Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
I frutti dell'albero della gratitudine - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:22

509

Stampa

I frutti dell’albero della gratitudine

Marco Zagaria, Napoli

Il Buddismo va messo in pratica diventando persone di valore nel posto in cui viviamo e lavoriamo, senza risparmiarsi nell’attività e nella vita, trasformando il pessimismo foriero di sfortuna in un atteggiamento di gratitudine che arricchisce la vita

Dimensione del testo AA

Il Buddismo va messo in pratica diventando persone di valore nel posto in cui viviamo e lavoriamo, senza risparmiarsi nell’attività e nella vita, trasformando il pessimismo foriero di sfortuna in un atteggiamento di gratitudine che arricchisce la vita

Non avevo mai riflettuto sulla parola gratitudine prima di incontrare il Buddismo e molto spesso, nei miei nove anni di pratica, il senso di questa parola è stato per me solo una semplice astrazione, ma recitando Daimoku, leggendo gli scritti di Nichiren Daishonin e gli incoraggiamenti del presidente Ikeda ho sentito il desiderio e il bisogno di approfondirne lo spirito. Proprio come ci incoraggia sensei: «Saper riconoscere i propri debiti di gratitudine è un’espressione dello spirito buddista, il cui scopo è aiutare le persone a sviluppare la loro più profonda umanità, mentre il fatto di ripagarli contraddistingue coloro che hanno acquisito la saggezza per sconfiggere l’oscurità innata o ignoranza. La vita di un vero praticante buddista brilla sempre della luce interiore della riconoscenza e della gratitudine» (BS, 133, 22).
Volevo sperimentare questa frase con la mia vita e mi sono posto degli obiettivi in questa direzione.
Nel 2009 decisi di sostenere concretamente lo slogan lanciato dal presidente Ikeda “Anno dei giovani e della vittoria”. Ero grato alla Soka Gakkai per tutto il sostegno che avevo ricevuto fino ad allora e decisi che era giunto il momento di ricambiare. La sfida era grande, visto che ero nella Divisione uomini e non avevo più contatti con il mondo giovanile da quando era stato abolito il corso che tenevo come docente all’Accademia di Belle Arti. Proposi, insieme agli uomini del capitolo, di sfidarci a creare autentici legami e relazioni con i giovani. Iniziai a recitare come dice Nichiren: «Come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal terreno riarso» (RSND, 1, 395). Dopo sei mesi di preghiera costante, la risposta arrivò: un mio amico fotografo mi chiamò per avvisarmi di un bando per un corso all’Accademia adatto alle mie competenze artistiche. Partecipai, vinsi e iniziai il corso di Tecniche di fotografia sperimentale, ritrovando così il contatto con i giovani che desideravo. Ho avuto l’occasione di condividere i miei valori e la mia esperienza buddista incoraggiando questi nuovi amici. La mia preghiera mirava a sostenere i giovani, a rispondere all’appello del mio maestro e inaspettatamente ho realizzato un obiettivo, importante per la mia vita: un lavoro che dura da quattro anni.
Provare gratitudine in modo astratto, in generale, è facile, ma sforzarsi di sentire il cuore di chi ti ha generato e manifestargli gratitudine è difficile. Appena iniziai a praticare il Buddismo, avevo interrotto la collaborazione lavorativa con mio padre nel suo studio di architettura perché lavorare al suo fianco mi creava molte sofferenze. In realtà in questo modo avevo preso le distanze da lui: infatti da un lato lo ammiravo professionalmente, dall’altro mi sentivo stretto nella sua severità e nel suo pessimismo, che era anche mio. A un certo punto ho sentito l’urgenza di provare coerentemente a mettere in pratica il concetto di ripagare il debito di gratitudine verso i genitori; desideravo abbattere quel muro di silenzio. Così lentamente, ma costantemente, grazie al Daimoku ho iniziato a riavvicinarmi a lui, con piccoli gesti, cercando di apprezzare il suo mondo, che da piccolo rifiutavo e ci aveva allontanato. Sfidavo il limite della mia mente e in sua compagnia mi sforzavo, ad esempio, di sentire la musica che piace a lui, per accoglierlo con semplicità. Queste azioni hanno aperto un canale di comunicazione cuore a cuore che ha sciolto anni di gelo trasformandosi in gioia. Un giorno, in viaggio verso la Calabria, arrivati in prossimità del mare lui mi disse: «Sai, tu e tuo fratello a questo punto del viaggio, quando eravate piccoli, gridavate entusiasti: “Il mare!”».
