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Le basi della fede / 4 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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Le basi della fede / 4

Qual è la funzione del maestro? Quale relazione intercorre con i discepoli? E tra i compagni di fede? Oltre a questo tema si approfondisce l’importanza dello spirito dell’offerta

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Qual è la funzione del maestro? Quale relazione intercorre con i discepoli? E tra i compagni di fede? Oltre a questo tema si approfondisce l’importanza dello spirito dell’offerta

Da giugno a novembre Il Nuovo Rinascimento pubblica una selezione del materiale di preparazione agli esami. Il testo completo è pubblicato nello Spazio aderenti del sito dell’Istituto e nel libro Materiale di studio – esame di primo livello.

LA RELAZIONE CON IL MAESTRO E CON I COMPAGNI DI FEDE

Nel Buddismo di Nichiren Daishonin esistono due relazioni di fondamentale importanza per praticare correttamente l’insegnamento e assicurarne la trasmissione: quella con il maestro e quella tra i compagni di fede. Le due relazioni sono in stretto rapporto l’una con l’altra. Per fare un’analogia, si pensi alla tessitura di una stoffa: «I legami tra i membri della comunità buddista (in sanscrito sangha) – scrive Daisaku Ikeda – possono essere assimilati all’ordito e alla trama di un tessuto. Per tessere, si stende l’ordito nel senso della lunghezza e poi lo si intreccia con la trama. L’ordito rappresenta il legame tra maestro e discepolo, la trama quello tra i membri, e attraverso il loro intreccio si crea lo splendido broccato di kosen-rufu. Nella maggior parte dei tessuti l’ordito costituisce la struttura portante, mentre la trama forma il disegno. Allo stesso modo, finché alla base della Soka Gakkai vi sarà la relazione tra maestro e discepolo, sarà possibile forgiare uno splendido disegno di solidarietà tra i discepoli» (Il mondo del Gosho, vol. 1, pag. 140).

La relazione di non dualità tra maestro e discepolo

In generale, la relazione tra maestro e discepolo si stabilisce quando il discepolo vuole apprendere una particolare disciplina e si rivolge a chi è esperto in quel campo. Questa relazione si realizza quindi attraverso una trasmissione di conoscenza ed esperienza. Le persone considerano come loro maestro chi le aiuta a migliorarsi e a sviluppare se stesse.
Nel Buddismo ciò che lega maestro e discepolo è la trasmissione della Legge fondamentale della vita. «Nell’insegnamento buddista del Sutra del Loto il maestro Shakyamuni, basandosi sul suo risveglio alla Legge, si impegnò insieme ai discepoli per fare sì che essi potessero far emergere il più elevato e nobile potenziale di esseri umani. Questa Legge era la Legge mistica, che i discepoli non erano in grado di percepire da soli poiché la loro consapevolezza era offuscata dall’oscurità fondamentale che li rendeva incapaci di concepirla. Anche se fossero state date loro spiegazioni teoriche della Legge o fosse stato detto loro di praticare per superare la sofferenza, non sarebbe stato possibile trasmettere lo stato vitale della Buddità solo attraverso le parole. Fu piuttosto attraverso l’ispirazione che essi sentirono venendo a contatto con il carattere umano del Budda, oltre alle istruzioni da lui ricevute, che essi furono in grado di risvegliarsi alla Legge con la loro stessa vita. La Legge fu comunicata loro in questo modo. Per tutti questi motivi la relazione tra maestro e discepolo riveste così tanta importanza nel Buddismo. La Legge è trasmessa attraverso il legame da vita a vita tra il maestro e il discepolo; ed è basandosi su questa Legge che possiamo realizzare la nostra rivoluzione umana» (D. Ikeda, L’eredità della Legge fondamentale della vita Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, esperia, 2008, pag. 114).
Nel Buddismo il maestro non è concepito come un essere sovrumano, trascendente o mistico, ma come una persona che per prima ha messo in pratica gli insegnamenti del Budda facendo proprio il suo voto di condurre all’Illuminazione tutte le persone. “Maestro” è quindi chi pratica correttamente la Legge e la incarna nella sua vita, “discepolo” è chi si impegna con tutto se stesso a condividere con lo spirito e con le azioni l’intento del maestro. Questo impegno permette di crescere e di uscire dal ristretto confine del proprio piccolo io, di trasformare il karma e superare e vincere tutte le difficoltà. Quando il maestro e il discepolo sono uniti possono realizzare gli scopi più grandi. La caratteristica fondamentale di questa relazione è quella della “non dualità”, un’espressione che indica la fondamentale uguaglianza di maestro e discepolo come esseri umani che condividono lo stesso voto.
Nell’Ultimo giorno della Legge il maestro originale è il Budda Nichiren Daishonin, che ha rivelato la Legge di Nam-myoho-renge-kyo per l’Illuminazione di tutta l’umanità e ne ha stabilito il metodo di propagazione.
Nell’epoca attuale i maestri sono i primi tre presidenti della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Daisaku Ikeda, che si sono risvegliati al grande voto di realizzare kosen-rufu – il desiderio del Budda – e hanno lottato per questo senza risparmiarsi. Mettendo in pratica loro stessi la relazione di non dualità tra maestro e discepolo hanno trionfato su tutti gli ostacoli e le difficoltà creando le basi per kosen-rufu nel mondo.

