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Gli effetti della pratica buddista - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:21

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Gli effetti della pratica buddista

Il vero beneficio è la trasformazione di sé, l’apertura della vita. È sviluppare una personalità solida e imperturbabile come un grande albero capace di resistere alle più dure tempeste. È vivere con speranza e senso di missione, abbracciando il grande sogno di kosen-rufu

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Il vero beneficio è la trasformazione di sé, l’apertura della vita. È sviluppare una personalità solida e imperturbabile come un grande albero capace di resistere alle più dure tempeste. È vivere con speranza e senso di missione, abbracciando il grande sogno di kosen-rufu

Benefici visibili e invisibili

Coloro che si avvicinano al Buddismo di Nichiren Daishonin vengono incoraggiati a porsi degli obiettivi – ovvero desideri, necessità, progetti anche a breve termine – e a sperimentare la pratica buddista nella loro realizzazione. Viene loro spiegato il principio della prova concreta, che consiste nel verificare, toccandola con mano, l’efficacia del Gohonzon in ogni aspetto della vita quotidiana. Si parla così di “ricevere benefici” attraverso la fede. A volte chi ha scarsa confidenza con il Buddismo può percepire tale approccio come poco spirituale per una religione, tuttavia si può tranquillamente affermare che la possibilità di verificare gli effetti concreti della pratica è proprio ciò che ci serve, soprattutto all’inizio, per sviluppare la fede. Senza considerare che non sempre i desideri delle persone hanno carattere materiale. Ma vediamo che cos’è un beneficio. Secondo la lingua italiana è «L’apporto concreto di altri a situazioni o persone per se stesse inferiori o bisognose da uno o più punti di vista» (Devoto-Oli, Le Monnier, 2002), oppure «Qualsiasi atto o concessione con cui si fa del bene ad altra persona e le si giova materialmente o anche spiritualmente» (www.treccani.it). Consisterebbe quindi in un vantaggio concreto arrecato a qualcuno o a qualcosa da parte di un altro soggetto. A queste definizioni date dal linguaggio comune si aggiunge quella offerta dalla filosofia buddista, secondo la quale il beneficio è qualcosa che attiene alla fede e alla pratica del Buddismo alle quali è essenzialmente legato e che non viene elargito dall’esterno, ma sorge in modo naturale in seno alla vita del praticante, estendendosi al suo ambiente. Inoltre non è limitato alla dimensione materiale dal momento che per il Buddismo materia e spirito, ovvero ciò che si può o non si può vedere, sono aspetti di un’unica essenza. Benché infatti si parli abitualmente di benefici visibili e benefici invisibili, la costante che accompagna qualunque tipo di beneficio risiede nella trasformazione interiore dell’individuo.
