità di “diversi corpi, stessa mente” si manifesta in una comunicazione rapida e scrupolosa».
Shin’ichi continuò affermando che le tre tipologie di esposizione del Sutra del Loto – estesa, abbreviata ed essenziale – di cui parla Nichiren Daishonin in vari scritti, possono essere applicate anche alle comunicazioni, ai resoconti e ai consigli nella fede. «Comunicare tutto dettagliatamente è la forma estesa, spiegò. Omettere ciò che può essere tralasciato cercando di riassumere in modo semplice è la forma abbreviata, mentre sintetizzare al massimo le informazioni è la forma essenziale. Qualora non ci fosse abbastanza tempo per fare comunicazioni o resoconti dettagliati, dovreste concentrarvi su ciò che è essenziale e comunicare soltanto quello, in modo accurato. Se c’è un po’ più di tempo, potete adottare la forma abbreviata. Quando c’è bisogno di dare un quadro completo che comprenda anche gli antefatti e il contesto generale per poter avere uno scambio di opinioni e discutere la questione, la più appropriata è la forma estesa. Quando partecipate alle riunioni con i membri e c’è poco tempo, il vostro intervento dovrebbe essere breve ed essenziale. Non fate il bene di chi ascolta parlando troppo a lungo: alla fine ciò che volete trasmettere può non risultare chiaro».
Shin’ichi profuse tutte le sue energie nel ribadire ancora una volta ai responsabili i princìpi base, perché sviluppare solide fondamenta è la chiave per la vittoria. Come disse il poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941): «Più alta è una torre, più larga deve essere la sua base».
Le indicazioni date da Shin’ichi Yamamoto alla conferenza esecutiva erano estremamente concrete. Inizialmente potevano sembrare fin troppo particolareggiate, ma questo fu intenzionale perché le discussioni astratte spesso non riescono a trasmettere il vero significato. È importante che le guide siano concrete. Dopo la conferenza esecutiva, Shin’ichi incontrò il prete responsabile di un tempio locale della Nichiren Shoshu a Imabari, nella sala d’aspetto al secondo piano del Centro culturale di Ehime, e gli chiese di prendersi cura con tutto il cuore dei membri della Soka Gakkai.
Subito dopo, Shin’ichi fece Gongyo nella grande sala per le riunioni con gli staff Eventi e con i dipendenti del Centro culturale, e poi tenne con loro un incontro informale. Incontrò anche le famiglie del responsabile della Divisione giovani di prefettura, Norio Sakata, e del responsabile della Divisione giovani uomini di prefettura, Shusaku Kibayashi. Sia Sakata che Kibayashi erano dipendenti della Soka Gakkai. Sakata aveva tre bambine, di otto, sei e quattro anni; Kibayashi aveva un figlio di sei mesi. Shin’ichi disse alle loro mogli: «Lo spirito dei dipendenti della Soka Gakkai è essere al servizio dei membri. I vostri mariti sono impegnati a proteggere i membri e si dedicano a kosen-rufu insieme a me. Forse in futuro ci saranno anche momenti difficili, ma vi prego di dare loro il vostro pieno sostegno». Poi si rivolse alle bambine: «I vostri padri sono persone meravigliose che si stanno sforzando al massimo per la felicità di tutti. Spero che crescendo un giorno diventerete come loro. Impegnatevi nello studio. Se siete d’accordo, oggi vorrei suonare per voi dei brani al pianoforte».
Shin’ichi andò al pianoforte e suonò per loro Kojo no Tsuki (La luna sopra le rovine del castello), Sakura (Fiori di ciliegio) e altre canzoni. A un certo punto il figlio di sei mesi di Kibayashi scoppiò a piangere durante l’esecuzione di Shin’ichi. La madre, dispiaciuta, uscì dalla sala con il bambino in braccio, con uno sguardo di scuse.
Dopo aver suonato il pianoforte, Shin’ichi fece un giro per il Centro culturale. Mentre controllava che tutto fosse in ordine, disse al responsabile della regione di Shikoku, Seitaro Kumegawa: «È importante che i responsabili più alti continuino a incoraggiare i familiari degli altri responsabili. Quando quei bambini ai quali ho parlato stasera diventeranno grandi, potrebbero chiedere: “Perché il mio papà non è mai a casa?”, ma se ricorderete loro le mie parole, si sentiranno fieri di lui e incoraggiati a impegnarsi a loro volta».