La relazione di unità tra i discepoli

«La relazione di non dualità tra maestro e discepolo e la relazione di unità tra i discepoli sono inseparabili come le due ruote di un carro. Se non si condivide il cuore o lo spirito del maestro, che aspira a realizzare kosen-rufu, non può esserci una vera unità di intenti tra compagni di fede così diversi tra loro. D’altra parte, se non abbiamo a cuore l’armoniosa comunità dei praticanti e non ci sforziamo costantemente di mantenere l’unità, non possiamo essere definiti veri discepoli che manifestano lo stesso spirito del maestro» (D. Ikeda, Gli insegnamenti della speranza Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, esperia, 2009, pag. 220).
Nichiren Daishonin aveva così a cuore l’unità dei discepoli che la definì il vero scopo della sua propagazione. Scrive infatti: «In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente” senza alcuna distinzione tra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio di un’ampia propagazione potrà realizzarsi. Ma se qualcuno dei discepoli di Nichiren distrugge l’unità di “diversi corpi, stessa mente” sarà come chi distrugge il proprio castello dall’interno» (L’eredità della Legge fondamentale, RSND, 1, 190). Qui il Daishonin non parla di unità tra persone simili o di soppressione della personalità dell’individuo, ma usa il concetto di “diversi corpi, stessa mente” proprio per porre l’accento sull’unità nella diversità.
L’espressione diversi corpi (i = diversi, tai = corpi) si riferisce al fatto che noi discepoli siamo individui con vite, personalità, interessi e funzioni diverse. Stessa mente (do = stesso, shin = mente, cuore o spirito) significa coltivare il desiderio di realizzare insieme un ideale o un nobile obiettivo. Dal punto di vista buddista, avere “la stessa mente” significa avere “la stessa mente del Budda”, cioè far proprio il grande desiderio della propagazione del Buddismo per la felicità di tutta l’umanità. Avere a cuore l’unità dei credenti e mantenerla significa rispettarsi e apprezzarsi l’un l’altro come individui diversi e insostituibili, cercando di mettere in evidenza la parte migliore di ciascuno, incoraggiandosi e sostenendosi a vicenda. Chi si impegna attivamente con questo spirito di unità riesce a liberarsi dalla sofferenza che deriva da un eccessivo attaccamento all’io, dalla tendenza alla discriminazione e all’egoismo, e arriva a vincere in tutti gli ambiti della propria vita.
L’armoniosa unità dei credenti può manifestare una forza molto superiore alla somma delle capacità individuali perché condividendo la “stessa mente” del Budda ogni persona può esprimere il proprio potenziale unico e irripetibile. Questa è l’unica via per realizzare kosen-rufu.

Lo spirito dell’offerta

Nella storia del Buddismo l’offerta ha sempre rivestito un ruolo centrale. Nel Buddismo mahayana la donazione è la prima delle sei paramita (paramita è una parola sanscrita che significa “raggiungere l’altra sponda”, ovvero passare dalla sofferenza all’Illuminazione), i sei tipi di pratica che i bodhisattva dovevano osservare vita dopo vita per poter conseguire la Buddità.
La pratica della donazione consisteva nel fare offerte materiali e spirituali per salvare chi soffre, senza volere nulla in cambio. Quest’ultimo aspetto è il “cuore” dell’offerta perché sottolinea l’importanza dello spirito sincero e disinteressato con cui agiamo sia per il nostro miglioramento sia per sostenere gli altri.
Nei vari sutra sono riportate molte storie che descrivono la retribuzione che segue le sincere offerte fatte al Budda e Nichiren le cita come esempi per la corretta pratica buddista in numerosi Gosho: «Nel passato il giovane Virtù Vittoriosa offrì una torta di fango al Budda e rinacque come il re Ashoka che regnò su tutto Jambudvipa. Una povera donna si tagliò i capelli e li vendette per comprare olio [per il Budda] e nemmeno i venti che soffiano impetuosi dal monte Sumeru poterono estinguere la fiamma della lampada alimentata da quell’olio» (Risposta a Onichi-nyo, RSND, 1, 965) oppure: «[…] per quanto una persona possa essere ignorante e le sue offerte misere, se sono indirizzate a chi sostiene la verità allora il suo merito sarà grande. Quanto è più vero questo nel caso di persone che in tutta sincerità fanno offerte al corretto insegnamento!» (Il corpo e la mente delle persone comuni, RSND, 1, 1006).
Oggi è la Soka Gakkai che mette in pratica il desiderio di Nichiren Daishonin di propagare la Legge per condurre le persone alla felicità; le offerte in denaro che i membri fanno per sostenere le sue attività hanno il valore di quelle offerte descritte nel Gosho e sono la causa da cui si originano immensi benefici e un elevato stato vitale.
Anche dedicare il tempo, così prezioso per noi, per la recitazione del Daimoku, per parlare agli altri della pratica, per lo studio del Buddismo, per le attività di sostegno degli altri sono offerte di grande valore, che aumentano la nostra fortuna e la gioia di vivere. Ci può sembrare di togliere qualcosa alla nostra vita ma in realtà, come spiega bene il Gosho La torre preziosa, stiamo beneficiando la nostra vita stessa: «Potresti pensare di aver fatto offerte alla torre preziosa del Tathagata Molti Tesori (termine sanscrito che si riferisce al Budda), ma non è così. Le hai offerte a te stesso. Tu stesso sei un Tathagata da sempre illuminato e dotato dei tre corpi» (La torre preziosa, RSND, 1, 264).
Poter offrire al movimento per kosen-rufu qualcosa che per noi ha valore, sia esso un bene materiale (come il denaro per mantenere i Centri culturali – kaikan – o la nostra casa per le riunioni) oppure un bene immateriale (come il tempo per l’attività o l’incoraggiamento a una persona in difficoltà) è una grande opportunità per accrescere la nostra fede e per trasformare gli attaccamenti in cause per benefici sempre più vasti e profondi nella nostra vita.

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