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Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:10

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Non solo per me

Roberta Spadotto, Milano

Sentii che generare un figlio mi esponeva anche al pericolo di perderlo. Ed era questa la vera paura radicata nella mia vita, che mi aveva tenuta ben lontana dal diventare mamma

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Sentii che generare un figlio mi esponeva anche al pericolo di perderlo. Ed era questa la vera paura radicata nella mia vita, che mi aveva tenuta ben lontana dal diventare mamma

Ho ricevuto il Gohonzon nel 2006 a trentasei anni. All’epoca convivevo da poco con il mio fidanzato con cui avevo deciso di mettere su famiglia, ma il figlio tanto desiderato dopo più di un anno di tentativi non arrivava. Nel 2009, provammo per ben due volte con la fecondazione in vitro: un percorso molto doloroso sia dal punto di vista fisico che psicologico, e comunque l’esito fu negativo. Aumentai il mio Daimoku a due ore e decisi davanti al Gohonzon che avrei costruito una famiglia di valore, un esempio per kosen-rufu. L’effetto immediato fu che il mio compagno decise di lasciarmi e se ne andò per sempre da casa.
Il mio peggior incubo si era avverato: all’alba dei quarant’anni, nonostante il mio desiderio di avere una famiglia, ero di nuovo single. Decisi di non arrendermi. Come scrive il presidente Ikeda: «Solo tu puoi adempiere alla tua missione in questa vita. E solo in questo modo la tua vita potrà fiorire. Per quanti dubbi tu possa avere, di questo non dubitare mai» (D. Ikeda, La mappa della felicità, esperia, 26 settembre). Dato che ero stata io a “scegliere” questo karma, solo io potevo trasformarlo.
La solitudine pesava e, proprio in quell’anno fatidico, il 2010, tante delle mie amiche, a molte delle quali avevo anche parlato della pratica buddista, rimasero incinte. Pur essendo molto felice per loro, mi sentivo sempre più lontana dal mio obiettivo, arrivando a dubitare del Gohonzon.
Mi resi conto però che questi pensieri erano “demoni” che mi volevano distogliere dal raggiungere il mio sogno. Mi impegnai allora ancora di più nell’attività di gruppo e nello shakubuku: in quell’anno, due persone a me care decisero di ricevere il Gohonzon. Capii che la mia sfida, prima che sulla maternità, era sui sentimenti: mi ero sempre accontentata nello scegliermi un compagno e ciò era sicuramente legato alla mia scarsa autostima.
Volevo un amore profondo fatto di rispetto, vicinanza e, ovviamente, che il mio futuro compagno, oltre a essere single, avesse anche il desiderio di costruire una famiglia.
Ricordo di aver raccolto una forte determinazione, come quando il Daishonin scrive: «Sto pregando con tanta convinzione come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal terreno riarso» (RSND, 1, 395). Mi affidai completamente al Daimoku. Pochi giorni dopo, al Centro culturale di Corsico parlando con un uomo sentii una forte emozione. Io e Luca scoprimmo poi che sin da quando eravamo bambini le nostre vite si erano sempre sfiorate: stesso luogo di villeggiatura, stessi comuni amici eppure non ci eravamo mai neppure visti. Come se la vita ci avesse protetto, concedendoci di incontrarci solo nel momento giusto. Anche lui, quarantenne, stava recitando per trovare la donna giusta, dopo varie esperienze fallimentari tra cui un matrimonio. E ora ci eravamo trovati!
Durante una visita dal ginecologo, mi fu diagnosticato un fibroma all’utero e consigliata l’asportazione chirurgica. Recitai per trasformare tutto questo in una grande vittoria: il risultato fu che, durante l’intervento, mi fu trovata anche una ciste endometriosica, mai diagnosticata prima e causa della mia passata infertilità. Ora ero pronta per avere un figlio.
Tutto era perfetto: nel giro di un anno avevo trovato un uomo meraviglioso ed ero fisicamente pronta per una gravidanza. Ma proprio quando gli ostacoli esterni scomparvero, sentii distintamente, recitando Daimoku, che l’impedimento vero era molto più profondo.
Compresi perché la nascita è una delle quattro sofferenze di cui parla il Buddismo: essa è indissolubilmente legata alla morte. Sentii che generare un figlio mi esponeva anche al pericolo di perderlo. Ed era questa la vera paura radicata nella mia vita, che mi aveva tenuta ben lontana dal diventare mamma.
