L’educatore e lo studente sono compagni di viaggio nella visione avvenieristica di Tsunesaburo Makiguchi. La sua idea di scuola è tuttora lontana dalla realtà, ma ci offre una meta chiara verso cui tendere: scuola e realtà quotidiana devono essere legate e sostenersi a vicenda. La scuola diventa il luogo per formare individui felici
Quando un paio d’anni fa lessi il messaggio del presidente Ikeda per il 16 marzo, la frase «create valore, adesso, nel posto in cui vi trovate», mi cambiò la vita. Avevo sempre desiderato andarmene dalla mia città, ma quelle parole mi fecero riflettere e cambiare idea. Iniziai a recitare Daimoku e a leggere gli scritti di Nichiren Daishonin con un atteggiamento nuovo e dopo un mese realizzai il mio primo straordinario obiettivo: lavorare in un asilo come educatrice, quello che avevo sempre desiderato. Quel periodo è stato molto importante per me, grazie alla persona che mi insegnava il metodo di lavoro, trasmettendomi sul campo gli importanti valori dell’educazione. Avevo già letto alcuni articoli su Tsunesaburo Makiguchi e sulla sua concezione della pedagogia e vi trovai diverse affinità. La mia datrice di lavoro mi ha insegnato come permettere ai bambini di esprimere al meglio la fantasia, come valorizzare le loro capacità e indirizzare l’aggressività, dato che lavoravamo anche con ragazzi autistici e bambini con problematiche cognitive o comportamentali. Mi ha fatto capire l’importanza di formare genitori e insegnanti e ho potuto vedere da vicino quanta passione e coraggio metteva nel promuovere questo tipo di lavoro in tutti gli ambiti possibili, riuscendo a ottenere valide collaborazioni con comuni e scuole. La stessa passione senza riserve che l’educatore giapponese dei primi del secolo scorso esprimeva nella sua più importante opera, L’educazione creativa che, con l’occasione, ho deciso di approfondire.
Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944) trascorse tutta la vita promuovendo la sua riforma educativa. Appassionato di geografia, aveva anche studiato le opere dei maggiori pensatori in campo pedagogico dall’epoca di Platone. Makiguchi dedicò quarant’anni della sua esistenza alla scuola, tra persone che lo stimavano e altri che ignoravano la sua idea di educazione così lontana dalla classica “formazione di sudditi”. A Makiguchi che gettò le basi della Soka Gakkai nel 1930, sono stati riconosciuti solo recentemente i meriti del suo operato.
In cosa consiste la novità della sua proposta rivolta agli insegnanti e alla società nel suo complesso?
La teoria del valore nasce quasi un secolo fa in una realtà che imponeva e diffondeva un’ideologia di regime, ma rimane attuale in ogni paese e laddove la realizzazione di questo principio educativo è ancora lontana. Secondo Makiguchi lo sviluppo finale dell’educazione è la felicità dell’allievo-individuo: «Qual è dunque l’obiettivo dell’educazione nazionale? Piuttosto che individuare complesse interpretazioni teoriche, sarebbe meglio iniziare osservando un bambino che vi siede sulle ginocchia e chiedersi: come posso far sì che questo bambino conduca una vita veramente felice?».
Ma cosa significa essere una persona felice? L’errore più comune nella società, dice Makiguchi, è di scambiare la felicità con il piacere. La felicità è qualcosa che sta al di sopra del benessere materiale e che non si può realizzare in termini egoistici ma, anzi, va di pari passo con lo sviluppo di una coscienza sociale. Il sistema educativo deve mettere in grado gli studenti di formarsi una identità sociale che permetta loro di sentirsi parte di qualcosa di più grande e non di ricercare una felicità di tipo egoistico e momentaneo. La felicità assoluta, diversamente da quella relativa, non si raggiunge solo quando si ottiene qualcosa o si realizza un obiettivo, ma si costruisce migliorando, educando se stessi. Potremmo anche dire che nonostante ostacoli e sofferenze, o proprio in virtù di questi, possiamo riuscire a provare un senso di gioia e tirare fuori forza e coraggio.
Questo modo di vedere gli ostacoli mi ha trasformato la vita. Avendo sofferto per tanti anni di depressione, ogni piccolo evento che non corrispondeva a ciò che speravo, era per me motivo di forte delusione, rabbia e acuta tristezza. Quando invece sentii spiegare a una riunione di discussione che gli ostacoli possono essere considerati opportunità, mi risvegliai dal torpore della sofferenza e iniziai a considerare gli eventi sotto un’altra prospettiva e a percepire di nuovo speranza. Inoltre, avendo appreso e verificato che ciascuno è inserito in un ambiente e, quindi, non è solo, ho scoperto quanto sia necessario per raggiungere uno stato di felicità completo considerare anche gli altri parte integrante della nostra esistenza. L’educatore giapponese indicava un “luogo” preciso dove cercare la felicità affermando che «essa proviene dalla condivisione di gioie e dolori con gli altri e con la collettività. È essenziale, dunque, che ogni vera idea di felicità racchiuda un serio impegno e partecipazione alla vita sociale».
