Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Paura di morire, paura di vivere? - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:17

514

Stampa

Paura di morire, paura di vivere?

Cinzia Galizia, Settimo Torinese (TO)

Grazie al Buddismo avevo imparato come tutto ciò che avveniva nella mia vita era un’occasione per trasformare il veleno in medicina. Con questo stato vitale accolsi e accettai la responsabilità di capitolo giovani donne che un anno prima, non sentendomi adeguata, avevo rifiutato

Dimensione del testo AA

Grazie al Buddismo avevo imparato come tutto ciò che avveniva nella mia vita era un’occasione per trasformare il veleno in medicina. Con questo stato vitale accolsi e accettai la responsabilità di capitolo giovani donne che un anno prima, non sentendomi adeguata, avevo rifiutato

Nel 2000, grazie a mia sorella Katia, ho incontrato il Buddismo di Nichiren Daishonin e due anni dopo, a dicembre, ho ricevuto il Gohonzon. Mi impegnavo nell’approfondire la pratica corretta del Buddismo, per esempio superando pian piano la paura di spiegare i princìpi fondamentali alle riunioni di discussione. Di pari passo cominciai ad affrontare e a trasformare un problema della mia vita alla volta: il rapporto con mia mamma, lo studio e la relazione sentimentale. Ciononostante mi sentivo intrappolata, bloccata davanti a una porta aperta senza essere in grado di oltrepassarla.
Una sera di giugno del 2007 scoprii di avere paura di morire, ma di avere altrettanta paura di vivere. Iniziai a recitare Daimoku per fare emergere la “vera” Cinzia da dentro di me. E decisi di fare ciò che mi faceva più paura: mi iscrissi, di nuovo, all’università, contattai nuovamente i miei insegnanti di tango e ripresi a ballare. Ma nel mio cuore ero arrabbiata e stanca.
Dopo qualche settimana cominciai a fare delle visite di accertamento per un piccolo nodulo al seno. Mi venne detto che non era niente di preoccupante e che mi sarei dovuta controllare dopo sei mesi. Però, ogni volta che recitavo davanti al Gohonzon emergeva forte e chiara la necessità di approfondire e non fermarmi alla prima risposta, anche se la frase “non è niente di preoccupante” era esattamente quello che volevo sentirmi dire.
Feci altri controlli cambiando medici e strutture. Il 13 settembre mi diagnosticarono un tumore al seno e la certezza di lì a un mese di doverlo asportare.
Il mio primo pensiero andò a una frase del secondo presidente Josei Toda: «La sconfitta può essere trasformata in causa di vittoria futura, ma allo stesso modo la vittoria può essere causa di sconfitta» (Giorno per giorno, Esperia, 6 ottobre). Capii che in quella che apparentemente sembrava una sconfitta, c’era il seme della vittoria e che il Buddismo mi aveva educato con naturalezza alla vittoria. Ma quando questo primo pensiero venne spazzato via, nel mio cuore e nella mia mente esplose il mondo d’Inferno.
Il giorno dopo feci una seconda visita in un’altra struttura e lì decisero di iniziare la chemioterapia la settimana successiva, per fermare l’avanzamento del tumore, senza scartare la necessità di un intervento di asportazione totale del seno. La sera stessa chiesi un consiglio nella fede e fui spronata ad avere coraggio: ciò che dovevo combattere non era la mia malattia, ma “l”impedimento” della malattia. Non capivo cosa volesse dire. Iniziò subito a emergere un pensiero anzi una certezza nel mio cuore: sarei morta senza aver concluso nulla nella mia vita e senza aver lasciato niente agli altri, quante cose non avevo fatto per paura. Eccolo l’impedimento della malattia! (cfr. RSND, 1, 833)
Iniziai la chemioterapia con questo stato vitale; ebbi un shock anafilattico. Il giorno dopo mentre facevo Gongyo cercai dentro di me il coraggio e decisi che la terapia avrebbe dato il massimo risultato e che la mia vita non sarebbe stata in pericolo. Fu un grande passo avanti. Nel giro di una settimana però la mia vita cambiò. Mi ritrovai costretta a letto dai dolori fisici, e ad avere attacchi di panico. La lotta era quotidiana, momento dopo momento. Mi sentivo in colpa perché non riuscivo a recitare Daimoku, perché erano gli altri a incoraggiare me e non io che conoscevo la Legge mistica e perché il mio percorso di terapia era pieno di intoppi.
