Solo un individuo fortemente motivato e sostenuto da una fede incrollabile poteva riuscire nell’intento di rifondare l’organizzazione laica Soka Gakkai nell’immediato dopoguerra. In mezzo alle rovine, il legame spirituale di Josei Toda con Tsunesaburo Makiguchi e Daisaku Ikeda fu la spinta invisibile per diffondere il messaggio di umanesimo buddista
Ha completato gli studi lavorando come commesso, ha ottenuto una cattedra come insegnante solo dopo un periodo di apprendistato fuori città e con i proventi ricavati dal suo libro di successo ha avviato molte attività, come una casa editrice, una piccola cassa di risparmio e una miniera di carbone. Ha trovato un maestro e una filosofia che arricchisse il suo spirito, ha dovuto affrontare l’esperienza della prigione, la perdita di persone care e di tutti i suoi averi. Ha rilanciato, rifondato e ricreato. E ha accolto un discepolo devoto. Non stiamo parlando di una persona qualunque, anche se a una prima analisi può far pensare che questo sia il racconto delle vicende di una persona dei giorni nostri. In queste righe si ripercorrono i momenti salienti della vita del secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda. Egli, come molti di noi, ha affrontato e superato molte difficoltà, sperimentando con la propria vita l’infinito potenziale umano.
Gli anni della gioventù
Josei Toda nasce a Kaya l’11 febbraio 1900. Si diploma a quattordici anni ma la situazione di povertà in cui versava la sua famiglia lo costringe a cercare un impiego. Per due anni lavorerà come commesso studiando la notte per diventare assistente insegnante. In poco tempo otterrà l’abilitazione come insegnante di ruolo, che gli permetterà di far domanda per una cattedra di una scuola di Tokyo, la Nishimachi. Qui la svolta: il direttore della Nishimachi è un certo Tsunesaburo Makiguchi, educatore, pedagogista e filosofo che da anni conduceva la sua battaglia personale contro il sistema conservativo educativo che caratterizzava il Giappone. Era convinto che l’omologazione, la distruzione dell’individuo in favore della collettività, non fossero costruttivi e propedeutici alla crescita dei ragazzi (era in fase di elaborazione la sua opera magna, Il sistema della pedagogia creatrice di valore che vedrà la sua pubblicazione negli anni Trenta). «Sento bruciare in me una passione che mi spinge ad agire il più presto possibile per cambiare le deplorevoli condizioni in cui versa il sistema educativo nazionale. Il solo pensiero che questo mio impegno possa salvare milioni di studenti giapponesi dalle difficoltà di accesso alle scuole, da “l’inferno degli esami”, dalla disoccupazione e da altre nevrosi contemporanee mi ha reso tutto chiaro. Non posso che sperare che gli sforzi di trent’anni non siano stati vani». Insieme saranno i pionieri e i promotori di un nuovo sistema pedagogico che attirerà molte critiche da chi ne vedeva una minaccia alla tradizione.
L’affinità sui metodi educativi è totale, tanto che Toda decide di seguire il suo mentore, Makiguchi, quando egli viene licenziato e cambia scuola. Nel 1928 insieme abbracciano il Buddismo di Nichiren Daishonin, trovando in esso delle solide fondamenta filosofico-religiose per le loro idee pedagogiche. Fonderanno così la Soka Kyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore), concretizzando la loro volontà di educare ispirandosi agli insegnamenti del Daishonin. Nel frattempo Toda, che ha aperto una propria scuola privata, pubblica il testo Guida deduttiva alla matematica, che venderà oltre un milione di copie. I proventi della vendita del libro gli permettono di avviare una proficua attività imprenditoriale, che ha come fulcro una casa editrice. In quegli anni il Giappone, come il resto del mondo, si stava preparando a entrare nel secondo conflitto mondiale e all’estrema esasperazione anche a livello politico-religioso del nazionalismo. Venne imposta la religione di stato e la Soka Kyoiku Gakkai, rimasta l’unica che continuava a professare libertà religiosa, di pensiero, e quindi dell’individuo, venne smantellata e i suoi due maggiori esponenti e fondatori incarcerati: il 6 luglio 1943 Makiguchi e Toda vennero arrestati.
L’esperienza del carcere
Negli anni di prigionia Toda si dedicò anima e corpo allo studio del Buddismo, impegnandosi a recitare tutti i giorni diecimila Daimoku. Si era costruito un juzu con uno spago e dei tappi di bottiglia, leggeva e studiava ininterrottamente il Sutra del Loto, in particolare il Sutra degli Innumerevoli significati, considerato il prologo, nel quale è presente il passo delle “trentaquattro negazioni”, nella speranza di riuscire a comprendere profondamente cosa fosse lo stato di Buddità. Le condizioni in cui versava erano drammatiche: malato di cuore e di fegato, doveva combattere ogni giorno contro il freddo, la diarrea, le emorroidi e i pidocchi, mentre lentamente il suo corpo dimagriva. In una sola parola, l’inferno. Eppure come egli stesso riporta nelle sue memorie, proprio nel momento di maggior sofferenza e difficoltà si risvegliò alla verità fondamentale della vita: «Ogni individuo – spiega Daisaku Ikeda – possiede in sé la natura di Budda, e noi possiamo farla emergere recitando Daimoku»; gioia, coraggio e saggezza emersero improvvisamente. Sperimentò lo stato di Buddità laddove sembrerebbe impossibile farlo emergere, portando la prova concreta della veridicità delle parole di Nichiren: «Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sopporti dal tempo senza inizio e ottenere sicuramente la suprema Illuminazione in questa esistenza, devi cogliere la mistica verità che è originariamente inerente a tutti gli esseri viventi. Questa verità è Myoho-renge-kyo. Di conseguenza recitare Myoho-renge-kyo ti permetterà di cogliere questa mistica verità innata in tutti gli esseri viventi» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 3).
Il tempo della ricostruzione
Josei Toda uscì dal carcere il 3 luglio 1945, in un Giappone oramai in ginocchio a causa della guerra e che presto avrebbe ricevuto il colpo di grazia con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. I suoi averi, le sue società andate perdute, la Soka Kyoiku Gakkai smantellata e il suo amato maestro morto in carcere l’anno prima. Proprio per Makiguchi, anziano e malato, Toda recitava Daimoku ogni giorno, affinché potesse uscire vivo da un’esperienza così provante, per il fisico e lo spirito. La morte del suo maestro lo scosse terribilmente, anche perché la notizia gli arrivò a distanza di tre mesi. Così lo ricorda Toda in occasione del decimo anniversario dalla morte, il 16 novembre 1954: «Il signor Makiguchi e io eravamo completamente diversi: lui aveva preso fede nel Gohonzon basandosi sulla teoria, mentre io ho deciso di dedicare la mia vita al Buddismo di Nichiren Daishonin per l’assoluta convinzione che ho maturato grazie all’esperienza. Il mio maestro era serio, io sono un giocherellone. Il mio maestro era preciso, io sono caotico. Makiguchi abitava a Mejiro (“occhi bianchi”, è il nome del quartiere di Tokyo), io abitavo a Meguro (“occhi neri”). Mentre lui si sforzava molto nello studio, io per niente. Egli non beveva mai, mentre io sono un grande bevitore. Ma nonostante tutte queste diversità di carattere, Makiguchi e io eravamo in perfetta sintonia». Questo passo ben evidenzia la profondità del legame che univa i primi due presidenti della Soka Gakkai.
Proprio in virtù di questo splendido legame, Toda fece il voto di compiere il volere del suo maestro, nonché di Nichiren Daishonin: avrebbe dedicato la sua vita alla realizzazione di kosen-rufu. Ma la Soka Kyoiku Gakkai era a pezzi, la maggioranza dei membri che avevano cominciato a praticare prima della guerra, a causa delle leggi nazionalistiche, aveva smesso di praticare. Fu la desolazione totale che accolse Toda alla sua scarcerazione. Doveva ricostruire e immaginare una realtà del tutto nuova. Capì finalmente il senso ultimo della sua missione, l’aver vissuto quei momenti drammatici non lo aveva abbattuto ma, anzi, l’esperienza del carcere lo aveva spronato a diffondere a quante più persone possibili il messaggio di umanesimo del Buddismo di Nichiren Daishonin e della Gakkai. Ai più la sfida sembrava impossibile da realizzare, ma Toda, che aveva sperimentato la grandezza dello stato vitale della Buddità e quindi percepito la vera entità della vita inerente a tutti gli esseri viventi, aveva compreso profondamente l’infinito potenziale umano, capace di trasformare l’impossibile in possibile.
Da buon pedagogista ed educatore sapeva perfettamente che tutto questo poteva realizzarsi solo se il movimento traeva la sua energia nella componente più vigorosa e attiva della società: i giovani. Negli anni in cui era stato al fianco di Makiguchi era cresciuta in lui la convinzione che i giovani fossero il futuro e la speranza delle nazioni, non da un mero punto di vista cronologico/anagrafico, ma in quanto (ri)fondatori di una nuova umanità e capaci, se mossi da valori profondi, di ricostruire la società su solide fondamenta. Così, come incontrò il giovane Daisaku Ikeda – la prima volta durante una riunione – il suo pensiero fu di farlo crescere, come persona, come praticante, come responsabile. Il 3 maggio 1951 Josei Toda divenne secondo presidente della Soka Gakkai e insieme a Ikeda, nel giro di pochi anni risollevò l’organizzazione dal baratro in cui era caduta, ridandole credibilità, riportando migliaia di membri a praticare e a impegnarsi per la realizzazione di kosen-rufu in Giappone. Questo risultato fu il frutto di grandissimi sforzi da parte di entrambi e della loro incrollabile fede, ma soprattutto del discepolo Ikeda, che come Toda prima di lui, si era preso a cuore il desiderio e la missione del maestro. Ikeda, anch’egli nato in una famiglia povera, si formerà grazie alle lezioni private che il suo maestro gli dava. Toda fu un insegnante preparato ma severo; lo stesso Ikeda dichiarerà più volte con orgoglio di essersi laureato presso “l’università Toda”.
Quando parlava ai membri e soprattutto ai giovani, Toda non perdeva occasione di incoraggiarli, ma contemporaneamente li spronava a non lesinare la loro vita, a non cedere alle lamentele o di fronte alle difficoltà. Severo, alle volte duro, potremmo dire “integerrimo”, ma conscio di come la Divisione giovani fosse il cuore pulsante della Gakkai, la cosa che più gli stava a cuore. «Toda considerava oltremodo preziosa la Divisione giovani – scriveva Daisaku Ikeda – e ci aveva allenato severamente. Sono i giovani che creano un’epoca. Questo è vero in ogni nazione» (D. Ikeda, NR, 235, 6).
Il momento che più fotografa questa sua fiducia nei giovani è il 16 marzo 1958 quando, prossimo alla fine, organizzò una grande riunione alla quale accorsero i giovani di tutta la nazione. Egli stesso la defìnì «le prove generali per kosen-rufu». In quell’occasione, dopo il discorso tenuto l’anno precedente di forte denuncia contro le armi nucleari e sulla sacralità della vita, affidò il futuro nelle mani dei giovani della Soka Gakkai con un simbolico passaggio di testimone. Oramai gravemente malato, si spegnerà diciassette giorni dopo, il 2 aprile 1958.