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Promotori del cambiamento - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:11

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    Promotori del cambiamento

    Quando una persona prende coscienza del proprio innato valore e delle proprie capacità e decide di farle emergere, può diventare un faro per tutti, dalla famiglia alla comunità. Per fare questo è necessario stabilizzare dentro se stessi la condizione di Buddità attraverso una sincera preghiera, una forte determinazione e un’azione mirata

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    Quando una persona prende coscienza del proprio innato valore e delle proprie capacità e decide di farle emergere, può diventare un faro per tutti, dalla famiglia alla comunità. Per fare questo è necessario stabilizzare dentro se stessi la condizione di Buddità attraverso una sincera preghiera, una forte determinazione e un’azione mirata

    Mi capita talvolta di chiedermi cosa succederebbe se mi trovassi da solo al mondo a praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin, se avrei o meno il coraggio di ricominciare la propagazione da zero, di essere artefice di una rinascita della Soka Gakkai. Certo è una domanda estrema, alla quale non fornisco sempre la stessa risposta, ma che ha comunque il pregio di farmi osservare lo stato del mio atteggiamento nella fede.
    Proprio riguardo l’atteggiamento individuale il Buddismo ha coniato il concetto di “alzarsi da soli”, che Daisaku Ikeda descrive così: «In qualunque epoca e in qualunque luogo kosen-rufu inizia sempre con lo spirito di alzarsi da soli. Fin quando abbiamo questo spirito possiamo attivare illimitatamente il potere della Legge mistica. Come discepolo del presidente Toda, mi sono alzato da solo per aprire la strada di kosen-rufu nel mondo dove prima non c’era nulla. Lo spirito di alzarsi da soli è l’assioma fondamentale della propagazione della Legge mistica e non cambierà mai» (BS, 120, 43).
    Questo “spirito” risulta essenziale per la realizzazione dello scopo del Buddismo, vale a dire la felicità del genere umano. Le esistenze condotte dai tre presidenti della Soka Gakkai ne sono chiari esempi, e rappresentano preziosi riferimenti per ogni praticante. Nell’espressione originaria giapponese hitori tradotto in italiano appunto con l’espressione “da soli” significa “una persona”, e tatsu “si alzi” (imperativo: alzati!). Quindi il significato è qualcosa del tipo “decidi, non aspettare che ti venga detto, prenditi la responsabilità di kosen-rufu”.
    Lo stesso Nichiren ne fornì la più efficace dimostrazione quando da solo diede avvio alla propagazione della Legge mistica in tutto il Giappone: «Dapprima solo Nichiren recitò Nam-myoho-renge-kyo, ma poi due, tre, cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri» (RSND, 1, 341). Ci si potrebbe domandare come può l’atteggiamento di una singola persona avere il potere di cambiare il destino di tanti e in che modo ognuno di noi può riuscire a manifestare lo stesso potere.
    Si può innanzitutto osservare che, in generale, il concetto di atteggiamento non si limita a una dimensione interiore, ma giunge a manifestarsi anche al di fuori di noi, e ciò essenzialmente per due motivi: primo, perché in virtù del principio di non dualità di vita e ambiente il mondo esterno rispecchia quello interno, e secondo perché, in base al fattore della coerenza (il decimo dei dieci fattori), le nostre azioni sono espressione del nostro stato d’animo.
    Entrando nel particolare, l’atteggiamento di alzarsi da soli nasce prima di tutto dal coltivare e rafforzare il mondo di Buddità attraverso la preghiera, la decisione e l’azione. La preghiera in un certo senso prepara la nostra vita al cambiamento, il quale si compie attraverso una forte determinazione e un’azione coerente. Sperimentando questo processo con costanza, e applicando lo studio alla vita concreta, aumentano la consapevolezza del proprio potere di cambiamento così come la sensazione della propria identità e del significato della propria esistenza. Grazie a questa coscienza più profonda accade spesso di sentire più “nostre” le attività della Gakkai e di svolgerle con maggiore attenzione e iniziativa.
    In altre parole i nostri desideri si “nobilitano” e cresce il senso di responsabilità. «Ognuno di noi – afferma Ikeda – deve sentirsi l’unica persona responsabile di propagare la Legge mistica esattamente nel posto dove si trova: questo è ciò che rende così importante il principio di alzarsi da soli» (NR, 473, 10). Il sentirsi responsabili ci fa sperimentare la condizione di “stare in piedi sulle proprie gambe”, un po’ come un bimbo che impara a camminare, e ci permette di rafforzare la nostra personalità emancipandoci da ogni senso di dipendenza e di debolezza. Nell’istante in cui decidiamo di prendere in mano la nostra vita smettiamo di sentirci vittime e di lamentarci rivendicandone, al contrario, ogni aspetto, positivo o negativo che sia, alla nostra esclusiva responsabilità utilizzandolo per creare valore. Così, nell’atto di “alzarci da soli”, diventiamo individui che promuovono il cambiamento anziché attenderlo.

    La vita si arricchisce

    Il presidente Ikeda afferma che la decisione di alzarsi è una capacità del Budda, è il coraggio di affrontare la vita. Ricordo un momento particolarmente difficile in cui, a seguito di una separazione, venni assalito da una sofferenza nuova e profonda, la paura della solitudine. L’esperienza di pratica accumulata fino ad allora mi guidò così com’ero davanti al Gohonzon. Dalla prospettiva del mondo d’Inferno in cui mi trovavo vedevo il Gohonzon come una vuota pergamena, ma nonostante tutto era proprio quello il momento di mettere davvero in gioco il potere della mia vita. Iniziai a recitare Daimoku senza fretta e senza un limite di tempo, affidandomi al Gohonzon come un malato si mette nelle mani di un bravo medico. Il tempo passava fra dubbi e attimi di sconforto, ma io avevo deciso di non smettere di recitare finché non fosse successo qualcosa. Desideravo così intensamente riuscire a trasformare tutta quella sofferenza in gioia che quando a un certo punto accadde, quasi non me ne resi conto. Cercavo invano di ricordare il momento preciso in cui era cambiata totalmente la mia percezione della realtà.
    Sebbene la situazione esterna non fosse mutata di una virgola, la gioia che sentivo era profonda e la prospettiva da cui osservavo ogni cosa era ricca di nuove possibilità. Della paura non c’era più traccia e io mi sentivo rinato. Quell’esperienza inaugurò un nuovo rapporto con il Gohonzon, più intimo e più saldo. Sentii riemergere la bellezza di fare attività con le persone e la mia vita si arricchì di una forza nuova e di nuove mete che mi permisero di conseguire benefici per me fondamentali. Quel momento cruciale, in cui da solo decisi di affrontare le incognite del presente e del futuro insieme al Gohonzon, ancora oggi è capace di scaldarmi il cuore e di sostenermi nell’affrontare nuove difficoltà.
    Quando gli individui decidono di alzarsi si rafforza anche l’unità del gruppo al quale appartengono. Ognuno, col proprio sincero impegno, può fungere da punto di riferimento per la crescita degli altri. Il nostro unico scopo come membri della Soka Gakkai – diventare tutti forti e felici – per sua natura non ammette screzi o dissapori. Mentre lottiamo contro le forze negative presenti nella vita, fianco a fianco coi nostri compagni di fede, l’unico pensiero che può trovare spazio nella nostra mente è quello di sostenerli e di essere da essi sostenuti, coltivando insieme lo spirito del nostro comune maestro. Poiché loro e noi, insieme, siamo l’organizzazione voluta dal Budda per la felicità delle persone, è nostra responsabilità impegnarci per primi, al di là di qualsiasi aspettativa esterna, nel creare sincere relazioni di amicizia e nel rispettare e favorire la crescita dei nostri amici membri. Anche in questo caso il risultato si ottiene in primo luogo nella nostra mente, della quale desideriamo diventare padroni. Spiegando la visione buddista dell’unità, Daisaku Ikeda afferma «L’essenza di “diversi corpi, stessa mente” si trova nell’intraprendere un’azione senza mai dimenticare il magnifico spirito altruistico della fede, lo spirito di calorosa solidarietà e rispetto tra i compagni membri, e l’atteggiamento interiore di vittoria su tutti gli ostacoli» (NR, 444, 10).
    Cercare nel nostro cuore è anche l’occasione per ritrovare e lucidare un sentimento antico, posto dal Buddismo a fondamento della condizione umana: la gratitudine. Disse Toda al riguardo: «Propagando ampiamente la grande Legge, noi ripaghiamo il debito di gratitudine verso il Budda e facciamo voto di salvare tutto il genere umano dalla caduta nei tre cattivi sentieri. È per questo che siamo apparsi e abbiamo deciso di agire, “alzandoci da soli”» (NR, 456, 6).
    La motivazione più nobile ad alzarci da soli risiede dunque nella gratitudine. Se ognuno di noi oggi può godere dei benefici della fede è grazie al Daishonin, ai nostri maestri e a quelle persone che ci hanno fatto conoscere il Buddismo, che ci hanno sostenuto e incoraggiato in vari modi e in tante occasioni, e continuano a farlo. Andando ancora oltre possiamo renderci conto che ogni essere umano con cui entriamo in relazione ci offre continuamente l’occasione di avanzare nella nostra personale rivoluzione e di rafforzare la nostra umanità. È come se ai nostri genitori ne avessimo aggiunti tanti altri che ci hanno insegnato a camminare sul sentiero che porta alla felicità. Potremmo quindi concludere che il senso della nostra vita, illuminato dall’insegnamento buddista, sta tutto nell’impegno di ripagare questo fondamentale debito, diventando lungo il cammino genitori di tanti nuovi figli e ispirandoli con l’esempio ad “alzarsi da soli”.

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    Io, Toda, realizzerò kosen-rufu
    In questi due brani di Daisaku Ikeda la tenacia e l’ardore di Josei Toda diventano un esempio dello “spirito di alzarsi da soli”

    da La rivoluzione umana
    Le tende coprivano le finestre delle stanze al piano superiore. Josei Toda si inchinò davanti al Gohonzon, la casa avvolta nel silenzio minaccioso che precedeva l’attacco aereo. Mise tra le labbra una foglia di sempreverde e staccò il Gohonzon dal gancio a cui era appeso. Si tolse gli occhiali e osservò attentamente i singoli ideogrammi, tenendo il rotolo così vicino che quasi lo sfiorava con la faccia.
    «Era proprio così. Nulla di sbagliato. Esattamente come lo vidi allora…».
    Mormorando con un filo di voce, provò una profonda soddisfazione nel verificare che la solenne Cerimonia nell’aria che aveva visualizzato interiormente durante la prigionia era effettivamente rappresentata nel Gohonzon. Si sentì pervadere dalla commozione e le lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance. Le sue mani ebbero un fremito; con tutta la sua energia gridò: «Gohonzon! Daishonin! Io, Toda, realizzerò kosen-rufu!». Sentì questa determinazione accendergli l’anima con incandescente luminosità. Bruciava suo malgrado come una fiamma che niente poteva estinguere, come il sole eternamente brillante di kosen-rufu. Dopo qualche istante ripose il Gohonzon nell’altare e si guardò intorno. Sapeva bene che nessun’altra persona poteva condividere con lui queste sensazioni e fu preso da un senso di profonda solitudine. Parlò silenziosamente a se stesso. «Aspetta. Non essere impaziente. Ci vorrà tempo, ma ce la farai, costi quel che costi». Nella notte fonda, sentì il suono di una campana che annunciava l’alba nel suo cuore. Nessun altro poteva udirla. Sarebbero passati anni prima che le vibrazioni di quel suono cominciassero a essere udite da altre persone. Eppure l’alba del Giappone sorse in quel momento. Era ancora buio. L’intero paese appariva oscuro e tutto intorno a lui era ugualmente nero. Solo nel suo cuore stava sorgendo la luce del giorno. «Più la notte è oscura, più vicina è l’alba», pensò.
    (Esperia 2007, vol. 1-2, pag. 24)

