«Senza pratica e senza studio non può esservi Buddismo». Sulla base di questo assioma Makiguchi, Toda e Ikeda si sono impegnati nel trasmettere il modo corretto di essere buddisti
«Impegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio non può esservi Buddismo. Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnarlo agli altri. Sia la pratica che lo studio sorgono dalla fede» (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 342)
Ci sono delle frasi di Gosho, del Budda Nichiren Daishonin, che andrebbero imparate a memoria affinché siano ben presenti dentro di noi e ci guidino nel nostro agire quotidiano.
La frase citata è una di quelle, perché ricorda che il Buddismo è una strada da costruire continuamente sotto i nostri passi… i verbi “impegnati” , “devi” e “perseverare” assumono questo significato.
Non si può studiare solo una volta l’anno in occasione di un corso o degli esami, per quanto utilissimi, così come non si può praticare – sia come recitazione del Daimoku, che come propagazione – solo alle riunioni o sporadicamente.
Il Buddismo di Nichiren Daishonin è un insegnamento basato sulla grande Legge della vita e nel metterlo in pratica abbiamo la possibilità di percepire questa Legge sia dentro di noi che nel mondo che ci circonda. È come una “scienza” per vivere bene, una “scienza” che va continuamente verificata e sperimentata nel vivere quotidiano.
Anche il Daimoku che recitiamo è sempre da sperimentare: «Come l’ho recitato? Attento/a, distratto/a, scoraggiato/a? Dopo un po’ è cambiata la mia condizione interiore e come? Con quale intenzione ho pregato davanti al Gohonzon, con quanta fede? Che effetto ha prodotto in me e nell’ambiente in questa giornata? Cosa ho modificato nel mio atteggiamento verso gli altri?» e così via.
Il maestro Ikeda dice che dobbiamo andare davanti al Gohonzon così come siamo, senza preoccuparci troppo dei pensieri che ci passano nella mente mentre recitiamo Daimoku, ma l’attenzione a quello che stiamo facendo ci permette di verificare i risultati concreti che otteniamo.
Il riferimento per osservare noi stessi non è quindi un atteggiamento superstizioso o autocritico, tutt’altro: è uno schietto spirito di ricerca, proiettato in avanti, basato sulla totale fiducia nelle parole del maestro, del Gosho e in se stessi.
Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944) fondatore della Soka Gakkai, a cinquantanove anni aderì al Buddismo di Nichiren Daishonin perché lo considerò un modello di vita, una legge per “massimizzare il valore della vita”.
Diede inizio fin da subito alle riunioni (dette zadankai) come le conosciamo ora, con lo scopo di permettere alle persone di riunirsi per discutere delle esperienze di fede fatte applicando alle varie situazioni l’insegnamento di Nichiren Daishonin. Le chiamava “riunioni per discutere esperienze di vita innovativa”.
Al centro delle discussioni c’erano l’insegnamento buddista e le esperienze derivanti da questo, come in un circolo di “scienziati della vita” che verificano insieme una teoria innovativa e di forte impatto sul modo di pensare delle persone.
Josei Toda (1900-1958), secondo presidente della Soka Gakkai, dopo l’esperienza di Illuminazione in carcere, con la comprensione profonda che “il Budda è la vita stessa”, aprì la strada all’applicazione concreta del Buddismo come modello di comportamento e azione, accessibile a tutti (cfr. NR, 339, 23). Usò parole semplici per spiegare le difficili teorie buddiste collegandole alla vita di tutti i giorni con esempi comuni. Si preoccupò affinché ogni membro della Soka Gakkai costruisse delle solide basi nella pratica, per rendere veramente inseparabile la fede e la vita quotidiana e anche per poter comprendere gli accadimenti della società alla luce della Legge buddista. Per questo, nel 1952 fece pubblicare tutti gli scritti di Nichiren Daishonin, cosa mai avvenuta prima, nell’ottica di permettere a tutti di leggere il Gosho per metterlo in pratica.
Daisaku Ikeda, anno di nascita 1928, attuale presidente della Soka Gakkai, ha sviluppato ancora di più questa strada; soprattutto dopo la separazione dal clero guidato da Nikken, negli anni ’90, ha promosso un vasto movimento per lo studio aperto a tutti i membri, sinteticamente definito “attivo e combattivo” pubblicando La saggezza del Sutra del Loto prima e poi Il mondo del Gosho, per comprendere il vero intento del Budda e quindi il vero significato della pratica buddista in questa epoca (vedi anche l’articolo a pag. 20).
Il Buddismo di Nichiren Daishonin ha riacquistato nuova vita, dopo secoli, grazie a questo potente spirito di ricerca dei tre maestri.
«La gioia di studiare il Buddismo approfondisce la nostra convinzione nella fede e quella convinzione ci colma del coraggio per discutere di Buddismo con gli altri» (D. Ikeda, NR, 255, 12).
Lo studio del Buddismo non è un esercizio di erudizione, né si può eludere dicendo «è sufficiente recitare Daimoku», oppure «già lo so».
Così come la complessità di alcuni princìpi buddisti (il karma, la legge di causa effetto, l’origine dipendente, l’influenza sull’ambiente ecc.) è realmente “compresa” solo con l’esperienza personale diretta, allo stesso tempo ci si rende conto di aver capito ancora solo una parte piccola e limitata di un principio buddista, proprio nel rivisitarlo da tanti punti di vista diversi.
Per questo serve la perseveranza nel tornare più e più volte sullo stesso concetto o sulla stessa spiegazione di Gosho del maestro, sia con la teoria sia con la sperimentazione, senza accontentarsi di quello che abbiamo già “capito”.
La necessità di “perseverare nello studio”, così come nella pratica, non nasce solo dal bisogno di saperne di più sulla nostra vita per affrontare e superare ogni tipo di difficoltà, ma anche per poter sostenere gli altri.
Quando la pratica è rivolta solo a se stessi non produrrà un forte e duraturo spirito di ricerca, se invece è motivata dal desiderio di aiutare anche gli altri, l’atteggiamento verso lo studio si manterrà sempre vivo e sarà non solo un nutrimento prezioso per la propria fede, ma utilissimo anche per l’incoraggiamento. Nella tipica circolarità buddista in cui “aiutando gli altri aiuto me stesso”, questa è la strada più sicura per godere di grandi benefici.
Oggi disponiamo di molto materiale scritto per studiare sia individualmente che insieme ai compagni di fede: i giornali, le pubblicazioni, i libri, il sito dell’Istituto Buddista.
Tutte le riunioni mensili, nessuna esclusa, da quella di discussione a quella di studio nelle case, a quelle delle varie Divisioni, come pure i piccoli incontri che facciamo per andare a trovare le persone, possono essere arricchite dalla lettura di un brano, dalla spiegazione di un aspetto del Buddismo, dallo scambio di considerazioni su come mettiamo in pratica il Buddismo concretamente.
Che le fonti del materiale siano ufficiali però è molto, molto importante a garanzia della originalità dei testi e della loro eventuale buona traduzione.
Per approfondire il Buddismo di Nichiren Daishonin nelle nostre attività dovremmo sempre utilizzare materiale, per così dire, “DOC” e considerare tutto il resto – discorsi, guide, poesie che spesso circolano su internet con attribuzioni ad autori non sempre corrette – come produzioni personali.
Concludendo, se il Buddismo potrà essere considerato a lungo una religione universale e viva dipenderà da questo genuino spirito di ricerca dei suoi aderenti, che li metterà in grado di essere promotori di importanti cambiamenti, volti alla creazione di relazioni veramente pacifiche e “buddiste”, sotto tutti gli aspetti, sia nella loro vita che nel loro ambiente sociale facendo così apprezzare il Buddismo di Nichiren Daishonin.