Siamo tutti in relazione
Makiguchi, infatti, attribuiva molta importanza all’interrelazione tra individuo, vita sociale e ambiente visto che a suo parere le caratteristiche storiche e ambientali influenzano non poco la personalità di un individuo e le sue scelte. Lo stesso succede con l’incontro e lo scambio con altri individui. Afferma Makiguchi: «Nelle relazioni manifestiamo sentimenti ed emozioni, e dal momento che noi siamo per gli altri un oggetto relazionale come loro lo sono per noi, cerchiamo di definire la nostra reciproca posizione o identità». L’intento dell’educatore è quello di far comprendere che ogni persona di qualsiasi posizione sociale e provenienza, diventa utile all’altra grazie al superamento dell’egoismo. Si riconoscono i differenti compiti, meriti e qualità di ciascun componente della società indispensabile l’uno all’altro.
Secondo Makiguchi, dovrebbe esistere una stretta interrelazione anche tra la scuola e la vita quotidiana; «si studia mentre si vive, e si vive mentre si studia: istruzione e realtà quotidiana interagiscono, si nutrono l’una dell’altra, interessano l’intero percorso di vita» dice l’educatore. Questo significa che l’intera comunità diventa l’aula dello studente. Per questo Makiguchi sostiene che un educatore dovrebbe esaminare la società contemporanea e creare dei programmi che possano contribuire a migliorarla. L’educazione dovrebbe essere rappresentata come un processo in corso, in cui l’insegnante a volte indica con chiarezza la direzione da prendere, altre volte è solo di supporto, lasciando liberi gli studenti di andare incontro ai problemi e risolverli. In questo modo, l’educatore assume un ruolo di «compagno di viaggio che cammina appena un po’ più avanti» e incoraggia e guida gli alunni ad applicare le loro conoscenze nella vita quotidiana. L’aspetto rivoluzionario di questo atteggiamento è l’abbandono di un’educazione che “riempie i contenitori vuoti” al fine di fornire, invece, le capacità per acquisire autonomamente un sapere. Il concetto fondamentale è quello di dare per primi l’esempio.
«Se non riuscivo a fare qualcosa, non lo faceva lui. Mi mostrava di nuovo come dovevo fare e io ripetevo», mi ha raccontato Niccolò circa l’incoraggiamento diretto e speciale ricevuto dal suo insegnante di cucina alla scuola alberghiera; un insegnante che non metteva un muro tra sé e gli studenti come se fossero mondi separati. Il professore lo seguiva, lo spronava a fare meglio, a imparare dai suoi stessi errori, a non scoraggiarsi e ricominciare sempre da capo. Entrati in relazione, hanno abbattuto le barriere insegnante-studente, creando un ottimo rapporto di fiducia reciproca. Lo stesso vale per i genitori, le prime persone che i bambini osservano e dalle quali imparano le basi dell’esistenza; i genitori hanno il compito di instaurare i valori nei propri figli e di trasmettere attraverso il loro esempio l’atteggiamento con cui affrontare le diverse situazioni.
Ricapitolando, l’educazione immaginata dall’educatore giapponese non è solo scambio di informazioni, ma è un cammino personale alla scoperta delle proprie capacità, è un sentiero di ricerca e creazione. Spiega Makiguchi: «L’educazione è scoperta di valore nel proprio ambiente, ricerca dei princìpi fisici e psicologici che governano la nostra vita per applicarli alla realtà, al fine di creare nuovo valore».
Il valore da creare
Se il pensiero preponderante in quel periodo si basava sui tre cardini filosofici di bellezza, verità e bene, il concetto di valore espresso da Makiguchi rappresenta un’evoluzione importante. Nell’Educazione creativa, introduce i tre princìpi di bellezza, beneficio e bene in contrapposizione alla triade classica. La bellezza è ciò che appaga la sensibilità estetica dell’individuo ed è percepita come valore temporaneo derivato più che altro dai cinque sensi. Il beneficio, tradotto anche come guadagno o vantaggio, è un valore individuale che mette in luce la relazione tra l’individuo e l’”oggetto” che contribuisce al mantenimento o allo sviluppo della sua vita. Il bene, invece, è un valore riferito alla vita del gruppo e al comportamento del singolo nel contribuire alla formazione e allo sviluppo della società. Il punto su cui si sofferma l’educatore è la differenza tra il “suo” valore (guadagno o beneficio) e la verità, considerata un parametro classico. Per Makiguchi l’aspetto “verità” è parziale perché si riferisce a un trattamento oggettivo dei dati che si basa unicamente sul valutare la veridicità di una data nozione. Ma è un tipo di osservazione che porta a valutazioni immutabili basate sull’idea “è così e basta”.