    dal Diario giovanile
    L’autunno si fa più intenso. Mentre l’oscurità della notte che avvolge la Gakkai si fa sempre meno fitta ogni giorno che passa, è sempre più vicina l’epoca così importante in cui noi alzeremo il sipario della nostra alba. Devo sopportare questa difficoltà solo perché non ci sono responsabili veramente autentici?
    […] la nostra responsabilità riveste una grande importanza. Devo svilupparmi sia nel corpo sia nello spirito. Recentemente percepisco in profondità la visione che aveva il presidente Toda. Sono poche le persone che si alleano con me. Il mio unico destino è quello di combattere da solo una battaglia con l’immagine del mio maestro in mente. Dal momento che ho deciso di dedicare la mia esistenza a diffondere la Legge in questa vita, come posso permettere che un minuscolo alito di vento mi spazzi via? Il potere della mia fede e della mia pratica farà manifestare il potere del Budda e quello della Legge.
    (Esperia 2011, pag. 753)

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    Dizionario: la gratitudine
    La gratitudine è un concetto centrale da approfondire. È grazie alle azioni compiute dai nostri predecessori e alla loro decisione di prendere l’iniziativa se abbiamo potuto incontrare il Buddismo

    Le lettere di Nichiren Daishonin indirizzate ai suoi discepoli iniziano quasi sempre con una sentita espressione di ringraziamento per le loro offerte e il loro sostegno. Citando vari esempi dalla storia, Nichiren descrive la gratitudine come una componente essenziale della nostra umanità, e anche Daisaku Ikeda la definisce come l’essenza stessa del Buddismo.
    Secondo il principio di origine dipendente (engi), infatti, ogni esistenza individuale è il risultato dell’intreccio di infinite relazioni di reciproco sostegno, una rete invisibile intessuta degli sforzi e della considerazione di innumerevoli persone. Dal cibo che mangiamo ai prodotti che usiamo, l’ambiente sociale e quello naturale, di momento in momento, rendono possibile la nostra vita. Provare gratitudine significa riconoscere con gioia questa realtà, mentre perdere di vista la nostra interdipendenza ci rende facili prede degli impulsi distruttivi dell’odio e dell’invidia. Agire in base al senso di apprezzamento e ripagare i nostri debiti di gratitudine significa agire in accordo con il ritmo stesso dell’universo, è la causa che ci porta a elevare il nostro stato vitale e ad accumulare ancora più fortuna e benefici. Più la nostra vita si espande, più profondo diventa il senso di gratitudine. Essere capaci di accogliere con gratitudine persino le prove più ardue, infatti, con la convinzione che condurranno al migliore dei risultati, è espressione della condizione vitale di assoluta libertà del Budda.
    In Ripagare i debiti di gratitudine Nichiren Daishonin afferma: «Persino gli animali conoscono la gratitudine, a maggior ragione dovrebbero conoscerla gli esseri umani» (RSND, 1, 614), e prosegue elencando tre categorie di persone per le quali dovremmo provare gratitudine: il sovrano, il maestro e il genitore. La nostra gratitudine verso i genitori è fondamentale, perché è tramite loro che siamo nati e siamo connessi con la più grande rete dell’esistenza. Il maestro si riferisce specificamente alla propria guida nella fede e nella vita. Il sovrano, nel contesto contemporaneo, si riferisce alla società in sé. In questo senso sovrano, maestro e genitore fungono da sostegno alla vita.

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