Mia sorella mi incoraggiò con le parole con cui il presidente Ikeda spiega il Gosho Gli otto venti: «Pensare che le cose debbano andare per il meglio e che incontrare difficoltà sia in qualche modo un’anomalia di cui non ci riusciamo a capacitare, in particolare perché pratichiamo, è un’ altra idea che non trova fondamento nel Buddismo che seguiamo» (BS, 124, 13).
Ora sapevo dove ero caduta, ma sapevo anche come rialzarmi. Mi sentii più tranquilla e con il cuore calmo. Sentii la vicinanza di tante persone, dei compagni di fede che mi sostenevano in ogni momento, anche in ospedale. Il sostegno lo sentivo forte e sincero anche da parte del mio compagno Davide con il quale convivevo da un anno e da mia mamma, che leggeva per me, pur non praticando, gli incoraggiamenti del mio maestro manifestando per la prima volta la gioia per la mia pratica buddista. Ho imparato pian piano a non sentirmi in colpa per avere bisogno di aiuto.
La questione era vincere sul “demone” della paura. Cosa potevo fare? Prendermi cura di me con più amore e compassione, allargare la mia vita realizzando kosen-rufu. Partecipai a una riunione per i giovani mandando un biglietto di ringraziamento a tutti per il loro sostegno e realizzando piccoli regali per i partecipanti. Compilai il piano di studi per l’università senza cedere al pensiero che l’anno accademico in corso ormai fosse perduto. Iniziai a leggere La nuova rivoluzione umana: mi calmava la mente e il cuore, mi dava fiducia e faceva nascere in me il desiderio di progettare il futuro. Alla fine della terapia, i risultati furono eccellenti: il nodulo si era ridotto da sei centimetri a poco più di uno. Era quello che avevo desiderato davanti al Gohonzon, era possibile ora un intervento conservativo, fissato per il 9 gennaio 2008.
Così fu. Solo l’esito negativo dell’esame istologico non avrebbe reso necessario un secondo intervento per l’asportazione totale del seno. Davanti al Gohonzon decisi che già all’inizio di febbraio avrei ricevuto questo esito e pianificato il seguito delle terapie, e non dopo quaranta giorni come previsto. Volevo guarire, e guarire presto.
Il risultato arrivò a fine gennaio, con esito negativo, ma dovevo rinunciare al mio desiderio; alcuni medici dello staff mi contattarono per pianificare il secondo intervento. Davanti al Gohonzon trovai il coraggio di credere in ciò che avevo deciso, contattai il chirurgo che mi aveva operata; si era verificato un malinteso: il risultato di piena guarigione si sarebbe raggiunto con la sola chemioterapia post-operatoria.
A questo nuovo inizio di chemioterapia ero cambiata: la mia mente e il mio cuore si erano finalmente “alleati” e mi sentivo felice, sentivo la bellezza e la grandezza della mia vita. Che gioia! Avevo anche la forza di accogliere a casa mia una volta alla settimana i giovani del capitolo per recitare e studiare insieme.
Terminai le cure a metà luglio ma già da giugno ripresi a lavorare. Grazie al Buddismo avevo imparato che tutto ciò che avveniva nella mia vita era un’occasione per trasformare il veleno in medicina e con questo stato vitale ho accolto e accettato la responsabilità di capitolo giovani donne che avevo rifiutato un anno prima non sentendomi adeguata.
Oggi sento la mia fede salda. Non posso dire che la sfiducia non emergerà ancora, ma ora so esattamente che non è la sostanza della mia vita: la sostanza è che la Divisione giovani del capitolo è cresciuta, ci sono più giovani e nuovi membri. È stato fatto anche il primo meeting della Divisione futuro. Quanta gioia!
Ho ripreso l’università sostenendo due esami con fatica ma anche con gioia, insomma, mi sono divertita.
Ho ripreso a ballare il tango e questa volta con il mio compagno.
Il mio desiderio è che i giovani siano un diamante del Piemonte e che continuino a emergere tantissimi leader di kosen-rufu. Ancora una volta le parole di Toda mi incoraggiano e mi spronano a osare: «I giovani dovrebbero coltivare dei sogni che sembrano quasi troppo grandi per essere realizzati. Nella vita inevitabilmente riusciamo a realizzare solo una piccola parte di quanto vorremmo. Quindi se cominciate da sogni troppo piccoli finirete col non realizzare nulla di significativo» (BS, 153, 48).
Adesso ho ripreso in mano con più forza e convinzione il desiderio di laurearmi e, dopo quindici anni di esperienza come educatrice di asilo nido, di aprire una struttura dove contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia basata sul rispetto profondo e sincero della vita.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata