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Un'idea creativa tira l'altra - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:45

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Un’idea creativa tira l’altra

Giulia Cesaroni, Roma

Tutto ciò che ho accumulato nella mia vita, dalle capacità ai beni materiali come la casa o un posto di lavoro a tempo indeterminato, dipendono dallo sforzo costante che ho fatto di accumulare i tesori del cuore

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Tutto ciò che ho accumulato nella mia vita, dalle capacità ai beni materiali come la casa o un posto di lavoro a tempo indeterminato, dipendono dallo sforzo costante che ho fatto di accumulare i tesori del cuore

Ho resistito tre anni prima di partecipare a una riunione buddista. Tre anni in cui ho potuto constatare che la “marcia in più” della coppia di amici che mi invitava poteva solo dipendere dalla pratica. Era il 1988, e stavo malissimo. Ero iscritta all’università, ma studiavo matematica con molta fatica, ero sempre malata e la mia famiglia, composta oltre me da due genitori professori universitari e un fratello minore, era il regno della disarmonia, della nevrosi, della mancanza di gioia e di dialogo. Alla prima riunione a cui ho partecipato mi hanno colpito il suono del Daimoku, il calore delle persone e il cambiamento del mio stato vitale. Il giorno dopo ho recitato Gongyo mattina e non ho più smesso. Ho subito puntato in alto, mi sono prefissa obiettivi concreti e grandi: sviluppare una passione per la matematica, avere una famiglia armoniosa e non essere condizionata troppo dal mio stato di salute.
Mi sembrava di essere rinata, avevo un’energia e un’apertura interiore mai percepite prima. Ho iniziato a parlare della pratica a tutti e a partecipare alle attività buddiste.
Il risultato c’è stato: durante i primi anni di pratica mi sono appassionata alla matematica, mi sono laureata e ho completamente trasformato la relazione difficile che avevo con mio padre, tanto che mia madre nel 1991 ha cominciato a praticare.
Nel 1992 ho avuto la fortuna di partecipare alla preparazione della visita del presidente Ikeda in Italia e alla riunione della Divisione giovani a Firenze. Sensei ci ha incoraggiato a costruire solide basi nella nostra vita e, citando un Gosho indirizzato a Nanjo Tokimitsu, ci ha assicurato che tramite la nostra fede saremmo riusciti a guidare verso la felicità i nostri genitori, i nostri amici, i fidanzati lasciati… tutte le persone che hanno un legame con noi. Io avevo la vittoria – della tesi appena discussa – nel cuore, ma non sapevo cosa avrei voluto “fare da grande”. Lì a Firenze, dopo la riunione, sdraiata sul prato del Centro culturale, ho pensato che avrei voluto applicare la matematica alla medicina, desideravo fare qualcosa di utile e concreto.
In meno di un anno, sono approdata a quello che allora si chiamava Osservatorio Epidemiologico della regione per fare modelli matematici per le epidemie. La borsa di studio era il triplo di quelle che non ero riuscita a ottenere in altri istituti. Con i primi soldi guadagnati sono andata al corso giovani in Giappone. Poi nel 1994 il presidente Ikeda è venuto nuovamente in Italia. L’attività è stata tanta e sono riuscita a partecipare alla conferenza all’Università di Bologna, in cui sensei ha ricevuto l’Anello dottorale, con mia madre e mio padre ospite perché professore universitario. Non era scontato che mio padre venisse, l’alzataccia era tremenda, non praticava, ma ci tenevo molto perché ero sicura che se fossi riuscita a partecipare con mio padre, avrebbe costruito un legame individuale con il presidente Ikeda. Dopo poco anche lui ha cominciato a praticare il Buddismo e l’anno successivo ha iniziato anche mio fratello.
