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La visione buddista della vita / Mutuo possesso dei dieci mondi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:51

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La visione buddista della vita / Mutuo possesso dei dieci mondi

Scegliere di manifestare in ogni istante la condizione vitale adamantina della Buddità e dirigere le attività fisiche e mentali dei dieci mondi verso la creazione di valore per sé e per gli altri senza cambiare luogo o forma. Questa possibilità è il cuore della teoria dei dieci mondi rivelata nel Sutra del Loto

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Da giugno a novembre Il Nuovo Rinascimento pubblica una selezione del materiale di preparazione agli esami. Il testo completo è pubblicato nello Spazio aderenti del sito dell’Istituto e nel libro Materiale di studio – esame di primo livello.

IL MUTUO POSSESSO DEI DIECI MONDI

«La vita in ogni istante è dotata dei dieci mondi. Al tempo stesso ognuno dei dieci mondi è dotato di tutti gli altri dieci mondi» (L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND, 1, 313).
Il Buddismo spiega che la nostra vita non è limitata ai ristretti confini dell’io, ma include gli altri esseri viventi, il mondo esterno e addirittura l’intero universo. Ogni fenomeno è considerato parte di un tutto, ed è fondato sulla realtà fondamentale, eterna e immutabile che il Daishonin denominò Myoho-renge-kyo.
La nostra coscienza abitualmente percepisce la vita individuale come separata da quella degli altri, e il nostro interno separato dall’esterno. Questa visione della vita genera molti altri dualismi (corpo-mente, materia-spirito, individuo-ambiente…) che sono alla radice di gran parte dei problemi dell’umanità.
Secondo il Buddismo il risveglio a una vita più grande che trascenda i confini dell’io, ma non separata da noi stessi, ci permette di attingere a una fonte di gioia e di creatività interiore in grado di trasformare le sofferenze di vita e morte e di ritrovare la profonda connessione con gli altri e con l’universo. La reciproca inclusione di tutti i fenomeni nella realtà fondamentale della vita è stata spiegata da T’ien-t’ai, maestro buddista cinese del VI secolo, con la teoria dei tremila regni in un singolo istante di vita (ichinen sanzen), secondo la quale in un singolo istante di vita (ichinen) è contenuto l’insieme di tutti i fenomeni (sanzen) dell’universo.
Il primo tipo di classificazione dei fenomeni che compone la complessa teoria di ichinen sanzen è il principio del mutuo possesso dei dieci mondi. Questo principio comprende un’accurata analisi dei diversi stati esistenziali, definiti “mondi”, sperimentati da ogni singola vita di momento in momento, che condizionano la percezione della realtà e la capacità di interagire con l’ambiente. Esso descrive la dinamicità della vita, mostra come costantemente ognuno dei “mondi” interiori passi dallo stato latente a quello manifesto e viceversa. L’alternarsi delle condizioni vitali è condizionato sia dall’apparire di uno stimolo appropriato esterno, sia delle nostre tendenze interne.
Così Nichiren descrive il succedersi delle prime sei condizioni vitali o mondi in una persona: «Osservando di tanto in tanto il viso di una persona, talvolta lo troviamo gioioso, talvolta rabbioso, talvolta calmo; a volte mostra avidità, a volte stupidità, a volte servilismo. La rabbia è il mondo di Inferno, l’avidità è il mondo degli Spiriti affamati, la stupidità è quello degli animali, il servilismo è il mondo di asura, la gioia è il mondo del Cielo e la calma quello degli esseri umani» (L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND, 1, 317).
Ma il cuore del concetto del mutuo possesso dei dieci mondi è che ogni condizione vitale contiene il mondo di Buddità: ciascuno di noi, in qualsiasi istante della propria vita e con qualunque stato d’animo, ha il potenziale per sperimentare e manifestare la Buddità. Grazie a questa teoria si è in grado non solo di riconoscere lo stato vitale presente, ma anche di cambiarlo istantaneamente, facendo apparire la condizione di Buddità con la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, che ne rappresenta lo stimolo appropriato. Inoltre possiamo meglio comprendere i sentimenti delle altre persone pensando che anch’esse sono dotate dei dieci mondi, compresa la Buddità.
Il Sutra del Loto espone il mutuo possesso dei dieci mondi per rivelare che le persone comuni possono manifestare la propria Buddità così come sono, senza dover rinascere in un’altra forma o in un’altra terra. Scrive Ikeda nel Mondo del Gosho: «Il vero significato di percepire i dieci mondi dentro la propria mente consiste nel manifestare il mondo di Buddità che esiste nella propria vita. […] Per esempio, supponiamo di trovarci in una condizione senza speranza, in cui soffriamo nel mondo d’Inferno. Se percepiamo la realtà del mutuo possesso dei dieci mondi e siamo convinti che nella nostra vita esiste senza alcun dubbio la grande forza vitale della Buddità, riusciremo a superare qualsiasi cosa e infine a vincere» (Il mondo del Gosho vol. 1, pag. 291).
I dieci mondi sono: Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità, Cielo, Apprendimento, Realizzazione, Bodhisattva e Buddità.
I primi tre mondi Inferno, Avidità e Animalità sono chiamati i “tre cattivi sentieri”, condizioni in cui la singola vita, priva di coscienza di sé e forza di volontà, è in balia dell’angoscia impotente, del desiderio e degli istinti.
Il primo mondo, quello di Inferno, indica uno stato del tutto privo di libertà, una condizione di estrema sofferenza e disperazione in cui si è spinti dalla rabbia a distruggere se stessi e gli altri.
