Cosa significa studiare, secondo la prospettiva buddista? Ikeda definisce lo studio “attivo e combattivo”, cioè uno stimolo per migliorare se stessi e permettere agli altri di fare altrettanto. Anche gli esami sono un “espediente” per raggiungere un più alto livello di felicità
Lo studio, nel Buddismo, è uno dei tre pilastri fondamentali insieme alla fede e alla pratica. Proprio come ogni giorno recitiamo Daimoku e Gongyo, allo stesso modo dovremmo dedicarci anche a studiare: si può partire dalle guide giornaliere scritte da Ikeda, che ogni mattina si leggono prima della recitazione del sutra, leggere una pagina delle nostre riviste quando abbiamo un po’ più tempo, o ancora un Gosho o un libro sul Buddismo. Si può farlo da soli o insieme ai compagni di fede, si possono utilizzare degli incontri prefissati o anche i tragitti sui mezzi pubblici: ogni momento è valido per leggere e “assorbire” i discorsi del presidente Ikeda.
Lo studio del Buddismo, così come lo intende il presidente Ikeda, non è uno studio accademico per aumentare la conoscenza o mostrarsi più preparati degli altri, ma è uno studio – così lo definisce – “attivo e combattivo”, stimolato cioè dallo spirito di ricercare con passione il comportamento e le azioni migliori, per noi stessi e per gli altri, che nutra le nostre lotte per superare vittoriosamente le difficoltà della vita e avanzare, sfida dopo sfida, nella rivoluzione umana. La padronanza dei princìpi buddisti e degli scritti di Nichiren ci devono anche servire per perseverare nell’obiettivo altruistico e comune di kosen-rufu, in un’epoca piena di conflitti e di influenze negative.
Un requisito importante quando leggiamo il Gosho, dice Ikeda, è che «dovremmo farlo con la profonda convinzione che quello che leggiamo è la verità; l’assoluta verità. In altre parole dovremmo leggere con la fede, ricercare con la fede e capire con la fede» (NRU, 6, 222).
Il Gosho ha come argomento il funzionamento della vita e dovrebbe essere una guida per il nostro comportamento portandoci a riflettere su noi stessi. Attraverso lo studio, infatti, possiamo verificare se il nostro modo di pensare è veramente “da buddista”: stiamo utilizzando il punto di vista del Buddismo di Nichiren Daishonin o quello inconsapevolmente derivante da altre visioni della vita, non basate sulla Legge mistica? Senza questo “autocontrollo”, la rotta dei pensieri, parole e azioni può rischiare, pur praticando il Buddismo da anni, di seguire tutta un’altra filosofia e potremmo non vedere i risultati attesi. Per fare un esempio, nel Gosho Il conseguimento della Buddità in questa esistenza è contenuta la raccomandazione di Nichiren: «Tuttavia, se reciti e credi in Myoho-renge-kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica, ma un insegnamento inferiore». Solo quando la mente e il cuore sono allineati alla profonda e infallibile visione della vita del maestro nelle intenzioni, nelle parole e nelle azioni, allora anche quello che ci sembra impossibile può diventare possibile e otteniamo la prova concreta della nostra pratica.
Nella Nuova rivoluzione umana, rivolgendosi ai giovani, Ikeda afferma: «Lo studio del Buddismo è particolarmente importante perché su di esso potete basare la vostra vita. Se trascurate lo studio del Buddismo rischiate di perdere di vista il senso della pratica, potreste essere sviati dalle emozioni e dall’egoismo» (NRU, 4, 108). Lo studio costante non solo aiuta a rafforzare la nostra convinzione quando affrontiamo difficoltà che mettono alla prova la saldezza della nostra fede, ma fornisce anche il linguaggio per comunicare agli altri la filosofia buddista e instaurare dialoghi pieni di speranza e amore con ogni persona.
Gli esami come occasione per migliorare la consapevolezza
Nella Soka Gakkai si comincia a studiare fin dall’inizio, già dalle prime riunioni si sente parlare di princìpi fondamentali o del significato di alcuni termini. Da lì in poi l’approfondimento del Buddismo, sotto varie forme, ci accompagna in tutte le attività dell’Istituto Buddista: con l’abbonamento ai giornali, con le riunioni mensili di studio, con gli incoraggiamenti personali e con tante altre occasioni, tra cui gli esami. Questa è una tradizione nata dalla volontà del secondo presidente Josei Toda, allorché si accorse che molti membri avevano abbandonato la fede durante la Seconda guerra mondiale perché non avevano sufficientemente rafforzato le basi, anche dottrinarie, della loro fede: non seppero cioè utilizzare la fede nell’insegnamento di Nichiren Daishonin per affrontare le grandi difficoltà che incontrarono in quel periodo e si allontanarono dalla pratica buddista. In seguito a questa esperienza dolorosa, Toda decise di dare maggiore importanza allo studio, istituendo gli esami come occasioni per migliorare la padronanza personale dell’insegnamento buddista.
Egli affermava che la comprensione stimola la fede e la fede è alla continua ricerca della comprensione. La fede aumenta in relazione alla profondità della comprensione e una fede più profonda rafforza a sua volta la comprensione della pratica. Ma ammoniva anche chi possedeva una notevole comprensione degli insegnamenti buddisti senza però avere una pratica corretta basata sulla fede: in questo modo si viene meno agli insegnamenti del Daishonin, cadendo nell’arroganza e impedendo il flusso dei benefici (cfr. NRU, 6, 122).
La tradizione degli esami di Buddismo si è mantenuta fino a oggi, sempre molto incoraggiata e lodata da Daisaku Ikeda. Il loro valore non risiede tuttavia nell’acquisizione dei vari livelli di studio esistenti, ma nello sforzo che precede le prove, nell’esperienza e nel beneficio che si ricavano da questo impegno. L’esame rappresenta solo una meta, che motiva e stimola lo sforzo, insomma un vero e proprio “espediente” per farci raggiungere un più elevato livello di felicità. Cosa possiamo fare dopo aver superato un esame di Buddismo? Possiamo, ad esempio, dare un sostegno a chi farà gli esami dopo di noi, oppure possiamo contribuire alle riunioni di discussione offrendo una spiegazione più chiara di un principio fondamentale e l’esperienza di come metterlo in pratica, possiamo partecipare positivamente alle riunioni di studio mensile a livello del settore o del gruppo.
In Italia ci sono al momento quattro livelli di esame e mentre il primo è ormai svolto quasi regolarmente ogni anno per i nuovi membri, gli altri si alternano ciascuno con qualche anno di distanza. Nel 2014 si terranno il 23 novembre sia il primo che il terzo livello. Auguriamo a tutti di utilizzare al massimo queste due occasioni con gioia e fiducia.
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Gli esami di primo e terzo livello del Dipartimento di studio si svolgeranno in tutta Italia il prossimo 23 novembre.
Sul Nuovo Rinascimento n. 530, a pag. 23, potete trovare tutte le informazioni sul programma e su chi può sostenere l’esame