Ancora una volta mi affidai al Gohonzon e recitai per scegliere la vita, al di là delle mie paure. Poco dopo il mio quarantaduesimo compleanno, sconfiggendo anche il timore di essere troppo “vecchia”, rimasi incinta e il tutto senza l’ausilio di nessun farmaco o aiuto esterno. Il mio compagno stava per partire per il Giappone, per un corso organizzato dalla Soka Gakkai e io affidai a lui una lettera per il nostro maestro, Daisaku Ikeda, in cui gli raccontavo della mia vittoria.
Ma a poche ore dalla sua partenza, ebbi un aborto spontaneo. Era il 9 luglio 2012. Fu molto doloroso ma recitando Daimoku senza sosta capii che avevo superato un limite; ciò che era successo non era un caso, questa perdita mi aveva paradossalmente consentito di superare la paura della morte. Non provavo senso di lutto, ma anzi ero contenta che mio figlio, anche se per poco, si fosse manifestato. Avevo profondamente compreso che la vita non ha inizio né fine: avevo vinto! Luca tornò dal Giappone con un messaggio del mio maestro: «Ho ricevuto la sua lettera e l’ho letta con attenzione. Sto recitando Daimoku per lei». Non potevo non farcela.
Anche i membri del mio gruppo si strinsero intorno a me: erano sicuri che avrei vinto e io ero decisa a farlo anche per loro. Ma gli ostacoli non erano finiti. Poche settimane dopo l’aborto scoprii casualmente che avevo dei piccoli noduli al seno. Corsi subito dal medico che mi consigliò di fare ulteriori approfondimenti, ma ciò implicava il sospendere qualsiasi progetto riproduttivo. Piombai ancora nello sconforto.
Questa volta sembrava proprio che il demone avesse vinto: non riuscivo più ad andare davanti al Gohonzon e quando lo facevo la voce non usciva. Dentro di me si faceva largo la disperazione: perché succedevano tutte a me? Dopo essermi sottoposta a vari esami e consulti, mi dissero che i noduli dovevano essere asportati e solo dopo una biopsia si sarebbe potuto dire con precisione se erano benigni o maligni.
La data dell’intervento venne fissata per l’8 ottobre. Avevo lo stato vitale sotto i piedi, anche se non mollavo con il Daimoku e l’attività. Per la prima volta dall’inizio della mia rivoluzione umana non vedevo il senso di tutti questi impedimenti e non trovavo la forza per rilanciare. Mi trascinavo. Mi venne per le mani il Gosho Una nave per attraversare il mare della sofferenza, dove si legge: «Assemblò le tavole in una unione perfetta di giusto e sbagliato» (RSND, 1, 30). Per attraversare il mare di quella sofferenza dovevo utilizzare anche questo dolore, che trovavo ingiusto. Ma come? Durante una riunione a Corsico, ebbi l’opportunità di ricevere un consiglio di fede da Asa Nakajima, l’allora responsabile nazionale della Divisione donne. Raccontai tra le lacrime tutte le mie sfortune e lei mi disse: «Non è altro che protezione! La condizione per generare un figlio sano è essere sana tu per prima. Hai perso il tuo bambino ma questo è stato un beneficio, altrimenti non avresti potuto curarti». Era il 6 ottobre, due giorni prima del mio intervento.
Grazie a queste parole, il mio stato vitale cambiò immediatamente. Corsi davanti al Gohonzon con la certezza di essere sana e che mio figlio sarebbe tornato presto, subito! Quando mi svegliai dall’anestesia, il medico mi disse: «I noduli sono benigni». Sei giorni dopo rimasi incinta di nuovo! Mi sottoposi a villocentesi, un esame diagnostico prenatale, per scongiurare il rischio di malformazioni del feto, vista anche la mia età (andavo per i quarantatré!). Ma gli ostacoli non erano ancora finiti. L’esito fu dubbio, avrei dovuto sottopormi a un altro esame invasivo, l’amniocentesi, per essere certi che nostro figlio fosse sano. Furono sessanta giorni di attesa estenuante.
Capii che il punto era ancora il dubbio di non farcela. Mi venne in aiuto una frase di Ikeda: «Tra voi e i vostri sogni c’è solo la paura di realizzarli, bisogna puntare al massimo, senza elemosinare» (BS, 155, 20). Dovevo vincere anche per i miei compagni di fede. E così è stato: Federico Naoki è nato il 25 giugno 2013. Ho davvero realizzato il mio sogno impossibile. Scrive Josei Toda: «Decidete semplicemente con tutta la determinazione di cui siete capaci che vi rifiutate di essere sconfitti, e fate del vostro meglio. Con la fede nel Buddismo del Daishonin potete trasformare qualsiasi cosa in beneficio e sarete in grado di attingere a una fortuna senza limiti. Quando alla fine vincerete, tutte le lotte passate si trasformeranno in teneri ricordi» (NR, 434, 4).

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