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Una società che valorizza l'educazione - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 18:33

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Una società che valorizza l’educazione

«È necessario creare una società che sia al servizio dei bisogni essenziali dell’educazione, in cui il principio guida sia la felicità dei bambini». Di fronte alla realtà di fenomeni come il bullismo, gli insegnanti e gli educatori sono un punto di riferimento essenziale per i ragazzi e i loro genitori che vivono questa sofferenza

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«È necessario creare una società che sia al servizio dei bisogni essenziali dell’educazione, in cui il principio guida sia la felicità dei bambini». Di fronte alla realtà di fenomeni come il bullismo, gli insegnanti e gli educatori sono un punto di riferimento essenziale per i ragazzi e i loro genitori che vivono questa sofferenza

Nichiren Daishonin scrive: «Dove c’è una virtù invisibile ci sarà una ricompensa visibile» (RSND, 1, 806). Questa è un’espressione della legge inflessibile di causa ed effetto secondo cui coloro che continuano a compiere invisibili sforzi positivi godranno alla fine di una vera vittoria. Desidero dedicare il passo citato a voi, educatori umanistici della Legge mistica: sostenere e incoraggiare gli altri è un’attività difficile e minuziosa che spesso non riceve riconoscimenti; è un riflesso della “virtù invisibile”.
L’educazione è una professione nobile che ha a che fare direttamente con le persone – in particolare con bambini e ragazzi sensibili e vulnerabili – ed è pertanto incredibilmente impegnativa.
Talvolta, nella veste di insegnanti, le vostre buone intenzioni potranno non trovare consenso o non raggiungere i risultati tangibili che speravate. Talvolta, quando i vostri sforzi sinceri non trovano ricompensa, potreste avere la sensazione che non sia valsa la pena provarci. Eppure, nonostante simili delusioni e sofferenze, voi perseverate. Continuate a credere nel potenziale dei vostri studenti, recitando con tutto il cuore per loro e facendo il massimo per sostenerli. Fatelo senza aspettarvi niente in cambio, senza cercare lodi.
Tuttavia, la “ricompensa visibile” alla fine ci sarà. Forse riguarderà, ad esempio, i vostri studenti che a un certo punto dimostreranno una straordinaria crescita od otterranno un grande successo. Oppure potreste scoprire che tutto il duro lavoro e lo sforzo che avete investito come educatori vi ritorna sotto forma di infinito apprezzamento e rispetto da parte di studenti e genitori.
Se volgete gli occhi al futuro, quando i semi della “virtù invisibile” che avete piantato saranno cresciuti e avranno dato frutti, proverete sicuramente un’infinita sensazione di gioia, realizzazione e soddisfazione per il vostro lavoro. Questo dono della realizzazione interiore è la vera “ricompensa visibile” che si accumula per gli educatori umanistici.
Da questo punto di vista un esempio da cui trarre ispirazione sono i membri del “Gruppo educatori emeriti” della Soka Gakkai, insegnanti che si sono ritirati dalla vita professionale, ma continuano a offrire alla comunità la loro vasta esperienza di educatori.
Con il sostegno incondizionato dei membri di quel gruppo, il Dipartimento educatori della Soka Gakkai ha portato avanti varie attività nella società, come i servizi di sostegno forniti dai centri di counseling educativo e l’organizzazione dei Forum di educazione umanistica. Apprezzo sinceramente e rispetto tutti coloro che, nonostante i molteplici impegni, offrono il loro tempo per queste attività.
Quest’anno, il 2012, segna il quarantaquattresimo anniversario da quando, nel 1968 furono inaugurati i centri di counseling educativo. Quell’anno infuriava la guerra del Vietnam, venne assassinato il leader americano dei diritti civili Martin Luther King, in Europa Orientale crollava il movimento per la libertà della Primavera di Praga mentre i bambini del Biafra, morivano di fame. Il Giappone stava godendo di un periodo di grande crescita economica ed era concentrato sulla conquista del benessere materiale, ma stava anche sperimentando un grave inquinamento ambientale e assisteva al diffondersi delle proteste studentesche nei campus universitari di tutta la nazione. In simili circostanze, molti giovani giapponesi si interrogavano sui valori della società e si chiedevano come condurre la propria esistenza.
Quello stesso anno ebbi l’opportunità di confrontarmi a lungo con un’insegnante di grande esperienza che aveva affrontato tutte le sfide più difficili che un insegnante e una scuola in generale possono incontrare. Ascoltando i suoi racconti, lodai il suo ammirevole impegno e le proposi di trovare un modo di mettere la sua esperienza e conoscenza al servizio della comunità. Poco tempo dopo fu costituito a Tokyo il nostro primo Centro di counseling educativo. Poiché l’educazione è una priorità universale, i centri di counseling educativo sono aperti gratuitamente sia ai membri della Soka Gakkai sia a chiunque voglia usufruirne, a prescindere dalla religione di appartenenza.
Il mese scorso un Centro di counseling educativo ha aperto i battenti nella prefettura di Oita, ed è il trentacinquesimo centro del genere in Giappone. A oggi, oltre 367.000 persone hanno frequentato queste strutture in tutto il paese.
Nichiren Daishonin scrive: «Un albero che è stato trapiantato non crollerà, anche in presenza di forti venti, se vi è un solido palo che lo sostiene» (I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, RSND, 1, 531). Sicuramente non c’è niente di più rassicurante del sapere che educatori di esperienza sono pronti e disponibili per offrire un parere e un supporto.
Naturalmente genitori e bambini utilizzano i centri per ragioni molto diverse tra loro, e i consulenti volontari ascoltano con attenzione le preoccupazioni di ogni persona. Cercano anche di escogitare modalità creative per interagire con i bambini attraverso il gioco e altre attività. Una madre si è recata al centro perché aveva problemi di comunicazione con la figlia adolescente. Grazie a un percorso di counseling, gradualmente ha iniziato a cambiare il suo atteggiamento e comportamento e, di conseguenza, anche la figlia ha iniziato a cambiare e ad aprirsi con lei.
In questo modo il servizio di counseling cerca di aiutare genitori e figli a elaborare le diversità e problematiche vissute, rafforzando il legame tra loro. In alcuni casi, il fatto di coinvolgere entrambi i genitori in questo percorso può generare uno straordinario miglioramento della situazione familiare.

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Quando genitori e tutor si sforzano senza ottenere risultati con i loro bambini, il consiglio pratico offerto dai membri del Dipartimento educatori può essere fonte di grande speranza.
Fedeli al motto “Essere un faro di speranza nella comunità” che ho suggerito ai consulenti coinvolti, questi centri risplendono davvero luminosi nelle loro comunità, proprio come un faro illumina di notte le acque infide.
A oggi, circa il settanta per cento dei colloqui che si sono svolti presso i centri di counseling educativo riguardano i giovanissimi che si rifiutano di frequentare la scuola. Ci sono diverse ragioni per questo, penso, ma le sfide e le pretese che vengono imposte oggi ai figli in particolare, fanno soffrire non solo loro, ma anche i genitori. Offrire sostegno e assistenza alle famiglie è un atto nobile. Desidero esprimere il mio più grande rispetto e apprezzamento per tutti questi volontari che svolgono questo ruolo sia in classe sia nella società.
L’attenzione personalizzata e il caloroso sostegno offerto dai centri hanno avuto come risultato il ritorno a scuola dei bambini. Similmente, la cura sincera offerta dai consulenti ha aiutato molti genitori e figli a sviluppare le capacità per superare le loro difficoltà e diventare forti e ottimisti.
Dopo il terremoto e lo tsunami nel Tohoku, nel 2011, sono stati richiesti supporto e assistenza emotiva per i bambini delle aree colpite. Mi è stato raccontato di come i volontari del Centro di counseling educativo di Sendai abbiano fatto visita ai bambini che vivono nei punti di accoglienza e negli alloggi temporanei. Giocando e facendo attività sportive insieme, hanno fornito loro una pausa felice e gioiosa dalle loro difficili condizioni.
Offrire supporto e ascoltare con sincerità coloro che soffrono sono le azioni di un bodhisattva. Nichiren Daishonin scrive: «Il nono è il mondo dei Bodhisattva, coloro che rimangono fra le persone comuni dei sei sentieri dell’esistenza, che si preoccupano poco della propria vita e molto della vita degli altri, che cercano sempre di attirare il male su di sé e di far del bene agli altri» (Spiegazione del principio di causalità nei dieci mondi, RSND, 2, 191).
Comprendere la sofferenza e il dolore degli altri, assumerci le difficoltà altrui come fossero le nostre e trasmettere speranza e coraggio a tutti: questo significa essere un bodhisattva, ed è questo lo spirito che pulsa vibrante nei nostri centri di counseling educativo.
Uno studente di scuola media si rifiutava di andare a scuola dopo essere stato vittima di bullismo. La madre lo portò a uno dei nostri centri di counseling, cercando disperatamente aiuto. Il consulente che ha incontrato il ragazzo non lo ha spinto a parlare; al contrario durante le sessioni di counseling si è limitato a giocare a ping pong con lui, riservandogli sempre un sorriso amichevole. La consapevolezza che il consulente era dalla sua parte e lo accettava così com’era lo ha aiutato a riguadagnare poco a poco la sua sicurezza. Alla fine è tornato a scuola e ha lavorato duramente per completare gli studi. Dopo essersi diplomato al liceo ha proseguito per ottenere una formazione professionale e diventare un assistente sociale.
Sulla sua decisione di crearsi una carriera in questo settore il giovane ha spiegato: «Quel periodo doloroso della mia adolescenza ha fatto di me quello che sono oggi e l’unica ragione per cui non ho rinunciato alla mia vita è stato il mio consulente. Volevo ripagarlo diventando una persona capace di aiutare gli altri, proprio come lui ha fatto con me». Oggi questo ragazzo lavora insieme ai membri del Dipartimento educatori per entrare in contatto con i giovani che si trovano in una situazione simile a quella che ha sperimentato lui.
Molti pensatori di primo piano hanno espresso il loro rispetto e ammirazione per gli sforzi dei volontari dei nostri centri di counseling educativo, rilevando il fatto che studiano con attenzione tutti i casi e si impegnano senza sosta per dare assistenza a ogni genitore e bambino che fa loro visita. È mia speranza che le attività dei centri di counseling educativo, tenendo il passo con l’evoluzione dei tempi, continuino a svolgere un ruolo sempre più importante nel migliorare l’istruzione nelle nostre comunità.

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Le innovative attività a livello sociale del Dipartimento educatori della Soka Gakkai includono non solo l’offerta dei servizi dei centri di counseling educativo, ma anche l’organizzazione di vari seminari educativi, in particolare i Forum di educazione umanistica.
Il primo di questi ebbe luogo a Tachikawa, a Tokyo, nel 1976. Da allora sono stati organizzati trentaquattro forum a livello nazionale e numerosi altri a livello di regione o prefettura.
In tali occasioni, i membri del Dipartimento raccontano i metodi da loro utilizzati in classe, che sono sempre di grande ispirazione. I commenti degli studiosi che vi partecipano riflettono il loro profondo apprezzamento per quelle presentazioni. Uno dei partecipanti ha affermato: «Ciò di cui abbiamo bisogno oggi non sono teorie educative arbitrariamente imposte dall’esterno, ma teorie supportate dalle esperienze pratiche di insegnamento di educatori che sono in contatto diretto con gli studenti e conoscono le loro necessità meglio di chiunque altro». Egli ha espresso inoltre grandi lodi per la compassione, la saggezza e il coraggio – tre elementi essenziali dell’insegnamento – esercitati da questi educatori grazie alla loro esperienza pratica in aula. Anche un altro studioso ha elogiato quelle presentazioni, sottolineando come pratiche educative innovative conducano a teorie educative eccellenti.
“La pratica porta alla teoria”: l’esperienza concreta dei singoli educatori, quando è messa a disposizione degli altri sotto forma di teoria educativa, può contribuire a sua volta allo sviluppo di nuove pratiche educative. Le esperienze in classe di singoli educatori faranno sicuramente nascere idee buone e costruttive che potranno essere utilizzate da altri insegnanti.
Tsunesaburo Makiguchi, educatore e primo presidente della Soka Gakkai, dichiarò: «Scartare metodi educativi datati a cui neanche la comunità educativa rivolge più attenzione, creare nuove metodologie grazie alla sperimentazione e all’argomentazione scientifica e mantenere uno stretto rapporto con l’esperienza pratica in classe: questo è l’obiettivo dell’educazione Soka».
Sono certo che Makiguchi sarebbe felice dei Forum di educazione umanistica che hanno luogo oggi. In qualità di educatori e membri del Dipartimento della Soka Gakkai, i vostri sforzi quotidiani per la creazione di valore, anche se a prima vista possono sembrare scontati, ereditano lo spirito di Makiguchi, il fondatore dell’educazione Soka.
Larry Hickman, professore di filosofia alla Southern Illinois University Carbondale ed ex presidente della John Dewey Society, ha elogiato le relazioni sulla pratica educativa dei membri del nostro Dipartimento educatori, definendole importanti esempi di studio per risolvere vari problemi in aula. Inoltre ha espresso l’auspicio che quei resoconti vengano pubblicati affinché gli educatori di tutto il mondo possano leggerli.
Gli esempi concreti di educatori che applicano l’educazione umanistica nelle loro classi hanno un’universalità che li rende preziosi per gli educatori in ogni luogo.
In un dialogo di recente pubblicazione con Gao Zhanxiang, presidente della Società di promozione della cultura cinese (SPCC) in Cina, ho accennato ai centri di counseling educativo della Soka Gakkai e ai Forum di educazione umanistica. Il dottor Gao ha replicato: «I giovani sono il futuro del paese. Sono la speranza della nostra comunità, la primavera dell’umanità e il sole mattutino della famiglia. I giovani sono gemme preziose appena sbozzate. Dobbiamo lavorare intensamente per dare loro forma e lucentezza, affinché possano risplendere al massimo. I giovani sono come piantine che devono essere innaffiate di affetto. È importante che vengano educati non solo nelle scuole, ma anche attraverso le parole e le azioni di persone che magari sono diverse da loro».
Nonostante i nobili ideali che si possono abbracciare per migliorare la società, da soli i discorsi non cambieranno il mondo. Il sentiero più sicuro per forgiare un futuro di speranza è entrare in contatto con i giovani nel nostro ambiente più prossimo e incoraggiarli con sincerità. A questo scopo spero anche che tutti voi che operate nel settore dell’educazione continuiate ad avanzare con fiducia sul grande sentiero della vostra missione, ottenendo successi eclatanti grazie all’applicazione dei princìpi dell’educazione umanistica.

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Molte relazioni presentate ai Forum di educazione umanistica e colloqui nei centri di counseling educativo riguardano il bullismo e i problemi collegati a questo fenomeno.
Niente spezza il cuore più del venire a sapere di ragazzi, la cui esistenza è colma di promesse e potenziale, che si suicidano a causa del bullismo.
Il rispetto per l’individuo e la dignità della vita deve essere la base di tutto. Nelle scuole Soka non vi è tolleranza per il bullismo e la violenza e, in qualità di fondatore di quelle scuole, ho affrontato personalmente l’argomento in molte occasioni.
Secondo gli insegnanti che affrontano direttamente questo problema, le forme assunte dal fenomeno del bullismo nel corso degli anni sono cambiate, diventando più complesse e difficili da individuare. Un aspetto che non è cambiato, tuttavia, è il fatto che i bambini continuano a soffrire per questo.
Nessun bambino merita di essere vittima di vessazioni. Non dobbiamo mai cercare di giustificare il bullismo dicendo che il bambino tiranneggiato in qualche modo se l’è andata a cercare. Coloro che compiono atti di bullismo sono sempre nel torto al cento per cento, non bisogna mai perdere di vista questo fatto.
Individuare in tempo questo fenomeno è fondamentale. Gli insegnanti devono sviluppare un’acuta sensibilità, in modo da riuscire a notare il minimo cambiamento di atmosfera in classe. Questo è possibile se si parla costantemente con gli studenti e si tengono i canali di comunicazione sempre aperti.
Quando si scopre che è in atto tale fenomeno, la priorità è fermarlo e assicurarsi che non si ripresenti mai più. Cercare di scoprire chi sia il responsabile di un atto di bullismo è secondario, anzi, concentrarsi solo su questo talvolta può inasprire la situazione.
Se in aula avvengono atti del genere, l’intera classe deve per prima cosa riconoscere il fenomeno ed evidenziarlo. L’insegnante deve chiarire che tutti, che siano stati direttamente coinvolti nei fatti o siano rimasti in silenzio lasciando che avvenissero, sono responsabili. Tutta la classe deve rendersi conto che il bullismo è un comportamento sbagliato e lavorare insieme per superare il problema. Non solo esso causa sofferenza alla vittima, ma ferisce anche chi compie l’azione. Tutti i bambini sono nati con lo stesso diritto di diventare felici. Come dichiara Nichiren Daishonin: «Il primo di tutti i tesori è la vita stessa» (L’offerta del riso, RSND, 1, 997).
Una delle cause di fondo spesso all’origine del bullismo è l’impulso a rifiutare coloro che sono diversi. Ecco perché è ancora più importante che insegnanti e studenti diano valore all’individualità di ogni persona e riconoscano l’importanza del dialogo per comprendere e superare quelle differenze.
Hans Henningsen, rispettato educatore danese con il quale ho pubblicato un dialogo ed ex preside del noto liceo danese Askov Folk, osservò: «Viviamo in un mondo pieno di differenze. È essenziale quindi che accettiamo le differenze dell’altro. E accettare le differenze dell’altro è il punto di partenza per un dialogo sincero».
Quando avviamo un dialogo con il coraggio di riconoscere e accettare le differenze dell’altro, di fronte a noi si aprono nuovi orizzonti. Questo è lo spirito con cui ho intrapreso dialoghi con importanti pensatori in tutto il mondo.
Dobbiamo imparare dalle differenze che rendono unico ognuno di noi e farne una fonte di creazione di valore. Nel mondo di oggi in cui le persone spesso scambiano l’auto indulgenza per libertà e il piacere per felicità, e considerano le differenze un motivo di discriminazione, è necessario riconsiderare cosa vogliamo che i nostri figli apprendano dalla diversità.

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È anche vero che l’ambiente domestico non è sempre sicuro per i bambini. Sentiamo di casi in cui bambini vulnerabili provenienti da famiglie con situazioni difficili cercano bambini più deboli di loro per tiranneggiarli. È una reazione a catena di abuso e bullismo in cui le condizioni emotive negative di adulti sopraffatti dalla realtà si rispecchiano nei figli.
È necessario creare una società che sia al servizio dei bisogni essenziali dell’educazione, in cui il principio guida sia la felicità dei bambini. Per fare questo dobbiamo costruire una rete di protezione per i nostri figli, che coinvolga scuole, famiglie, comunità e responsabili delle politiche.
Ciò che intendo per società al servizio dei bisogni essenziali dell’educazione è una società in cui vengano ascoltate soprattutto le voci dei bambini. Solo quando la collettività ascolta e fornisce loro risposte, adulti e bambini possono godere di pace e felicità. La ricerca della felicità dei bambini è collegata alla gioia e alla realizzazione degli adulti.
È mia speranza e convinzione che la voce di un solo educatore, che parla in nome dei ragazzi e protegge il loro benessere, abbia il potere di aiutare i bambini e le loro famiglie e trasformare la società.

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Nell’ottobre del 2010 al Centro culturale di Kanagawa venne organizzato un simposio per commemorare l’ottantesimo anniversario dell’educazione Soka. Ricordo chiaramente che in quell’occasione ricevetti il resoconto dei risultati di un’analisi compiuta su tremila casi di pratiche educative. Nel resoconto erano stati evidenziati cinque punti principali che gli insegnanti dovrebbero osservare nell’interazione con i bambini:
• credere in loro fino in fondo
• accettarli così come sono
• continuare a incoraggiarli
• sostenerli sempre
• stabilire relazioni “cuore a cuore”
È necessario che queste indicazioni, sicuramente valide per tutte le forme di interazione, siano seguite soprattutto nella formazione degli insegnanti, così come nel far crescere persone di valore.
Nella mia proposta educativa, Mirando alla creazione di una società per l’educazione, ho osservato che «solamente relazionandosi ad altre persone si potrà ottenere un senso di soddisfazione e di felicità nel vero senso della parola e si potrà attingere a quella ricchezza di sentimenti che solo gli esseri umani possiedono».
Relazionarsi significa sviluppare un confronto con le persone. I bambini non sono esseri umani che gli adulti devono proteggere per sempre. Ognuno di loro è dotato di un’unica, preziosa individualità che li porterà a rendersi indipendenti e a imparare a conoscere gli altri.
È perciò indispensabile che il bambino sviluppi la forza per aprirsi una strada nella vita e che al tempo stesso coltivi quella sensibilità che lo porterà ad attribuire importanza alle relazioni con le persone, ai legami cuore a cuore. La cosa più importante è la presenza di adulti che lo sostengano con un atteggiamento di profonda comprensione e tolleranza, affinché non si arrenda davanti alle preoccupazioni e alle sofferenze, e superi con il loro aiuto ogni difficoltà. Se gli adulti di cui il bambino ha fiducia si prendono cura con attenzione della sua crescita e lo incoraggiano, gli infonderanno sicurezza e lo stimoleranno a migliorarsi.
Un leader e filosofo che non potrò mai dimenticare, l’ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid con cui ho pubblicato un dialogo, mi espresse una sua sincera e profonda considerazione: «Non solo mio padre e mio nonno, ma anche i miei insegnanti e alcune persone della mia comunità mi hanno insegnato l’importanza di adottare un atteggiamento sincero e uno spirito tollerante con chiunque. Io rispetto coloro che in qualunque avversità mantengono vivo lo spirito di non indietreggiare mai, che anche in situazioni da cui si avrebbe voglia di fuggire non solo non si scoraggiano, ma sostengono tante altre persone».
Il Dipartimento educatori della Soka Gakkai è una solida e incrollabile “zona di sicurezza” in cui i bambini e i giovani possono crescere sentendosi a proprio agio, liberi da preoccupazioni, anche nei momenti di difficoltà e sofferenza, perfino in quelli più dolorosi. Abbiamo un’importante missione da compiere.
Nei luoghi in cui si svolgono pratiche educative, anche nelle situazioni più difficili, vi prego di difendere il principio secondo cui “i bambini sono i protagonisti”, perché il fatto che essi siano in grado di acquisire la capacità di creare valore e stabilire relazioni con gli altri sarà il modo migliore in cui potranno realizzare il loro personale cammino verso la felicità.
Crearsi dei propri valori e relazionarsi agli altri: tali azioni corrispondono alla pratica buddista “per sé e per gli altri”. Queste due capacità potranno sicuramente stimolare i bambini a dispiegare le ali nel cielo immenso della vita e a conquistarsi la felicità.
«L’educazione è lo scopo della vita umana», tale è la convinzione di Robert Thurman, studioso di Buddismo di rinomanza mondiale della Columbia University. Lo scambio di opinioni con Thurman mi ha dato l’ispirazione per rovesciare il paradigma “un’educazione per la società” in “una società per l’educazione”. Thurman ha accolto con entusiasmo la mia riflessione e a proposito di questa visione della società pensata per l’educazione ha rievocato un suo pensiero: «Ho compreso tale visione attraverso l’insegnamento di Shakyamuni. Agli occhi del Budda tutti gli esseri umani sono tesori insostituibili. E nell’intero corso dell’esistenza a queste persone, a questi tesori, sono offerte opportunità, tra cui quella di liberarsi da una condizione di schiavitù o da uno stato di inferno».
Dal Buddismo egli ha saputo attingere con grande perspicacia l’essenza suprema dell’educazione umanistica.
Così ha concluso una sua riflessione: «Per quale motivo vivono gli esseri umani? Per apprendere». Concordo pienamente con questa affermazione. Apprendere è vivere e vivere è apprendere. Continuando a imparare si può crescere, raggiungere la felicità nell’esistenza umana. Per essere ancora più chiari si potrebbe dire che “gli individui sono nati per educare se stessi”.
Il grande poeta Dante Alighieri, che non smise mai di approfondire la conoscenza nonostante le persecuzioni che affrontava, ci lasciò scritta di suo pugno questa massima: «…onde Seneca dice: “Se l’uno de li piedi avesse nel sepulcro, apprendere vorrei”» (Convivio, IV XII 11).
Tutti voi, membri del Dipartimento educatori della Soka Gakkai, che vi impegnate per migliorare le competenze didattiche ed educative nelle vostre comunità e società attraverso i centri di consulenza educativa, i Forum di educazione umanistica e altre attività, che giorno e notte vi sforzate nei luoghi dove svolgete il vostro lavoro di educatori perché tutti i bambini possano conseguire lo scopo ultimo della vita, l’apprendimento, siete per me degli ineguagliabili compagni di fede. Nel capitolo “Il maestro della Legge” si rivela che coloro che desiderano propagare il principio ultimo della dignità della vita per la felicità di tutte le persone «dovrebbero entrare nella stanza del Tathagata, indossare la veste del Tathagata, sedere sul seggio del Tathagata ed esporre il sutra» (SDL, 214 [237]). Quelle descritte nel sutra sono in origine regole per la propagazione del Buddismo, ma le ho sempre interpretate anche come punti fondamentali dell’educazione umanistica.
“La stanza del Tathagata” indica il grande cuore compassionevole del Budda. In questo caso, più specificatamente, significa “abbracciare” i bambini con un grande spirito compassionevole e instaurare con loro un dialogo al fine di “togliere sofferenza e dare felicità”. I nostri centri di consulenza educativa sono indubbiamente dei luoghi pieni di questa compassione.
“La veste del Tathagata” indica un cuore gentile e allo stesso tempo capace di sopportare le difficoltà con pazienza: è la forza che ci permette di comprendere i bambini riservando sempre loro un sorriso gentile, rimanendo imperturbabili in qualsiasi situazione, continuando a incoraggiarli con perseveranza.
“Il seggio del Tathagata”, espressione di difficile comprensione, indica che “tutti i fenomeni sono vuoti” o senza sostanza, e si riferisce all’intuire che in tutte le cose non esiste una sostanza immutabile. Significa evitare di cadere in pregiudizi e prese di posizione che si è inclini ad avere in ambito educativo, comportarsi in modo flessibile a seconda dei reali problemi e manifestare sempre una saggezza sconfinata per la felicità dei bambini. Negli Insegnamenti orali, Nichiren Daishonin interpreta “il seggio del Tathagata” come “la pratica senza risparmiare la propria vita” (BS, 113, 49), la cui essenza corrisponde all’impegno di continuare a lottare fino in fondo per kosen-rufu senza lesinare i nostri sforzi.
Continuiamo dunque a impegnarci con coraggio per far brillare sempre di più la compassione, la perseveranza e la saggezza del Budda e per contribuire a creare una società per l’educazione, dove il fenomeno del bullismo non esista, che sempre risplenda della felicità di tutti i bambini!

28 aprile 2012
(Traduzione di Cristina Proto e Marcella Morganti)

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