È stato un momento molto bello, che mi ha fatto commuovere. Grazie a tutto questo percorso ho visto finalmente in lui quella persona di valore, onesta e coerente che è sempre stata. Grazie al desiderio di ripagare il debito di gratitudine verso mio padre e di costruire un rapporto più umano tra noi due è accaduto ciò che non avevo minimamente osato immaginare: dopo sei anni siamo tornati a lavorare insieme e tuttora collaboro con lui in diversi progetti di architettura d’interni. In più ho realizzato un catalogo che riunisce tutte le sue opere di design per valorizzarle e farle conoscere. Ho determinato insieme a mio fratello gemello – che non ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto conoscere il Buddismo -, di interrompere la tendenza familiare al fallimento.
Riconoscere in Daisaku Ikeda il mio maestro ed essergli grato non è stato facile, è stata una ricerca costante di un rapporto con la sua vita e il suo esempio, attraverso il Daimoku, il Gohonzon e lo studio. Pian piano è cresciuto in me il desiderio di diffondere concretamente il suo messaggio e l’idea della rivoluzione umana. L’occasione me l’ha fornita poter lavorare, a nome dell’Ente Ville Vesuviane, al progetto del giardino pubblico “Miglio d’oro” nella città di Ercolano. Volevo cogliere questa occasione per diffondere, proprio in un luogo schiacciato dalla presenza della violenza camorristica, un messaggio che ispirasse al cambiamento e nello stesso tempo testimoniare l’impegno del mio maestro nel mondo. Così ho avuto l’idea di realizzare delle panchine da parco che sullo schienale hanno incise delle frasi di Ikeda e dei suoi autori preferiti: ti siedi, ti riposi in un bel posto e leggi parole di saggezza. Il punto era che, inizialmente, in questo giardino non era previsto nessun arredo. Ma questo non mi ha scoraggiato: armato di Daimoku e insieme al gruppo di lavoro, perfettamente unito, siamo riusciti a convincere l’amministrazione comunale a inserire nel giardino giochi pedagogici per bambini e queste panchine. E non solo, l’idea di queste panchine è piaciuta così tanto da essere inserite nel catalogo di una delle più importanti aziende di arredo urbano e potranno essere installate in tanti altri luoghi pubblici. Un’azione concreta per kosen-rufu, nata dal desiderio di ringraziare il mio maestro e nello stesso tempo di superare i miei limiti e far emergere la Buddità, che ha avuto una risposta al di sopra di ogni aspettativa.
Con l’inaugurazione del parco ho deciso di regalare questa realizzazione a sensei e gli ho scritto, raccontandogli anche l’impegno nella mia regione per kosen-rufu.
Grazie a lui ho compreso, cosa che cercherò sempre di realizzare, che il Buddismo va messo in pratica diventando persone di valore nel posto in cui viviamo e lavoriamo, senza risparmiarsi nell’attività e nella vita, trasformando il pessimismo foriero di sfortuna in un atteggiamento di gratitudine che arricchisce la vita.
Quello infine che oggi sento come un’urgenza è manifestare più gioia, innanzitutto verso mia moglie Barbara, le mie figlie Giulia e Agnese che mi permettono di portare avanti le attività per kosen-rufu, e poi verso gli altri, sviluppando una maggiore capacità di ascoltare veramente le persone per sostenerle. Voglio proprio dimostrare gioiosamente che tutto si può trasformare grazie a Nam-myoho-renge-kyo.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata