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È solo l'inizio - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:44

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È solo l’inizio

Mario Sferruzza, Castelbuono (PA)

L’incontro con il Buddismo e con il maestro Ikeda è stato più che fondamentale nella mia vita, mi ha dato fiducia e speranza anche quando non ne vedevo più; c’è una piccola frase del presidente Ikeda che mi dava un immenso coraggio: «Io credo nella vittoria assoluta dei miei amati discepoli»

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L’incontro con il Buddismo e con il maestro Ikeda è stato più che fondamentale nella mia vita, mi ha dato fiducia e speranza anche quando non ne vedevo più; c’è una piccola frase del presidente Ikeda che mi dava un immenso coraggio: «Io credo nella vittoria assoluta dei miei amati discepoli»

Ultimo di sei figli, sono sempre stato un bambino allegro e molto vivace. Ho trascorso la mia infanzia tra Castelbuono, comune in provincia di Palermo, e Reggio Emilia, finché, nel 1977, con i miei genitori ci siamo definitivamente trasferiti in Sicilia.
Due anni dopo, improvvisamente, all’età di cinquantotto anni, mio padre morì a causa di un infarto fulminante lasciando mia madre, già avanti con gli anni, analfabeta, sola e ammalata. Io, all’epoca, avevo solo nove anni e cominciai presto a “sbandare”: la sera rientravo molto tardi, a scuola non mi impegnavo affatto e iniziai a condurre una vita da “furbetto” trascorrendo l’adolescenza tra esperienze molto precoci di sesso, fumo e alcool; spesso mi lasciavo coinvolgere in risse e scazzottate per motivi assurdi. A sedici anni, a causa di una errata operazione al ginocchio mi ritrovai per più di un anno a portare le stampelle e fu allora che ebbi la netta sensazione che qualcosa dentro di me si fosse rotto. Non funzionavo più: niente più corse, sport, vita all’aperto, divertimenti vari. La mia mente era vuota, occupata solo dalla sofferenza che ogni mattina, al risveglio, mi rendeva incapace di affrontare il nuovo giorno che cominciava e per il quale non mi sentivo all’altezza.
Si insinuarono in me un senso di impotenza e di angoscia che risucchiarono tutta la mia energia vitale, in una parola fu depressione; una depressione così forte che generò nella mia mente l’idea del suicidio, dapprima solo come pensiero, successivamente in maniera concreta. In quel periodo – frequentavo la scuola alberghiera di Cefalù -, ricordo che un giorno, forse un giorno più nero degli altri, salii sulla rocca del paese deciso a lanciarmi di sotto, non so cosa mi trattenne, o forse sì…
Ripensando ora ai miei tentati suicidi, nel corso dei vari periodi di depressione, credo che potrei scriverci un libro; non mi sono fatto mancare niente: elettricità, corde al collo, tubi di scappamento modificati e portati all’interno dell’abitacolo, lamette, gas, farmaci, perfino un incidente volontario in auto, dal quale uscii illeso.
Nel 1988, sentii parlare per la prima volta di una pratica strana e incomprensibile. Un amico mi raccontò che aveva assistito a una recitazione buddista a Firenze, a casa di Enzo, un ragazzo che anch’io conoscevo bene. La cosa mi incuriosì, ma le mie scarse conoscenze mi portavano a pensare che il Buddismo fosse una pratica per “soffrire con filosofia”; immaginavo i monaci buddisti nelle steppe orientali, senza denti, mentre allevavano le caprette. Fui subito smentito. Enzo, che nel frattempo era tornato a Castelbuono, mi disse che questa era una pratica per vivere bene, qui e ora e che serviva per affrontare i problemi quotidiani. In un istante spazzò via tutti i miei desideri di caprette e lande solitarie!
Passò ancora qualche tempo ma, grazie alla pazienza e all’incoraggiamento di Enzo e Vincenzo, cominciai la mia pratica buddista e diventai membro della Soka Gakkai nel novembre del 1990. Nel frattempo, anche grazie a due cari insegnanti che avevano visto in me qualcosa di buono, mi diplomai alla scuola alberghiera.
L’energia vitale era ritornata e in quegli anni fui un giovane brillante che, grazie alla pratica buddista, se la cavava alquanto bene. Dopo una breve parentesi di vita vissuta a Reggio Emilia, dove rafforzai le basi della fede, mi trasferii nuovamente a Castelbuono, e mi iscrissi alla facoltà di pedagogia dell’Università di Palermo.
Lavoravo per mantenermi agli studi e per pagarmi i piaceri della vita (moto, auto, cavallo, viaggi) ma, quando qualcosa andava storto, la mia vita ripiombava nella depressione, allora mollavo tutto e fuggivo via disperato.
L’incontro con il Buddismo e con il maestro Ikeda è stato più che fondamentale nella mia vita, mi ha dato fiducia e speranza anche quando non ne vedevo più; c’è una piccola frase del presidente Ikeda che mi dava un immenso coraggio: «Io credo nella vittoria assoluta dei miei amati discepoli» (BS, 133, 30). Da quando ho iniziato a praticare, in un paio di situazioni mi sono trovato in grave difficoltà, ma col senno di poi ho capito che quei momenti sono stati occasione di una grande crescita per la mia vita.
La prima volta è stata quando sono ricaduto in depressione. Mi ero illuso che praticando non mi sarebbe più successo, come se la pratica fosse una bacchetta magica, e invece mi ritrovai a stare peggio di prima. La seconda volta fu quando i farmaci prescritti da uno psichiatra curarono velocemente la “mia malattia”, fatto che mi fece erroneamente convincere che in futuro sarebbe bastato prendere qualche pillola per guarire dal male che distruggeva la mia vita. Ancora una volta guardavo e cercavo fuori di me, ma Nichiren scrive nel Gosho: «Se […] pensi che la Legge sia al di fuori di te» (RSND, 1, 3) …non hai capito niente! aggiungo io.
Nel 2002 mi ritrovai totalmente esaurito, non ci fu farmaco che tenne, lo psichiatra me ne cambiò diversi, ma nessuno sembrava funzionare e quando non riuscii più a gestire la sofferenza feci il giro delle farmacie facendo scorta di sonniferi che ingerii pensando che quella sarebbe stata la volta buona, ma la mia ora non era ancora arrivata. Mi risvegliai in un letto d’ospedale con l’angoscia nel cuore e la confusione nella testa.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti: sono trascorsi più di dieci anni nei quali ho vissuto con una certa dose di paura e di timore, ho tirato a campare cercando di non strafare perché una vocina dentro mi diceva: «Stai attento, non esagerare, poi lo sai come va a finire».
Vivevo, quindi, sempre in allerta, con il mio senso del dovere, senza infamia né lode. Ma questo mi aveva insegnato il presidente Ikeda? Questo mi aveva insegnato il Buddismo? No! E finalmente l’ho capito. La svolta è arrivata durante il corso regionale nel febbraio del 2013.
La qualità del corso è stata eccezionale, la forza e la determinazione che si sono manifestate allora le sto nutrendo ancora oggi con tanto Daimoku, che è la cosa fondamentale, e un “pensiero (quasi) costante” a kosen-rufu.
Da allora mi si sono chiarite molte cose, potrei quasi affermare di avere manifestato la mia vera identità: sento una forza e un coraggio senza limiti che posso alimentare costantemente con la saggezza che viene da una seria e abbondante recitazione di Daimoku. Oggi vedo tutto più chiaro. “Ho cambiato le lenti”. E cosa vedo? Vedo che, grazie al Buddismo e al maestro Ikeda, io, che ero una frana a scuola e di studiare proprio non ne volevo sapere, mi sono prima diplomato all’alberghiero e poi laureato in pedagogia con centodieci e lode; vedo che, da laureato, ho potuto partecipare al concorso per docenti, l’ho vinto e mi sono ritrovato insegnante di ruolo in lettere e storia, io che in tutta l’adolescenza non ero mai riuscito a leggere un libro per intero; e sapete dove insegno da quest’anno? Esattamente in quella scuola alberghiera che è stata testimone di tante vicende che mi appartengono e nella quale, nel lontano 1988, ho anche recitato i primi Daimoku.
Vedo che, quasi vent’anni fa, ho incontrato Gaia, una ragazza straordinaria che è sempre stata al mio fianco, che mi ha sopportato e sostenuto, con la quale nel 2006 mi sono sposato. Oggi abbiamo tre magnifici figli e abbiamo costruito insieme una famiglia di cui vado fiero e che amo.
Vedo che ho avuto la fortuna e il coraggio di contrarre un mutuo – già finito di pagare – per acquistare una casa, che ho ristrutturato e messo a disposizione per l’attività buddista; vedo che il settore che mi è stato affidato, grazie anche all’impegno di tutti gli altri membri, sta crescendo.
Vedo anche un futuro luminoso e lo vedo con gli occhi della fede in questo insegnamento straordinario che ho avuto la fortuna di incontrare in giovane età e che mi sta dando molto di più di quello che mi sarei mai aspettato.
L’ultima cosa che vedo è che mi sento ancora all’inizio di questa pratica meravigliosa e questo mi dà gioia, perché se tanto mi dà tanto… chissà cos’altro mi aspetta ancora. Le mie determinazioni per il futuro sono molte, ma si possono riassumere in una sola cosa: voglio coltivare sempre di più la mia fede, la mia pratica e il mio studio, al fine di contribuire, insieme a tutti voi, alla realizzazione dei sogni del nostro maestro, per una terra migliore nella quale vivere tutti meglio, con coraggio e con orgoglio.

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