Shin’ichi si affacciò anche nella stanza della custode del Centro culturale di Ehime. Fu lì che incontrò la moglie di Shusaku Kibayashi, che stava cercando di calmare il neonato che piangeva. Quando vide Shin’ichi, la donna chinò il capo, imbarazzata. «Non si preoccupi», disse Shin’ichi. «Per i neonati il pianto è l’occupazione principale. Li fa crescere pieni di vitalità e in buona salute». Nella stanza c’era anche Misuzu Tsukiji, custode del Centro e moglie del responsabile amministrativo della prefettura di Ehime della Soka Gakkai. Era lì con i suoi due figli che andavano ancora alla scuola elementare. Quando i bambini videro Shin’ichi si misero subito a sedere composti. «Per favore, mettetevi a vostro agio! Fate parte della Divisione scuole elementari, non è vero? Non vedo l’ora di ammirare il vostro brillante futuro. Spero che un giorno frequenterete l’Università Soka!».
In quel momento arrivarono Yoshie Tabuchi, responsabile della Divisione donne della prefettura di Ehime, e altre responsabili più anziane, per un incontro già stabilito. Vedendo Shin’ichi si raccolsero attorno a lui. I responsabili che accompagnavano Shin’ichi pensarono che questa fosse l’ultima riunione ma, verso le dieci e trenta di sera, Shin’ichi invitò alle terme del centro due responsabili della Divisione giovani uomini e mentre facevano il bagno ci fu un altro momento di dialogo. Shin’ichi chiese loro: «Cosa pensate che si possa fare per rendere più solida la Soka Gakkai nello Shikoku?». Entrambi, forse perché la domanda era complessa, risposero in modo confuso. Shin’ichi continuò: «Come responsabili della Divisione giovani, dovreste costantemente pensare a come far progredire la Soka Gakkai, con la decisione di assumervi voi stessi la piena responsabilità. È anche necessario che pensiate a come far sì che la regione dello Shikoku si sviluppi. Qual è, secondo voi, il requisito necessario per i responsabili di questa isola?». I due giovani non riuscirono a dare una risposta.
«Io credo che sia il calore umano. La razionalità e la logica non sono sufficienti. Ho la sensazione che la cordialità abbia una grande importanza nello Shikoku. Per di più, credo che qui non sarebbe conveniente seguire una linea di azione uniforme. Per esempio, per far crescere persone di valore potreste creare dei piccoli gruppi e coltivare le caratteristiche peculiari di ogni zona». I giovani uomini furono profondamente toccati dalla sincerità di Shin’ichi, che desiderava con tutto il cuore far crescere i giovani. Immersi nella vasca, trattennero lacrime di commozione e di gratitudine. Il comportamento può guidare gli altri più delle parole.
La mattina seguente Shin’ichi Yamamoto si fermò per prima cosa dalla custode del Centro culturale di Ehime. Non voleva perdere nemmeno un’occasione per incontrare, lodare e incoraggiare tutte le persone che lavoravano diligentemente, dietro le quinte, per mandare avanti il Centro. Dopo aver discusso quella mattina con le responsabili della Divisione donne su come portare avanti le attività, nel pomeriggio Shin’ichi partecipò a una cerimonia in cui venne piantato un albero nel giardino del Centro culturale. Poi andò a trovare il prete responsabile di un tempio della Nichiren Shoshu a Matsuyama, con cui si intrattenne per un dialogo informale. Shin’ichi sottolineò che la Soka Gakkai era impegnata a proteggere la Nichiren Shoshu e a ricercare un’armoniosa unità tra clero e laici per realizzare kosen-rufu. Shin’ichi si prendeva cura e mostrava sempre massimo rispetto per i templi di ogni zona. Subito dopo, Shin’ichi visitò il Centro culturale di Matsuyama che, prima dell’apertura del Centro culturale di Ehime, era stato il principale punto di riferimento della Gakkai nella prefettura.