In genere chi inizia a cimentarsi nella pratica buddista riceve subito benefici anche se le sue motivazioni rimangono confinate alla sua vita personale e i suoi desideri non coincidono propriamente con quello del Budda di far sì, cioè, che tutte le persone ottengano insieme a lui l’Illuminazione. Questo accade perché un principiante, benché ancora non abbia avuto il tempo di conoscere i princìpi fondanti del Buddismo, nel momento in cui decide di iniziare il suo percorso compie un primo atto di fede che dà una svolta profonda alla sua vita. Si tratta del primo effetto dell’aver stabilito una relazione con il Gohonzon. Col passare del tempo si può sentire il bisogno di rispolverare la freschezza di questo approccio genuino per ritrovare un atteggiamento corretto nella fede. Infatti può succedere che, dopo mesi o anni di pratica, la stessa persona cominci a lamentare di non ricevere più benefici. Come mai? La risposta a questa domanda viene sempre dal nostro stato interiore: nel momento in cui ci abituiamo a ricevere benefici e ci rilassiamo nella fede, cioè diminuiscono l’entusiasmo, le motivazioni e l’impegno nella pratica, nello studio e nell’attività per gli altri, è naturale che, secondo il principio di non dualità di vita e ambiente, il mondo esterno rifletta come uno specchio questa condizione interiore di ristagno. Poiché la vita è dinamica, per porsi in armonia con essa è necessario che il nostro cuore tenda alla stessa dinamicità. Quando cadiamo in un momento di stasi è inutile aspettare o pretendere che le novità arrivino dal Gohonzon, per il semplice motivo che il Gohonzon siamo noi. Sta dunque a noi, partendo da un Daimoku sincero, decidere di muoverci, ritrovando e rinnovando ogni giorno stimoli e sfide per continuare a rafforzare la nostra crescita personale.
Veniamo quindi alla ormai celebre distinzione fra benefici visibili e invisibili. I primi, detti anche cospicui, si riferiscono ai casi in cui la protezione del Gohonzon è manifesta, ad esempio quando guariamo da una malattia o quando realizziamo un obiettivo tangibile. I secondi, detti altresì incospicui, non si vedono perché crescono più in profondità, costituiscono le fondamenta del nostro progresso come esseri umani e si accumulano durante tutta la vita. La loro è una invisibilità nell’immediato, paragonabile a quella del cambiamento fisico di una persona da un giorno all’altro. È come quando ogni mattina ci guardiamo allo specchio e non vediamo nel nostro volto alcun cambiamento dal giorno precedente. Questo non toglie che a distanza di venti o trent’anni il cambiamento ci appaia in tutta la sua evidenza. Ugualmente il beneficio invisibile ci accompagna fedele e discreto lungo il cammino dell’esistenza, rendendosi però manifesto ogni volta che, a un’apprezzabile distanza di tempo, ci voltiamo indietro e constatiamo i progressi fatti rispetto al punto di partenza. Seguendo l’esempio della malattia, un beneficio invisibile può essere quello di godere di buona salute e di non ammalarci per un lungo periodo di tempo. Al riguardo scrive Daisaku Ikeda: «Il beneficio che otteniamo recitando Daimoku consiste sia dei benefici visibili sia di quelli invisibili […] Nella vita, sono i benefici invisibili che contano di più. I benefici visibili all’occorrenza possono aiutare, ma ciò che è realmente importante nella vita è risultare vincitori alla distanza» (Protagonisti, 2, 48).

Nuove cause per nuovi effetti

Occorre pertanto imparare ad apprezzare e provare gratitudine anche per i benefici più nascosti. Infatti, a chi non è capitato almeno una volta di chiedersi: «Recito tanto Daimoku e mi sforzo nell’attività, perché allora non ricevo benefici?». Si tratta di un interrogativo comprensibile e legittimo, tuttavia occorre considerarlo con la necessaria attenzione. Se infatti la domanda proviene da uno spirito di ricerca che ci sprona ad approfondire lo studio e il confronto con i compagni di attività, assume certamente una valenza positiva. Se invece sottende una lamentela o un dubbio sul Gohonzon può avere un effetto fuorviante sulla nostra fede. Da un lato è normale incontrare dubbi, ma dall’altro è bene essere consapevoli che è il modo in cui reagiamo in questi momenti a decidere il nostro futuro. È come trovarsi ogni volta di fronte a un bivio, davanti al quale sta a noi scegliere in quale direzione proseguire. E dunque fra le due possibilità, se ci “sediamo” sul dubbio, ovvero lo trascuriamo, lo sottovalutiamo, ci conviviamo, alimentiamo un comportamento negligente che diventerà il principale ostacolo nel nostro percorso di crescita. Se al contrario ci diamo da fare per risolverlo, il dubbio diverrà nostro alleato offrendoci un’occasione in più per approfondire la fede e ripartire con slancio rinnovato.
«Noi comuni mortali non possiamo vedere le nostre ciglia che sono vicine né i cieli che sono lontani. Ugualmente non capiamo che il Budda esiste nel nostro cuore» (Gosho di Capodanno, RSND, 1, 1008). Prima di cedere allo sconforto – sembra dirci il Daishonin – ogni volta che crediamo di non ricevere benefici, proviamo a sviluppare un po’ di umiltà. Nemmeno la saggezza del Budda è in grado di misurare i benefici che può accumulare il devoto del Sutra del Loto, tanto sono profondi, figuriamoci la nostra quando non è proprio illuminata dal decimo mondo. È importante in questi momenti spostare la nostra attenzione dall’aspettativa di ottenere a tutti i costi un riscontro immediato, all’impegno rinnovato di rafforzare le cause per la nostra felicità. Infatti nel Buddismo di Nichiren, il Buddismo della semina, è sempre possibile mettere una nuova causa che produca un nuovo effetto. Quando continuiamo a praticare con sincerità e ci concentriamo dunque sulla causa, accade qualcosa di fondamentale nella nostra vita, anche se sul momento è possibile che non ce ne accorgiamo. Succede che dopo cinque, dieci, quindici anni e più, ci ritroviamo a vivere uno stato di felicità tale che inizialmente non avremmo neanche immaginato. Questo è il beneficio invisibile di una vita equilibrata e tenace, basata sulla fede.
In ogni caso lo stesso Daishonin ci offre una “casistica” completa di come i benefici possono scaturire dalle preghiere. «Vi sono preghiere visibili con risposte visibili, preghiere visibili con risposte invisibili, preghiere invisibili con risposte invisibili e preghiere invisibili con risposte visibili»” (Lettera al prete laico Domyo, rsnd, 1, 665). Consideriamo ognuna di queste ipotesi. Il caso delle preghiere visibili con risposte visibili è quello in cui è evidente che l’obiettivo per cui preghiamo si realizza. Ho bisogno di una casa e la trovo, oppure desidero cambiare la qualità del rapporto con una certa persona e ci riesco. Il caso delle preghiere visibili con risposte invisibili si verifica invece quando non vediamo la realizzazione dell’obiettivo per cui preghiamo. A questo punto possiamo scegliere se farci sviare dai dubbi sul Gohonzon oppure riflettere con saggezza sul fatto che probabilmente esiste un valido motivo per cui l’obiettivo non si è realizzato nei tempi e nei modi voluti, e sviluppare la fiducia che le nostre preghiere otterranno risposta nel momento migliore e nella forma più adatta a noi. Ci sono ad esempio persone che prima di arrivare a svolgere la professione che desideravano hanno dovuto attraversare lunghi periodi di precarietà e di incertezza. Altre invece che dopo aver vissuto dolorose separazioni hanno costruito una famiglia felice al di sopra di ogni loro aspettativa. La loro vittoria sta nel non aver mollato nei momenti difficili, nell’avere nonostante tutto continuato a credere nel Gohonzon e a impegnarsi per kosen-rufu con speranza e senso di missione. Tutto questo ci consente di capire, da un lato, che il modo in cui la nostra vita si muove verso la felicità spesso sfugge alla nostra vista e al nostro intelletto ma può essere pienamente percepito attraverso la fede; dall’altro, che anche i benefici invisibili in definitiva acquistano anch’essi una loro visibilità, hanno solo bisogno di tempo e di fiducia per crescere ma alla fine sono quelli che danno il senso a un’intera esistenza.

La costanza nella fede

Il caso delle preghiere invisibili con risposte visibili si ha quando riceviamo un beneficio che non avevamo coscientemente cercato. Questo caso ci dimostra che anche quando non indirizziamo la nostra preghiera in un senso preciso la Legge di causa ed effetto funziona comunque in ogni ambito della nostra vita e spesso al di là della nostra immaginazione. Inoltre, poiché un beneficio inaspettato può essere la risposta a un desiderio inconsapevole, il prenderne atto spesso ci aiuta a migliorare la conoscenza di noi stessi agevolando la nostra crescita. L’ultimo caso, quello delle preghiere invisibili con risposte invisibili, significa che la nostra preghiera costante, al di là degli obiettivi posti, indirizza positivamente il corso della nostra esistenza in profondità. Questo è il motivo per cui il presidente Ikeda spesso ci esorta a perseverare nella pratica per tutta la vita. «Abbracciando la fede in questo Buddismo – scrive Ikeda – abbiamo piantato i semi dell’Illuminazione e messo le radici della vittoria nelle nostre vite. È importante che nutriamo questi semi e queste radici così da sviluppare una personalità solida e imperturbabile come un grande albero capace di resistere alle più dure tempeste. La chiave per realizzare questo è perseverare nella fede. Non importa quello che accade, ciò che conta è persistere nella fede e trascorrere la nostra vita insieme alla SGI e ai nostri amici membri» (NR, 388, 10).
Consultando infine il Dizionario di Buddismo, alla voce “beneficio” possiamo leggere: 1. «azione meritoria o pratica buddista che produce come risultato un beneficio nella presente esistenza o in quelle future»; 2. «il beneficio ottenuto attraverso azioni meritorie o tramite la pratica buddista». Notiamo così che la definizione principale di beneficio non riguarda tanto gli effetti derivanti dalla pratica quanto la pratica stessa. Dunque abbracciare il Gohonzon è sia la fonte di tutti i benefici sia il primo beneficio, quello che comprende tutti gli altri. «Il sentiero diretto – scrive Ikeda – per accumulare grandi benefici e un’infinita buona fortuna è quello di prendere l’iniziativa e agire con lo spirito di fare tutto il possibile per kosen-rufu, e nutrire una profonda gratitudine per il solo fatto di potervisi dedicare» (NR, 520, 23). Lungo questo sentiero sicuro ogni cosa che ci accade è un beneficio, perché armonizzandoci con la Legge mistica siamo in grado di creare valore da qualunque evento, di estrarre gioia da qualunque sofferenza. Allora è davvero possibile vivere un’esistenza al di là di ogni speranza, una vita che può anche chiamarsi beneficio.

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Come nascono i benefici
Un estratto dal saggio di Josei Toda I quattro poteri, pubblicato sul numero 504 del Nuovo Rinascimento

«Siamo uniti al Gohonzon grazie ai quattro poteri della fede, della pratica, della Legge e del Budda. I primi due sono propri dell’essere umano, mentre gli altri due appartengono al Gohonzon. Per noi è vitale comprendere come questi quattro poteri interagiscono fra di loro e quale risultato determinano.
Nel Gosho si legge: “In effetti, possiamo dire che quando si giunge a vedere che la propria mente è una sola cosa con il corpo del Budda, allora si consegue rapidamente lo stato di Buddità” (RSND, 2, 802). Comprendere ciò significa sapere che la vita del Budda è Nam-myoho-renge-kyo e che anche la nostra vita è Nam-myoho-renge-kyo. Perciò, sebbene la nostra vita e quella del Budda possano sembrare diverse, sono un’unica cosa in quanto sono entrambe Nam-myoho-renge-kyo.
Come rendersi conto di questa identità? Dipende solo dai poteri della fede e della pratica. Anche un nuovo credente con scarsa conoscenza del Buddismo può fondere la sua vita con quella del Budda grazie a una fede ardente e a una pratica forte come ci insegna il Daishonin. È allora che i poteri della Legge e del Budda, cioè i poteri del Gohonzon, si riflettono chiaramente nella vita della gente comune.
Alcuni nuovi credenti si lamentano di non aver ancora sperimentato i benefici del Gohonzon e continuano a ricercarli ciecamente, senza considerare i poteri della fede e della pratica insiti in loro stessi. Come dice il proverbio: “Bussa e ti sarà aperto”; questo principio vale anche per la relazione esistente tra i poteri della fede e della pratica e i poteri della Legge e del Budda.
Se ad esempio il potere della nostra fede e della nostra pratica è uguale a uno, i corrispondenti poteri della Legge e del Budda saranno uguali a uno; se il potere della pratica e della fede è uguale a cento produrrà un equivalente potere della Legge e del Budda. Se comprendiamo profondamente questa teoria, avremo necessariamente una pura fede nel Gohonzon».

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