Il secondo è il mondo di Avidità. In questo stato siamo governati dalla costante bramosia di determinati oggetti, o persone, o esperienze come la ricchezza, il potere, il piacere ecc.
Il terzo mondo è quello di Animalità: quando ci troviamo in questa condizione siamo come animali guidati dall’istinto di sopravvivenza e privi delle virtù di autocontrollo quali la ragione o la morale.
Questi primi tre mondi, insieme ai tre successivi, Collera, Umanità e Cielo, vengono definiti i “sei sentieri” o i sei mondi inferiori, perché sono comunque attivati o disattivati dalle circostanze esterne, condizionati dalla realizzazione o meno di desideri e impulsi.
Il quarto è il mondo di Collera, in cui compare una prima forma di coscienza dell’io, anche se è una coscienza competitiva, determinata a prevalere sugli altri a tutti i costi. In questo stato diamo valore solo a noi stessi e disprezziamo gli altri anche se, per comparire superiori, possiamo assumere atteggiamenti gentili e benevolenti. In questa condizione vitale esiste più energia e perseveranza che nei mondi precedenti.
Il quinto è il mondo di Umanità. In questa condizione siamo in grado di disporre della ragionevolezza e del controllo sulle nostre pulsioni istintive e agiamo in armonia con l’ambiente e con gli altri così da far emergere qualità “umane” quali l’amore e il senso di giustizia, basate sulla distinzione fra bene e male.
Il sesto mondo è quello di Cielo, in cui sperimentiamo la gioia che si prova quando si realizza qualcosa che si è desiderato a lungo o si supera una sofferenza. Per quanto intensa sia la sensazione di soddisfazione che si prova in questa condizione, essa non è duratura, perché estremamente dipendente da condizioni e influenze esterne.
Il Buddismo sottolinea che la maggior parte delle persone trascorre la propria vita alternando questi sei stati, senza rendersi conto di essere del tutto alla mercé delle proprie reazioni all’ambiente esterno. «Qualunque felicità o soddisfazione possiamo ottenere in questi mondi – scrive Ikeda – è totalmente dipendente dalle circostanze ed è perciò transitoria. Ma quando siamo intrappolati nei sei mondi inferiori non riusciamo a capire questa verità, basiamo la nostra felicità, e addirittura la nostra stessa identità, su fattori esterni e non siamo quindi in grado di trasformare la nostra vita. Quando perciò riconosciamo che tutto quello che sperimentiamo nei sei mondi inferiori è impermanente, e siamo allora spinti a cominciare la ricerca di una verità duratura, entriamo nei mondi successivi, il mondo di Apprendimento e quello di Realizzazione» (D. Ikeda, I misteri di nascita e morte, esperia, 2004, pag. 139).
I “quattro mondi nobili” sono Apprendimento, Realizzazione, Bodhisattva e Buddità. A differenza degli stati vitali precedenti, caratterizzati da una reazione più o meno passiva all’ambiente, in questi mondi l’io fa uno sforzo deliberato e cosciente di autonomia rispetto alle circostanze, basato sul miglioramento personale e sulla ricerca della verità.
Nel mondo di Apprendimento cerchiamo di creare una vita migliore tramite l’autoriforma e lo sviluppo personale imparando da idee, conoscenze ed esperienze degli altri. Si sperimenta il mondo di Apprendimento quando si è animati da uno spirito di ricerca.
Il mondo di Realizzazione è una condizione in cui si percepisce l’impermanenza di tutti i fenomeni e – nello sforzo di emanciparsi dalla sofferenza dei sei sentieri – si cerca di scoprire una verità più profonda tramite la propria percezione diretta o l’intuizione. È lo stato vitale degli scienziati, dei filosofi, degli artisti, ma anche di tutti coloro che riflettendo su un particolare problema e cercando risposte dentro di sé, riescono a comprenderlo e risolverlo.
Nel mondo di Bodhisattva la caratteristica principale è quella della compassione e del comportamento altruistico. Non si cerca l’Illuminazione solo per sé ma insieme agli altri, consapevoli dei profondi legami di interdipendenza che uniscono tutti gli esseri viventi. In questa condizione vitale la più grande soddisfazione deriva dal comportamento altruistico. Ma fino a questo nono mondo non emerge ancora l’Illuminazione.
Il decimo mondo, la Buddità, designa la condizione in cui la saggezza innata si esprime al massimo livello e la verità di tutti i fenomeni viene compresa naturalmente. Questo risveglio conferisce una sensazione di perfetta e assoluta libertà in cui la vita è percepita senza limiti. Il comportamento che deriva da questa condizione vitale è quello della condizione di Bodhisattva, nella quale la felicità propria e quella degli altri non sono vissute come separate, ma sono sentite come un unico, autentico e profondo desiderio.
Secondo l’insegnamento buddista, quando stabiliamo la Buddità come condizione vitale di base possiamo dirigere tutte le attività fisiche e mentali degli altri nove mondi verso mete altruistiche e di valore, producendo una riforma nella nostra esistenza e, allo stesso tempo, un cambiamento positivo nel nostro ambiente.
«Nei quattro nobili sentieri – scrive Ikeda – si costruisce un cuore forte, si passa da un io in balia dell’ambiente a un io che influenza l’ambiente. Questa è la rivoluzione umana, e lo spirito di ricerca dei due veicoli ne costituisce le fondamenta» (D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, vol. 3, esperia, 2000, pag. 148).
Infine, gli stati da Inferno a Bodhisattva sono collettivamente chiamati i nove mondi, per denotare la condizione non illuminata dei comuni mortali influenzati dal karma, in contrapposizione con il decimo mondo, la Buddità, uno stato di perfetta e assoluta libertà dai condizionamenti del karma che è caratterizzato dal risveglio alla realtà dei fenomeni.

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