Si stavano svolgendo le prove di un coro della Divisione donne e giovani donne che avrebbe dovuto cantare quella sera a una riunione dei responsabili della prefettura di Ehime.
«Ciao a tutte voi!», gridò Shin’ichi. Le partecipanti erano felicissime di vederlo. «Sono così felice di incontrarvi. Le canzoni sono molto importanti. Per favore, stasera incoraggiate tutti con le vostre voci piene di coraggio, speranza e gioia, affinché tutti possano rivitalizzarsi!».
Le canzoni della Soka Gakkai hanno sempre accompagnato il progresso di kosen-rufu. I compagni di fede hanno sempre tratto ispirazione e forza dalle canzoni della Gakkai, nei momenti belli e in quelli bui, quando si correva con gioia per propagare il Buddismo o quando si piangeva per le critiche e le calunnie. Una poesia del poeta tedesco Cäsar Flaischlen (1864-1920), divenuta popolare in Giappone grazie al drammaturgo Yuzo Yamamoto (1887-1974), contiene questi versi: “Possa una canzone risuonare sulle tue labbra / e mai tu perdere il coraggio / possa il sole risplendere nel tuo cuore“. Il sole nei nostri cuori non è altro che la fierezza e la gioia di vivere fino in fondo la nostra missione per kosen-rufu come Bodhisattva della Terra. Le canzoni della Soka Gakkai rappresentano il ruggito impavido di mae­stro e discepolo che emergono dalla terra. Sono una fonte inesauribile di coraggio.
Shin’ichi disse: «Quest’anno desidero sviluppare anche le attività dei cori. Ora che sono stati creati i nuovi capitoli, desidero che ognuno di essi sia incoraggiato a comporre la propria canzone. Dopo tutto, lo spirito del movimento Soka è caratterizzato dalla vivacità, dall’allegria e dal profumo della cultura».
Poi Shin’ichi suonò il pianoforte e dedicò alcuni brani alle donne presenti.
La sera del 17 gennaio Shin’ichi Yamamoto partecipò alla riunione dei responsabili di prefettura al Centro culturale di Ehime. Il coro delle Divisioni donne e giovani donne intonò i canti della Gakkai Villaggio di Atsuta, I tre martiri di Atsuhara e Canzone della famiglia di Ehime. Applaudendo vigorosamente, Shin’ichi disse loro: «È stato meraviglioso! Siete le migliori in Giappone!». Le sue parole riflettevano il desiderio che i membri di Ehime sviluppassero lo spirito di trainare tutto il Giappone. Poi fu il momento del discorso di Shin’ichi: «Ci stiamo impegnando nella pratica buddista per superare tutti i momenti difficili e le sofferenze e diventare felici. Per riuscire a farlo, abbiamo bisogno di una forza indomita. Ma cos’è questa forza? Si dice spesso che sono forti le persone che hanno un obiettivo chiaro nella vita, o delle convinzioni profonde o dei veri amici. Noi della Soka Gakkai abbiamo tutte e tre queste cose: abbiamo il nobile scopo di realizzare kosen-rufu e conseguire la Buddità in questa esistenza; abbiamo la ferma convinzione che praticando il Buddismo di Nichiren Daishonin possiamo raggiungere una felicità indistruttibile per noi stessi e per gli altri; infine, abbiamo dei compagni nella fede con cui nutriamo reciproca fiducia, e una famiglia Soka unita da una rete di profonda amicizia dove tutti si incoraggiano e si sostengono. In altre parole, possediamo già tutti i nobili requisiti per rafforzare noi stessi, e la fede nella Legge mistica ci permette di renderli concreti, poiché questa è la pratica per diventare felici».
Shin’ichi continuò affermando che i responsabili della nostra organizzazione hanno la missione e la responsabilità di aiutare tutti a diventare felici. Disse: «Spero che la Soka Gakkai di Ehime vada avanti con la determinazione che “ogni membro, nessuno escluso, entri a far parte del Dipartimento di studio”, che “ogni membro, nessuno escluso, sia abbonato al Seikyo Shimbun, che “nessun membro abbia incidenti e che ognuno di loro diventi una persona di valore dedita a kosen-rufu”. La cosa importante è “ogni membro, nessuno escluso”.