So che tutto ciò che ho accumulato nella mia vita, dalle capacità ai beni materiali come la casa o un posto di lavoro a tempo indeterminato, dipendono dallo sforzo costante che ho fatto di accumulare i tesori del cuore. Oggi è difficile credere che la mia famiglia non sia stata sempre così armoniosa, negli anni sono diventati membri altri cinque parenti e siamo molto felici quando stiamo insieme.
Il luogo di lavoro è stato sempre una grande occasione di rivoluzione umana per le relazioni interpersonali; in primis quella con il mio primo direttore, e per il mondo di Collera che regna negli ambienti di ricerca. Mi sono sempre impegnata in campo lavorativo, ma per l’ottantesimo compleanno del presidente Ikeda ho deciso di regalargli una mia vittoria. Ho cominciato a recitare Daimoku con l’unico obiettivo di far emergere la mia Buddità. La creatività ha iniziato a manifestarsi. Ogni giorno avevo un’idea nuova per un possibile progetto di ricerca e anche se mi veniva bocciato dai miei superiori non importava, ne avrei avute di migliori. Questo atteggiamento era dovuto solo al Daimoku, perché la mia tendenza è quella di essere molto attaccata alle mie idee. Una di queste è nata dalla constatazione che dal 10 gennaio 2005 – entrata in vigore della legge sul divieto di fumo nei locali pubblici – i fumatori hanno iniziato a fare capannelli fuori dai locali, ma non hanno più fumato all’interno. Se il fumo passivo fa male si sarebbe dovuto vedere un beneficio per la salute della popolazione, e infatti così è stato. Lo studio, che con l’aiuto del mio capo ho potuto sviluppare ulteriormente, è stato pubblicato su Circulation, la rivista di riferimento per la medicina cardiovascolare e l’anno successivo ha vinto il Best Paper Award nella categoria degli studi di popolazione. Da allora mi occupo degli effetti dell’inquinamento dell’aria sulla salute.
Nel lavoro mi sono sempre sforzata molto, pensando al signore di Ema e a Shijo Kingo, ma non è stato facile. In tanti momenti ho desiderato mollare tutto. Uno di questi è stato un anno fa, dopo venti anni di lavoro. Il problema era che non mi sentivo apprezzata, mi sembrava che tutti avessero più chance di me, e che desideravo avere più tempo da dedicare alle persone e a kosen-rufu.
Il Buddismo ci insegna a sfidarci lì dove siamo e io mi sono resa conto che non lo stavo facendo. Sarebbe arrivato il 18 novembre, giorno della fondazione della SGI, e cosa avevo intenzione di fare? In questi casi si ha solo una possibilità: rilanciare. Era estate e sono riuscita a spedire un lavoro, frutto di un grande progetto internazionale, a un’importante rivista, il BMJ. Sono andata in Svizzera a un convegno e lì ho scoperto che a livello internazionale il mio lavoro è molto apprezzato, è stato perfino citato da un professore dell’Organizzazione mondiale della sanità come “la risposta europea agli studi americani”. Il 18 ottobre ho ricevuto la risposta dal BMJ: in questi casi la più probabile è “rifiutato”, rara e positiva è “accettato dopo una revisione sostanziale”. L’articolo, che era stato commentato da quattro esperti internazionali e dal comitato della rivista, era stato “accettato provvisoriamente”. Dovevo mandare la versione finale entro il 18 novembre. Ce l’avevo fatta!
Da lì la vita lavorativa è stata come un fiume in piena. Ho fatto interviste per quotidiani come il Times, il Guardian, radiofoniche (in diretta dall’Australia), televisive (in diretta da BBC News) e hanno cominciato a invitarmi dall’estero. Un mio progetto sugli effetti dell’inquinamento sulla gravidanza è stato finanziato dal Ministero della salute, e questo significa poter pagare giovani ricercatori.
Desidero continuare a sfidarmi nel lavoro, nella famiglia, nella pratica personale e nell’attività, affinché le donne di cui sono responsabile, ma non solo, siano felici. Voglio contribuire al cambiamento di questa società.
Desidero far emergere sempre più potenzialità dalla mia vita per riuscire ad aiutare più persone possibile per far conoscere la visione del presidente Ikeda e ripagare il debito di gratitudine verso di lui.

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