Il “valore”, secondo Makiguchi, è più importante perché misura l’impatto soggettivo che un dato evento ha sulla persona. L’accento quindi è volto di nuovo sull’esperienza: il criterio fondamentale di Makiguchi è quanto questo evento e relazione elevi o faccia regredire la condizione umana.
Nell’ambito specifico dell’insegnamento questo significa che non si tratta più solo di trasmettere delle informazioni, ma del mezzo per valutare autonomamente i dati forniti. Luca insegna e racconta di come gli studenti reagiscano diversamente quando hanno la possibilità di appassionarsi al proprio lavoro. Ha notato che quando spiega materie che non lo coinvolgono, riesce a trasmettere solo una serie di nozioni non arrivando con forza agli studenti. Quando invece insegna le materie che ha a cuore riesce a trasmettere la stessa forza che hanno per lui quelle informazioni e vede gli studenti partecipativi. I ragazzi reagiscono attivamente, impegnandosi e studiando anche a casa e interessandosi a cercare più informazioni su tali argomenti. È quindi importante fare in modo prima di tutto di cercare il valore dentro ogni cosa che facciamo così da poter trasmettere la nostra conoscenza attraverso l’esperienza personale. Non importa cosa facciamo, che sia il lavoro, lo sport o la scuola, è fondamentale attribuire valore e crearne di nuovo. Makiguchi afferma infatti che il compito dell’educazione è guidare l’umanità lungo questo cammino della creazione di valore.
Io sono sempre stata più brava nelle materie pratiche rispetto a quelle teoriche per questo quando in terza superiore stavo per cominciare storia dell’arte ero terrorizzata, immaginando già una lunga serie di insufficienze. Certo non potevo pensare che questa materia si potesse spiegare in altri modi o che diventasse semplice solo grazie all’insegnante, ma mi sbagliavo. La professoressa appena arrivata nel mio istituto è stata senza dubbio la migliore che abbia mai conosciuto. Non leggevamo pagine e pagine di storia ma ci mostrava le immagini e poi, muovendosi tra i banchi, ci poneva delle domande e ci faceva arrivare con il ragionamento alla nascita dei diversi stili usati dagli artisti. Nessuno studiava storia dell’arte, ci ricordavamo tutto ciò che spiegava in classe perché eravamo coinvolti e partecipativi e ovviamente avevamo tutti voti molto alti che ci gratificavano. Ho desiderato spesso che tutti i professori fossero come lei, soprattutto adesso che sono adulta e ho capito l’importanza della scuola, perché quello che mi ha spiegato lei quasi dieci anni fa io lo ricordo ancora, mentre delle altre materie, ricordo poco o nulla. È invece basilare, come sostiene anche Makiguchi, che le nozioni che impariamo a scuola ci servano nella vita. Anche il semplice fatto di fare una lezione attiva e coinvolgere tutti i ragazzi è un forte stimolo sia per lo studio che per la partecipazione alla vita sociale.
L’educazione Soka
Usando la metafora della rete di Indra, in cui ogni nodo ha attaccato un gioiello brillante che contiene e riflette l’immagine di tutti gli altri, si capisce l’importanza della condivisione e della partecipazione all’interno della società: quanto più ogni singolo individuo risplenderà, quanto più brilleranno anche gli altri. Per questo anche il presidente Ikeda abbatte i confini di spazio, lingua e tempo per diffondere l’educazione Soka nel mondo e ci guida invitandoci a sviluppare la saggezza per percepire l’interconnessione di tutte le forme di vita, il coraggio di non temere le differenze e la compassione per mantenere un’empatia ricca d’immaginazione che si estenda anche a chi soffre in luoghi distanti. Rousseau scrisse: «Sai qual è il modo più sicuro per rendere tuo figlio infelice? Dargli tutto quello che vuole». È proprio così, per questo Ikeda ci racconta che l’educazione in alcune parti del Giappone era chiamata ko-yarai che significa permettere al bambino di stare in piedi da solo davanti al genitore o educatore che lo spinge da dietro. L’educazione deve essere un’attività che fa crescere il talento e il carattere delle persone; deve portare a un senso di appartenenza e di impegno nella comunità e per questo sensei ci sprona spesso a fare attività di volontariato.