Come afferma Nichiren Daishonin nel Gosho: «Se non fossero Bodhisattva della Terra, non potrebbero recitare il Daimoku» (RSND, 1, 341), coloro che hanno abbracciato la Legge mistica sono tutti, nessuno escluso, Bodhisattva della Terra. La Soka Gakkai esiste per risvegliare nelle persone questa consapevolezza, così che possiamo tutti diventare felici».
«Io sono un Bodhisattva della Terra»: questo profondo risveglio spirituale sperimentato da Josei Toda in prigione è il punto di origine della Soka Gakkai.
In questa epoca malvagia dell’Ultimo giorno della Legge, i Bodhisattva della Terra praticano il Buddismo e propagano la Legge nella società, in ogni luogo. Quando ci risvegliamo alla nostra identità di Bodhisattva della Terra e iniziamo a lottare per realizzare kosen-rufu proprio là dove ci troviamo, l’invincibile condizione vitale del bodhisattva pulserà dentro di noi, le funzioni protettive dell’universo ci proteggeranno e noi sperimenteremo benefici infiniti. Eppure, se i compagni di fede permettono lo svilupparsi di conflitti e ostilità, rischiano di allontanarsi dal sentiero della felicità e di annullare fortuna e benefici.
Shin’ichi Yamamoto affermò con convinzione: «Nel Gosho Le quattordici offese il Daishonin parla dei quattordici tipi di offesa del Sutra del Loto. Le ultime quattro sono il disprezzo, l’odio, l’invidia e il rancore, in particolare verso coloro che abbracciano il Gohonzon: in altre parole significa nutrire sentimenti negativi o di ostilità verso i compagni di fede e litigare tra di noi. Poiché Nichiren Daishonin considera queste quattordici offese estremamente gravi, egli afferma: “Devi guardarti da esse” (Le quattordici offese, RSND, 1, 670). Offesa, gelosia e rancore non solo cancellano i benefici e la buona fortuna, ma portano a distruggere la nostra organizzazione che si sta adoperando per kosen-rufu. Per questo sono così dannose. Non è facile unire i nostri cuori e creare armonia nella nostra organizzazione. Tutti i membri si impegnano, ma spesso non ricevono benefici. Se osserviamo attentamente le organizzazioni locali in cui le cose non vanno tanto bene si vede chiaramente che il problema basilare sono le offese, la gelosia e il rancore reciproco».
Perché persone che hanno abbracciato il Gohonzon o responsabili della Soka Gakkai finiscono col nutrire reciprocamente gelosia e rancore? Il Daishonin ci dà la risposta: «Le quattordici offese descritte nel capitolo “Parabola” sono la manifestazione della mancanza di fede» (WND, 2, 24). La causa fondamentale dell’offesa si trova in coloro che non credono che siamo tutti inviati del Budda e Bodhisattva della Terra, e non credono nella legge di causalità della vita.
Quando non si riesce a nutrire una fede assoluta nella Legge mistica, si finisce col vedere le cose da una prospettiva relativa, basata su questioni mondane. Nella società troppo spesso chi possiede uno status elevato, ricchezza o potere, tende a disprezzare gli altri guardandoli dall’alto in basso. D’altra parte è anche vero che le persone spesso provano invidia o risentimento verso coloro che hanno uno status sociale superiore, o più denaro e potere. Senza una profonda convinzione negli insegnamenti del Buddismo, la stessa cosa può avvenire all’interno della Soka Gakkai.
Ad esempio, una persona a cui viene affidata una responsabilità più alta nell’organizzazione, potrebbe pensare di essere diventata importante, e comincia perciò a guardare dall’alto in basso i compagni di fede e a mostrare un comportamento arrogante e insolente. In particolare, coloro che non hanno capacità e fiducia in se stessi sono particolarmente inclini a essere altezzosi, autoritari e arroganti, e potrebbero anche adulare chi considerano socialmente superiore, o trattare con disprezzo chi considerano inferiore. Potrebbero inoltre ostentare un atteggiamento falsamente educato verso i compagni di fede. In altri termini, anche se superficialmente mostrano rispetto, in realtà il loro ego li porta a considerarsi migliori di altri e non riescono a credere che ogni persona è un’inviata del Budda e a rispettarla come tale.
