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La mia seconda vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:20

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La mia seconda vita

Maria Francesca Montalbano, Bolzano

Ho cambiato atteggiamento verso i pensieri negativi decidendo di sentire il mio valore. Ho percepito la gioia e la gratitudine per essere nata proprio nella mia famiglia e questo ha coinciso col sentire il valore della mia missione

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Ho cambiato atteggiamento verso i pensieri negativi decidendo di sentire il mio valore. Ho percepito la gioia e la gratitudine per essere nata proprio nella mia famiglia e questo ha coinciso col sentire il valore della mia missione

L’infanzia e l’adolescenza in Sardegna, la mia terra natale, sono state segnate dalla morte violenta di persone care, tra cui mio fratello ucciso per una lite condominiale. Mio padre morì dal dispiacere. Mia madre, invece, allevò gli altri cinque figli con forza e solarità insegnandoci il coraggio e la forza di andare avanti. Tuttavia, tendevo a essere depressa e sfiduciata e i miei stati d’animo dipendevano totalmente dalle circostanze esterne. Nel 1984 conobbi il Buddismo. Praticare mi dava gioia di vivere, con i compagni di fede che mi aiutavano a rialzarmi ogni volta che cadevo; per me erano come il sole. L’attività che organizzammo insieme in quegli anni fu entusiasmante.
Un giorno, mentre recitavo Daimoku, ebbi chiara la grande sofferenza che mi portavo dentro: la paura di vivere lontano dalla protezione di mia madre e dei miei compagni di fede, capendo che se avessi trovato una sistemazione in Sardegna non sarei mai riuscita a superarla. Volevo fare un salto di qualità: avevo il potere di affrontare una “seconda vita”. Decisi allora di considerare la possibilità di andare a lavorare nel Nord Italia e quando poco dopo mi fu offerto un lavoro a Bolzano presso una casa di riposo, mi fidai di me stessa e accettai la sfida. In fondo erano solo tre mesi… Presi subito i contatti con i buddisti del luogo per condividere con loro le esperienze e le attività. Il contratto di lavoro mi venne poi rinnovato per altri tre mesi e alla fine sono rimasta lì. All’inizio ebbi difficoltà a comprendere le differenze nel modo di relazionarsi, ma fu un’occasione di crescita personale. Vivere da sola mi ha costretta a fare emergere la forza di credere in me stessa e nelle mie capacità tanto che riuscii anche a frequentare la scuola serale di OSS (operatore socio-sanitario) per trovare lavoro in ospedale, pur nutrendo la speranza di essere trasferita in Sardegna.
In quel periodo Carmela, mia corresponsabile di gruppo a Bolzano, si ammalò di tumore: era la prima volta in vent’anni di pratica che qualcuno a cui volevo bene stava male. Recitavo Daimoku per non soffrire, ma compresi, anche grazie a un incoraggiamento nella fede, che stavo così male perché non volevo approfondire il discorso sulla morte in generale, avendola vissuta fin da piccola in maniera violenta. Sostenni un concorso in ospedale arrivando prima nella graduatoria degli italiani (ne esiste una anche per i tedeschi) e venni subito inserita nel reparto di oncologia, dove all’epoca era ricoverata Carmela. In questo modo sono riuscita a starle vicino fino alla fine attraverso il mio lavoro, anche se mi sconvolgeva l’idea di perdere ancora una volta una persona cara.
L’occasione per affrontare definitivamente la paura della morte – secondo il Buddismo una delle otto sofferenze – l’ebbi quando si ammalò mia madre perché, a causa della lontananza, non potevo aiutarla pur essendo tra i miei familiari quella che aveva più competenze in ambito assistenziale. Addirittura pensai di licenziarmi e tornare a Cagliari, ma per fortuna i miei fratelli me lo impedirono. Decisi con coraggio di mantenere il lavoro a Bolzano e di andarla a trovare tutte le volte che potevo. Mi sembrava di non fare abbastanza, mi sentivo in colpa, solo il Daimoku mi sosteneva. Prima che morisse, decisi di vederla per portarle l’ultimo saluto, anche se ero ricoverata in ospedale per un infortunio alla gamba. Nonostante questo, sono riuscita, grazie a una concatenazione di situazioni fortunate, a salutarla. Di fronte a lei ho sentito che dovevo affrontare il mio karma alla radice per «donare la felicità a tutti» (D. Ikeda, Giorno per giorno, esperia, 31 maggio).
Si era manifestata dentro di me tutta la sofferenza verso la vita in modo che potessi trasformarla. Per un po’ sono rimasta confusa, percepivo tutto il dolore che avevo e mi sentivo vittima del karma, incapace di cambiarlo e accettarlo, anche se ho continuato a recitare Daimoku con l’aiuto di alcune compagne di fede, a fare attività e a farmi aiutare da figure professionali.
Mi sono impegnata nell’attività del coro regionale del Trentino Alto Adige che mi ha dato il coraggio e la gioia di aprirmi offrendo la mia voce agli altri; inoltre ho cambiato atteggiamento verso i pensieri negativi decidendo di sentire il mio valore. Ho percepito la gioia e la gratitudine per essere nata proprio nella mia famiglia e questo ha coinciso col sentire il valore della mia missione. Sono grata perché mi sono potuta alleggerire della sofferenza e sono consapevole del fatto che attraverso questa esperienza potrò costruire un futuro felice per incoraggiare tutti!

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