In un altro passo Daisaku Ikeda afferma: «Dobbiamo tornare allo scopo originale dell’educazione, ovvero una felicità che duri per tutta la vita, e riflettere sullo stato delle nostre rispettive società e del nostro modo di vivere».
Oggi si sente la mancanza di questo tipo di insegnamento, anzi molti insegnanti si sono anche rassegnati ad avere degli studenti prepotenti e maleducati, sia nei loro confronti che in quelli dei compagni, e hanno smesso di lottare per cambiare la situazione perché spesso questi ragazzi sono difesi dalla famiglia che invece di muoversi a migliorare l’atteggiamento dei figli, aggredisce i professori. La mia città, nonostante sia molto piccola, sta vivendo un brutto periodo a causa di problematiche sociali soprattutto riguardanti gli adolescenti. Mi si spezza il cuore quando leggo sul giornale locale degli atti di bullismo, dei vandali minorenni, e di giovani che intimoriscono persone più adulte arrivando anche a percosse. Mi ero già accorta che i giovani avevano perso dimestichezza con i valori, o addirittura non li conoscono affatto, e anche per questo ho iniziato a studiare la teoria di Makiguchi, che ha ribaltato la mia prospettiva sull’educazione in generale. Credo che genitori ed educatori in questo momento abbiano un grande ruolo per la sorte della nostra società. Ho interiorizzato le parole del primo presidente della Soka Gakkai e sto cercando di collaborare il più possibile con le scuole per portare uno spirito di cambiamento, grazie anche alle attività di volontariato. Vedo i giovani della Soka Gakkai pieni di vitalità, che cadono ma si rialzano con coraggio, che lottano per cambiare la propria vita, con la determinazione di perseguire i propri valori, personali e nella società, veri esempi da seguire; vorrei che tutti i giovani vicino a me fossero così. Quindi è questa la mia missione, “adesso, nel posto in cui mi trovo”, creare valore tra i giovani della mia città sia con un rapporto cuore a cuore, sia tramite un progetto adeguato nell’ambito dell’educazione.
Per approfondire:
Tsunesaburo Makiguchi, L’educazione creativa, La Nuova Italia
Dayle M. Bethel, La creazione di valore, Esperia
Daisaku Ikeda, L’educazione Soka, Esperia
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«Noi siamo quello che impariamo»: il valore nell’educazione secondo Makiguchi
«Sia la pedagogia che l’economia, in quanto scienze sociali, si interessano del valore. Ma definire il valore in campo educativo è, in qualche modo, più difficile: affronto questo problema da anni e non posso ancora affermare di aver trovato una soluzione definitiva. Qualcuno potrebbe chiedersi perché mi ostino a concentrare tutta la mia attenzione sul tema così difficile del valore. È perché lo ritengo uno sforzo necessario se si vuole creare un sistema educativo che abbia significato per l’umanità. La vita umana stessa è un processo di creazione di valore e l’educazione, con le sue metodologie, dovrebbe guidarci verso questo fine. Quanto più riflettiamo sull’importanza di questo in relazione al contesto sociale, tanto più significativa diventa una chiarificazione concettuale del valore. La dignità dell’essere umano deriva dalla creazione di valore. Uno studioso ha dichiarato che la creazione di valore rappresenta la più nobile forma di attività umana. […] Dovrebbe essere evidente che, nel bene e nel male, “noi siamo quello che impariamo”, e dunque c’è più di un motivo per scegliere un’educazione che ci renda migliori. La nostra esistenza tende, più o meno coscientemente, verso la felicità e la realizzazione personale: obiettivi che formano il fine dell’educazione. Ma se realizzare appieno il proprio potenziale non significa altro che raggiungere e concretizzare dei valori, allora lo scopo dell’educazione è quello di aiutarci a imparare a vivere come “creatori di valore”. La riflessione sul valore non deve fermarsi alla speculazione filosofica, perché è una riflessione che può offrire princìpi utili anche per individuare la giusta direzione della pedagogia. Una valida educazione deve riguardare la vita quotidianamente vissuta dagli allievi, altrimenti – come è stato fino a oggi – diventa priva di interesse e inefficace. Il valore riguarda la vita reale e si applica alla vita reale: gli educatori devono poter capire quanto sia importante per la vita stessa e per l’istruzione dell’essere umano» (T. Makiguchi, L’educazione creativa, La Nuova Italia, pagg. 41-42).