Se i responsabili cadono in un simile comportamento, non si riuscirà a creare una profonda unità, e sorgeranno gelosia, invidia, risentimento. Inoltre, quando i responsabili non vanno d’accordo tra loro, ciò succede perché non riescono a superare il proprio egocentrismo che li porta a pensare: «Io, io, io…» e di conseguenza non riescono a rispettarsi l’un l’altro. Per quanto si sforzino di nasconderlo, sono dominati dal mondo di Collera e dal desiderio di prevalere sugli altri.
Shin’ichi Yamamoto analizzò le “quattordici offese” alla riunione dei responsabili della prefettura di Ehime perché la Soka Gakkai, la cittadella delle persone comuni, non potrà prosperare in eterno se non si costruisce un’organizzazione armoniosa, attraverso la “rivoluzione” del carattere e della condizione vitale di ogni persona. La cosa fondamentale è che ognuno conduca un’esistenza basata sul Buddismo. Il Bodhisattva Mai Sprezzante è il modello di chi nutre una fede assoluta nella Legge mistica e si comporta in modo esemplare.
Nonostante fosse consapevole delle persecuzioni che ne sarebbero derivate, il Bodhisattva Mai Sprezzante, che credeva nella natura di Budda di tutte le persone, continuò a predicare il “Sutra del Loto in ventiquattro caratteri”. In altre parole, egli si inchinava di fronte a ogni persona che incontrava e la lodava dicendo: «Nutro per voi un profondo rispetto; non oserei mai trattarvi con disprezzo o arroganza. Perché? Perché voi tutti state praticando la via del bodhisattva e conseguirete certamente la Buddità» (SDL, 355). Eppure le persone reagivano colpendolo con bastoni e verghe e gettandogli sassi e mattoni.
Dal comportamento del Bodhisattva Mai Sprezzante impariamo l’importanza di mostrare il massimo rispetto verso tutte le persone in egual misura, condividendo il Buddismo con loro, senza distinzione di classe o condizione sociale. Questo dovrebbe essere anche il modo in cui si comportano i responsabili e tutti i membri della Soka Gakkai che si impegnano per la realizzazione di kosen-rufu.
Il Bodhisattva Mai Sprezzante riuscì a portare avanti la pratica di inchinarsi agli altri in segno di rispetto, nonostante fosse perseguitato e attaccato con durezza, perché nutriva una ferma convinzione nel Buddismo che insegna che tutte le persone possiedono la natura innata di Budda, e che attraverso la pratica del rispetto verso gli altri si può conseguire l’Illuminazione. Mosso dal senso di missione di condurre all’Illuminazione tutte le persone, egli credeva fermamente nella Legge di causalità della vita.
La chiave per conseguire la Buddità e diventare felici risiede dentro noi stessi. Il Buddismo ci risveglia a questa verità. Ecco perché Nichiren Daishonin scrive: «Se pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica, ma un insegnamento inferiore» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 3). I praticanti sinceri del Buddismo del Daishonin conducono la propria esistenza sulla base della Legge mistica che permea il loro essere.
Lasciarsi influenzare da circostanze esterne, impegnarsi con entusiasmo quando si ricevono lodi e abbandonare il Buddismo quando si ricevono critiche o insulti, significa cercare la Legge al di fuori di sé. È importante che i responsabili interagiscano con i membri con sincerità e onestà, lodandoli e incoraggiandoli. Se c’è un responsabile che non si prende cura dei membri, e agisce o parla in maniera inadeguata a causa della propria negligenza, allora è necessario che i responsabili più alti intervengano dando una guida appropriata.
Bisogna anche ricordare che, a prescindere da chi sia il nostro responsabile o da quali azioni scoraggianti o deludenti egli possa compiere, permettere che queste abbiano un effetto negativo sulla nostra fede significa lasciarsi influenzare e sconfiggere dalle funzioni demoniache.

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